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Editoriali

Ecco perchè il VAR non ha cambiato ancora il calcio

Tempo di lettura: 3 minuti.

Il mondo del calcio è colpito da tante polemiche nonostante il Video Assistant Referee VAR. L’inserimento della tecnologia nel calcio non ha portato soluzioni, ma solo diatribe a quanto pare. Non c’è una squadra che non sollevi dubbi a riguardo, non tanto sulla tecnologia, ma sul suo utilizzo e sulle regole di impiego messe a punto dalla Lega sulla base delle direttive FIFA.

Prima di comprendere perché il VAR, o la VAR, non ha migliorato il calcio, spieghiamo quando questo può essere utilizzato dall’arbitro su sua indicazione spontanea oppure su richiesta della squadra interessata a fare chiarezza su un azione a suo dire torbida. Il Grande Fratello del calcio può essere usato esclusivamente in quattro casi definiti “determinanti” per lo sviluppo della partita e del risultato:

• assegnazione di un gol;

• assegnazione di un calcio di rigore;

• espulsione diretta (non quella per somma di ammonizioni, “giallo”);

• errore di identità (scambio del calciatore da ammonire o espellere con un altro)

Ed ecco allora che subentra il fattore del tempo. Quanto tempo dura una interruzione del VAR? Almeno 3 minuti, che si andrebbero ad aggiungere alla durata del match. 

Chi assiste l’arbitro? Una macchina?

No altri due ufficiali di gara in carne ed ossa, detti V.A.R. (Video Assistant Referee) e A.V.A.R. (Assistant Video Assistant Referee), incaricati di riferire all’arbitro e di rivedere il filmato dell’azione quando si verifica una delle quattro situazioni già viste in precedenza.

Quindi questo sistema dovrebbe essere infallibile dato che ci sono due uomini a controllare le immagini di una moviola in campo, perché allora vi sono ancora lamentele?

Perché la macchina non è libera di decidere ed il mix arbitro-VAR non è automatizzato e nemmeno basato su principi universali, ma sulla discrezionalità umana ed è qui che subentra la cultura del sospetto italica fondata su eventuali decisioni personali aventi alibi tecnologici mirati a premiare l’una o l’altra squadra.

Come dovrebbe essere un sistema arbitrale calcistico a prova di errore?

Innanzitutto c’è bisogno di stabilire il principio che l’arbitro in carne ed ossa non serve perché la tecnologia oggi potrebbe provvedere autonomamente a giudicare le partite di calcio grazie all’intelligenza artificiale con capacità predittiva ed il machine learning accompagnato da un deep learning: una macchina che impara dalla casistica e che continua ad imparare mentre è inattiva.

Fantascienza? Assolutamente no e certamente rappresenterebbe una soluzione quasi perfetta, ma onerosa nella fase di avvio e con la tecnologia 5G sarebbe ancora più efficiente ed infallibile, ma subentrerebbe un fattore forse più fastidioso: le interruzioni di gioco con un conseguente aumento esponenziale del tempo di gioco.

Se ogni interruzione dura 3 minuti, si calcola che in una fase iniziale, magari di apprendimento dei sistemi informatici, ci troveremmo a fare i conti con più di 10 interruzioni a partita e la scelta sarebbe tra il far recuperare il tempo perso con la stessa quantità di minuti sottratti al gioco oppure facendo giocare meno le squadre in campo. C’è però un dato che descrive molte macchine in altri settori come perfette anche con percentuali dell’80% e le squadre potrebbero richiedere l’intervento dell’arbitro, unico supervisore senza una terna, per il rimanente 20%.

Vi sembra surreale vero? Ed invece è così tecnicamente praticabile ed onesto, perfetto, che il 20% di errore rappresenterebbe un successo proprio per coloro che sono alla ricerca di un calcio giusto, equilibrato ed onesto, ma che difficilmente si può ottenere per due motivi.

Il primo risiede nei costi che dovrebbero essere a capo di gestori dello stadio o delle Società Sportive titolari degli impianti, oppure a carico della FIFA che sarebbe chiamata ad una rivoluzione globale e forse anche coraggiosa sotto certi punti di vista, perché potrebbe aprire successivamente a scenari di giocatori “robot”. Il secondo motivo è semplicemente perché ad oggi i campionati sono falsati, tutti, e non sempre vince il migliore e l’algoritmo che sta modulando il gioco è spesso quello delle società di scommesse sempre più potenti, ricche e soprattutto influenti.

Pensandoci bene, una volta che la fiducia del pubblico e degli addetti ai lavori si è consolidata, le partite durerebbero meno perché la tecnologia funzionante, impiegata in maniera assoluta, non creerebbe molti sospetti e, a meno che non si verifichino casi eclatanti di errori oppure di intrusione informatica e si inizi a parlare di manipolazione dell’algoritmo che governa le macchine, vi sarebbe più tempo dedicato al gioco e meno alle polemiche perché impartite da uno strumento non umano. Il fatto che sia una macchina a dirigere tutto senza interessi personali, che potrebbero inficiare su un eventuale parametro di giudizio, così come ad oggi viene spesso contestata l’integrità morale degli arbitri umani. Anche perché il direttore di gara sarebbe unico per ogni partita, ed il sistema robotico prevederebbe più soggetti mossi da un unico algoritmo senza che il cuore e la mente prevalgano su delle scelte oggettive valide per tutti e soprattutto senza discrezionalità di merito, ma di regola.

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