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Editoriali

Iphone spiati: spunta il segreto di Google che conferma l’alibi cinese

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Ha destato molto interesse l’articolo pubblicato da matricedigitale sull’inchiesta internazionale che riguarda l’installazione di software spia sui dispositivi Apple segnalata dal centro di intelligence di Google. Una notizia diffusa da un concorrente di Apple, dopo mesi  dall’evento della segnalazione risolta nel giro di una settimana dall’azienda danneggiata. Fino a qui, nulla di grave se tralasciamo i preoccupanti problemi derivati dalla acquisizione impropria di massa da parte di sconosciuti dei dati personali di migliaia, o addirittura milioni, di utenti.

Abbiamo anche spiegato il funzionamento di questi software spia grazie a due esperti del settore e si è illustrata la modalità utilizzata dagli hackers, che hanno sfruttato una debolezza del browser Safari. 

Peccato che nessuno abbia alzato il ditino nel mondo dell’informazione chiedendo a Google quali fossero i siti colpiti

Tutti sappiamo come ha funzionato il processo attuato dai pirati informatici, ma i siti da evitare ad oggi, quali sono? 

Che tipologia di siti erano? Ecco, questa è la domanda cardine che potrebbe aiutare la popolazione nel prevenire attacchi simili in futuro, ma da come però è stata trattata la notizia dai diretti interessati, si evince la poca importanza dell’utenza nello scacchiere internazionale del mondo tecnologico. 

Ritornando invece ai protagonisti, Apple non ha rilasciato dichiarazioni dopo che il suo IOS è stato sbugiardato in termini di sicurezza dal competitor Android. Motivi riconducibili ad una senso di vergogna? Assolutamente no, perché gli stessi esperti di Google hanno sì diffuso la notizia infamante per il competitor, ma si sono tenuti ben lontano dal chiarire un aspetto fondamentale: anche Android e Windows sono stati colpiti da questa infezione nel silenzio dei diretti interessati.

In sintesi, Google con il senno di poi dice che Apple è stata bucata e protegge di fatto se stessa e Microsoft dalla spiacevole notizia che anche loro hanno subito lo stesso attacco.

In virtù di questo, c’è da ragionare su un altro aspetto da non sottovalutare: Microsoft e Google hanno risolto i problemi derivanti dall’infezione che, ricordiamolo, non hanno dichiarato? Nessuna informazione in merito, così come bisognerebbe anche comprendere quali siano gli interessi di un accordo tra Google e Microsoft che di fatto mette le due società in rivalità contro Apple avendo tutto l’interesse ad umiliarla sul mercato e guarda caso a distanza di pochi giorni dal lancio del suo nuovo melafonino ed del rinnovato IOS13. 

Apple copre sia il mercato di Google che quello di Microsoft, ma fa di peggio, perché chiude con la sua tecnologia “protetta” la possibilità di business ai produttori hardware che invece hanno un grande potenziale di vendita sui dispositivi, fissi e mobili, che ospitano i software Microsoft e Google.

Se vogliamo ragionare invece in un ottica nazionalista ci sarebbe l’ipotesi che le tre aziende abbiano concordato una strategia di comunicazione congiunta dove, dapprima si palleggiano il problema aiutandosi con uno scambio di informazioni utili per correre ai ripari in tempo e successivamente trovano il terzo incomodo.

Ed ecco allora sbucare la questione cinese

Facile in questo momento storico additare le colpe al Governo Cinese, soprattutto negli Stati Uniti dove c’è una guerra tecnologica in corso che narra degli americani sconfitti già in partenza perché una grande percentuale dei dispositivi tecnologici sul loto territorio è Made in China. Difficile anche credere che il Governo cinese abbia utilizzato una tecnologia impiegata per monitorare la popolazione musulmana rinchiusa in un ambito territoriale ben preciso, come è stato ampiamente confermato da una nostra fonte interna alle dinamiche Governative.

La motivazione per smontare questa tesi, che si aggiunge alla presenza già massiccia di dispositivi cinesi su suolo americano, è che la Cina ha già effettuato la scansione facciale di una grande fetta della sua popolazione, così come allo stesso tempo può accedere agli archivi delle aziende cinesi produttrici di tale tecnologia, che comprendono anche i dati biometrici di cittadini di altri paesi mai stati in Cina. A proposito, il software spia, in molti casi, è stato installato non solo sui turisti che si accingono ad entrare in quella zona, ma anche a coloro che appartengono alla popolazione cinese di provenienza turca. Così come è possibile che i software malevoli siano stati installati su Server con Ip cinesi senza però avere una paternità di quella nazione. Se è il governo a colpire, può mai lasciare una traccia geografica all’interno del suo stesso territorio? Possibile di sì, ma risulta comunque essere un controsenso.

