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Inchieste

L’Europa vara il Ministero della Verità a matrice atlantica: vi sveliamo la cellula italiana

Tempo di lettura: 11 minuti. Insegnare a riconoscere la verità oppure ad educare ad una verità? Ecco la risposta alla propaganda russa dall’Unione Europea: con l’aiuto delle organizzazioni atlantiche

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Per chi ha fretta, l’Unione Europea ha:

  • Esteso il campo di azione del Codice di Condotta sulla disinformazione del 2018 con poteri di imporre la demonetizzazione dei contenuti e la loro rimozione
  • Ha individuato una struttura di pertinenza alla Commissione Europea denominata Osservatorio europeo dei media digitali (EDMO)
  • L’EDMO ha degli hub territoriali dislocati sul suolo europeo, 8 precisamente, che fanno da supporto alle attività di analisi e ricerca sui territori
  • La struttura italiana è l'(IDMO – Italian Digital Media Observatory) ed è coordinata da Gianni Riotta
  • Tra i partner dell’Osservatorio figurano Luiss, Gedi, NewsGuard dove Riotta ha incarichi professionali
  • L’attività del contrasto alla disinformazione rischia non solo di assumere una lettura politica, ma è strettamente collegata ad un interesse non solo particolare dell’Unione Europea ma al contesto Atlantico avvalendosi di società d’oltreoceano, associazioni europee filo atlantiche ed associazioni di settore che contrastano qualsiasi regime considerato non democratico.

L’articolo presenta una fotografia dei partner del progetto lasciando al lettore l’analisi critica, con fonti annesse per approfondire, e lo invita a trovare una risposta alla domanda:

E’ possibile che una struttura tecnica gestita da politici e da professionisti di una precisa ideologia possa viziare l’offerta della qualità dell’informazione sul territorio Europeo con effetti censori?

Nel settembre 2021 viene presentato in pompa magna l’European Digital Media Observatory che ha lo scopo di monitorare le Fake News sui media ed avviare un percorso di contrasto alla disinformazione in rete ed in particolare sui i social media.

A benedire l’iniziativa in Italia del network di hub nazionali in otto paesi UE è Paolo Gentiloni, del Partito Democratico nella Commissione Europea con delega all’economia. Nella nota ANSA è possibile leggere i compiti dell’EMDBO, in Italia IDMO, e precisamente sono quelli di di studiare l’impatto delle fake news sulle società per diffondere pratiche positive nell’uso dei media digitali.

L’osservatorio europeo EMDBO

L’Osservatorio europeo dei media digitali (EDMO) riunisce fact-checkers, esperti di media literacy e ricercatori accademici per comprendere e analizzare la disinformazione, in collaborazione con le organizzazioni dei media, le piattaforme online e gli operatori del settore.
EDMO metterà a disposizione una piattaforma per sostenere il lavoro di una comunità multidisciplinare con competenze nel campo della disinformazione online. EDMO contribuirà a una comprensione più approfondita di attori, vettori, strumenti, metodi, dinamiche di diffusione, obiettivi e impatto sulla società.

Profilo Twitter ufficiale di EDMO, cofinanziato dall’Unione Europea come si legge sull’immagine di copertina

Da profilo Twitter dell’osservatorio è indicata come sede la scuola transnazionale europea che si trova anche Firenze ed è parte dell’European Academic Institute (IUE): il principale istituto in Europa dedicato alle scienze sociali e umanistiche. Fondato nel 1972 dai sei membri originari delle Comunità europee di allora, l’IUE si è guadagnato la reputazione di centro transnazionale di ricerca e di apprendimento superiore la cui sede è a Firenze e si presenta come un centro di formazione della classe dirigente politica al di sopra degli stati, intesa dal punto di vista della concezione europeista della politica.

Home page della sezione della Scuola di Governance Transnazionale

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I partner dell’osservatorio italiano

Sempre dall’ANSA si legge che l’Hub italiano (IDMO – Italian Digital Media Observatory) è realizzato con il coordinamento dall’Università Luiss Guido Carli insieme a Rai, Tim, Gruppo Gedi La Repubblica, Università di Tor Vergata, T6 Ecosystems, Newsguard, Pagella Politica e con la collaborazione di Alliance of Democracies Foundation, Corriere della Sera, Fondazione Enel, Reporters Sans Frontières, The European House Ambrosetti.

