Editoriali
Lo scontro tra Orsini e Lupi conferma le nostre riflessioni sulla qualità dell’informazione
Tempo di lettura: 2 minuti. In tv ci si interrompe troppo spesso senza far esprimere dei concetti, questo aiuta la polarizzazione in sfavore della scienza e della consapevolezza dei telespettatori.
Lo scontro tra Alessando Orsini e Maurizio Lupi a Cartabianca ha evidenziato ancora una volta le pecche del sistema dell’informazione italiana da noi anticipate sul caso Frajese e Caprarica. Anche in questo caso, ad un politico è stato contrapposto un docente universitario ed il risultato è stato quello della “caciara”.
Visto che questo si verifica spesso nelle trasmissioni di informazione, verrebbe da pensare che lo strumento di contrapposizione tra due persone con estrazione sociale diversa, incluse le competenze, sia un modo per non favorire un dibattito proficuo come già anticipato in occasione della narrazione sul covid. Nel caso specifico si nota che non è stata data la possibilità al docente universitario di esprimere integralmente il suo concetto, mettendolo nella condizione di cadere nella grande trappola dell’esprimere delle tesi accademiche con dei toni diretti ed allo stesso tempo duri e facilmente strumentalizzabili. A dimostrazione di questa tesi c’è anche la la semplificazione di quel poco di pensiero che si è intravisto di Orsini da parte di Maurizio Lupi, professione politico, che ha generalizzato la teoria dell’accademico bollandola con un: “lasciamo morire gli ucraini e dimentichiamoli”.
In un sistema dell’informazione, soprattutto pubblica, dove c’è bisogno di proporre al telespettatore un dibattito distante dalla preponderanza di eventuali schieramenti ideologici, soprattutto dinanzi a temi dove è richiesta una forte preparazione geopolitica e storica, una conversazione di 4 minuti con interruzioni continue non offre degli spunti interessanti al dibattito aprendosi alla polarizzazione che ne alimenta poi le propagande. Un sistema che oramai ha stufato moltissimi utenti anche sui social network, stufi anche degli sciacalli di like che non puntano sui contenuti che vengono espressi e nemmeno sulle teorie, bensì optano per una divisione di un pubblico che esprime il proprio assenso attraverso dei like ed esprime allo stesso tempo dissenso attraverso i commenti.
Su questa riflessione, in periodo di pandemia sono pochi ad aver riconosciuto le responsabilità dell’intero sistema dell’informazione facendo autocritica, come ad esempio Corrado Formigli, che ha portato avanti qualsiasi voce in capitolo su tematiche ampiamente divisive fornendo lo stesso spazio ad entrambi le tesi in conflitto. La qualità dell’informazione migliorerebbe in questioni che riguardano fatti specifici e tecnici coinvolgendo nei parterre ospiti che, sulla base di un rispetto di buona condotta, si confrontino secondo quelle che sono le competenze specifiche sul tema siano esse accademiche siano politiche siano sociali.
Il dibattito potrebbe essere più noioso?
Secondo le richieste da parte di un pubblico sempre più esigente grazie proprio ad Internet ed alla sua capacità di poter offrire diverse fonti di lettura, questa scelta rappresenterebbe invece un grande passo di maturità del mondo dell’informazione, togliendolo di fatto anche da eventuali accuse di svilimento dei dibattiti con il fine di manipolare le notizie o gli argomenti ad uso e consumo dei sempre citati “poteri forti”: alla base delle teorie che muovono sospetti sulla credibilità dell’informazione.
Editoriali
Perchè l’arresto di Durov è giusto e perchè dobbiamo avere paura?
Pavel Durov, fondatore di Telegram, è in stato di arresto in una prigione francese dopo essere stato bloccato all’aeroporto di Parigi. Le motivazioni dell’arresto riguardano la responsabilità oggettiva del proprietario di una piattaforma di messaggistica “che fino ad oggi ha consentito una marea di reati indeterminata” e Telegram ha da tempo un grande problema con i principi basilari dei codici internazionali.
Perchè l’arresto è tecnicamente giusto?
