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FIN7: una “società” da 1,5 miliardi di fatturato specializzata in attacchi APT

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Si chiude il nostro approfondimento con la Guerra Cibernetica ad opera di Madre Russia e precisamente con il gruppo APT definito come quello di maggior successo nel mondo, a cui dedicheremo due articoli per via delle numerose informazioni reperibili in rete. FIN7 è il nome di un gruppo attivo dal 2015 che in questi anni ha ottenuto diversi nomignoli come, Gold Niagara, Calcium, Navigator, ATK 32 , APT-C-11, ITG14 e TAG-CR1.

FIN7 è dedito alle minacce finanziarie ed in questi anni ha preso di mira i settori della vendita al dettaglio, della ristorazione e del turismo degli Stati Uniti a partire dalla metà del 2015. L’APT utilizza malware che infettano i punti vendita. La cosa che si differenzia dagli attori russi analizzati fino ad oggi, è che il gruppo sia più dedito ad azioni finanziare che di spionaggio ed è curioso constatare come una parte di FIN7 sia stata gestita da una società di facciata chiamata Combi Security e che l’importo di un miliardo di dollari guadagnato dall’attività criminale con il malware Cabarnak è imputato a loro.

Alla fine di febbraio 2017, FireEye as a Service (FaaS) ha identificato una campagna di spear phishing che sembrava prendere di mira il personale coinvolto nei documenti della Securities and Exchange Commission (SEC) degli Stati Uniti presso varie organizzazioni. Tutti i destinatari previsti osservati della campagna di spear phishing sembravano essere coinvolti nei documenti depositati dalla SEC per le rispettive organizzazioni.

Nel marzo 2017 invece è stata scoperta una campagna di attacco malware senza file rivolta a istituzioni finanziarie, agenzie governative e altre imprese sono state collegate allo stesso gruppo di attacchi. La tipologia dell’attacco inizia con e-mail di phishing che prendono di mira le organizzazioni che utilizzano un documento Word protetto, spedito con il fine di invitare l’utente ad abilitare il contenuto. In tal modo, la vittima esegue una macro incorporata nel documento che lancia un comando PowerShell utilizzando Strumentazione gestione Windows, infrastruttura utilizzata per automatizzare attività su macchine remote. La cosa curiosa è che i ricercatori di Morphosec hanno avuto un contatto diretto con il gruppo dopo averli spiati per giorni ed è ancora più interessante il fatto che, una volta scoperti, sono riusciti ad eliminare le tracce del proprio lavoro.

Nell’aprile del 2017 è stata identificata una nuova campagna che ha mostrato una nuova tecnica adoperata da FIN7 per mettere a segno tecniche di phising per implementare meccanismi di infezione e persistenza unici. FIN7 si è allontanato dalle macro malevoli di Microsoft Office per eludere il rilevamento. In questo giro, le esche generate dall’attività di phishing hanno implementato file di collegamento nascosti (file LNK) per avviare l’infezione e la funzionalità VBScript lanciata da mshta.exe per infettare la vittima. In questa campagna, FIN7 ha preso di mira le organizzazioni con e-mail di spear phishing contenenti un file DOCX o RTF dannoso: due versioni dello stesso file LNK e tecnica VBScript , che sono stati aggiornati di continuo, nonostante i successi ottenuti.