Chi è il direttore di questa struttura? Il giornalista de La Stampa, Gianni Riotta che dichiara in occasione della presentazione della struttura italiana alla LUISS che “Lavoreremo per insegnare a distinguere il vero dal falso“.

L’osservatorio italiano non è invece fondato dall’Unione Europea, ma sembrerebbe essere parte del progetto Connecting Europe Facility, CEF: fondo dell’Unione Europea istituito nel 2014 per gli investimenti infrastrutturali (in particolare le Reti transeuropee) in tutta l’Unione in progetti di trasporto, energia, digitale e telecomunicazioni, che mira a una maggiore connettività tra gli Stati membri dell’UE. Opera attraverso sovvenzioni, garanzie finanziarie e project bond. È gestito dall’Agenzia esecutiva per l’innovazione e le reti e successivamente dall’Agenzia esecutiva per il clima, le infrastrutture e l’ambiente.

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La verità è quella degli americani?

Tra i tanti direttori-coordinatori che potevano essere individuati per un lavoro così prestigioso, quanto imparziale nell’ambito europeo, si è scelto un giornalista italiano naturalizzato americano e docente di una università statunitense, Princeton, come Riotta. A sorprendere è anche il fatto che lo stesso Riotta sia un giornalista del Gruppo Gedi e sia parte del board di NewsGuard.

Ma com’è composta questa sovrastruttura che spiega ai giornalisti ed agli editori come fare informazione?

Chi è NewsGuard?

NewsGuard è una società ambigua che si è presentata al pubblico come una ONG contro la disinformazione appena nata pur non essendolo perchè vende le sue rilevazioni a terzi ed è una attività commerciale a tutti gli effetti avendo una natura giuridica tale. L’attività svolta è in sintesi quella di assegnare un punteggio ai siti di informazione su scala mondiale fissando dei paletti ai media basati sul principio di trasparenza e di correttezza delle informazioni e ciclicamente propone degli studi e delle ricerche pubblicando liste di “buoni o cattivi” che entrano appunto nella classifica dei disinformatori. Così come i profili di coloro che collaborano a progetti di questo tipo siano ideologicamente riconducibili ad un’area politica, anche i nemici provengono spesso dalle aree che si contrappongono nella realpolitik.

Gianni Riotta è l’unico italiano nel Comitato Consultivo insieme allo “sconosciuto” Gramaglia, dove i cui “membri forniscono consulenza strategica a NewsGuard. Non svolgono alcun ruolo nelle valutazioni e nella stesura delle schede informative dei siti analizzati da NewsGuard, se non diversamente indicato“. Quindi il presidente dell’osservatorio italiano sui media non ha il potere di segnalare le testate.

Nel footer del sito si legge che è una Inc. seppur venga proposta come una struttura che si avvale della consulenza di docenti universitari e giornalisti indipendenti come se fosse una ONG

Secondo Wikipedia NewsGuard è uno strumento giornalistico e tecnologico che valuta la credibilità dei siti web di notizie e informazioni e tiene traccia della disinformazione online. Gestisce un’estensione del browser e applicazioni mobili per i consumatori, oltre a servizi per le aziende, tra cui uno strumento di sicurezza del marchio per gli inserzionisti e servizi per i motori di ricerca, le applicazioni per i social media, le aziende di sicurezza informatica e le agenzie governative, ma la sua società non è recensita.

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Il Gruppo GEDI

Conosciuto come titolare del noto quotidiano La Repubblica, il gruppo GeDi è anche proprietario di diverse testate giornalistiche locali, che lo rendono di fatto il gruppo editoriale più ramificato sul territorio italiano, ed è anche allo stesso tempo titolare del quotidiano La Stampa e questo fa intendere gli interessi diretti sul gruppo della famiglia Agnelli che ne è azionista di maggioranza. Il direttore editoriale dell’intero gruppo è Maurizio Molinari, noto giornalista internazionale ed ex direttore di Riotta a La Stampa, da sempre identificato, anche Riotta del resto, come personaggio di spicco del giornalismo italiano nel contesto atlantico.

