Editoriali
Salvini “abbandonato” dalla bestia, Morisi fatto fuori da Draghi e Giorgetti?
La bestia di Salvini è stata abbattuta. Luca Morisi, docente universitario ed esperto di comunicazione sui social, si è defilato dalla macchina da guerra imbastita nei nuovi media dalla Lega negli ultimi anni e che ha portato il suo leader, Matteo Salvini, ad essere l’uomo più amato e più odiato del Paese. Va riconosciuto però che si è raggiunto l’obiettivo di posizionare la Lega come primo partito in Italia dopo i trascorsi provinciali dei riti pagani sul Po e delle feste di Pontida.
Luca Morisi è sempre stato defilato dalla scena. Un vero uomo ombra che avrà seguito Salvini poche volte nelle sue scorribande su è giù per il Bel Paese e si è fatto molti nemici a sinistra. Non è un caso che, nel corso della sua consulenza professionale, molti gruppi editoriali di spessore polarizzati come Fanpage e Repubblica hanno più volte dedicato approfondimenti sulla macchina da guerra social della Lega interpellando professionisti del settore politicizzati come Alex Orlowski senza avere un riscontro positivo nella delegittimazione della strategia social di Salvini che ha sempre viaggiato in alto con i consensi virtuali.
Proprio Orlowski ha provato a mettere in piedi, riuscendoci egregiamente, un gruppo di assalto su Twitter denominato #facciamorete: nato come un movimento civico, ma dissolto dinanzi alle strumentalizzazioni politiche che i capi hanno provato a dare. Nella puntata di PropagandaLive, ad esempio, si è dedicato ampio spazio all’abbandono del padre putativo della Bestia sotto forma di satira, ma l’impressione vera è che tutti i competitor sui social di Morisi stiano festeggiando.
Morisi ha rappresentato con la sua azione professionale il contrappeso alla tendenza predominante ideologica social, morto lui, figurativamente, sembra dissolversi l’immagine delle truppe cammellate di destra che si sfidano a colpi di tendenze social su questioni politiche contro la parte predominante del pensiero politico all’interno del campo di battaglia rappresentato dai nuovi media.
Proprio qui sorgono interrogativi più interessanti: chi ha abbattuto il padre di tutte le bestie?
Salvini ?
Oppure il partito?
La domanda è d’obbligo perché è qui che si applica una visione al futuro del dibattito politico e della politica italiana.
Se Salvini ha cacciato Morisi è perché i matrimoni spesso finiscono, vuoi per insoddisfazione vuoi per divergenze. Che la bestia social non fosse più affamata e quindi meglio investire in altro?
Questo ultimo passaggio è d’obbligo perché la bestia di Salvini costava tanto ed allora subentra un altro interrogativo:
Hanno tagliato i viveri a Salvini?
Chi?
Quella parte della Lega che siede al Governo e che scalpita per guadagnare sempre più potere e non tollera più l’echo che il suo leader ha su questioni di contrapposizione all’operato dell’Esecutivo stesso.
Sarà facile trovare riscontri su quanto accaduto oggi osservando attentamente la comunicazione social dei prossimi mesi dello stesso Salvini. Se sarà meno roboante, il leader della Lega si sarà piegato all’istituzionalismo che l’altra ala del partito richiede e ,invece, se sarà sempre ficcante e di rottura allora avrà tolto una bestia per metterne un’altra.
Oppure semplicemente sarà che davvero Luca Morisi ha preferito defilarsi per staccare la spina a se stesso e forse anche alla bestia, ma il riconoscimento professionale non si dissolverà facilmente perchè ha creato un punto di rottura alla miriade di Influencer, Politici, Artisti e Luminari che predicano quello che viene narrativamente descritto come “il pensiero unico”.
Editoriali
Ferragni pagliaccio: l’indignazione della rete alla prima dell’Espresso
Tempo di lettura: 2 minuti. La copertina de L’Espresso su Chiara Ferragni vestita da pagliaccio ha scatenato diverse reazioni, ma chi ha letto l’inchiesta?
Chiara Ferragni compare truccata da pagliaccio in prima pagina de L’Espresso che ne descrive la scarsa trasparenza nella gestione societaria e si fa riferimento a scatole cinesi, manager indagati e dipendenti pagati poco.
Tutto legale fino ad oggi, sia chiaro, ma se questo è il modello di Business da studiare ad Harvard, si può ampiamente pensare che negli USA siano arrivati tardi. Ritornando con i piedi per terra e conscendo molte realtà statunitensi, sarebbe da stupidi mettere Chiara Ferragni al primo posto di come si gestisce un’azienda: non è la prima e nemmeno l’ultima.
