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Un 37enne uccide un anziano signore in diretta Facebook

Tempo di lettura: 2 minuti.

Un 37enne uccide un anziano signore in diretta Facebook. Questa è l’ultima notizia che arriva dagli Stati Uniti d’America che ha sconvolto il mondo.

Il video è stato online per più di tre ore ed è stato visualizzato da molte persone. Non voglio affrontare in questo post l’atto in se, ma semplicemente trattare quella che risulta essere la mia materia di attenzione.

Il social network Facebook rappresenta per me la prigione dell’umanità, anzi, una delle tante celle che la nuova oligarchia informatica ha messo in piedi con il fine di monitorarci, spiarci ed influenzarci. È un ragionamento difficile da seguire, lo so, ma provate ad ascoltarmi prima di gridare allo scandalo.

In un mondo virtuale governato da un algoritmo, dove un burattinaio può tagliarci fuori rispetto ad un altro utente, l’omicidio in diretta live rappresenta una variabile nel codice che non risulta gestibile. Così come risulterebbero una cancellazione di massa oppure un contenuto per adulti o addirittura una pubblicità virale di un altro social.

Facebook non può ancora gestire questi casi ed è per questo che risulta una eterna versione beta. Non essendo onnipresente ed onnisciente, l’unico balzo in avanti lo potrà fare una intelligenza artificiale così ben sviluppata da poter prevedere situazioni che non sono in linea con i contenuti che devono girare su Facebook.

In fondo quello che ci disturba non è più la morte in diretta quando un colpo sparato alla testa fa meno senso di una gola tagliata o di un corpo dilaniato da un esplosivo così come ci ha abituato la cronaca mediorientale. Quello che fa notizia, invece, è che un social network non riesce a discernere in modo netto la realtà della vita di tutti giorni da quella che risulterebbe politicamente corretta per uno strumento di comunicazione sviluppato da una Technology enterprise.

È una provocazione, ma se i social hanno questa funzione: cioè quella di creare uno spaccato di vita nettamente diverso, ma parallelo ed inclusivo, rispetto alla nostra realtà quotidiana; ben venga fuori il marcio che esiste tramite anomalie di codice.

Per evitare questi pensieri contorti basterebbe che l’algoritmo si basasse semplicemente sulla premialitá dei contenuti poco interessanti, ma culturalmente riflessivi e rilevanti. Non c’è bisogno certamente della violenza per ricordarci quanto si può essere migliori ed umani soprattutto in un mondo primario diverso dalla matrice di un social, se ci fosse un algoritmo degno di poter elevare una civiltà altamente sviluppata come la nostra.

Sono curioso di sapere qual è la vostra riflessione in merito.

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