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Alliance of Democracies Foundation (AoD)

La Alliance of Democracies Foundation (AoD) è un’organizzazione no-profit dedicata al progresso della democrazia e dei liberi mercati in tutto il mondo. Seppur sia Danese, perchè fondata nel dicembre 2017 dall’ex segretario generale della NATO ed ex primo ministro Anders Fogh Rasmussen insieme all’uomo d’affari Fritz Schur e all’avvocato Klaus Søgaard, l’obiettivo è quello di combattere i veri nemici della democrazia come Vladimir Putin, Kim Jong-un e Bashar al-Assad. Sempre secondo la visione dell’associazione la democrazia è messa sotto pressione da protezionismo, populismo, nazionalismo, terrorismo e autocrazia e propone in tal senso un programma, Expeditionary Economics, che ha le sue radici negli sforzi compiuti dagli Stati Uniti durante la Guerra Fredda per rafforzare l’Europa del dopoguerra e creare un modello economico migliore di quello comunista offerto dall’Unione Sovietica. “Il programma sostiene progetti imprenditoriali negli Stati in via di sviluppo, nelle democrazie emergenti e nelle aree post-conflitto allo scopo di rafforzare la democrazia negli Stati fragili sviluppando una base economica locale. La Campagna per la democrazia cerca di collegare i sostenitori della democrazia in tutto il mondo e di costruire un movimento intellettuale per la democrazia attraverso una rete di associazioni locali, la presenza online, l’impegno nei media e il sostegno ai dissidenti“. A margine del Vertice sulla democrazia di Copenaghen è stata costituita la Commissione transatlantica sull’integrità elettorale e ne fanno parte: Joe Biden, Nick Clegg, Toomas Ilves e Felipe Calderón. La commissione ha il compito di rafforzare le difese delle democrazie occidentali contro le interferenze esterne.

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Reporter Senza Frontiere

Reporter Senza Frontiere (RSF) è un’organizzazione non governativa e no-profit che promuove e difende la libertà di informazione e la libertà di stampa. L’organizzazione ha sede principale a Parigi ed ha lo status di consulente delle Nazioni Unite. Le sue missioni sono:

  • il monitoraggio costante degli attacchi alla libertà di informazione a livello mondiale;
  • la denuncia di ogni forma di attacco ai media;
  • la collaborazione con i governi per combattere la censura e le leggi volte a restringere la libertà di informazione;
  • l’assistenza morale e finanziaria ai giornalisti perseguitati e alle loro famiglie;
  • l’offerta di aiuto materiale ai corrispondenti di guerra allo scopo di aumentarne la sicurezza.

Stila la classifica annuale sulla libertà di informazione ed allo stesso tempo quella dei predatori della libertà di stampa dedicata ai capi di stato, alle strutture statali o teocratiche che applicano una forte censura nel mondo.

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The European House Ambrosetti

Noto come l’organizzatore dello storico Forum di Cernobbio, The European House Ambrosetti è uno dei maggiori think tank europei che gode di ottimi rapporti con il mondo anglosassone. Il Forum presenta previsioni sulle prospettive economiche e geopolitiche del mondo, dell’Europa e dell’Italia ed analizza inoltre i principali sviluppi scientifici e tecnologici e il loro impatto sul futuro del business e della società. Ciò avviene attraverso incontri, dibattiti e presentazioni di studi speciali ad hoc. The European House – Ambrosetti si presenta sul suo sito internet come un gruppo professionale di circa 250 professionisti, di cui il 54% sono donne, attivo sin dal 1965 e cresciuto negli anni in modo significativo grazie al contributo di molti Partner, con numerose attività in Italia, in Europa e nel Mondo.

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Pagella Politica

Il progetto di Pagella Politica è quello più interessante se consideriamo che dal 2012 monitora le dichiarazioni dei politici e ne trova riscontri sulla loro attività. Un progetto di The Fact-Checking Factory (TFCF) Srl attivo dal 2012 e che oggi grazie a facta.news è uscito dalla sfera politica abbracciando più ambiti della disinformazione. Nel team dell’Osservatorio Europeo, figurano ben tre professionalità di Pagella Politica: Silvia Cavasola, Laura Loguercio e Tommaso Canetta

Pagella Politica ha ben tre esponenti nel team dell’Osservatorio Europeo

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La Commissione Europea ha dato maggiore potere ai gruppi filoatlantici

Lanciato nel 2021, l’Osservatorio Italiano, Europeo e di altri stati, 8 che vi hanno aderito, oggi ha avuto un grande assist dall’Unione Europea che ha sancito l’esistenza di una agenzia di stampa europea che racchiude testate, fact checkers e piattaforme big tech statunitensi già dal 2018, che coincide anno di fondazione dell’americana News Guard, con il Codice di condotta rafforzato sulla disinformazione aggiornato al 2022 dopo le questioni che hanno interessato la pandemia ed il conflitto Ucraino.

