Report – Garante Privacy: facile attaccare Ghiglia sul politico, ma i conflitti d’interesse?

di Redazione
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Alla fine è andata esattamente come si era intuito all’inizio e come ha anticipato la newsletter domenicale di Matrice Digitale: la vicenda sul Garante per la protezione dei dati personali si è spostata dal piano tecnico a quello politico, e il punto di caduta è diventato Agostino Ghiglia, il componente indicato dall’area Fratelli d’Italia. Ma l’operazione non è solo contro di lui: passando da Ghiglia si arriva a Arianna Meloni, sorella della premier e perno del partito, e, di rimbalzo, si mette sotto luce forte anche la presidenza di Pasquale Stanzione, colpevole di avere una aderenza con il legale di Sangiuliano che è riuscito a far comminare una sanzione a Report, e la vicepresidenza di Ginevra Cerrina Feroni. Assolto Guido Scorza perchè si è opposto al provvedimento esplicando nel verbale le motivazioni. È il classico caso in cui un tema che, se raccontato come “funzionamento di un’autorità amministrativa”, non avrebbe fatto ascolti, diventa improvvisamente “di interesse generale” perché prende una connotazione politica.

E’ nato prima il dossier fantasma o la “puntatona” di Report?

Dentro questa storia c’è anche un elemento in più: chi ha alimentato il dossier sul Garante lo ha fatto circolare a luglio, ma la sensazione è che l’inchiesta di Report fosse già pronta a giugno e che è stata la prospettiva della sanzione da 150.000 euro alla Rai a far decidere di aspettare l’inizio della nuova stagione per andare in onda. Perché così l’effetto sarebbe stato massimo. E infatti così è stato. A giugno era già matura, ma non andava in onda. Lì è nata la paura che, con le voci su Ranucci “epurato” e spostato a La7, l’inchiesta venisse insabbiata. Per questo a luglio è stato fatto circolare il dossier tra le redazioni e i giuristi. Ora, con la sanzione da 150.000 euro arrivata e con la nuova stagione partita, è chiaro perché abbiano aspettato: così la storia è entrata nel flusso tv e ha avuto un’attenzione mediatica impensabile solo poche settimane prima.

“Ranucci non è l’ultimo sceso dai monti”: la regia temporale è stata efficace.

Dal provvedimento “in punta di diritto” all’accusa di condizionamento

All’origine c’è un atto molto lineare: il Garante sanziona la Rai con 150.000 euro perché in una puntata di Report è stata trasmessa la conversazione privata tra l’allora ministro Gennaro Sangiuliano e la moglie Federica Corsini. L’Autorità dice: il diritto di cronaca c’è, ma l’audio non era indispensabile, bastava raccontare, non far ascoltare (e questo è quello che avrebbe fatto Matrice Digitale). Quindi: violazione di GDPR, Codice privacy e regole deontologiche sul principio di essenzialità dell’informazione.

Da qui parte la reazione televisiva: se ci sanziona, allora andiamo a vedere chi nel Garante ha voluto la sanzione. E il dito viene puntato su Agostino Ghiglia.

La puntata che sposta il baricentro su Ghiglia

La puntata successiva di Report documenta la visita di Ghiglia in via della Scrofa, sede di Fratelli d’Italia, e mostra un messaggio mail «vado da Arianna». Tutto questo il giorno prima dell’arrivo della multa da 150.000 euro. Messo così, il quadro è perfetto per la tv: il componente del Garante nominato da FdI vede la sorella della premier alla vigilia di una sanzione alla trasmissione “ostile” del Servizio Pubblico che ha rischiato di essere sfrattata su La7. Ghiglia smentisce l’incontro diretto con Arianna Meloni, se non per un saluto veloce, ammette la frase, ma la spiega con un contesto letterario legato a Italo Bocchino e a presentazioni di libri in sede FdI. Aggiunge che il Garante, nella persona di Ghiglia, ha diffidato la Rai proprio per impedire la trasmissione di materiale personale e che quello trasmesso è frutto di acquisizioni non autorizzate. Dall’altra parte Sigfrido Ranucci nega ogni “trafugamento” e parla di tentativo di un ulteriore bavaglio al servizio pubblico.

La diffida ignorata e l’effetto politico

Un punto pesante è la PEC di diffida inviata dal Garante prima della puntata: “non andate in onda con quel contenuto”. Report decide di andarci lo stesso e fa bene mentre Ghiglia, consigliato male, passa per censore e c’è chi lo prende in giro anche suggerendogli di fare un reclamo al Garante Privacy da privato cittadino per testare i tempi di una risposta se sono effettivamente gli stessi per alcune situazioni attenzionate dalla cronaca anche per essere state veloci. Da quel momento la questione non è più solo “privacy vs cronaca”, ma “un’autorità può fermare un programma d’inchiesta?”. Questo è esattamente il terreno su cui le opposizioni si sono buttate e la colpa è solo dell’inesperienza di Ghiglia.

PD e Cinquestelle attaccano

Subito dopo la messa in onda, Pd e M5s chiedono le dimissioni immediate di Agostino Ghiglia. I dem parlano di autorità non più credibile, di governance “condizionata da appartenenze”, di voto del collegio che sembra riflettere logiche di partito. I 5 Stelle fanno un passo ulteriore: chiedono l’azzeramento dell’intero collegio del Garante privacy, perché – dicono – se un componente va nella sede del partito di governo alla vigilia di una sanzione al servizio pubblico, allora l’indipendenza è compromessa. I 5 Stelle, inoltre, chiamano in causa direttamente Arianna Meloni e le chiedono di spiegare quell’incontro. Il suo silenzio viene usato come leva politica. La commissione di vigilanza Rai diventa la cassa di risonanza: richieste di audizioni, analisi della diffida, discussione sul rapporto tra privacy e informazione. Il tutto mentre la puntata aveva fatto 1 milione e 700 mila telespettatori e 9,7% di share ed anche per strada tutti parlavano del Garante Privacy sconosciuto ai più fino al giorno prima.

