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Editoriali

Mediaset da una lezione agli haters: adesso tocca al Garante Privacy e all’Ordine dei Giornalisti

Tempo di lettura: 4 minuti. Se le regole di Meta non sono ascrivibili a determinate competenze quelle dell’informazione sì e non sono state rispettate per anni, comprese quelle sulla tutela dell’anonimato

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Tempo di lettura: 4 minuti.

Mediaset lancia i dati di successo dei suoi palinsesti affermando che è stata superata anche la Rai nel momento più difficile per l’immagine dell’azienda. Ad avere incrinato i rapporti di fiducia tra gli spettatori ed allo stesso tempo il personale giornalistico ed i conduttori di successo dell’azienda del Biscione c’è stato il servizio delle Iene dove una richiesta di spiegazione da parte di Matteo Viviani nei confronti di un condannato colpevole di aver adescato più di un ragazzo in rete spacciandosi per donna ha avuto un tragico epilogo. L’attività sadica dell’intervistato ha portato una delle sue vittime al suicidio, ma è stato punito solo con una pena amministrativa. L’inviato della storica trasmissione realizzata da Parenti ha raggiunto il colpevole mentre portava l’anziana madre in carrozzina con il volto coperto in post produzione, ma su cui si evidenziavano chiaramente i connotati fisionomici. Vivendo in una piccola comunità, la riconoscibilità del volto e della persona, da non sottovalutare anche il fatto che avesse un’anziana che trasportava in carrozzina, ha fatto in modo che ci fosse una facile riconoscibilità dell’individuo intervistato. Proprio per questo motivo, il sessantaquattrenne condannato amministrativamente per l’episodio di catfishing si è tolto la vita ed ha aperto un dibattito sui social network che ha minato non solo il lungo corso storico delle Iene, ma anche l’immagine aziendale. La rete si è divisa tra coloro che si sono indignati ed hanno ricordato che questi metodi sono stati spesso utilizzate dalla trasmissione televisiva nota per le sue inchieste giornalistiche, dall’altra parte, invece, coloro che sono stati invece sodali con il metodo di fare che ha portato alla morte “dell’uno in meno”. Secondo quanto riportato dal Corriere della Sera, Piersilvio Berlusconi ha fermamente condannato quanto andato in onda all’interno della trasmissione, nonostante gli abbia riconosciuto un prezioso lavoro giornalistico ed autoriale, ma nello stesso articolo è riportata una riflessione che dovrebbe nei tempi del Ministero della Verità sollevare una questione etica e morale sul modus operandi della Mediaset nella trasmissione televisiva Le Iene, che non è l’unica sia chiaro. In questo caso si aspettano dei seri provvedimenti da parte del Garante della Privacy italiano sul tema appunto della mancata tutela del volto della persona che poi si è tolta la vita, ma si attende soprattutto una presa di posizione convinta da parte dell’Ordine dei Giornalisti sul fatto che le stesse Iene, come descritto dal Corriere della Sera come una trasmissione para giornalistica. Il problema è proprio quello delle regole che le grandi aziende spesso sono tenute a non osservare e nel caso specifico bisogna constatare che Matteo Viviani non è iscritto all’Ordine dei Giornalisti, come altri nel programma, e questo fa sospettare come anche nel settore dell’informazione spesso contano altri tipi di rapporti di peso e di forza, rispetto a quelle che dovrebbero essere invece delle regole valide per tutti.

Sembrerebbe uno scherzo del destino nei confronti di una trasmissione che ha spettacolarizzato spesso il modo di fare informazione creando non pochi disagi a persone seppur non abbiano eseguito una buona condotta di vita, ma non può che sollevare un aspetto che riguarda soprattutto l’etica dei giornalisti che dovrebbero non solo evitare la gogna mediatica secondo anche gli ultimi dispositivi previsti dallo stesso governo Draghi, ma dare per scontato che le sentenze debbano essere rispettate anche quando non sono a noi gradite. Potremmo portare a difesa delle Iene anche il fatto che il servizio sia stato fatto perché erano emerse nuove prove contro il suicida, come potremmo dire anche che lo stesso condannato in via amministrativa per catfishing si sia tolto la vita perché è messo alle strette in virtù dei suoi multipli e ancora sconosciuti comportamenti scorretti, così come potremmo dare per buona la risposta delle Iene a seguito del tragico evento nel quale è dichiarata l’azione di continuare a trattare il tema perché c’è bisogno di spiegarne le dinamiche in modo tale da evitare altri casi simili: in sintesi l’atavica strategia che “la migliore difesa è l’attacco”.

