Editoriali
L’origine dei guai delle Cryptovalute è di stampo governativo

Un paio di exploit utilizzati dalla NSA, che erano stati trapelati online all’inizio di quest’anno dal gruppo di hacker noto come Shadow Brokers, sta ora causando il caos aiutando un gruppo che sta usando gli exploit per installare malware che esegue il software di mining Monero su virus infetti computers. Gli esperti di sicurezza informatica di F5 Networks hanno scoperto un utente malintenzionato che sta eseguendo la scansione di Internet per macchine che eseguono server che utilizzano versioni vulnerabili di Apache Struts e DotNetNuke Software di gestione dei contenuti ASP.NET che non è stato aggiornato per correggere i difetti. All’inizio di quest’anno la vulnerabilità di Apache Struts è stata utilizzata da un altro gruppo di hacker per perpetrare l’attacco su Equifax. La nuova campagna di hacking è stata soprannominata Zealot.
I ricercatori di F5 Networks hanno scoperto che il malware scarica un file “mulo” che contiene un software che estrae Monero. Monero è una criptovaluta altamente incentrata sulla privacy, che è diventata molto popolare tra gli utenti di darknet, hacker e cyber criminali. La criptovaluta Monero è progettata per proteggere gli utenti dall’avere le quantità dei loro portafogli e transazioni da essere viste da terze parti, a differenza di molte altre criptovalute, come Bitcoin. Con criptovalute come Bitcoin, tutti gli indirizzi e le transazioni possono essere visualizzati dal pubblico guardando le informazioni memorizzate sulla blockchain della moneta.
I ricercatori di F5 Networks hanno scoperto che un indirizzo Monero che riceveva monete estratte dal malware dell’attaccante stava ricevendo almeno $ 8.500 Dollari USA di Monero. Non è possibile conoscere l’ammontare totale che gli aggressori hanno fatto dal loro malware di mining Monero finora. Gli aggressori responsabili degli attacchi WannaCry Ransomware verificatisi all’inizio di quest’anno, come i nuovi attaccanti, hanno utilizzato anche l’exploit EternalBlue della NSA. Un gruppo di ransomware è riuscito a raccogliere oltre $ 100.000 dollari USA all’inizio dell’anno sfruttando lo stesso difetto in Apache Struts che il nuovo malware minerario Monero sfrutta.
Editoriali
Robot e Diritti: il Confucianesimo Come Alternativa?”
Tempo di lettura: 2 minuti. Mentre i robot assumono ruoli sempre più importanti nel mondo, una nuova analisi propone una prospettiva diversa sui diritti dei robot, suggerendo un approccio confuciano.

La crescente presenza di robot nella nostra società ha aperto dibattiti significativi sulla loro condizione morale e legale. Tuttavia, concedere diritti ai robot potrebbe non essere l’idea più corretta. Un’analisi recente propone invece una prospettiva diversa, basata sul Confucianesimo.
Perché concedere Diritti ai Robot potrebbe non essere la soluzione
La ricerca, condotta da Tae Wan Kim, professore associato di Etica Aziendale alla Tepper School of Business dell’Università Carnegie Mellon (CMU), è stata pubblicata su Communications of the ACM, una rivista dell’Association for Computing Machinery. “Le persone sono preoccupate per i rischi legati alla concessione di diritti ai robot”, osserva Kim. “Ma riconoscere diritti non è l’unico modo per affrontare la questione morale dei robot. Potrebbe essere più efficace considerare i robot come portatori di riti, non di diritti.”
Confucianesimo come alternativa
Nonostante molti ritengano che rispettare i robot debba portare alla concessione di diritti, Kim sostiene un approccio diverso. Il Confucianesimo, un antico sistema di credenze cinese, si concentra sul valore sociale dell’armonia; gli individui diventano distintamente umani attraverso la capacità di concepire gli interessi non solo in termini di interesse personale, ma includendo anche una dimensione relazionale e comunitaria.
Considerando i robot, Kim suggerisce che l’alternativa confuciana di assegnare riti – o ciò che lui chiama “obblighi di ruolo” – ai robot sia più appropriata rispetto alla concessione di diritti. Il concetto di diritti è spesso avverso e competitivo, e un potenziale conflitto tra esseri umani e robot è preoccupante.
“Attribuire obblighi di ruolo ai robot favorisce il lavoro di squadra, stimolando la comprensione che questi obblighi debbano essere adempiuti in modo armonioso”, spiega Kim. “L’intelligenza artificiale (IA) imita l’intelligenza umana, quindi, perché i robot si sviluppino come portatori di riti, devono essere alimentati da un tipo di IA che può imitare la capacità umana di riconoscere ed eseguire attività di squadra. E una macchina può apprendere questa abilità in vari modi.”
Editoriali
Facebook multata per 1,3 miliardi. L’Italia esce sconfitta … ancora una volta
Tempo di lettura: 2 minuti. Il Garante Irlandese multa Meta per la gestione allegra del suo primo social. Finisce l’impunità di una piattaforma che in Italia ha invece trovato solo tappeti rossi, proprio dall’ultimo Garante.

