La Germania assume una posizione decisiva nel bloccare la proposta di chat control dell’Unione Europea, una misura che imporrebbe la scansione preventiva dei messaggi privati da parte delle piattaforme di comunicazione. La decisione di Berlino rappresenta una svolta nel dibattito europeo sulla sorveglianza digitale, mentre Europol, attraverso la direttrice esecutiva Catherine De Bolle, continua a esercitare pressione politica e diplomatica per ottenere un accesso legittimo ai dati crittati. L’opposizione tedesca, sostenuta da Polonia e Paesi Bassi, crea una minoranza di blocco che potrebbe far cadere il regolamento sul materiale di abuso sessuale su minori (CSAM) proposto nel 2022 dalla Commissione europea. Il voto decisivo del 14 ottobre 2025 è stato rinviato.
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Opposizione tedesca: privacy come linea rossa
Il deputato Jens Spahn (CDU) ha annunciato ufficialmente l’8 ottobre 2025 l’opposizione del gruppo parlamentare tedesco alla proposta. Spahn ha definito la misura «un’apertura indiscriminata delle lettere digitali dei cittadini», ribadendo che nessun obiettivo di sicurezza può giustificare la violazione sistematica della privacy delle comunicazioni. La proposta, nella sua forma attuale, imporrebbe ai fornitori di servizi — da WhatsApp a Signal — di scansionare automaticamente messaggi, immagini e video alla ricerca di contenuti pedopornografici. L’analisi avverrebbe tramite filtri AI e database governativi, eliminando la garanzia della crittografia end-to-end. Organizzazioni e aziende tecnologiche denunciano da tempo il rischio che tali meccanismi creino backdoor strutturali sfruttabili non solo dalle autorità, ma anche da hacker e governi ostili. Meredith Whittaker, presidente di Signal, ha definito la proposta «un disastro annunciato per la sicurezza informatica europea», mentre Matthias Pfau, CEO di Tuta Mail, ha annunciato un ricorso legale per impedire l’approvazione del regolamento. Anche l’ex eurodeputato Patrick Breyer ha ricordato che il Parlamento europeo nel 2023 aveva già elaborato un mandato alternativo più rispettoso della privacy, eliminando la scansione client-side. Dietro la mobilitazione pubblica si muovono anche le iniziative civiche: il portale fightchatcontrol.eu, ideato dall’ingegnere danese Joachim, consente ai cittadini di inviare email personalizzate ai propri eurodeputati. Centinaia di messaggi quotidiani hanno già invaso gli uffici del Parlamento europeo, in una campagna che coinvolge oltre 600 organizzazioni pro-privacy in tutta Europa. L’influenza della Germania, che rappresenta il 19% della popolazione UE, risulta determinante. In base alle regole del voto qualificato, quattro stati membri che sommano almeno il 35% della popolazione europea possono bloccare la proposta. Con Polonia e Paesi Bassi già schierati contro, l’Italia diventa l’ago della bilancia. Ma i provider italiani hanno già espresso in esclusiva a Matrice Digitale le loro perplessità
Europol e Catherine De Bolle: la spinta per l’accesso ai dati
Parallelamente alla frattura politica sul regolamento, Catherine De Bolle, direttrice esecutiva di Europol, ha intensificato il dialogo con i vertici italiani delle forze dell’ordine.
Durante la visita a Roma del 5 ottobre 2025, De Bolle ha incontrato il prefetto Vittorio Pisani, capo della Polizia di Stato, il generale Salvatore Luongo, comandante generale dei Carabinieri ed il generale Andrea De Gennaro, comandante della Guardia di Finanza. Gli incontri, documentati anche sui canali ufficiali di Europol, si sono concentrati sulla necessità di rafforzare la cooperazione transfrontaliera e garantire accessi rapidi ai dati digitali nell’ambito di indagini su crimini gravi e minacce online. Durante il suo intervento al Comitato Schengen del Parlamento italiano, De Bolle ha sostenuto che la polizia europea ha bisogno di strumenti legali per il tracciamento dei contenuti online e per combattere reti criminali che sfruttano piattaforme crittate. Ha però riconosciuto la necessità di un equilibrio tra sicurezza pubblica e diritti fondamentali, in linea con la Carta dei diritti digitali dell’UE. Le immagini ufficiali degli incontri — che mostrano De Bolle con sciarpa blu e bianca, accanto ai rappresentanti italiani — simboleggiano la volontà di collaborazione bilaterale tra Europol e le autorità nazionali, anche se sul piano politico il dibattito resta acceso.
Impatto della proposta: tra sicurezza e sorveglianza
Il Regolamento sull’abuso sessuale infantile (CSAR), presentato nel 2022, mira a contrastare la diffusione di contenuti pedopornografici online. Tuttavia, la sua architettura tecnica introduce un precedente pericoloso: la sorveglianza di massa preventiva. Le piattaforme sarebbero costrette a monitorare in modo continuo tutte le comunicazioni, incluse quelle cifrate, per segnalare automaticamente i contenuti sospetti a un’autorità centrale. La verifica dell’età, obbligatoria per l’uso dei servizi, comporterebbe la fine dell’anonimato online e l’esclusione di utenti senza identità digitali riconosciute. Organizzazioni come European Digital Rights (EDRi) avvertono che le misure mettono in pericolo giornalisti, whistleblower e attivisti, e che le stesse infrastrutture potrebbero essere sfruttate per scopi di censura o controllo politico. La presidente di Signal ha già confermato che, in caso di approvazione del regolamento, l’app abbandonerà il mercato europeo, replicando quanto già avvenuto in Svezia nel febbraio 2025 dopo l’introduzione di leggi analoghe.
Reazioni internazionali e precedenti
Il caso europeo trova eco nelle esperienze britanniche. Dopo l’entrata in vigore dell’Online Safety Act e delle modifiche all’Investigatory Powers Act, il Regno Unito ha affrontato violazioni di dati massicce: nell’ottobre 2025, un fornitore di Discord ha subito una fuga di informazioni legata ai sistemi di verifica età. Questi episodi rafforzano l’argomento tedesco: la sorveglianza preventiva non solo è incompatibile con la crittografia moderna, ma aumenta il rischio di incidenti di sicurezza e abusi istituzionali. Nel frattempo, Tuta Mail, Proton, Threema e altre 40 PMI europee hanno firmato una lettera aperta invitando il Consiglio europeo a ritirare la proposta e a sostenere il mandato alternativo del Parlamento del 2023, che prevede soluzioni mirate e proporzionate.
Il voto del 14 ottobre rimandato: un bivio per l’Europa digitale
Il futuro della privacy europea si gioca su un equilibrio delicato: proteggere i minori online senza compromettere i diritti fondamentali dei cittadini. Con l’opposizione di Germania, Polonia e Paesi Bassi, e l’incertezza di Italia, Belgio e Svezia, l’esito resta aperto. Se la proposta fallisse, l’UE eviterebbe di istituzionalizzare un sistema di scansione universale dei messaggi, preservando la crittografia end-to-end e la fiducia nelle piattaforme europee. In caso contrario, l’Europa rischierebbe una frammentazione digitale, con la fuga di applicazioni e servizi essenziali dal mercato comunitario. La posizione tedesca, più che un veto politico, è dunque un atto di difesa della democrazia digitale europea, che riafferma il principio secondo cui la sicurezza non può esistere senza libertà.