Telegram è un programma di messaggistica che si è evoluto nel tempo con più servizi che l’hanno proiettato in una dimensione fittizia di piattaforma di Social Media. Telegram è l’evoluzione del Dark Web che si annida nella rete Tor, anzi, lo ha sostituito. La rete nascosta di Internet è famosa per ospitare tutto ciò che non è consentito ed è di conseguenza filtrato dai motori di ricerca e Telegram ad oggi è il luogo preferito dalla massa per accedere a contenuti vietati e servizi illegali.
E’ su Telegram che Matrice Digitale ha scoperto in esclusiva nazionale i Greenpass distribuiti gratuitamente ed è su Telegram che si articolano quotidianamente i canali che vendono droga, sottoscrizioni al pezzotto per non pagare abbonamenti salati legittimi e questo può essere anche un male minore.
E’ su Telegram che si è massimizzata la distribuzione dei Contenuti di Abuso su Minore e se prima questi contenuti erano relegati alle riservate community del Dark Web, è dalla piattaforma di Durov che sono stati diffusi contenuti di questo tipo su una scala maggiore di utenti. Quando si parla di armi e CSAM, si passa su un livello di attenzione superiore e Durov mai si è mostrato disponibile come tutti gli altri suoi colleghi che sulla moderazione dei contenuti sono stati sempre attenti a garantire il minimo essenziale ed è per questo motivo che difendere Durov dall’arresto risulta difficile mentre Musk si è protetto sulla moderazione dei contenuti illegali ed ha orientato la difesa della sua piattaforma sul dibattito della libertà di espressione. Proprio qui che iniziano le paure su un arresto che poteva essere evitato.
L’arresto di Durov mina la libertà di espressione?
L’arresto di Durov è un colpo alla libertà di espressione che dai tempi della rete combatte con la sicurezza OnLine e la domanda ricorre costantemente:
Più libertà di espressione o più sicurezza e meno free speech?
Il caso di Durov va analizzato in un contesto più ampio che parte dal Covid ed arriva fino alla guerra in Ucraina: banco di prova del mondo dell’informazione e delle prime censure ufficiali da parte dei governi e delle istituzioni. Durov è il titolare di una piattaforma che ha ospitato tutti coloro che costantemente venivano censurati dagli algoritmi di Facebook e Instagram oppure che venivano messi in shadow ban da Twitter prima dell’arrivo di Musk ed allo stesso tempo Telegram è stato il ponte tra l’informazione Russia e quella occidentale dopo che l’Europa ha comminato il primo pacchetto di sanzioni a Mosca che prevedeva l’oscuramento delle fonti vicine al Cremlino. Grazie a Telegram sono girate notizie false e propagandistiche, ma anche informazioni che si sono dimostrate corrette a differenza di quanto raccontato dai media ordinari.
L’arresto di Durov in Francia evidenzia la particolare attenzione che Macron e soci hanno nei confronti delle multinazionali tecnologiche, in virtù anche del fatto che quando ci fu l’incidente di Marsiglia, dove un giovane fu sparato dalla polizia, il presidente francese riuscì a limitare la diffusione del filmato su tutte le piattaforme social, tranne che su Telegram tanto da invocare il Digital Services act prima che entrasse in vigore.
Nel conflitto russo ucraino, Durov non si è schierato, così come non si è voluto assumere la responsabilità dei contenuti che vengono diffusi sulla sua piattaforma, ma in questo momento Telegram è la piattaforma più vicina alle fonti russe che diventano sempre più nemiche visto il coinvolgimento diretto dell’Europa nella guerra e questa può essere la causa ufficiale dell’arresto, ma c’è il forte sospetto che il motivo sia quello di ospitare le diverse propagande che si articolano quotidianamente sulla piattaforma dando vita ad una guerra simmetrica.