Matrice Digitale è la testata che ha denunciato per prima l’affaire di Sanremo, che ha giudicato la Ferragni per quello che si è mostrata da Fazio: un’utile manichino senz’anima al servizio delle case di moda.
Non solo lo scandalo nella gestione della beneficenza, ma la delusione nelle risposte in una trasmissione accondiscendente come quella di Fazio stanno facendo cadere definitivamente l’alone di divinità di colei che ha saputo nascondersi dietro di post su delle pagine social creandosi un’icona immacolata.
Le reazioni alla copertina dell’Espresso
La copertina de L’Espresso è l’ultimo attacco a quel pezzo di credibilità rimasto alla Ferragni: la donna imprenditrice che vince perchè ha racimolato soldi. In pochi hanno letto le notizie diffuse sui media un pò di anni fa che vedevano il brand Ferragni essere messo in vendita sul mercato anche per una esposizione finanziaria dovuta da una situazione debitoria sulla carta di piccolo conto. Se però le cose stanno come dice L’Espresso, la realtà sullo stato di salute delle sue società potrebbe essere diversa.
Riflessioni alle reazioni
Molti hanno reagito alla copertina della Ferragni con stupore ed indignazione, ma fa riflettere in realtà il fatto che nessuno abbia letto l’articolo e soprattutto tutti, dinanzi ad una persona che si presenta in un modo e dimostra di essere diverso da come viene descritto, lo apostroferebbero come un pagliaccio.
E fa male essere presi per i fondelli da un pagliaccio … questo nessuno ha il coraggio di ammetterlo.
Editoriali
Solo ora si accorgono del problema televoto e giornalismo musicale
Leggo molte critiche al “cartello di giornalisti” che ha boicottato la vittoria di Geolier a Sanremo. Sono davvero convinto che sia andata così, ma sono certo della tanta “colleganza” che oggi predica bene, ma ha sempre razzolato male per quel che concerne il discorso di “cartello”.
E non riguarda solo la musica, ma anche il calcio, la politica … quindi di cosa parliamo?
Qualche settimana fa fui molto chiaro: chi tratta moda, spettacolo, musica e gossip non si può considerare giornalista.
Chi lo fa dal punto di vista della critica diversamente lo è e vi assicuro che assistiamo a tanti giornalisti sportivi, che hanno visto milioni di partite, e non capiscono di calcio. Vediamo chi dei nostri farà un esposto all’Ordine per quel collega che ha commentato di non far votare la Campania.
Altra cosa: il 90% dei giornalisti che la criticano, non avrebbe avuto il coraggio di fare quell’indegna domanda, ma fondata, a Geolier sul risultato ottenuto “più per i suoi ospiti che per la sua performance”.
Così come hanno fatto più danni dei ladri di polli sanremesi quelli che hanno applaudito Presidenti del Consiglio e Ministri della Sanità nefasti.
Editoriali
Geolier a Sanremo rutta in napoletano. Perchè è un problema per i nativi digitali
Parliamoci chiaramente, questo qui, Geolier, è diventato famoso per una canzone che descrive il livello di tamarraggine napoletana che si manifesta “rint a n’audi nera opaca” dove magari ci si sballa pure.
Nello stesso brano cita tutte marche di lusso … che rappresentano quello stile di vita a cui ambiscono le baby gang che ieri hanno occupato la prima del tg5 nonostante a Napoli siamo in un periodo d’oro rispetto al resto del paese.
Amadeus quest’anno farà come la De Filippi, punta sul lato più becero della napoletanità fatto di lusso a debito che poi si sposa con il mondo degli influencer e della moda. Conferma anche di sapersi nascondere bene dietro l’equazione “è seguito, quindi può anche essere pericoloso e di scarsa qualità, ma è forte“
Che poi è il modello che i genitori evitano di caldeggiare per i propri figli, ma puntualmente vengono smentiti da social e tv. E la risposta è “il ragazzo fa numeri”.
Tra l’altro, il monologo in napoletano dell’anno scorso al festival ha anticipato la sua presenza ed era davvero pessimo, tanto da farmi prendere le distanze da un mio compaesano.
Questa non è Napoli e soprattutto non è l’evoluzione della napoletanità da tramandare alle nuove generazioni.
Perchè qui non si discute Geolier l’artista, che merita di fare il suo percorso e di vincere Sanremo, ma di Geolier che parla a nome dei napoletani. Ognuno si sceglie gli ambasciatori che merita, di certo non è una casa di moda o un affarista come Amadeus che decidono chi debba rappresentare un’intera città.
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