Editoriali
CORONAVIRUS e COMUNICAZIONE: Ecco i veri sciacalli dell’influenza stagionale cinese e non c’è Salvini
Alla fine Matricedigitale si è dimostrata una testata corretta rispetto a molte altre. Il Coronavirus lo abbiamo affrontato una volta e per sempre con una diretta di 55 minuti aiutati da una ricercatrice esperta avulsa dalle logiche politiche italiane.
In poche parole vi riassumiamo i contenuti:
E’ una influenza normale
Fa morti come l’influenza che colpisce prevalentemente persone anziane con complicazioni mediche pregresse.
Lavarsi le mani sì, le mascherine non servono perché dovrebbero essere indossate da chi ce l’ha per non infettare.
L’italia è il paese europeo con più casi accertati perché è la nazione che sta facendo più controlli.
Non c’è MODO di entrare in PSICOSI.
LE BUFALE DI REGIME PORTATE AVANTI DAI MEDIA E DAGLI INFLUENCER
Mentre una testata piccola come la nostra ha invitato alla calma da subito, le testate nazionali hanno gettato benzina sul fuoco con le teorie più strampalate e ben mirate a distogliere l’attenzione dalla verità:
“il Virus è arrivato in Business Class” per generare il solito divario tra Nord e Sud che ha acceso il dibattito social a cui hanno partecipato molti della sinistra che non ha esitato nel delegittimare Salvini.
“in Cina stanno morendo tutti e c’è uno stato di emergenza e nessuno può uscire di casa”. In Cina sono morte delle persone, anziane quanto quelle che muoiono in Italia ogni giorno a causa dell’influenza, a parte questo il divieto di uscire non era un obbligo, ma un consiglio.
“Con uno starnuto si passa la malattia, comprate le mascherine”. Le mascherine non servono, a meno che non si abbia già contratto la malattia. Nessuna guerra biologica in atto e nessuna pandemia in corso.
“il virus non è stato creato in laboratorio”, è l’unica notizia vera diffusa nei primi giorni che è stata smentita da più parti ed è qui che si aprono tantissimi scenari che possono sembrare complottistici, ma effettivamente non lo sono.
I GIORNALISTI HANNO AFFOSSATO L’ECONOMIA DI UN PAESE PER UNA INFLUENZA
Mentre si smentiva la voce che il Virus fosse stato manipolato in un laboratorio Franco-Cinese gestito dall’Organizzazione Mondiale della Sanità, dato da noi non comunicato dalla diretta a differenza della notizia che riguardava invece la manipolazione al depotenziamento del virus.
Quindi si è smentita una notizia vera e si sono aperte tante discussioni. C’è però qualche interrogativo da non trascurare.
Come mai l’Italia è il Paese più colpito?
Come mai Francia e Germania hanno i casi fermi da giorni?
L’influenza solitamente si propaga a macchia d’olio solitamente. Vuoi vedere che i paesi in questione non stanno monitorando a dovere il fenomeno perché sanno che si tratta di una semplice influenza?
Vuoi vedere che i giornalisti italiani delle grandi testate stanno reggendo il gioco di speculazione con questo allarmismo ingiustificato, che danneggia economicamente l‘Italia e la rende fragile dal punto di vista del dibattito politico?
E vuoi vedere che questo solito teatrino sia servito ad incrementare i consumi di prima necessità e medici come le inutili mascherine e la vendita di disinfettanti che non sempre sono efficaci perché non contengono una base del 60% di alcool, come stabilito dall’OMS, rappresentando una vera e propria truffa al consumatore?
ABBIAMO DETTO LA VERITA’ E CI STATE PREMIANDO
Grazie a voi lettori ed assidui frequentatori del canale YouTube che ci state riconoscendo oggettività nel lavoro svolto, ma è chiaro che una goccia nell’oceano non può essere efficace. C’è però un aspetto da valutare: gli italiani non hanno memoria. Per questo siamo differenti da popoli identitari come quello americano, giapponese, francese e tedesco. In un paese come questi, tutti i direttori delel maggiori testate che hanno mantenuto questo gioco perverso sarebbero stati silurati in un attimo insieme a molti profili social e invece sono ancora lì a reggere il teatrino della disinformazione che anche questa volta ha testato la sua affidabilità sulla popolazione, vincendo con una psicosi generale su una semplice influenza.
Editoriali
Ferragni pagliaccio: l’indignazione della rete alla prima dell’Espresso
Tempo di lettura: 2 minuti. La copertina de L’Espresso su Chiara Ferragni vestita da pagliaccio ha scatenato diverse reazioni, ma chi ha letto l’inchiesta?
Chiara Ferragni compare truccata da pagliaccio in prima pagina de L’Espresso che ne descrive la scarsa trasparenza nella gestione societaria e si fa riferimento a scatole cinesi, manager indagati e dipendenti pagati poco.