Durov è russo anche se ha studiato a Torino. Prima di Telegram aveva creato VK, il social russo. Nel 2011 e nel 2014 ha rifiutato di dare alle autorità russe i dati dei contestatori e di bloccare la pagina di Navalny. Putin non gli ha fatto nulla, anche se lui ha cambiato la sede dei suoi affari nel Medio Oriente, Macron, invece, l’ha sbattuto in carcere confermando la propensione ai metodi fascisti del presidente francese. In virtù delle ultime voci sugli investitori russi di X vicini al Cremlino, matura il sospetto che il prossimo ad essere colpito sia Elon Musk, già allontanato da brasile e Venezuela, perchè considerabile tecnicamente raggiungibile dalle sanzioni europee comminate alla Russia.
Editoriali
Robot viventi: interveniamo prima che sia troppo tardi
Tempo di lettura: 2 minuti. Lo sviluppo dei robot viventi richiede regolamentazione e dibattito pubblico per garantirne un uso etico e sicuro: potenzialità e sfide di questa tecnologia.
Lo sviluppo di robot viventi, una fusione tra biotecnologia e robotica, rappresenta una delle frontiere più avanzate e controverse della scienza moderna. Questi “xenobot”, come vengono spesso chiamati, sono organismi programmabili creati a partire da cellule viventi. Mentre le potenzialità di questa tecnologia sono immense, sollevano anche numerose questioni etiche e legali che necessitano di un dibattito pubblico e di una regolamentazione adeguata.
Il potenziale dei Robot Viventi
I robot viventi hanno il potenziale di rivoluzionare diversi settori, dalla medicina all’ambiente. Possono essere programmati per svolgere compiti specifici, come riparare tessuti danneggiati, rimuovere microplastiche dagli oceani o trasportare farmaci all’interno del corpo umano. Questi organismi biologici possono auto-ripararsi e adattarsi a diversi ambienti, offrendo soluzioni innovative a problemi complessi.
Questioni Etiche e Legali
Nonostante le loro promettenti applicazioni, i robot viventi sollevano importanti questioni etiche. La capacità di creare e programmare esseri viventi introduce dilemmi morali su cosa significhi “vivente” e fino a che punto possiamo spingerci nel controllo della vita biologica. La mancanza di una regolamentazione chiara potrebbe portare a usi impropri o pericolosi di questa tecnologia.
La regolamentazione è fondamentale per garantire che lo sviluppo e l’uso dei robot viventi avvengano in modo etico e sicuro. Ciò include la definizione di linee guida su come devono essere creati, utilizzati e smaltiti. Inoltre, è essenziale stabilire chi è responsabile in caso di malfunzionamenti o danni causati da questi organismi.
La necessità di un dibattito pubblico
Oltre alla regolamentazione, è cruciale coinvolgere il pubblico nel dibattito su questa tecnologia. La trasparenza e l’educazione sono chiavi per garantire che la società comprenda i benefici e i rischi associati ai robot viventi. Un dibattito pubblico inclusivo può aiutare a formare un consenso sulle direzioni etiche e pratiche per l’uso di questa tecnologia.
Lo sviluppo nel campo rappresenta una straordinaria opportunità scientifica, ma richiede un approccio attento e responsabile. La regolamentazione e il dibattito pubblico sono essenziali per assicurare che questa tecnologia venga utilizzata in modo sicuro ed etico, proteggendo sia gli individui che l’ambiente. Solo attraverso un impegno collettivo possiamo sfruttare pienamente il potenziale dei robot viventi, minimizzando al contempo i rischi.
Editoriali
Julian Assange patteggia ed è libero. L’Italia deve vergognarsi
Tempo di lettura: 3 minuti. Julian Assange, fondatore di WikiLeaks, è stato liberato dal Regno Unito dopo un accordo di patteggiamento con il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti.
Julian Assange, fondatore di WikiLeaks, è libero ed è stato rilasciato dal Regno Unito dopo aver scontato più di cinque anni in una prigione di massima sicurezza a Belmarsh. Questo evento conclude una saga legale durata 14 anni.
Assange lascia il Regno Unito
Assange, 52 anni, è stato liberato dopo aver accettato di dichiararsi colpevole di un solo conteggio di cospirazione per ottenere e divulgare informazioni sulla difesa nazionale degli Stati Uniti. Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti aveva precedentemente presentato oltre una dozzina di accuse contro di lui. Dopo essere stato rilasciato, Assange è salito su un volo per l’Australia, sua patria natale.