Purtroppo però non è così semplice, e le parole di Piersilvio Berlusconi sono state dal punto di vista etico inattaccabili perché ha ammesso che il movente della giustizia non deve mai travalicare le sensibilità dell’individuo. Seppur ci troviamo dinanzi a casi sicuramente differenti, la risposta data da Piersilvio Berlusconi è una lezione anche per coloro che in questi mesi difficili, riparandosi dietro il concetto di giustizia, sono andati in deroga ai principi essenziali che la società Occidentale e moderna ha sempre caldeggiato in contrasto alla violenza ed alla giustizia sommaria. Le parole di condanna del capo di Mediaset nei confronti della sua stessa produzione televisiva dimostrano non solo una ammissione di colpa, ma portano avanti un principio meno divisivo e meno polarizzante soprattutto per il mondo dei social dove invece spesso o quasi sempre si fa strada chi tende ad accendere fuochi ed a facilitare lo scontro tra opinioni, rispetto a chi è disposto a fare un passo indietro: Mediaset lo ha fatto ed ha annunciato di farne altri.

Citazione del Corriere della Sera

Editoriali

MITRE vittima di zero day Ivanti: anche i migliori le prendono

Tempo di lettura: 2 minuti. Anche le organizzazioni ben preparate come MITRE possono essere vulnerabili a minacce cibernetiche avanzate

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Mitre
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Nel contesto della sicurezza informatica, anche le organizzazioni più preparate possono trovarsi vulnerabili di fronte a minacce persistenti e avanzate, come dimostrato dagli attacchi recentemente subiti da MITRE. Questo caso sottolinea l’importanza di adottare un approccio informato sulle minacce per la difesa contro gli attacchi cyber sempre più sofisticati.

Cos’è MITRE?

MITRE è una corporazione senza scopo di lucro americana con sede principale a Bedford, Massachusetts, e una secondaria a McLean, Virginia. Fondata nel 1958, l’organizzazione opera centri federali di ricerca e sviluppo (FFRDCs) per conto del governo degli Stati Uniti. MITRE è dedicata all’interesse pubblico e lavora su una vasta gamma di questioni di sicurezza nazionale, aviazione, sanità, cybersecurity e innovazione del governo.

La missione principale di MITRE è quella di risolvere problemi complessi per un mondo più sicuro, fornendo ricerca, sviluppo e consulenza strategica ai vari enti governativi per aiutarli a prendere decisioni informate e implementare soluzioni tecnologiche avanzate. Uno degli aspetti notevoli del lavoro di MITRE è il suo impegno nella sicurezza informatica, attraverso lo sviluppo di framework e strumenti come il Common Vulnerabilities and Exposures (CVE) e l’ATT&CK framework, che sono largamente utilizzati a livello internazionale per la gestione delle minacce e la protezione delle infrastrutture critiche. Per ulteriori informazioni, puoi visitare il sito ufficiale.

Dettagli dell’attacco subito da MITRE

MITRE, un’organizzazione che si impegna a mantenere elevati standard di sicurezza cibernetica, ha recentemente rivelato di essere stata vittima di un attacco informatico significativo. Nonostante la solidità delle sue difese, MITRE ha scoperto vulnerabilità critiche che sono state sfruttate dagli attaccanti, segnalando un tema di sicurezza concentrato sulla compromissione di dispositivi di protezione perimetrale.

L’incidente e le sue conseguenze

L’attacco ha avuto inizio con un’intensa attività di ricognizione da parte degli attaccanti nei primi mesi del 2024, culminata nell’uso di due vulnerabilità zero-day nel VPN di Ivanti Connect Secure, bypassando l’autenticazione multifattore tramite session hijacking. Questo ha permesso agli attaccanti di muoversi lateralmente e infiltrarsi profondamente nell’infrastruttura VMware di MITRE, utilizzando account amministrativi compromessi e un mix di backdoor sofisticate e web shell per mantenere la persistenza e raccogliere credenziali.