Sul sito della Commissione Europea (FONTE) l’iniziativa è presentata così “Nel 2018 è stato istituito per la prima volta un codice di buone pratiche per le piattaforme online, le associazioni di categoria e i principali operatori del settore pubblicitario. che si sono impegnati a contrastare la disinformazione e a migliorare le loro politiche online. Questo si è dimostrato uno strumento innovativo per garantire una maggiore trasparenza e responsabilizzazione delle piattaforme online, nonché un quadro strutturato per monitorare e migliorare le politiche delle piattaforme in materia di disinformazione“.

Ed è proprio nel 2022 che arriva un rafforzamento delle azioni da intraprendere contro i trasgressori e l’istituzione di diverse sovrastrutture:

  • Applicare misure più incisive per demonetizzare la disinformazione 
  • Aumentare la trasparenza della pubblicità politica e della pubblicità tematica
  • Garantire una copertura completa dei comportamenti manipolativi attuali ed emergenti
  • Ampliare rafforzare gli strumenti che consentono agli utenti di individuare e segnalare contenuti falsi o fuorvianti
  • Aumentare la copertura delle azioni di verifica dei fatti in tutti i paesi dell’UE e nelle loro lingue
  • Fornire ai ricercatori un maggiore accesso ai dati
  • Istituire un solido quadro di monitoraggio e comunicazione, con informazioni qualitative e quantitative a livello dell’UE e degli Stati membri 
  • Istituire un centro per la trasparenza
  • Creare una task force permanente per l’evoluzione e l’adeguamento del codice

Mentre l’EDMO figura insieme al Gruppo dei regolatori europei per i servizi di media audiovisivi (ERGA) e all’Osservatorio europeo dei media digitali (EDMO) all’interno di questo schema nel quale la Commissione Europea valuterà regolarmente i progressi compiuti nell’attuazione del Codice, sulla base delle relazioni granulari qualitative e quantitative previste dai firmatari (Fonte), della cellula italiana non vi è traccia, se non un autoriconoscimento da parte della struttura madre di hub territoriale che esiste sia in Francia sia in Belgio e Lussemburgo e sia in Polonia di cui se ne parla finanziamento che spetta solitamente a questioni tecniche e non umanistiche di cui per fortuna se ne parla in un articolo de La Repubblica che indica i costi in 1,4 milioni per l’Italia e, in totale, 11 milioni per gli otto hub europei. Un progetto che dovrà avere una durata di 30 mesi a partire dal settembre circa ed i costi sembrerebbero anche pochi se consideriamo i partner in campo e soprattutto le attività da mettere in piedi.

Il Gancio censore nella Commissione Europea

Per rendere possibile questa struttura, in seno all’organismo esecutivo dell’Unione Europea, la Commissione, il burocrate di Bruxelles che incensa il codice di condotta sull’informazione è il sig. Giuseppe Abbamonte promotore italiano dell’iniziativa e nel convegno del 27 ottobre dal come riportato dal profilo della cellula italiana ha dichiarato che:

Il dubbio che ricorre in molti è:

cosa è una fake news? Una notizia palesemente falsa oppure una notizia non gradita?