Facebook è stata multata dal garante irlandese dopo tanti anni che è riuscito a prelevare i dati dei cittadini europei spostandoli negli Stati Uniti d’America con il fine di potenziare i suoi sistemi di profilaazione pubblicitaria in barba alle regole stabilite dal GDPR.
L’attività di Facebook, considerata contro legge a differenza di Instagram e WhatsApp, ha messo in moto un sistema che acconsentito al gigante tecnologico di raccogliere dati utili al suo pannello di gestione di business utilizzato successivamente per vendere posizionamenti pubblicitari a tutti coloro che sono interessati alle attività di social media marketing. Gli stessi dati però sono stati utilizzati anche per attività riferite a campagne politiche ed in alcuni casi alla manipolazione del consenso attraverso operazioni discutibili come quella più famosa di Cambridge Analytica ed ultima quella sollevata dal Garante Italiano su un sondaggio tra gli elettori intervistati in occasione delle ultime elezioni italiane.
Si aggiunga anche che la piattaforma ha utilizzato una grande Mole di dati per veicolare sondaggi nel periodo di pandemia destinati alla popolazione con il fine di effettuare una mappatura sanitaria dello status dei suoi utenti, dati sensibili in pratica ceduti spontaneamente, riguardante le abitudini e le informazioni che spettavano, soprattutto nei paesi democratici come l’Italia, ad Istituzioni governative.
La questione Facebook dimostra ancora una volta che è stato sanzionato un gigante tecnologico per una cifra seppur sostanziosa, record secondo la storia, avvenuta in ritardo con la possibilità per la multinazionale guidata di generare un traffico economico, commerciale e di utenti almeno 10 volte più grande. La sanzione avviene dopo che gli accordi tra l’Unione Europea e gli Stati Uniti si erano distesi grazie allo scudo permissivo sul trasferimento di alcuni dati oltre oceano.
Facebook nell’ultimo periodo ha più volte lamentato l’impossibilità di procedere secondo una logica commerciale utile al suo business in virtù del fatto che la sua prima fonte di guadagno si basa proprio sulla profilazione dei suoi utenti. Non è chiaro ancora quanto sia stata incidente l’Italia nei 1,3 miliardi di multa effettuata, ma è chiaro che la quota italiana comunque rappresenta un tardivo procedimento nei confronti di una multinazionale che nel corso di questi anni avviato una attività di lobbyin considerevole, penetrando appieno nelle Istituzioni attraverso attività “filantropiche”.
Come scritto in precedenza, tra i dati spostati negli Stati Uniti d’America figurano anche quelli di minori iscritti alla piattaforma che consente per legge l’accesso ai maggiori 13 anni in barba alle attività di sensibilizzazione rivolte ai più piccoli dove è parte il Garante della Privacy che avrebbe dovuto multare e vigilare, così come Facebook ha sposto i dati di 500 milioni di utenti nel mondo ed il Garante a suo tempo ha saputo dire solo “stiamo collaborando con Meta”.
Sudditanza psicologica direbbe qualcuno, ma per fortuna non in tutte le porte degli Organi di controllo. Quando ha provato a sottopagare i diritti degli artisti televisivi, si è trovata l’Autorità Garante per il Mercato della Concorrenza che l’ha costretta a trovare un accordo temporaneo.
La risposta dell’Europa seppur tardiva è comunque un segnale che arriva dopo molto tempo e che ha già coinvolto una società come Amazon con le stesse motivazioni e la metà dell’importo chiesto invece alla piattaforma di Mark Zuckerberg.
Editoriali
Il tempo è galantuomo: il Garante ha bloccato anche Google secondo i media
I giornali italiani che a breve riceveranno soldi per la campagna promozionale di #openAi voluta dal BLOCCO del Autorità Garante per la protezione dei dati personali
Scrivono che Google non ha immesso #bard nel mercato europeo sospettando addirittura che la causa sia il blocco a #chatgpt fatto nel mese precedente.
Il problema non è se sia giusto o sbagliato, ma che prima di regolare qualcosa, bisognerebbe conoscerla a fondo ed il ministro tedesco aveva avvisato su questo dettaglio.
Da paladino dell’Europa a censore: il passo è stato molto breve.
Facile prendersela con i deboli …
Detto ciò, c’è una cosa positiva: l’Europa, se davvero tiene ai dati dei suoi cittadini … adesso dovrebbe fornire un’alternativa compatibile con le nostre regole.
C’è?
Oppure restiamo senza intelligenza artificiale e ci resta solo quella del Garante Privacy e dei suoi componenti?
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