Tutto legale fino ad oggi, sia chiaro, ma se questo è il modello di Business da studiare ad Harvard, si può ampiamente pensare che negli USA siano arrivati tardi. Ritornando con i piedi per terra e conscendo molte realtà statunitensi, sarebbe da stupidi mettere Chiara Ferragni al primo posto di come si gestisce un’azienda: non è la prima e nemmeno l’ultima.
Matrice Digitale è la testata che ha denunciato per prima l’affaire di Sanremo, che ha giudicato la Ferragni per quello che si è mostrata da Fazio: un’utile manichino senz’anima al servizio delle case di moda.
Non solo lo scandalo nella gestione della beneficenza, ma la delusione nelle risposte in una trasmissione accondiscendente come quella di Fazio stanno facendo cadere definitivamente l’alone di divinità di colei che ha saputo nascondersi dietro di post su delle pagine social creandosi un’icona immacolata.
Le reazioni alla copertina dell’Espresso
La copertina de L’Espresso è l’ultimo attacco a quel pezzo di credibilità rimasto alla Ferragni: la donna imprenditrice che vince perchè ha racimolato soldi. In pochi hanno letto le notizie diffuse sui media un pò di anni fa che vedevano il brand Ferragni essere messo in vendita sul mercato anche per una esposizione finanziaria dovuta da una situazione debitoria sulla carta di piccolo conto. Se però le cose stanno come dice L’Espresso, la realtà sullo stato di salute delle sue società potrebbe essere diversa.
Riflessioni alle reazioni
Molti hanno reagito alla copertina della Ferragni con stupore ed indignazione, ma fa riflettere in realtà il fatto che nessuno abbia letto l’articolo e soprattutto tutti, dinanzi ad una persona che si presenta in un modo e dimostra di essere diverso da come viene descritto, lo apostroferebbero come un pagliaccio.
E fa male essere presi per i fondelli da un pagliaccio … questo nessuno ha il coraggio di ammetterlo.
Editoriali
Solo ora si accorgono del problema televoto e giornalismo musicale
Leggo molte critiche al “cartello di giornalisti” che ha boicottato la vittoria di Geolier a Sanremo. Sono davvero convinto che sia andata così, ma sono certo della tanta “colleganza” che oggi predica bene, ma ha sempre razzolato male per quel che concerne il discorso di “cartello”.
E non riguarda solo la musica, ma anche il calcio, la politica … quindi di cosa parliamo?
Qualche settimana fa fui molto chiaro: chi tratta moda, spettacolo, musica e gossip non si può considerare giornalista.
Chi lo fa dal punto di vista della critica diversamente lo è e vi assicuro che assistiamo a tanti giornalisti sportivi, che hanno visto milioni di partite, e non capiscono di calcio. Vediamo chi dei nostri farà un esposto all’Ordine per quel collega che ha commentato di non far votare la Campania.
Altra cosa: il 90% dei giornalisti che la criticano, non avrebbe avuto il coraggio di fare quell’indegna domanda, ma fondata, a Geolier sul risultato ottenuto “più per i suoi ospiti che per la sua performance”.
Così come hanno fatto più danni dei ladri di polli sanremesi quelli che hanno applaudito Presidenti del Consiglio e Ministri della Sanità nefasti.
Editoriali
Geolier a Sanremo rutta in napoletano. Perchè è un problema per i nativi digitali
Parliamoci chiaramente, questo qui, Geolier, è diventato famoso per una canzone che descrive il livello di tamarraggine napoletana che si manifesta “rint a n’audi nera opaca” dove magari ci si sballa pure.
Nello stesso brano cita tutte marche di lusso … che rappresentano quello stile di vita a cui ambiscono le baby gang che ieri hanno occupato la prima del tg5 nonostante a Napoli siamo in un periodo d’oro rispetto al resto del paese.
Amadeus quest’anno farà come la De Filippi, punta sul lato più becero della napoletanità fatto di lusso a debito che poi si sposa con il mondo degli influencer e della moda. Conferma anche di sapersi nascondere bene dietro l’equazione “è seguito, quindi può anche essere pericoloso e di scarsa qualità, ma è forte“
Che poi è il modello che i genitori evitano di caldeggiare per i propri figli, ma puntualmente vengono smentiti da social e tv. E la risposta è “il ragazzo fa numeri”.
Tra l’altro, il monologo in napoletano dell’anno scorso al festival ha anticipato la sua presenza ed era davvero pessimo, tanto da farmi prendere le distanze da un mio compaesano.
Questa non è Napoli e soprattutto non è l’evoluzione della napoletanità da tramandare alle nuove generazioni.
Perchè qui non si discute Geolier l’artista, che merita di fare il suo percorso e di vincere Sanremo, ma di Geolier che parla a nome dei napoletani. Ognuno si sceglie gli ambasciatori che merita, di certo non è una casa di moda o un affarista come Amadeus che decidono chi debba rappresentare un’intera città.
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