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Cypherpunk e Anarco Capitalismo: provocazione o nirvana dell’umanità?

Tempo di lettura: 9 minuti. Il mondo ha le sue tecnologie per poter cambiare i modelli economici dati per falliti.
L’intervista a Matteo Navacci, Privacy Network, prova a fornire una visione diversa di un futuro già scritto.

Tempo di lettura: 9 minuti.

Il Presidente Macron ha dichiarato in questi giorni che “è finita l’abbondanza”, il tedesco Scholz ha ammesso che il modello economico della Germania, la locomotiva d’Europa, ha fallito ed è giusto tassare i cittadini, mentre in Italia abbiamo avuto come Presidente del Consiglio uno dei maggiori sostenitori di quanto occorso nelle politiche economiche dell’occidente. Il mondo ad Ovest si sta adattando alle nuove sfide in lacrime e sangue e sarebbe opportuno rivedere i modelli di gestione su cui si fonda la società moderna ed in rete c’è qualcosa che va oltre i principi Keynesiani: la newsletter Privacy Chronicles (https://privacychronicles.substack.com) offre uno spaccato futuristico con approfondimenti su leggi e avvenimenti che hanno un impatto sulla nostra vita privata e libertà e commenta le notizie della settimana, scrive pensieri di filosofia libertaria, che si legano strettamente al concetto di privacy e libertà di cui parla. La newsletter è realizzata da Matteo Navacci che lavora da anni nel campo della privacy e protezione dei dati come consulente per imprese, divulgatore e ogni tanto docente. Nel 2018 ha fondato, insieme a due soci, Privacy Network, un’organizzazione noprofit che si occupa di privacy, diritti e tecnologia ed ogni anno organizza l’evento Privacy Week, che assurge a diventare il riferimento nazionale per parlare di privacy, cybersecurity, bitcoin e temi affini al digitale.

I termini che utilizza spesso sono anarco capitalismo e cypherpunk due cose diverse messe insieme oppure l’una correlata all’altra?

La filosofia anarcocapitalista o libertarian e il movimento cypherpunk sono due cose diverse.

L’anarco capitalismo è una filosofia politica relativamente recente, che alle sue spalle ha però secoli di storia liberale. Se vogliamo, l’anarco-capitalismo non è altro che una versione estrema del liberalismo classico. L’estremismo sta nel fatto che i libertari riconoscono che non è possibile avere una società umana realmente libera fin tanto che ci sarà un monopolista della violenza aggressiva, quello che chiamiamo stato, che può essere sfruttato di volta in volta da diversi gruppi, con interessi contrapposti, che salgono al potere o riescono comunque a influenzarne le decisioni. La filosofia libertaria cerca di riconciliare i principi dell’anarchia classica con il capitalismo, cioè creare una società orizzontale con regole condivise senza regolatori centrali caratterizzata da un sistema economico di libero mercato in cui tutti i mezzi di produzione e le risorse materiali sono proprietà degli individui, che sono liberi di scambiare tra loro titoli di proprietà. Senza scendere nei dettagli, un assioma molto importante della filosofia libertaria è il principio di non aggressione. Questo è importante perché l’anarchia spesso viene erroneamente paragonata a movimenti violenti. Per un libertario la violenza è legittima solo come autodifesa, cioè come risposta proporzionale a un’aggressione, e solo come extrema ratio.

Per quanto riguarda invece il movimento cypherpunk, questo nacque spontaneamente nei primi anni ’90 da una mailing list di ricercatori e ingegneri nel campo della crittografia a cui piaceva parlare di tecnologia, politica e libertà. Tra loro si chiamavano scherzosamente Cypherpunk, dall’unione di Cipher (codice, messaggio cifrato) e Cyberpunk (genere letterario di science-fiction distopica, dove stati totalitari e corporazioni onnipotenti controllano il mondo). A consolidare il termine ci pensò Eric Hughes, uno dei fondatori della mailing list, che nel 1993 scrisse il Cypherpunk Manifesto. Il modo migliore per spiegare le idee dei cypherpunk originari è proprio citare un passaggio del manifesto:

  • Non possiamo aspettarci che i governi, le corporazioni e altre organizzazioni senza faccia ci lascino generosamente la nostra privacy. Parlare di noi (leggi: interferire nella vita privata) è nel loro interesse, e per questo dovremmo aspettarci che lo facciano.
  • Noi Cypherpunk siamo impegnati nel costruire sistemi anonimi. Difendiamo la nostra privacy con la crittografia, con sistemi anonimi di posta elettronica, con firme digitali e moneta elettronica.
  • I Cypherpunk scrivono codice. Sappiamo che qualcuno deve scrivere software per difendere la privacy, e saremo noi a farlo. (originale in inglese)