L’accordo è stato raggiunto per evitare ulteriori tempi di prigionia, dato che Assange aveva già scontato una pena più lunga rispetto alla maggior parte delle persone accusate di reati simili. Il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha accettato di non infliggere ulteriore pena detentiva poiché Assange aveva già trascorso abbastanza tempo in prigione.
Processo e patteggiamento
Secondo il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti, l’accordo di patteggiamento con Assange è stato raggiunto anche grazie a una campagna globale che ha coinvolto organizzatori di base, attivisti per la libertà di stampa, legislatori e leader politici di vari schieramenti, oltre che le Nazioni Unite.
Il patteggiamento prevede che Assange compaia davanti a un giudice federale nelle isole Marianne Settentrionali, un territorio statunitense nel Pacifico, per dichiararsi colpevole. Dopo la dichiarazione di colpevolezza, Assange potrà tornare in Australia come uomo libero. Le autorità statunitensi, britanniche e australiane non hanno ancora rilasciato dichiarazioni ufficiali sul perché e come sia stato raggiunto questo accordo.
Storia di WikiLeaks
Fondata nel 2006, WikiLeaks ha pubblicato oltre 10 milioni di documenti riguardanti guerre, spionaggio e corruzione. Tra le rivelazioni più note vi sono i registri di guerra dall’Afghanistan e dall’Iraq, i cablogrammi diplomatici degli Stati Uniti (noti come Cablegate) e informazioni sui detenuti nel campo di prigionia di Guantanamo Bay. Inoltre, WikiLeaks ha pubblicato una serie di strumenti di cyber-guerra e sorveglianza presumibilmente creati dalla CIA, conosciuti come Vault 7 e Vault 8.
Assange ha trascorso circa sette anni in esilio volontario nell’ambasciata dell’Ecuador a Londra per evitare l’estradizione in Svezia, dove era indagato per accuse di stupro e aggressione sessuale, che ha sempre negato. Nel 2019, è stato arrestato dalla polizia britannica dopo che l’Ecuador ha revocato il suo asilo.
Implicazioni e futuro di Assange
L’accordo di patteggiamento segna un momento cruciale nella lunga battaglia legale di Assange contro le accuse statunitensi. Sebbene l’accordo riduca le accuse a un solo conteggio di cospirazione, l’impatto delle azioni di Assange sulla sicurezza nazionale degli Stati Uniti è stato significativo, come dichiarato dal Dipartimento di Giustizia. Il futuro di Assange sembra ora indirizzato verso un ritorno in Australia, dove potrà finalmente godere della libertà dopo anni di battaglie legali e detenzione.
L’Italia che lo voleva negli USA
Sebbene l’Italia sia stata attraverso l’Espresso negli anni di WikiLeaks una nazione che ha coperto le inchieste internazionali pubblicate su tutti i giornali, negli ultimi anni si è aperto un fronte della stampa contro la libertà di Assange da parte del direttore della scuola di giornalismo della Luiss, Gianni Riotta, ed il suo collega Maurizio Molinari direttore del gruppo Gedi. Dopo il cambio di guardia che ha previsto la vendita de L’Espresso dal gruppo di Repubblica ed il passaggio di Gedi ad Agnelli, la giornalista Stefania Maurizi, conoscente diretta di Assange, è stata licenziata in tronco ed è passata al Fatto Quotidiano. Il gruppo di Repubblica è stato l’unico tra le testate internazionali a non rinnovare la richiesta pubblica al governo USA di cedere e mostrare clemenza verso il capo di Wikileaks.
Anche la politica italiana si è mostrata sempre distante dalle posizioni di Assange salvo il Sindacato Unitario dei Giornalisti che ha ottenuto nella città di Napoli il riconoscimento della cittadinanza Onoraria. La posizione del giornalismo e dei politici su Assange ha descritto ancora una volta il posizionamento della società di potere italiana e per fortuna che il promotore si sia trovato al di fuori dei confini italici, altrimenti sarebbe stato consegnato e mai stato libero come oggi.
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