Risposta di MITRE all’incidente

La risposta all’incidente ha incluso l’isolamento dei sistemi colpiti, la revisione completa della rete per impedire ulteriori diffusione dell’attacco, e l’introduzione di nuove suite di sensori per monitorare e analizzare i sistemi compromessi. Inoltre, l’organizzazione ha avviato una serie di analisi forensi per determinare l’entità del compromesso e le tecniche utilizzate dagli avversari.

Lezioni apprese e miglioramenti futuri

Questo incidente ha rafforzato per MITRE l’importanza di comprendere i comportamenti degli hacker come mezzo per sconfiggerli, spingendo l’organizzazione a creare tassonomie comportamentali che catalogano le TTP (tattiche, tecniche e procedure) degli avversari, che hanno portato alla creazione di MITRE ATT&CK®. Questo evento ha anche stimolato l’adozione del concetto di difesa informata dalle minacce, culminando nella creazione del Center for Threat-Informed Defense. L’incidente di sicurezza subito serve da monito per tutte le organizzazioni sulla necessità di mantenere sistemi di difesa aggiornati e proattivi, utilizzando le risorse come il MITRE ATT&CK, costantemente monitorato anche da CISA i cui bollettini sono riportati puntualmente da Matrice Digitale, per rimanere informati sulle ultime strategie degli avversari e su come contrastarle efficacemente.

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Editoriali

Università, Israele e licenziamenti BigTech

Tempo di lettura: < 1 minuto. Una riflessione sull’eventualità di sospendere gli accordi nelle università italiane con progetti di ricerca israeliani

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Tempo di lettura: < 1 minuto.

A distanza di un mese, l’Italia scopre il progetto Nimbus, di cui Matrice Digitale ne parla da più di un anno, dove Google fornisce un cloud ad Israele per il riconoscimento facciale di tutta la striscia di Gaza.

Essendo #Google una multinazionale, come tante altre #bigtech, si vanta di avere dipendenti maschi, femmine, gender fluid, cristiani, buddisti e pure musulmani.

Poi però licenzia i musulmani ed i bianchi pacifisti perchè partecipano a manifestazioni contro i progetti militari dell’azienda.

Vi sorprenderò: è giusto che lo faccia perchè sono interessi privati e se uno vuole vendere armi, anche quelle non convenzionali, può farlo.

Qui però entriamo nel merito delle Università che protestano per non sviluppare progetti di ricerca militari con l’una e l’altra nazione: questo dovrebbe sollecitare i rettorati ad aprire una riflessione sui progetti militari e l’art. 11 della ns Costituzione che tanto ripudia la guerra.

Quindi se sospendiamo i progetti militari dalle università, si risolve il problema?

NO, e sapete perchè?

Esempio: l’algoritmo del progetto Nimbus sfrutta anche la tecnologia di Google Lens e Photos che sono prodotti di uso civile e quotidiani.

E la cosa vera l’ha detta Bersani in questi giorni ad Otto e Mezzo: esistono tanti progetti accademici di secondo livello che propongono buoni propositi, ma in realtà chi li gestisce ha già presente il fine e l’impiego militare.

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Editoriali

Apple vuole fregarti con lo spot dei 128GB di spazio iPhone: aspetta il 16

Tempo di lettura: 3 minuti. Scopri se 128GB di spazio su iPhone sono sufficienti per le tue esigenze e considera le alternative di iCloud per una gestione ottimale dell’archiviazione.

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Apple iPhone Spot
Tempo di lettura: 3 minuti.

L’iPhone 15 promette “molto spazio per molte foto”, come evidenziato nell’ultimo spot di Apple. Tuttavia, la sufficienza dello spazio di archiviazione dipende dall’utilizzo specifico che ciascuno fa del proprio iPhone e dall’opzione di memoria scelta. La capacità di archiviazione base dell’iPhone 15 è di 128GB, un notevole aumento rispetto ai 64GB degli anni precedenti, riflettendo l’esigenza crescente di più spazio dovuta all’ampliamento delle abitudini digitali.

