Sommario
Clearview AI, azienda specializzata nella ricerca facciale, ha vinto un appello contro l’organo di vigilanza sulla privacy del Regno Unito, l’Information Commissioner’s Office (ICO).
Dettagli sulla multa e l’appello
L’anno scorso, Clearview AI era stata multata di oltre £7,5 milioni dall’ICO per aver immagazzinato illegalmente immagini facciali. Tuttavia, l’azienda ha recentemente vinto un appello contro questa decisione. Jack Mulcaire, avvocato di Clearview AI, ha espresso la sua soddisfazione per l’esito dell’appello, mentre l’ICO ha dichiarato che avrebbe “riflettuto” sulla sentenza.
Il servizio offerto da Clearview AI
Clearview AI offre ai suoi clienti un sistema che funziona come un motore di ricerca per volti. Gli utenti caricano una foto e il sistema trova corrispondenze in un database composto da miliardi di immagini raccolte da Internet. Successivamente, fornisce collegamenti a dove le immagini corrispondenti appaiono online. Il fondatore di Clearview, Hoan Ton-That, ha rivelato che il database contiene 30 miliardi di immagini prelevate dal web.
Critiche e azioni legali
Molti critici sostengono che l’uso della tecnologia di Clearview da parte delle forze dell’ordine mette tutti in una “linea di polizia perpetua”. Prima dell’azione dell’ICO, ora dichiarata illegale, anche Francia, Italia e Australia avevano intrapreso azioni legali contro l’azienda.
Dettagli sul verdetto
Il tribunale ha stabilito che, sebbene Clearview abbia effettuato l’elaborazione dei dati relativi alla sorveglianza del comportamento delle persone nel Regno Unito, l’ICO “non aveva giurisdizione” per intraprendere azioni di enforcement o emettere una multa. Questo perché Clearview veniva utilizzato esclusivamente da organi di applicazione della legge al di fuori del Regno Unito.
Reazioni e considerazioni future
In risposta al giudizio, l’ICO ha sottolineato che continuerà ad avere la capacità di agire contro le aziende con sede all’estero che elaborano dati di persone nel Regno Unito. Will Richmond-Coggan, partner specializzato nella protezione dei dati presso lo studio legale Freeths, ha concordato, sottolineando che, nonostante l’appello fosse stato accolto, la decisione conferma che le regole britanniche sulla protezione dei dati possono applicarsi alla raccolta di grandi volumi di dati pubblicamente disponibili.