Elon Musk perde soldi e dipendenti: strategia o incapacità imprenditoriale?

da Livio Varriale
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Twitter chiude i battenti dopo essere stato acquistato da Elon Musk. Questa è l’ultima notizia che gira nell’universo social che ha mandato in tendenza l’hashtag #ripTwitter dove si prospetta un futuro cupo per la piattaforma del patron di Tesla e Space X. Fa riflettere il fatto che, dopo aver speso 44 miliardi di dollari e trovandosi a gestire un buco di quattro milioni di dollari ogni giorno, l’imprenditore visionario possa far fallire il suo ultimo investimento facendo derivare un bagno di sangue alle sue finanze. Ancora più singolare il fatto che lo stesso Musk abbia invocato quello che potremmo definire in Italia il “metodo cinese”, che chiede ai suoi dipendenti irriducibili di lavorare di più dimenticandosi l’ascensore sociale delle promozioni, ma la risposta sembrerebbe essere stata quella di maggiori dimissioni rispetto a quante ne erano prospettate. Un altro aspetto da non sottovalutare è quello che sulla piattaforma del cinguettio ci troviamo ogni giorno ad assistere ad hashtag di tendenza e di persone che si spostano sui vari social network considerati le nuove frontiere del pensiero libero: Discord, Mastodont e qualcuno addirittura invoca il ritorno su Facebook. L’emorragia creata da Musk dal punto di vista commerciale sembrerebbe non essere risolvibile nel breve periodo ed attorno alla società ci sono tanti campanelli d’allarme che in poche parole stanno descrivendo il social come un’azienda pronta ad esplodere e molti denunciano una presenza maggiore dei contenuti di odio rispetto a prima perché “se ne sono andati i migliori nello scovare notizie controverse”. Tra una dichiarazione di cambio della piattaforma ed un passo indietro, con la scusa delle bollette da dover pagare a fine mese, sembrerebbe che la strategia di Musk sia quella di ridurre all’osso i costi, tipico dell’economia liquida statunitense, per poi implementare il codice della piattaforma: quello che vale la pena appunto preservare e far crescere secondo uno schema imprenditoriale diverso. Fa riflettere ancora di più la decisione da parte degli investitori pubblicitari di fare un passo indietro e che tecnicamente mostra un lato fino ad oggi sconosciuto seppur paventato da molti “complottisti”: sicuri che le aziende che hanno disponibilità economiche nell’investire, lo fanno solo per veicolare il loro brand? Oppure esiste una gestione politica dei pacchetti pubblicitari che rende in effetti dei benefici dove un’eventuale carrozzone li richiede? Se Musk ha pensato di acquisire Twitter ed il suo pubblico, liberandolo dalle maglie del sistema, farebbe forse meglio a diventarne parte, o meglio, a rientrare negli schemi che gli hanno consentito di diventare quello che ancora è oggi.

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