Nel giugno 2017 viene  identificato un nuovo attacco di tipo fileless altamente sofisticato che ha preso di mira il settore della ristorazione negli Stati Uniti. La campagna di attacco ha consentito ai criminali informatici di prendere il controllo del sistema e di installare una backdoor per rubare informazioni finanziarie a piacimento, comprendendo tra l’altro alcune tecniche evasive mai viste prima e che gli hanno consentito di aggirare la maggior parte delle soluzioni di sicurezza, basate su firme e analisi di comportamento. L’indagine di Morphisec ha rivelato una corrispondenza quasi perfetta con i metodi di attacco FIN7 realizzati precedentemente verso banche, personale SEC, grandi catene di ristoranti e organizzazioni di ospitalità.  Anche in questo caso, il vettore di attacco è stato un documento Word dannoso allegato a un’e-mail di phishing, ben strutturato perché ben adattato all’attività mirata dei destinatari dell’attacco. Il documento Word impiegato ha eseguito un attacco di tipo “senza file” che utilizza query DNS per fornire la fase successiva dello shellcode (Meterpreter). I dati di indagine di OpenDNS, condivisi in coordinamento con il Cisco Advanced Threat Research & Efficacy Team, hanno mostrato che si è trattato di un attacco su larga scala con picchi di oltre 10.000 richieste DNS all’ora. In poche parole, mastodontico.

Proprio pochi mesi dopo, nel luglio 2017, è stata individuata una nuova backdoor JScript chiamata Bateleur e con macro aggiornate al suo toolkit. E’ stato osservato da più parti che questi nuovi strumenti sono stati utilizzati per colpire catene di ristoranti con sede negli Stati Uniti ed è stato esteso l’attacco ad altre organizzazioni prese di mira nel campo del turismo, dei rivenditori, dei servizi commerciali e dei fornitori. Si è scoperto che le nuove macro e la backdoor di Bateleur utilizzavano sofisticate tecniche di anti-analisi ed evasione sandbox mentre tentavano di occultare le loro attività.

Sempre nel 2017, Mandiant ha dichiarato di aver risposto a molteplici incidenti attribuiti a FIN7 per via dell’utilizzo della backdoor CARBANAK, che ha sorpreso in questo caso per il modo con cui è stata installata. I ricercatori hanno identificato che il gruppo ha sfruttato un database di shim. Lo shim ha iniettato una patch in memoria dannosa nel processo Services Control Manager (“services.exe”), quindi ha generato un processo backdoor CARBANAK. Una tecnica utilizzata per installare una utility di raccolta delle carte di pagamento per l’accesso permanente.

Tra l’8 e il 10 ottobre 2017, un altro attacco sferrato con un impeto notevole è stato addebitato a FIN7 ed anche questa volta si è notata la grande capacità del gruppo di generare modifiche strutturali al suo vettore infettivo ed alla sua capacità di essere offuscato nei sistemi di rilevamento messi in piedi dalle maggiori società di sicurezza informatica.

I primi arresti

Tre importanti membri collegati alla banda del crimine informatico FIN7 sono stati arrestati nel gennaio 2018 per accuse depositate presso la Corte distrettuale degli Stati Uniti a Seattle. Secondo tre capi di imputazione, i cittadini ucraini Dmytro Fedorov, 44, Fedir Hladyr, 33 e Andrii Kolpakov, 30, sono stati indicati come attivi nell’organizzare una campagna malware altamente sofisticata rivolta a più di 100 aziende statunitensi, principalmente nei settori della ristorazione, dei giochi e del turismo. Come indicato nelle accuse, FIN7 ha violato migliaia di sistemi informatici e rubato milioni di numeri di carte di credito e di debito dei clienti, che il gruppo ha utilizzato o venduto a scopo di lucro nei canali del dark web. Nella conta dei danni, secondo l’accusa FIN7 ha violato con successo le reti informatiche di aziende in 47 stati, rubando oltre 15 milioni di record di carte dei clienti da oltre 6.500 terminali di punti vendita individuali in più di 3.600 sedi aziende diverse. Ulteriori intrusioni si sono verificate all’estero, anche nel Regno Unito, in Australia e in Francia.

