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Editoriali

Siamo di nuovo online per “vendere farmaci da prescrizione”

Tempo di lettura: 2 minuti.

Se questo sito vi può risultare vuoto, con buchi temporali di pubblicazione, è perché è stato sotto attacco. No, non un attacco informatico, ma una scelta di una multinazionale di bannare dei contenuti pubblicati su YouTube dopo anni di sacrifici, fatica e sudore.

No, non è perché abbiamo parlato di covid, vaccini o negato la shoah.

Il social video di Google, ci ha dato il ben servito perchè “vendevamo farmaci da prescrizione”. Non è sembrato vero e speravamo in un ricorso, che abbiamo fatto verso le 11 di sera, ma la risposta negativa è arrivata alle 5 del mattino seguente.

L’abbiamo spiegato che il canale apparteneva a un giornalista e scrittore che tratta quotidianamente le tematiche digitali, che i video non promuovevano la vendita di farmaci. Purtroppo non è servito all’americano di turno che dall’altra parte dell’oceano manco avrà letto le motivazioni della nostra difesa. Una difesa che si è pensata di condurre nelle aule di tribunale, ma ci è stato detto che YouTube ha sede in America e quindi è come chiedere spiegazioni, o giustizia, a un residente di un qualsiasi paese estero che ha perpetrato truffe on line per milioni di euro.

Vittime della censura di Google.

Perché vittime?

Perché a pagare le conseguenze di questa decisione pregna di diffamazione, in barba ai principi costituzionali sulla libertà di espressione e sulla tutela dell’informazione, sono stati i 4000 iscritti e il numero non definito di persone che hanno generato un milione di visualizzazioni sui circa 800 contenuti video caricati ed incorporati sotto forma di notizie sulla versione vecchia di Matrice Digitale.

Oggi riparte in pieno l’attività di informazione che abbiamo sempre svolto, fatta da giornalisti e da persone altamente qualificate, ma lo faremo senza essere una testata registrata.

E’ una scelta etica perché Associazioni, Ordine dei Giornalisti, Sindacato unitario dei Giornalisti, non hanno risposto alla nostra richiesta di aiuto, sottraendosi a una azione legale, etica e morale che dovrebbe essere consolidata da quando il digitale ha superato qualsiasi mezzo di informazione tradizionale e questo la dice lunga su chi dice di occuparsi dei giornalisti, dei loro diritti, e della tanto decantata libertà di informazione.

Quindi che senso ha avere una testata?

Preferiamo essere noi stessi portatori di quel giornalismo che non ha paura solo della mafia, ma di una multinazionale che, peggio della criminalità, può cancellare indisturbatamente dalla vita sociale una persona, un lavoratore, un professionista, una testata e un gruppo di opinione legittimo dalla faccia del mondo digitale, che tradotto negli scenari moderni significa reale.

E può farlo con l’autorità di uno stato, fascista, godendo di una impunità che non è garantita al peggior mafioso o terrorista, ma ai dittatori sì invece, venendo sempre più premiata dai fatturati di pezzi di mercato cannibalizzati indisturbatamente nel corso di 30 anni e più.

Da questa storia, penso sia chiaro che noi di Matrice Digitale ci siamo, e siamo presenti per essere dall’altra parte.

Di Livio Varriale

Giornalista e scrittore: le sue specializzazioni sono in Politica, Crimine Informatico, Comunicazione Istituzionale, Cultura e Trasformazione digitale. Autore del saggio sul Dark Web e il futuro della società digitale “La prigione dell’umanità” e di “Cultura digitale”. Appassionato di Osint e autore di diverse ricerche pubblicate da testate Nazionali. Attivista contro la pedopornografia online, il suo motto è “Coerenza, Costanza, CoScienza”.

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