A giudicare i partner del progetto, il proponente dell’Unione Europea ed il padrino politico dell’iniziativa, non si prospetta nulla di buono per il settore dell’informazione abituato a correre sulle sue gambe da sempre grazie all’intuito dei giornalisti ed al loro modo di essere cane da presa del potere. Abbiamo già visto come si intende il concetto di disinformazione sui social network come Facebook dove non conta quello che dici, se vero o falso, ma quello di cui scrivi di un argomento sensibile come guerra, covid e l’indirizzo è oramai molto chiaro: russofobia e filoatlantismo, prima che europeismo. L’Unione Europea, sotto la guida Von der Leyen ha attuato diversi atti antidemocratici come l’esclusione di alcune fonti giornalistiche extra europee, l’istituzione di una agenzia di informazione europea e lo ha fatto perché l’intero territorio è pervaso dalla propaganda russa e da teorie antiscientifiche che ledono la salute dei suoi cittadini. Un modo fin troppo morboso di prendersi cura delle informazioni che girano sul territorio e che non ha dato fino ad oggi i suoi frutti se consideriamo i dati delle vendite dei giornali in Italia, le acredini che ci sono nel gruppo Gedi su una strategia meno giornalistica e più dedita al seo efficace per ottenere soldi dalle pubblicità con contenuti dettati dalle tendenze commerciali e non dall’informazione al servizio del cittadino, del fatto che i giornalisti non sono più liberi di esprimere dubbi su un determinato tema perchè c’è una pezza d’appoggio sempre fornita da una scienza che per definizione non può dare risposte certe, soprattutto su tematiche improvvise, o su equilibri geopolitici dove non esiste un giusto o uno sbagliato, bensì le pretese dall’una e dall’altra parte e le complessità che la diplomazia tenta di sciogliere senza sparare un colpo di cannone. Nonostante il crollo di credibilità che i media in Italia hanno avuto durante la pandemia e durante il conflitto ucraino, dove si è creato il fronte “o noi, o loro” che ha provocato tensioni sociali mettendo gli uni contro gli altri, l’accentramento dell’informazione in sovrastrutture di sorveglianza e controllo sempre più visibili e stringenti è reso necessario dal fatto che le strategie messe in campo fino ad oggi non sono servite alla strategia di contenimento ed è per questo che si passa a colpire i soldi ed i guadagni degli editori, per questo motivo conta più il seo che la voglia di informare i lettori e chi segue il codice di condotta ha dei sussidi come dimostra il piano pronto da 120 milioni per l’editoria italiana e le edicole dove solo il 10% è stanziato per dare da mangiare ai giovani giornalisti, merce rara al giorno d’oggi:

Giusto finanziare un settore, ma ingiusto e poco democratico imporgli un codice di condotta che segua delle regole che non sono proprie del giornalismo e del modo di fare informazione, altrimenti è un do ut des, dove lo Stato, o l’Europa, impongono un modo di fare giornalismo, fallace e poco credibile, per poi aiutare chi si presta al piano di quello che sembra in realtà un Ministero della Verità.

 

Inchieste

NAFO: i propagandisti di Kiev che minacciano il Governo

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Il contesto della guerra cibernetica a margine del conflitto ucraino vede due attori sui social media che si affrontano dal 24 febbraio 2020: i NAFO e la propaganda russa.

I NAFO (North Atlantic Fellas Organization) sono un gruppo informale nato online che si distingue per il suo supporto all’Ucraina e la sua opposizione alla propaganda russa, soprattutto nell’ambito del conflitto tra Russia e Ucraina, ma non disdegnano l’appoggio a Israele nella sua operazione speciale controversa in quel di Gaza ed appoggiano le politiche europeiste dell’attuale establishment. Il movimento ha iniziato a prendere forma durante il conflitto del 2022, assorbendo alcuni pezzi della bestia di Salvini “facciamorete”, diventando noto per le sue attività sui social media, dove contrasta la disinformazione e la propaganda filo-russa attraverso meme, battute satiriche e interventi diretti sui post online.

Secondo la “leggenda“, la comunità NAFO è composta principalmente da utenti sui social media che si identificano come “Fellas” e che usano immagini del cane di razza Shiba Inu come avatar. Le loro attività includono la raccolta di fondi per le forze armate ucraine e la diffusione di contenuti che promuovono la causa ucraina. I NAFO agiscono in gran parte in maniera umoristica, ma hanno avuto un ruolo significativo nel contesto della guerra cibernetica per quel che riguarda la battaglia dell’informazione online. Si definiscono attivisti digitali, ma ci sono più riferimenti che li associano ai servizi di intelligence della NATO ai livelli più alti e godono di una rete internazionale composta da utenti autentici e botnet. Chi li definisce semplici attivisti digitali, commette l’errore di associarli solo alla parte “ludica”, ma c’è un aspetto che viene sottovalutato o appositamente ignorato ed è quello delle pressioni che esercitano sull’opinione pubblica non sempre con toni democraticamente e politicamente corretti.