Il gruppo non si è fermato

Nonostante gli arresti, l’attività del gruppo è proseguita e da maggio a luglio 2018 con una campagna collegata ad un nuovo pannello amministrativo ed a campioni di malware inediti utilizzando una backdoor sempre collegata a Carbanak. Il gruppo, per perseguire i suoi scopi ha utilizzato una società di facciata chiamata Combi Security, utilizzata per reclutare nuovi hacker, e su cui si è concentrata l’attività del Dipartimento di Giustizia americano. Gli analisti di Flashpoint hanno poi scoperto un nuovo pannello di attacco utilizzato dal gruppo nelle campagne denominate Astra. Il pannello, scritto in PHP, funziona come un sistema di gestione degli script, che  spinge precisamente gli stessi script di attacco verso i computer compromessi. Gli aggressori ottengono un punto d’appoggio iniziale su macchine mirate tramite e-mail di phishing contenenti allegati dannosi. Le e-mail sono spesso specifiche del settore e create per invogliare una vittima ad aprire il messaggio ed ad eseguire il documento allegato. Uno dei documenti diffonde ciò che gli analisti chiamano SQLRat, malware mai visto fino a quel momento che rilasciava file ed eseguiva script SQL sul sistema host. L’uso di script SQL si è rivelato ingegnoso in quanto non ha lasciato oggetti come fa il malware tradizionale. Una volta eliminati dal codice degli aggressori, non è rimasto nulla da recuperare per le ricerche forensi. Questa tecnica non è stata osservata nelle precedenti campagne associate a FIN7. Il secondo nuovo tipo di malware scoperto è una backdoor multiprotocollo chiamata DNSbot, che viene utilizzata per scambiare comandi e inviare dati da e verso le macchine compromesse. Principalmente, opera sul traffico DNS, ma può anche passare a canali crittografati come HTTPS o SSL, come scoperto sempre dagli analisti di Flashpoint.

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Inchieste

XLoader/FormBook: analisi in esclusiva della crittografia e decrittografia del malware

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Tempo di lettura: 6 minuti. La società ha fornito in esclusiva per l’italia, l’analisi di un malware “stealer” utilizzato di frequente nell’ultimo periodo.

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Gli analisti di malware di ANY.RUN sono felici di discutere gli algoritmi di crittografia di XLoader, noto anche come FormBook con la redazione di Matrice Digitale. Insieme decifreremo le stringhe dello stealer e dei server C2.

Xloader è uno Stealer, successore di FormBook. Tuttavia, oltre alle funzionalità di base, sono interessanti anche gli approcci insoliti alla crittografia e all’offuscamento delle strutture interne, del codice e delle stringhe utilizzate in XLoader. Diamo uno sguardo dettagliato alla crittografia di stringhe, funzioni e richiami C2.

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Crittografia in XLoader

Innanzitutto, dovremmo ricercare 3 principali algoritmi crittografici utilizzati in XLoader. Questi sono gli algoritmi modificati: RC4, SHA1 e l’algoritmo di Xloader basato su una macchina virtuale.

L’algoritmo RC4 modificato

L’algoritmo RC4 modificato è un normale RC4 con livelli aggiuntivi di sottrazione sequenziale prima e dopo la chiamata RC4. Nel codice uno strato di sottrazioni ha questo aspetto:

       # transform 1
       for i in range(len(encbuf) – 1, 0, -1):
           encbuf[i-1] -= encbuf[i]

       # transform 2
       for i in range(0, len(encbuf) -1):
           encbuf[i] -= encbuf[i+1]

I byte del testo cifrato vengono sottratti l’uno dall’altro in sequenza da destra a sinistra. E poi vanno da sinistra a destra. Nel codice di XLoader appare così:

Funzione che esegue la crittografia RC4

L’algoritmo SHA1 modificato

La modifica SHA1 è una SHA1 regolare, ma ogni 4 byte viene invertita:

L’algoritmo della macchina virtuale di Xloader

L’ultimo algoritmo è una macchina virtuale che genera da uno a quattro byte di testo in chiaro, a seconda del byte corrente del testo cifrato. Di solito, questo algoritmo viene utilizzato come livello di crittografia aggiuntivo, che verrà discusso in seguito. La voce della routine di decrittografia della VM è simile alla seguente:

Un esempio di trasformazioni nella routine di decrittazione di una macchina virtuale

Decrittazione delle stringhe XLoader

Successivamente, esaminiamo come funziona la crittografia delle stringhe in XLoader. Tutti gli array di byte contenenti stringhe crittografate o informazioni sulla chiave si trovano in tipi speciali di BLOB.