“Scegliere ghiglia aveva una valenza doppia”

Nella ricostruzione che circola fin dall’inizio c’è un passaggio chiave: scegliere Ghiglia aveva una valenza doppia. Non solo perché era il nodo più esposto verso FdI, ma perché colpendolo si colpiva indirettamente anche Pasquale Stanzione, il presidente che con il voto decisivo ha fatto passare la linea della sanzione da 150.000 euro, e si citava di striscio Ginevra Cerrina Feroni. In pratica: si è illuminata una parte del collegio per non illuminare il resto. Questo spiega anche un’altra cosa: perché Pd e M5s abbiano chiesto solo le dimissioni di Ghiglia pur sapendo che nella stessa puntata si parlava anche di Stanzione, dei suoi rapporti accademici e del legame con l’avvocato Sica (che ha assistito Sangiuliano). Se il punto fosse davvero l’indipendenza, allora si sarebbe dovuto mettere in discussione l’intero assetto. Il fatto che ci si sia fermati a un solo nome mostra la natura politica dell’operazione.

Perché la tv ha scelto la parte politica?

C’è anche un elemento di onestà intellettuale in questa ricostruzione: una inchiesta sul funzionamento interno del Garante, sui conflitti di interesse, sui DPO, sulle consulenze, da sola, non avrebbe avuto lo stesso appeal. “L’uomo della strada non sa cos’è il Garante privacy, non sa cos’è un’autorità indipendente”. Da quando sono venuti fuori i giochi politici di Ghiglia e Stanzione, invece, tutti hanno trovato la storia interessante. È il linguaggio della tv generalista, non quello di un sito specialistico. Per questo ora viene passata in onda prima la parte politica, ma ci attende una parte su presunti conflitti di interesse con le big tech e su incarichi poco trasparenti tra studi legali e società di consulenza.

Se l’idea, insomma, è: adesso facciamo rumore, poi facciamo vedere il resto. Ci può stare, altrimenti, resterà un uso privato della TV pubblica per vendicarsi di una sanzione.

La questione delle fonti interne e delle “talpe”

Tra gli spunti suggeriti per continuare a lavorare sul tema c’è una domanda semplice: come fa Report ad avere email e chat private inviate da/a Ghiglia? Chi le ha passate? La spiegazione che circola è che dentro gli uffici del Garante ci siano più di una talpa scontenta dei quattro membri del Collegio e disposta a far uscire materiale. Secondo altri, ci sarebbe la mano di un altro componente del collegio che sta cercando di spostare il fuoco su Ghiglia per uscirne più pulito.

Questo apre un fronte ancora più delicato: se le comunicazioni interne dell’Autorità finiscono in tv, allora il tema non è più solo la privacy dei cittadini, ma la sicurezza documentale dell’organo che dovrebbe garantirla.

I casi paralleli sulle Asl

C’è poi il filone dei data breach nelle Asl. È stato fatto notare da alcuni esperti alla redazione di Matrice Digitale che il caso di una Asl torinese, in cui Ghiglia avrebbe interceduto per un parente, somiglia troppo al caso dell’Asl 1 Abruzzo, dove non c’è stata un’intercessione, ma c’è stato un incarico poco trasparente a uno studio legale riconducibile a un membro del collegio. Qui la questione non è più politica, è di uniformità di trattamento: perché in un caso si interviene e in un altro si fa lavorare un professionista vicino all’Autorità?

Pubblicare il dossier con i nomi oscurati

Tra gli spunti c’è anche l’idea di pubblicare il dossier con i nomi oscurati dei soggetti non esposti pubblicamente. Matrice Digitale ci sta pensando concretamente nel caso Report non abbia interesse perché non collegata alla sanzione. Il vero problema di una Autorità nominata dalla politica da sempre sono i conflitti di interesse milionari, se ci sono sia chiaro, che sono molto più gravi dei contrappesi politici previsti dalla natura stessa dell’Istituzione. Chi invece vuole che Ghiglia diventi l’unico capro espiatorio o ha un interesse particolare che consiste nell’uscirne pulito o perseguire l’interesse personale di dimostrare l’esistenza di una Censura attraverso sanzioni immotivate oppure di giocare dal punto di vista politico e questo, vista l’inamovibilità quasi totale del Collegio di Garanzia, comporterà che l’argomento non sarà altro che il classico inciucio politico che serve a prender tempo nella narrazione ordinaria del nostro Paese.

Quello che sorprende, però, è che nessun contraltare a Report lato centrodestra sia sceso in campo a difendere lo stesso Ghiglia mostrando l’incapacità storica nel proporre alternative valide di area politica nel giornalismo di inchiesta della destra. Oppure che Ghiglia sia stato già scaricato?

Una conclusione provvisoria

Quello che resta è un paradosso: senza la sanzione da 150.000 euro e senza la visita in via della Scrofa nessuno avrebbe parlato del Garante. Ora che la parte politica è esplosa, tutti vogliono parlarne. È il prezzo della tv generalista. Ma proprio per questo bisogna tenere ferma la bussola: se davvero esiste un dossier più ampio, se davvero ci sono legami politici di più membri, se davvero ci sono consulenze e incarichi borderline, allora dovranno uscire tutti, non solo quelli di chi è più facilmente collegabile a FdI. Altrimenti si conferma il sospetto di partenza: si è presa una questione istituzionale e la si è trasformata in una personalizzazione politica sul nome di Agostino Ghiglia.