Un’altra pista potrebbe essere quella che si cerca di creare un terrore psicologico finalizzato a scoraggiare la popolazione all’acquisto dei prodotti cinesi. Ed è forse questa la ragione per cui sia Google che Apple hanno interesse a far emergere la questione cinese. “Non comprate cinese perché il Governo vi spia, quindi comprate occidentale.” Potrebbe essere il messaggio subliminale di questa storia.

In conclusione, quello che sembra l’ennesimo danno ai cittadini che non conoscono il rischio corso e non sanno come prevenirlo in futuro, non potrebbe essere altro che una strategia tesa a creare una confusione dove non stupirebbe il fatto che siano stati stesso i governi occidentali ad utilizzare delle vulnerabilità simili per spiare la propria popolazione con prodotti comprati al mercato grigio senza che i produttori software colpiti ne fossero a conoscenza. In barba proprio ai diritti umani che dicono essere violati ripetutamente dal Governo cinese.

In fondo, se ci pensiamo, la dittatura ha una Autorità sul controllo, la Democrazia invece deve per forza di cose ingannare per controllare, altrimenti, la cittadinanza stessa la reputerebbe una dittatura. Uno schema di cui noi tutti ci dimentichiamo, ma che in fondo è legittimo se analizziamo l’utilità del caos nell’affinare gli strumenti, diversi nella loro forma, finalizzati ad allestire delle celle personalizzate nel contesto globale della Prigione dell’Umanità.

Editoriali

Apple vuole fregarti con lo spot dei 128GB di spazio iPhone: aspetta il 16

Tempo di lettura: 3 minuti. Scopri se 128GB di spazio su iPhone sono sufficienti per le tue esigenze e considera le alternative di iCloud per una gestione ottimale dell’archiviazione.

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Apple iPhone Spot
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L’iPhone 15 promette “molto spazio per molte foto”, come evidenziato nell’ultimo spot di Apple. Tuttavia, la sufficienza dello spazio di archiviazione dipende dall’utilizzo specifico che ciascuno fa del proprio iPhone e dall’opzione di memoria scelta. La capacità di archiviazione base dell’iPhone 15 è di 128GB, un notevole aumento rispetto ai 64GB degli anni precedenti, riflettendo l’esigenza crescente di più spazio dovuta all’ampliamento delle abitudini digitali.

Fotografia e video in Alta Risoluzione

Con le capacità fotografiche dell‘iPhone 15 che includono foto da 48 megapixel e registrazione video in 4K, lo spazio richiesto per questi file ad alta risoluzione è sostanziale. Questi miglioramenti, sebbene accrescano la qualità dei contenuti catturati, consumano rapidamente la capacità di archiviazione locale, rendendo quello che una volta sembrava ampio spazio, ora insufficiente per le esigenze di molti utenti.

iCloud come soluzione?

iCloud di Apple offre una soluzione alle limitazioni di spazio dei dispositivi, con piani che vanno oltre i 5GB gratuiti – quantità decisamente insufficiente per la maggior parte degli utenti. I piani di abbonamento a pagamento di iCloud+ offrono 50GB, 200GB e 2TB di spazio cloud, arricchiti da funzionalità aggiuntive. Di recente, Apple ha introdotto opzioni per 6TB e 12TB di spazio, pensate per utenti con esigenze di archiviazione estese, sebbene queste opzioni comportino costi significativi e la dipendenza da una connessione internet per accedere ai file e ad un aumento di prezzi con contratti unilaterali.

iPhone storage vs iCloud

Mentre i modelli standard di iPhone 15 e iPhone 15 Pro partono da 128GB di spazio di archiviazione, Apple offre opzioni di upgrade a 256GB e 512GB, con un’ulteriore opzione da 1TB per l’iPhone 15 Pro, verificare su Amazon i prezzi e le diverse caratteristiche. Optare per un modello con capacità inferiore e integrarlo con spazio iCloud aggiuntivo potrebbe rivelarsi una scelta più economica e pratica, considerando il costo e la durata potenziale del dispositivo rispetto all’investimento in un iPhone da 1TB.

Il futuro dello spazio di Archiviazione su iPhone

Data l’attuale traiettoria, sembra ragionevole che Apple aumenti la capacità di base di tutti i suoi modelli di iPhone a 256GB nelle generazioni future, e si auspica anche una revisione dell’aliquota gratuita di 5GB di iCloud, per riflettere meglio le realtà del consumo digitale moderno.