Possiamo dire quindi che Cypherpunk e Libertari hanno in comune una completa sfiducia nelle istituzioni statali e nel fatto che queste possano in qualche modo essere garanti della libertà e rispettare diritti umani basilari e fondamentali come la privacy, che è un elemento fondamentale oggi per avere libertà di pensare, agire e avere relazioni, oltre che essere liberi da ingerenze arbitrarie nella nostra vita privata. I Cypherpunk sono coloro che creano e diffondono strumenti tecnologici per proteggersi dall’ingerenza dello stato, aiutando le persone a difendere la propria libertà in un ambiente ostile. I libertari sono invece coloro che vorrebbero liberare le persone da questo ambiente ostile. In questo senso le idee Cypherpunk e Anarcocapitaliste sono complementari tra loro.

Spesso dici che la società deve essere libera, con riferimenti a libera circolazione di armi, valuta digitale e quindi sistema anarchico che può essere anche pronto e predisposto a una lotta armata quando le cose non vanno bene. Provocazione o c’è un significato di utilità alla base?

Per me libertà significa libertà di autodeterminazione, di pensiero e di agire sulla base del pensiero. Per avere libertà però è fondamentale proteggere se stessi da ingerenze di terzi, che con violenza vorrebbero limitare la nostra autodeterminazione, il nostro pensiero e la nostra capacità di agire. La libertà non può quindi prescindere dalla capacità di autodifesa, cioè il diritto di difendere la proprietà, il pensiero e la vita da aggressioni esterne.

La diffusione di armi per autodifesa è quindi un presupposto fondamentale per avere un sistema libero. Le armi sono uno strumento di autodifesa ma anche un deterrente all’uso di forza aggressiva, poiché aumentano il costo della violenza. Un conto è rubare la borsa a una donna indifesa; un conto è rubarla a una donna che gira con la pistola in fondina. La pistola non annulla la violenza, ma ne aumenta il costo. Al tempo stesso la libera circolazione delle armi è anche una conseguenza di un sistema libero: senza un monopolista (lo stato) produttori e commercianti sarebbero liberi di soddisfare la domanda di armi con la loro offerta.

Quando parlo di armi però non mi riferisco solo alle armi da fuoco. Da qualche decennio abbiamo a disposizione un altro tipo di arma, chiamata crittografia. Ai libertari tradizionalmente non è mai piaciuta molto la tecnologia, perché nella maggior parte dei casi lo stato detiene il monopolio della tecnologia offensiva e difensiva, che viene usata come strumento di sottomissione dei popoli. Ed è vero: fino agli anni ’70 i protocolli di crittografia erano considerati al pari di armi da guerra e strettamente monopolizzati dagli stati.

Ma oggi grazie a internet e software open source, tutti possono usare protocolli crittografici, e lo fanno! La crittografia già protegge silenziosamente le nostre comunicazioni, transazioni e la nostra vita in modi che le persone neanche concepiscono. La crittografia, proprio come la diffusione delle armi portatili, è uno strumento equalizzatore. Aumenta il costo della violenza fino al punto di renderla sconveniente per la maggior parte degli attaccanti. La crittografia, come le armi da fuoco, le spade o le balestre, può essere usata come tecnologia difensiva o aggressiva. I ransomware sono un esempio di crittografia usata a scopo aggressivo.

I Cypherpunk sviluppano strumenti di crittografia per aiutare le persone a difendersi dalla violenza e credono fermamente nella libera circolazione di queste armi. I libertari credono nella libera circolazione di tutte le armi, perché non esiste solo il mondo virtuale – benché oggi sia una gran parte della nostra vita.

Sostenere la libera circolazione delle armi, siano pistole o protocolli crittografici, non è affatto per prepararsi a una “lotta armata” nel senso di rivoluzione contro il sistema, ma per difendere la propria libertà di autodeterminazione, di pensiero e capacità di agire in un mondo ostile.