Fotografia e video in Alta Risoluzione

Con le capacità fotografiche dell‘iPhone 15 che includono foto da 48 megapixel e registrazione video in 4K, lo spazio richiesto per questi file ad alta risoluzione è sostanziale. Questi miglioramenti, sebbene accrescano la qualità dei contenuti catturati, consumano rapidamente la capacità di archiviazione locale, rendendo quello che una volta sembrava ampio spazio, ora insufficiente per le esigenze di molti utenti.

iCloud come soluzione?

iCloud di Apple offre una soluzione alle limitazioni di spazio dei dispositivi, con piani che vanno oltre i 5GB gratuiti – quantità decisamente insufficiente per la maggior parte degli utenti. I piani di abbonamento a pagamento di iCloud+ offrono 50GB, 200GB e 2TB di spazio cloud, arricchiti da funzionalità aggiuntive. Di recente, Apple ha introdotto opzioni per 6TB e 12TB di spazio, pensate per utenti con esigenze di archiviazione estese, sebbene queste opzioni comportino costi significativi e la dipendenza da una connessione internet per accedere ai file e ad un aumento di prezzi con contratti unilaterali.

iPhone storage vs iCloud

Mentre i modelli standard di iPhone 15 e iPhone 15 Pro partono da 128GB di spazio di archiviazione, Apple offre opzioni di upgrade a 256GB e 512GB, con un’ulteriore opzione da 1TB per l’iPhone 15 Pro, verificare su Amazon i prezzi e le diverse caratteristiche. Optare per un modello con capacità inferiore e integrarlo con spazio iCloud aggiuntivo potrebbe rivelarsi una scelta più economica e pratica, considerando il costo e la durata potenziale del dispositivo rispetto all’investimento in un iPhone da 1TB.

Il futuro dello spazio di Archiviazione su iPhone

Data l’attuale traiettoria, sembra ragionevole che Apple aumenti la capacità di base di tutti i suoi modelli di iPhone a 256GB nelle generazioni future, e si auspica anche una revisione dell’aliquota gratuita di 5GB di iCloud, per riflettere meglio le realtà del consumo digitale moderno.

Chi vi scrive non casca nella fregatura salvo rottura

Apple invita gli utenti a fare l’upgrade di cellulare un motivo chiaro: cambiarlo e fare cassa. Il messaggio è rivolto agli utenti di iPhone 12 e 13 con le versioni base da 128GB. Chi vi scrive ha un iPhone 12 Pro Max che ha cambiato dopo un 7 plus da pochi GB. L’iPhone non si cambia ogni anno, ma si cambia quando arriva la tecnologia di discontinuità. Nel caso del 7 plus e della versione 12, oltre allo spazio, ad una durata sempre inferiore della batteria, il motivo che mi ha portato al cambio di dispositivo è stato il 5G che ha modificato i tempi di consultazione del Web. Anche la fotocamera è stata gradita al passaggio, ma, dalla versione 12 in poi fino alla 15, c’è poco da aggiungere se non appunto questioni di spazio, qualche avanzamento tecnologico nella fotografia e magari un 5g più veloce per via dei modem nuovi.

Se Apple fa questa proposta ansiolitica, mettendo in mezzo il fatto che possiate perdere la memoria della vostra defunta madre, è perchè le vendite vanno molto male ed il mondo sta sfornando cellulari nettamente superiori con l’Intelligenza Artificiale integrata dove Apple sta scopiazzando per il prossimo modello perchè rimasta indietro.

Sappiate che potete sempre trasferire le foto di mammà sul vostro PC e poi valutare se spostarle nel cloud Apple dove comunque potreste essere costretti nel fare l’upgrade del cloud se ovviamente vorrete fare il backup del dispositivo online. Se avete un iPhone 12 o anche un 14, attendete il primo iPhone AI, il iPhone 16, che arriverà verso settembre. Varrà ancor di più la pena di spostarci anche i propri ricordi.

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