Chi vi scrive non casca nella fregatura salvo rottura

Apple invita gli utenti a fare l’upgrade di cellulare un motivo chiaro: cambiarlo e fare cassa. Il messaggio è rivolto agli utenti di iPhone 12 e 13 con le versioni base da 128GB. Chi vi scrive ha un iPhone 12 Pro Max che ha cambiato dopo un 7 plus da pochi GB. L’iPhone non si cambia ogni anno, ma si cambia quando arriva la tecnologia di discontinuità. Nel caso del 7 plus e della versione 12, oltre allo spazio, ad una durata sempre inferiore della batteria, il motivo che mi ha portato al cambio di dispositivo è stato il 5G che ha modificato i tempi di consultazione del Web. Anche la fotocamera è stata gradita al passaggio, ma, dalla versione 12 in poi fino alla 15, c’è poco da aggiungere se non appunto questioni di spazio, qualche avanzamento tecnologico nella fotografia e magari un 5g più veloce per via dei modem nuovi.

Se Apple fa questa proposta ansiolitica, mettendo in mezzo il fatto che possiate perdere la memoria della vostra defunta madre, è perchè le vendite vanno molto male ed il mondo sta sfornando cellulari nettamente superiori con l’Intelligenza Artificiale integrata dove Apple sta scopiazzando per il prossimo modello perchè rimasta indietro.

Sappiate che potete sempre trasferire le foto di mammà sul vostro PC e poi valutare se spostarle nel cloud Apple dove comunque potreste essere costretti nel fare l’upgrade del cloud se ovviamente vorrete fare il backup del dispositivo online. Se avete un iPhone 12 o anche un 14, attendete il primo iPhone AI, il iPhone 16, che arriverà verso settembre. Varrà ancor di più la pena di spostarci anche i propri ricordi.

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Editoriali

Buona Pasqua online dalla Matrice Digitale

Tempo di lettura: < 1 minuto. Auguri di buona pasqua dalla redazione di Matrice Digitale. Per il settimo anno di fila festeggiamo la santa ricorrenza della resurrezione

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Tempo di lettura: < 1 minuto.

Un’altra Pasqua, la settima di fila, la trascorreremo insieme con le notizie di Matrice Digitale e le inchieste del mondo IT.

Non avendo accordi privati con multinazionali che decidono algoritmi di visibilità, non essendo mai troppo dolci con le Istituzioni, il nostro lavoro giornalistico è sempre in salita, ma questa è la vera emozione di svolgere la professione senza autocensurarsi e provando a raccontare quello che si vede a differenza di quello che fa comodo si veda.

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Rinnoviamo gli auguri di Pasqua a voi ed ai vostri cari.

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Editoriali

Ferragni pagliaccio: l’indignazione della rete alla prima dell’Espresso

Tempo di lettura: 2 minuti. La copertina de L’Espresso su Chiara Ferragni vestita da pagliaccio ha scatenato diverse reazioni, ma chi ha letto l’inchiesta?

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Ferragni Espresso
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Chiara Ferragni compare truccata da pagliaccio in prima pagina de L’Espresso che ne descrive la scarsa trasparenza nella gestione societaria e si fa riferimento a scatole cinesi, manager indagati e dipendenti pagati poco.

Tutto legale fino ad oggi, sia chiaro, ma se questo è il modello di Business da studiare ad Harvard, si può ampiamente pensare che negli USA siano arrivati tardi. Ritornando con i piedi per terra e conscendo molte realtà statunitensi, sarebbe da stupidi mettere Chiara Ferragni al primo posto di come si gestisce un’azienda: non è la prima e nemmeno l’ultima.

Matrice Digitale è la testata che ha denunciato per prima l’affaire di Sanremo, che ha giudicato la Ferragni per quello che si è mostrata da Fazio: un’utile manichino senz’anima al servizio delle case di moda.

Non solo lo scandalo nella gestione della beneficenza, ma la delusione nelle risposte in una trasmissione accondiscendente come quella di Fazio stanno facendo cadere definitivamente l’alone di divinità di colei che ha saputo nascondersi dietro di post su delle pagine social creandosi un’icona immacolata.

Le reazioni alla copertina dell’Espresso

La copertina de L’Espresso è l’ultimo attacco a quel pezzo di credibilità rimasto alla Ferragni: la donna imprenditrice che vince perchè ha racimolato soldi. In pochi hanno letto le notizie diffuse sui media un pò di anni fa che vedevano il brand Ferragni essere messo in vendita sul mercato anche per una esposizione finanziaria dovuta da una situazione debitoria sulla carta di piccolo conto. Se però le cose stanno come dice L’Espresso, la realtà sullo stato di salute delle sue società potrebbe essere diversa.

Riflessioni alle reazioni

Molti hanno reagito alla copertina della Ferragni con stupore ed indignazione, ma fa riflettere in realtà il fatto che nessuno abbia letto l’articolo e soprattutto tutti, dinanzi ad una persona che si presenta in un modo e dimostra di essere diverso da come viene descritto, lo apostroferebbero come un pagliaccio.

E fa male essere presi per i fondelli da un pagliaccio … questo nessuno ha il coraggio di ammetterlo.

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