Anche Bitcoin, ad esempio, è uno strumento di autodifesa nato grazie alla diffusione della crittografia. Attraverso la crittografia Satoshi Nakamoto, l’ideatore del protocollo Bitcoin, ha saputo creare un sistema di transazioni totalmente peer to peer, con un sistema di produzione decentralizzato e un registro delle transazioni distribuito. Grazie alle sue caratteristiche Bitcoin aumenta a dismisura il costo della violenza da parte di un attaccante, al punto da renderla praticamente impossibile, tenendo al sicuro il network. Ma non solo, Bitcoin diminuisce anche i costi di transazione tra gli individui, agevolando lo scambio a livello globale. L’altra faccia della medaglia è che separa ontologicamente Stato e individuo, che quindi può esistere funzionalmente al di fuori del monopolio statale della moneta e della violenza. Al tempo stesso aumenta di molto il costo della sorveglianza, del controllo finanziario e dell’esproprio da parte dello Stato, proteggendo la proprietà, la libertà di autodeterminazione, di pensiero e anche di azione delle persone. Come vedi quindi la mia è tutt’altro che una provocazione fine a se stessa.

Socialismo porta alla riduzione dei diritti, come social scoring, identità digitale, da cui possono derivare conseguenze negative (es. blocco conti bancari). Non è che questo tipo di socialismo sia il fascismo di questo nuovo secolo utile a controllare 8 miliardi di persone?

Fascismo e socialismo sono solo due facce della stessa medaglia. Se volessimo essere precisi dovremmo parlare di statalismo. Se parlo di socialismo è soltanto perché oggi viviamo in sistemi socialisti. L’Italia, come la maggior parte dell’UE, è un sistema socialista. Come anche la Cina, modello ispiratore di moltissimi intellettuali tecnocrati occidentali. Quando dico che il socialismo porta alla riduzione dei diritti (che per me sono esclusivamente: proprietà, privacy, vita, libertà), è perché per funzionare il socialismo ha bisogno di rendere sempre più trasparenti le persone. Il cittadino è tale solo in quanto completamente e totalmente trasparente verso lo Stato, che si erge a detentore, e non garante, della libertà. Perché detentore? È molto semplice: è lo Stato che, attraverso contorti e arbitrari valori morali, assegna di volta in volta privilegi politici che chiama diritti e libertà. Il cittadino è quindi racchiuso in un recinto innalzato dallo stato, ed è soltanto libero di muoversi attraverso un percorso prestabilito.

La sorveglianza digitale, fisica e finanziaria non è nient’altro che uno strumento di pianificazione sociale. Lo stato oggi ha bisogno di identità digitale per collegare ogni azione e relazione ad una specifica persona, così da poter soddisfare i suoi “bisogni” in tempo reale, oltre che controllare e censurare quando serve, vedi ad esempio in Italia chi spinge per subordinare la registrazione sui social network all’uso dello SPID. A questo discorso si lega strettamente quello della censura finanziaria, sempre più evidente in occidente, e la futura evoluzione della moneta di stato, cioè le Central Bank Digital Currencies, che saranno la trasformazione della moneta da strumento per il libero scambio a strumento di ingegneria sociale.

La necessità di controllo e sorveglianza poi aumenta di pari passo col deteriorarsi della situazione economica e sociale, come accade sempre in un sistema statalista e socialista. Viviamo in un periodo di estrema volatilità in ogni ambito umano ed economico; lo Stato deve fare di tutto per diminuire le variabili.

La principale variabile rimane sempre il comportamento umano, ecco perché il più grande stato socialista al mondo, la Cina, già dal 2014 ha rispolverato il programma di social scoring ideato negli anni ’90.

Il social scoring, che potremmo tradurre con cittadinanza a punti, non è altro che un modo per standardizzare il comportamento umano e renderlo più prevedibile e manipolabile, attraverso un sistema di incentivi e sanzioni. Il problema degli incentivi è che funzionano, e non ho dubbi che questi sistemi, se diffusi capillarmente, abbiano il potere di soggiogare completamente la volontà e libertà di autodeterminazione delle persone.

Qual è la differenza tra la società del futuro che tu vorresti e la società che invece ci sarà? C’è la possibilità realmente di arginare fenomeni come quello della finanza speculativa o della redistribuzione delle tasse?