Un esempio di trasformazioni nella routine di decrittazione di una macchina virtuale

Decrittazione delle stringhe XLoader

Successivamente, esaminiamo come funziona la crittografia delle stringhe in XLoader. Tutti gli array di byte contenenti stringhe crittografate o informazioni sulla chiave si trovano in tipi speciali di BLOB.

Funzione di generazione della chiave per decifrare le stringhe

Qui K1_blob, K2_blob e K3_blob sono funzioni che restituiscono dati dai blocchi descritti sopra e la lunghezza della stringa è un argomento per esse.

Le funzioni VM_Decrypt, RC4_with_sub_Layer e sha1_* sono algoritmi modificati che abbiamo discusso in precedenza.

Schematicamente, l’algoritmo di generazione della chiave può essere rappresentato dal seguente diagramma.

Qui E e K sono i dati e la chiave che viene alimentata all’input della funzione RC4, rispettivamente, e K1, K2 e K3 sono i dati ottenuti dalle funzioni K1_blob, K2_blob e K3_blob.

schema di generazione delle chiavi per decifrare le stringhe

Anche le stringhe stesse vengono archiviate come blob e sono coperte da due livelli di crittografia:

VM_decrypt

RC4 che utilizza la chiave ottenuta sopra.

Allo stesso tempo, RC4 non viene utilizzato per l’intero blob in una volta.

Dopo aver rimosso il primo livello, le stesse stringhe crittografate vengono memorizzate nel formato:

lunghezza stringa crittografata – stringa crittografata

Di conseguenza, per decrittografare le stringhe, dobbiamo eseguire un ciclo di questa struttura e decrittografare in modo coerente tutte le stringhe.

Funzione per decifrare le stringhe

Di seguito è riportato un esempio dei dati crittografati dopo aver rimosso il primo livello. Le coppie lunghezza/stringa per le prime 3 stringhe crittografate sono evidenziate in rosso.

Le prime 3 stringhe crittografate

Le stesse stringhe dopo la decrittazione:

Le prime 3 righe dopo la decodifica

Insieme alle stringhe crittografate, vengono memorizzate anche le esche C2. Si trovano sempre alla fine di tutte le stringhe decifrate, iniziando e terminando con le stringhe f-start e f-end.

Decrittazione dei server C2 di XLoader

Successivamente, vediamo come funziona la crittografia C2 principale. Il C2 principale si trova altrove nel codice, quindi puoi ottenerlo separatamente dalle esche C2.

Frammento di codice che dimostra la decrittazione C2.

Per decrittografarlo, oltre che per decrittografare le stringhe, vengono utilizzate 3 chiavi. Lo schema di decrittazione C2 è mostrato di seguito:

  • EC2 è il C2 crittografato
  • DC2 è il C2 decifrato

L’algoritmo stesso è un’applicazione sequenziale 3 volte dell’algoritmo RC4 con 3 chiavi diverse.

Schema di decrittazione delle esche C2

Inoltre, nelle versioni più recenti delle esche XLoader C2, che di solito si trovano insieme a tutte le altre stringhe, risultano essere coperte da un ulteriore livello di crittografia e, a prima vista, non è del tutto chiaro dove avvenga esattamente la decrittazione di queste stringhe .

Poiché XLoader ha diversi punti di ingresso, ciascuno responsabile di diverse funzionalità non intersecanti, con molte funzioni che risultano essere crittografate.

Le esche C2 vengono decifrate all’interno di XLoader iniettato in Explorer.exe. E in questo caso, viene passato a netsh.exe, che contiene anche XLoader tramite iniezione APC.

Il ciclo di vita C2 in diversi moduli XLoader

Per capire come viene crittografato un esca C2, prima di tutto è necessario capire come vengono crittografate le funzioni.

