Categorie
Economia

L’occidente mette una stretta alle criptovalute con cui finanzia la resistenza Ucraina

Tempo di lettura: 2 minuti.

Siamo arrivati al paradosso sulle criptovalute. In questi giorni, dove l’invasione russa ha creato un contenzioso bellico tra il paese di Putin ed il mondo occidentale con delle sanzioni economiche durissime ai danni dei cittadini all’ombra del Cremlino, le criptovalute registrano un forte calo sul mercato.

Il Bitcoin resiste, ma il mercato delle altcoin è ancora collegato alla valuta primordiale e non riesce ad essere indipendente da quello che potremmo definire “l’oro della finanza decentralizzata”. Eppure la stretta sulla Russia poteva rappresentare l’inizio di una nuova era dove gas e petrolio potevano essere acquistati direttamente dai governi tramite transazioni decentralizzate dai sistemi bancari, che hanno escluso di fatto Putin e la sua nazione dal circuito economico internazionale.

Una cripto o semplicemente una valuta digitale che imponesse agli stati assetati di risorse energetiche di immettere nel mercato un nuovo strumento economico, con un valore potenziale di almeno 365 miliardi di dollari l’anno, sarebbe stato il vero banco di prova per l’attuazione della mentalità DeFi nell’economia stantia rappresentata dal mercato.

Questo non è avvenuto per diversi motivi, ma una cosa è certa: l’economia reale è corsa ai ripari per frenare una emorragia di fondi dal circuito, prevedendo delle strette sui portafogli di criptovalute e sugli exchange, obbligati a fornire le informazioni dei detentori di capitali, perchè danno la linfa finanziaria ad un settore sempre più in mano agli speculatori non più ignoti, ma con un volto riconducibile ai miliardari della Silicon Valley ed a qualche banca d’affari nota in tutto il mondo.

La rivoluzione della finanza decentralizzata non partirà nemmeno dall’abusiva Russia a quanto pare come risposta sanzioni pesantissime. D’altronde, un altro esperimento di questo genere è stato fatto qualche mese prima in Canada, dove il premier Trudeau ha provato a mettere una stretta ai finanziatori “cripto” del movimento di protesta Freedom Convoy colpendo gli exchange ed i possessori di portafogli.

Come al solito, fatta la legge trovato l’inganno. L’Ucraina è in questo momento l’epicentro di una rivoluzione sociale contro l’oppressore russo e sono stati tantissimi gli aiuti digitali messi in piedi dall’occidente.

Tra questi figurano addirittura 50 milioni di donazioni avvenute tramite il sistema delle criptovalute e su questo nessuno ha da ridire, anzi, si vuole rilanciare l’intera operazione su scala “legit” con l’istituzione di una cripto ad hoc, che finanzi la rivoluzione di Zelensky con l’acquisto di armi e l’invio di supporti umanitari.

Bene la finalità ma, aldilà del conflitto, sono tante, troppe e non rintracciabili le operazioni quotidiane riconducibili a traffici illeciti, nascoste dietro acquisti insensati di NFT o di versamenti “monstre” inspiegabili, che alimentano la criminalità organizzata o speculatori senza scrupoli definiti nel settore come “balene“.

Di Livio Varriale

Giornalista e scrittore: le sue specializzazioni sono in Politica, Crimine Informatico, Comunicazione Istituzionale, Cultura e Trasformazione digitale. Autore del saggio sul Dark Web e il futuro della società digitale “La prigione dell’umanità” e di “Cultura digitale”. Appassionato di Osint e autore di diverse ricerche pubblicate da testate Nazionali. Attivista contro la pedopornografia online, il suo motto è “Coerenza, Costanza, CoScienza”.

Pronto a supportare l'informazione libera?

Iscriviti alla nostra newsletter // Seguici gratuitamente su Google News
Exit mobile version