Purtroppo, non prevedo il futuro e faccio pure fatica a capire il presente. So però che oggi abbiamo tutti gli strumenti per poter scegliere, pacificamente, un modello di società diverso. La società che vorrei è una società orizzontale, dove i rapporti umani sono regolati da legge privata su base volontaria, dove le persone si costituiscono in comunità fisiche e/o virtuali, dove la moneta non è monopolio di un Sovrano con il monopolio della violenza aggressiva. In un certo senso credo che questa possa essere un’evoluzione forzata della civiltà umana. Da sempre la tecnologia è uno dei fattori che plasmano l’evoluzione umana, abbiamo visto in soli 30 anni in che modo Internet ha cambiato il mondo intero e il modo in cui ci rapportiamo l’un l’altro. Come sarà il mondo dopo 30 anni di Bitcoin? I nativi digitali saranno sempre più nomadi; avranno sempre meno rispetto per l’organizzazione statale. A cosa serve uno stato quando puoi lavorare ovunque nel mondo, scambiare valore e avere relazioni con 9 miliardi di persone senza intermediari e in tempo reale? Lo stato diventerà sempre più un intralcio e le persone faranno sempre più attenzione ai servizi offerti dalle città, non tanto dagli Stati in sé. Questo potrebbe portare a una naturale disgregazione dello stato nazione, a favore di stati federalisti e comunità locali sempre più rilevanti rispetto all’unità centrale. La visione opposta è invece quella tipica dei romanza cyberpunk: stati totalitari sempre più grandi e sovranazionali, con poteri illimitati, sorveglianza illimitata e monopolio di armi e tecnologia. Una cosa è certa, oggi ci sono delle forze istituzionali, come il World Economic Forum, che spingono verso il secondo scenario. Io spero che in ogni caso vinca la ragione e la libertà.

Pedofilia, sorveglianza, crittografia e strumenti di controllo. Entrando nel merito politico, secondo te i politici hanno libera scelta di poter intervenire e contrastare questo fenomeno oppure indipendentemente dal politico che salirà al potere questa è una scelta obbligata da seguire perché c’è un indirizzo politico globale dove già altri paesi fanno da apripista?

I politici nazionali oggi hanno sempre meno libertà d’azione, almeno nelle questioni che contano davvero. Basta guardare alle questioni che hai citato tu. Dagli anni ’90 gli Stati Uniti cercano di rimettere il coniglio nel cappello e limitare in qualche modo la diffusione della crittografia delle comunicazioni. Non ci sono mai riusciti, quindi ora tentano un approccio diverso: oltrepassare legalmente e tecnologicamente la crittografia stessa. Anche in questo ambito non c’è differenza tra Stati Uniti e Unione Europea.

La pedofilia è uno dei campi da gioco scelti per limitare e bypassare la crittografia delle comunicazioni. Da un paio d’anni è oggetto di una campagna politica trasversale che spinge per promuovere leggi liberticide e di sorveglianza di massa contemporaneamente in UK, USA, Australia e Unione Europea. Le proposte di legge, se vai a guardarle, sono praticamente identiche tra loro, usano gli stessi termini e hanno la stessa ratio, oltre ad essere uscite nello stesso periodo di tempo. Questo, tra l’altro, è un tema che ho trattato abbondantemente nella mia newsletter, credo di averci scritto sopra almeno 4-5 articoli.

Questa spinta nasce da un accordo internazionale tra i paesi dei Five Eyes, cioè USA, UK, Canada, Australia e Nuova Zelanda. L’UE poi, in quanto colonia statunitense, ha seguito rispettosamente.

Lo stesso vale per altri ambiti dove la sorveglianza elettronica la fa da padrone, come la normativa antiriciclaggio e contro il finanziamento al terrorismo. In UE siamo oggi alla sesta revisione del pacchetto normativo. Ogni revisione aumenta il controllo e diminuisce gli spazi di privacy e anonimato nelle transazioni elettroniche. Anche qui la legge non arriva dall’UE, ma dalle linee guida del FATF – ente sovranazionale e senza alcuna responsabilità politica, che da 40 anni detta legge nell’ambito dell’antiriciclaggio. Questo non lo sostengo io, ma lo stesso legislatore europeo che nei considerando della legge ammette espressamente di seguire le direttive del FATF. Dov’è quindi la libertà politica di intervenire e contrastare questi fenomeni? Non esiste. Come scrivevo qualche settimana fa in un articolo, la sorveglianza è figlia dello statalismo, e lo statalismo oggi è globale. Non esiste alcun partito nazionale forte abbastanza da poter andare contro questa corrente. L’unica soluzione è la disgregazione dello statalismo.

Di Livio Varriale

Giornalista e scrittore: le sue specializzazioni sono in Politica, Crimine Informatico, Comunicazione Istituzionale, Cultura e Trasformazione digitale. Autore del saggio sul Dark Web e il futuro della società digitale “La prigione dell’umanità” e di “Cultura digitale”. Appassionato di Osint e autore di diverse ricerche pubblicate da testate Nazionali. Attivista contro la pedopornografia online, il suo motto è “Coerenza, Costanza, CoScienza”.

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