In realtà è abbastanza semplice. RC4 viene utilizzato come algoritmo di crittografia. Questa volta, la chiave è hardcoded e scritta direttamente nel codice e poi xored con la gamma a 4 byte.

Successivamente, dovresti trovare i puntatori all’inizio e alla fine della funzione. Ecco come si fa: un valore univoco di 4 byte viene inserito all’inizio e alla fine di ogni funzione crittografata. XLoader cerca questi valori e ottiene i puntatori desiderati.

Frammento di codice che dimostra la decrittazione della funzione

Quindi la funzione viene decrittografata, le viene dato il controllo e allo stesso modo cerca e decrittografa la funzione successiva. Ciò accade fino a quando la funzione con la funzionalità principale non viene decifrata ed eseguita. Quindi, le funzioni dovrebbero essere decifrate in modo ricorsivo.

La chiave per decrittografare le esche C2 è composta da 2 parti e viene raccolta separatamente in due diversi punti di uscita. Un punto di uscita ottiene la chiave protetta da 20 byte e il secondo ottiene la gamma da 4 byte per decrittografare la chiave.

Esempio di configurazione del malware XLoader estratto

Applicando gli algoritmi di cui sopra possiamo estrarre la configurazione da Xloader, inclusi C2, esche C2 e stringhe. Per tua comodità, abbiamo integrato l’estrazione automatica della configurazione di Xloader nella sandbox interattiva ANY.RUN: basta eseguire l’esempio e ottenere tutti gli IOC in pochi secondi.

Configurazione del malware estratta in ANY.RUN

Esempi di campioni eseguiti con successo:

Esempio 1

Esempio 2

Esempio 3

Riassumi

In questo articolo abbiamo discusso la crittografia in xLoader stealer. Si basa sia su componenti aggiuntivi di algoritmi esistenti sia su algoritmi scritti da sé.

La parte principale e complicata del processo di decrittazione è la generazione della chiave e il fatto che la funzionalità di XLoader è suddivisa in moduli che possono essere eseguiti in diversi processi. Per questo motivo, per estrarre le stringhe, dobbiamo decifrare il codice eseguibile, tra le altre cose.

Fortunatamente, ANY.RUN è già impostato per rilevare automaticamente questo malware, rendendo i relativi dettagli di configurazione a portata di clic.

Appendice

File analizzati

Campione con la nuova crittografia dei richiami C2

TitleDescription
NameMT10320221808-004. pdf.exe
MD5b7127b3281dbd5f1ae76ea500db1ce6a
SHA16e7b8bdc554fe91eac7eef5b299158e6b2287c40
SHA256726fd095c55cdab5860f8252050ebd2f3c3d8eace480f8422e52b3d4773b0d1c

Campione senza crittografia esche C2

TitleDescription
NameTransfer slip.exe
MD51b5393505847dcd181ebbc23def363ca
SHA1830edb007222442aa5c0883b5a2368f8da32acd1
SHA25627b2b539c061e496c1baa6ff071e6ce1042ae4d77d398fd954ae1a62f9ad3885
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Inchieste

Meta vuole sottopagare la Musica italiana, ma va difesa perchè la SIAE è il male

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Tempo di lettura: 3 minuti. Il paradosso italiano: firmare i contratti perchè c’è chi paga poco, ma paga. Anche se sottopaga pur avendo bisogno degli artisti del Bel Paese

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La scomparsa della musica italiana da Instagram e Facebook ha causato grande sconcerto tra gli utenti. Questo è avvenuto a seguito del mancato accordo tra il colosso dei social media, Meta, e la SIAE, l’ente che tutela i diritti d’autore degli artisti italiani. La licenza per l’utilizzo delle canzoni italiane è scaduta a gennaio, e Meta ha cercato di negoziare senza concedere alcun margine di compromesso, chiedendo sostanzialmente alla SIAE di accettare le loro condizioni senza garanzie.

