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Meta è di nuovo nei guai legali. Due delle sue filiali sono state multate per 14 milioni di dollari in Australia per divulgazione fuorviante sulla raccolta di dati. Il caso, che si è protratto per oltre due anni e mezzo, riguarda un servizio VPN ora dismesso, acquisito da Facebook nel 2013.
Onavo e la raccolta di dati non divulgata
La filiale Onavo, acquisita da Facebook, prometteva “tranquillità durante la navigazione” e di “mantenere te e i tuoi dati al sicuro online”. Tuttavia, l’app, funzionante dal 2016 al 2017, è stata scoperta inviare dati a Facebook, inclusa la posizione dell’utente, la frequenza di utilizzo di altre app, l’orario e i siti web visitati per scopi pubblicitari.
Tracciamento e conseguenze legali
L’app tracciava quando un dispositivo mobile veniva acceso e spento, l’uso quotidiano dei dati Wi-Fi e dei dati cellulari, e il tempo di utilizzo della connessione VPN. Questo non era ciò per cui gli utenti si erano iscritti, e la situazione è rapidamente diventata legale.
Ammissioni e sanzioni
Facebook Israel e Onavo hanno ammesso di aver offerto e promosso Onavo Protect in Australia. I documenti interni di Meta e Facebook Israel definivano Onavo Protect come “uno strumento di intelligence aziendale” per Meta. Le divulgazioni relative all’utilizzo dei dati dei consumatori erano elencate nei Termini di servizio e nella Privacy Policy, ma non erano “sufficientemente evidenti o vicine alle inserzioni”.
Multe e impatto a lungo termine
La multa di 14 milioni di dollari potrebbe sembrare una somma irrisoria rispetto alle potenziali sanzioni massime, che possono raggiungere miliardi o trilioni di dollari. Tuttavia, la questione solleva preoccupazioni più ampie sulla trasparenza e l’etica dei giganti dei social media. Alcuni ritengono che le reti sociali considerino semplicemente queste multe come “costo del fare affari”.