Il governo italiano ha cercato di intervenire nella disputa, ma finora non è stata raggiunta alcuna soluzione concreta. Nel frattempo, gli utenti italiani sono impossibilitati dall’utilizzare la musica italiana nelle loro storie e reel su Instagram e Facebook. Questa situazione potrebbe indurre molti a passare al concorrente cinese TikTok, che ha già guadagnato una quota significativa del mercato nel 2022.

L’industria musicale italiana è gravemente danneggiata da questa situazione, in quanto il mercato digitale rappresenta l’83% dei suoi ricavi. Gli utenti italiani si trovano ora senza la possibilità di condividere la colonna sonora delle loro vite attraverso i social media, e ciò potrebbe portare a un calo dell’interesse per la musica italiana sia a livello nazionale che internazionale.

In sintesi, il mancato accordo tra Meta e SIAE ha creato una situazione difficile per l’industria musicale italiana e per gli utenti dei social media nel paese. Se non verrà raggiunta una soluzione, il settore musicale italiano e la sua presenza sulle piattaforme digitali potrebbero risentirne notevolmente, con possibili ripercussioni negative sulla promozione e la diffusione della musica italiana nel mondo.

Fino a qui, la ragione sembra trovarsi dalla parte della piattaforma statunitense che “offre” una opportunità di visibilità per quegli artisti che non hanno successo e nemmeno i soldi per promuoversi. La domanda è però un’altra: il patrimonio artistico culturale del nostro paese è più importante di una piattaforma commerciale statunitense?

La verità da parte di SIAE, che rappresenta molti artisti locali ma non tutti, è che l’offerta economica del social era stata già decisa a tavolino e non aveva margini di trattativa ulteriori. Il muro contro muro è una strategia che fa comprendere alla piattaforma come sarebbe il social senza la musica italiana.

Premesso che gli effetti sono visibili solo ed esclusivamente su testi italiani, su cantanti che appartengono a SoundReef, un’alternativa per gli artisti alla SIAE, o altre etichette e che questo giochi a sfavore non solo dei “deboli”, ma anche a grossi nome come la Pausini, c’è però da fare una considerazione sul perchè Soundreef sia migliore di Siae: solo perchè è presente su Facebook?

Contenuti senza musica o senza musica il nulla politico?

C’è poi il dettaglio dei contenuti: Facebook nasce come social di “foto” e “testo”, la musica è arrivata dopo con i video, ma è chiaro senza la musica, i contenuti della piattaforma perderebbero molto in termini di valore, qualità e gradimento. Questo dovrebbe far riflettere quante più persone sull’abbandonare la piattaforma senza maledire la SIAE che invece sta rappresentando un intero settore “sottopagato” come da anni avviene nel mondo della globalizzazione, diventata gigaeconomy, e che sta facendo emergere la vera realtà di un social che ospitava pensieri profondi ed idee politiche per essere diventato poi il modello perfetto di censura, controllo e manipolazione del pensiero occidentale.

Stesso discorso per Instagram, dove alle foto hanno fatto spazio video per lo più televendite di profili pornografici di Onlyfans, ma “Meta non era contro il porno?”, che avvicinano minori a profili a luci rosse e foto dove la musica non è richiesta per forza. Chi ha interesse affinché la SIAE svenda la musica al dandy americano? Solo chi non comprende che i social vivono di contenuti e dell’intelletto altrui ed è per questo che TikTok, paga tutti i creator a differenza di Facebook che ha una lista di influencer favoriti decisi anche dalla politica globalista e regole di ingaggio poco chiare e spesso rivelatesi scorrete per il mercato.

Azienda, piattaforma social o comitato d’affari?

Perchè il Governo dovrebbe intervenire? Per favorire gli americani di Zuckerberg a discapito dei cinesi per via di TikTok e della sciurezza del nostro paese?

E perchè non invece essere più sodale con YouTube che oramai, insieme a Spotify, è il metro preferito dall’industria musicale globale?

Sarebbe forse il caso di iniziare a valutare realtà come Meta per quello che sono, aziende presenti sul mercato che non hanno nè più nè meno di diverso rispetto alle altre e proprio per questo non meritano attenzioni particolari e possono tranquillamente gestirsi da sole senza troppi aiuti di figure governative comprensivi, fin troppo, forse al limite della connivenza.

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Killnet assalta gli ospedali e Phoenix colpisce missione EOSDIS della NASA

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Tempo di lettura: 4 minuti. Hanno monitorato tutti gli attacchi dal 18 novembre 2022 al 17 febbraio 2023, osservando un aumento da 10-20 attacchi giornalieri a novembre a 40-60 attacchi ogni giorno a febbraio

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Killnet è tornato ed ha hackerato la NASA dopo un periodo di silenzio a causa del grande successo avuto dei cugini di NoName057. Il collettivo di hacktivisti russi ha pubblicato dettagli e dati sulla missione spaziale della NASA prevista sul satellite della terra.

🤴 Il gruppo di hacker russi PHOENIX si assume la piena responsabilità di aver violato alcuni dei vostri sistemi.

Lo dico in modalità 🔴 in quanto ho fiducia in me stesso e nei vostri professionisti IT.

✔️На al momento abbiamo accesso a (i dati saranno aggiornati):

⚡️Данные dai satelliti della missione MMS
⚡️Учетные record degli utenti/specialisti di EOSDIS
⚡️Нескольо terabyte di dati di ricerca, schemi di veicoli spaziali, rapporti e documenti aziendali
⚡️SOON…

credenziali di login dei dipendenti

Nonostante Killnet si sia da sempre contraddistinta per gli attacchi di DDoS, questa volta invece ha giocato un ruolo diverso dal solito entrando nei server della NASA: l’ente di aviazione spaziale americana famosissima anche per i suoi sistemi di sicurezza informatici avanzati e a prova di intrusioni non solo di hacker bensì anche militari da parte di altri paesi. Un’attività a questa che dovrà essere smentita dall’ente statunitense oppure confermata, ma attualmente sono stati pubblicati i dati con relative password delle persone impegnate nel progetto e quindi si può affermare che danno permanente è stato fatto salvo smentite sulal qualità dei contenuti

Cosa è la missione EOSDIS?

EOSDIS, acronimo di Earth Observing System Data and Information System, è un sistema gestito dalla NASA per raccogliere, archiviare e distribuire i dati provenienti dai satelliti di osservazione terrestre e dalle missioni scientifiche aeree. L’obiettivo principale di EOSDIS è fornire un accesso semplice e veloce a una vasta gamma di dati e informazioni relative all’ambiente terrestre, all’atmosfera, all’oceano e alle aree glaciali e polari.

EOSDIS fa parte del programma Earth Science Data Systems (ESDS) della NASA e utilizza diversi centri di elaborazione e distribuzione dei dati, chiamati Distributed Active Archive Centers (DAACs), per archiviare e distribuire i dati a ricercatori, scienziati e altre parti interessate in tutto il mondo.

Tra i principali servizi offerti da EOSDIS vi sono la possibilità di cercare e scaricare dati e immagini, visualizzare mappe e grafici e accedere a strumenti di analisi per comprendere meglio le tendenze e i fenomeni legati all’ambiente terrestre e ai cambiamenti climatici.

L’allarme dagli USA: Killnet colpisce gli ospedali

Questa settimana, i ricercatori nel campo della cybersecurity hanno osservato che il gruppo di hacker pro-Russia noto come Killnet sta intensificando gli attacchi DDoS (Distributed Denial of Service) contro le organizzazioni sanitarie a partire dal novembre scorso.

Killnet è stato creato in seguito all’invasione della Russia in Ucraina nel febbraio 2022 e ha trascorso gran parte dell’ultimo anno lanciando attacchi DDoS contro governi e aziende di tutto il mondo. Sebbene gli attacchi siano per lo più un fastidio – mettendo offline i siti web per circa un’ora nella maggior parte dei casi – hanno suscitato preoccupazione all’interno del governo degli Stati Uniti, in particolare quando vengono lanciati contro infrastrutture critiche come aeroporti e ospedali.

Nei mesi recenti, il gruppo ha concentrato la sua attenzione sui siti web delle organizzazioni sanitarie, lanciando una campagna a febbraio che ha preso di mira ospedali in oltre 25 stati. La Cybersecurity and Infrastructure Security Agency (CISA) ha affermato che meno della metà di questi attacchi – che prevedevano l’invio di un’enorme quantità di richieste di pagina ai siti web presi di mira – ha avuto successo nel mettere offline i siti.

Venerdì, i membri del Microsoft Azure Network Security Team, Amir Dahan e Syed Pasha, hanno pubblicato un’analisi degli attacchi DDoS alle organizzazioni sanitarie utilizzando i loro strumenti di sicurezza.

“Le tipologie di organizzazioni sanitarie attaccate comprendevano il settore farmaceutico e delle scienze della vita con il 31% di tutti gli attacchi, gli ospedali con il 26%, le assicurazioni sanitarie con il 16% e i servizi e le cure sanitarie anch’esse con il 16%”, hanno dichiarato. Killnet ha solitamente provato due metodi diversi: creare molte connessioni diverse e cercare di mantenerle attive il più a lungo possibile per rendere inutilizzabile un sito web, oppure stabilire quante più nuove connessioni possibili in un breve lasso di tempo per esaurire le risorse.

“Killnet e i suoi avversari affiliati utilizzano gli attacchi DDoS come tattica più comune. Utilizzando script DDoS e stressor, reclutando botnet e utilizzando fonti di attacco contraffatte, KillNet può facilmente interrompere la presenza online di siti web e app”, hanno affermato i ricercatori. Servizi di protezione DDoS come Cloudflare hanno segnalato tendenze simili. Akamai, un’altra azienda che offre strumenti simili, ha pubblicato un rapporto il mese scorso che evidenziava un aumento significativo degli incidenti DDoS in Europa nel 2022, con un numero crescente di campagne che ora coinvolgono tattiche di estorsione. L’azienda ha anche avvertito che gli attacchi DDoS vengono ora sempre più utilizzati come copertura per vere e proprie intrusioni che coinvolgono ransomware e furto di dati.

Omer Yoachimik di Cloudflare ha riferito a The Record che la loro ricerca sulla campagna DDoS di Killnet nel settore sanitario indica che gli attacchi venivano “crowdsourced”, ovvero gli operatori di Killnet si rivolgevano ad altri gruppi e individui che utilizzano più botnet o metodi di attacco diversi. Anche la CISA ha dichiarato a The Record che gli incidenti DDoS sono diventati una questione prioritaria per l’agenzia, poiché cercano di proteggere le infrastrutture critiche.

“Il nostro personale regionale sta lavorando a stretto contatto con i nostri partner sul territorio e incoraggiamo tutte le organizzazioni, compresi gli enti statali e locali, a rimanere vigili e ad adottare misure per proteggersi”, ha detto il portavoce, facendo riferimento a una guida pubblicata insieme all’FBI a ottobre su come le organizzazioni possono ridurre la probabilità e l’impatto degli attacchi DDoS. Il portavoce ha aggiunto che per gran parte dell’ultimo anno, la CISA ha aiutato le organizzazioni a mitigare gli attacchi DDoS, in particolare quelli lanciati da Killnet. L’agenzia ha anche collaborato con diverse aziende tecnologiche per fornire risorse gratuite alle organizzazioni con finanziamenti limitati, al fine di aiutarle a ridurre l’impatto degli attacchi DDoS.

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Sim swap a Napoli, condannate Intesa Sanpaolo e Telecom Italia

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Truffa Facebook Little Flowers ai danni de La Repubblica: la matrice è cinese

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Sospettati di uno schema Ponzi arrestati in Grecia e Italia ricercati da INTERPOL

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