I NAFO su X

Il contesto NAFO è sicuramente interessante per analizzare chi sono e cosa propongono coloro che alimentano in Italia la propaganda ucraina, russofoba e bellicistica che fa il gioco dell’ala più intransigente della NATO che spinge per l’escalation del conflitto. I NAFO in Italia non sono tanti. Secondo una analisi esclusiva di Matrice Digitale effettuata dal 1 gennaio 2022 al 31 agosto 2024, nel giro di due anni il dibattito alimentato dalle parole NAFO o Fella, oppure Fellas, ha realizzato complessivamente 197.067 tweet, racimolando 2.289.602 mi piace, 293.724 condivisioni ed un totale di 44.419 citazioni, scatenando 216.439 commenti. Un volume all’apparenza abbastanza limitato se consideriamo la portata di tutto il conflitto tra Russia e Ucraina sui social, ma questo dato dovrebbe far riflettere sulla qualità dell’impegno da parte degli stessi NAFO che si basa su una quantità di 3.500 utenti dichiarati circa (e cioè che presentano le parole chiave nei nick e nei nomi visibili) che hanno generato nella sola Italia 158.364 post, totalizzando 1.250.066 like, 138.509 condivisioni, 17.203 citazioni e solo 126.749 commenti. Considerando che 3.500 unità non sono poche se si considera l’attività quotidiana di rilancio, menzioni e commenti che hanno l’obiettivo di osannare o delegittimare a seconda dell’utente che entra nel vortice.

I NAFO più attivi in Italia

I 25 NAFO più attivi in Italia

Un altro aspetto che non va sottovalutato è che ci sono 25 account che hanno totalizzato in tutto una miriade di tweet. Si parte da Alessandra Zardo che ne ha realizzati addirittura 16.138 in due anni e mezzo, seguita da Spunta bau con 14.077. In due anni possiamo affermare tranquillamente che hanno una media spropositata di almeno 20 tweet al giorno per la causa Ucraina in cui rientra anche The Sgnaus Fella. Gli altri 23 hanno totalizzato una media di minimo 4 tweet al giorno. In alcuni casi sarebbe opportuno domandarsi se si tratta di bot o semplicemente esseri umani al soldo di un qualche battaglione ufficiale o non dell’esercito regolare NATO.

I profili più commentati

Profili più commentati

Per quanto riguarda invece la questione dei commenti su cui si cimenta la comunità NATO, figurano dei nomi illustri come quello del Ministero degli Affari Esteri della Russia, e dell’hacker KimDotCom, che ha denunciato più volte l’inefficacia dei NAFO al di fuori della rete internet ed ha realizzato anche un video che dimostra come i link pubblicati su X verso YouTube perdono efficacia nell’engagement confinando il fenomeno alla sola X. Dall’altra parte del conflitto c’è ampio sostegno al Ministero della Difesa Ucraina che più volte ne ha ringraziato il collettivo per la sua attività e la Premier Estone Kaya Kallas: anche lei si è complimentata pubblicamente con la community dei NAFO per essere stata vicina all’Ucraina ed alla NATO nella lotta cibernetica contro la Russia.

Kimdotcom ha più volte parlato dei NAFO nei suoi tweet accusandoli di non essere solo una forza volontaria di partecipazione alla guerra cibernetica russa ascrivendoli all’apparato militare, ma ha anche denunciato che le loro attività sono utili nel far percepire alle persone chi è una fonte autorevole e chi non lo è all’interno di attività mirate su internet che premiano o denigrano coloro che si calano nel turbine delle opinioni del dibattito pubblico.

Chi ci guadagna e chi ci perde

Per capire chi siano gli obiettivi costanti dei NAFO e chi gode quotidianamente dei loro elogi e della loro protezione, Matrice Digitale ha stilato una lista dei profili, in ordine discendente per numero, più menzionati nel dibattito NAFO e questo lascia intendere molto al lettore sul perchè di alcuni fenomeni di blasone ed hatespeech su X saliti alla ribalta grazie alla propaganda attiva ucraina sul territorio del Bel Paese

Chi sono i più graditi dalla propaganda atlantista e pro Ucraina?

Profili più menzionati

Non è stato difficile distinguere chi sono i giornalisti che parlano a favore delle operazioni militari di difesa e attacco dell’Ucraina, rispetto a quelli che esprimono pareri molto più vicini alle posizioni del Papa o anche dei russi in alcuni casi. Tra i giornalisti italiani che godono dell’aiuto e del supporto dei NAFO troviamo Daniele Angrisani di FanPage, Marco Fattorini, Jacopo Iacoboni de La Stampa, Giovanni Rodriguez del Foglio, Vladislav Maistrouk, unico ucraino, l’avvocato di Roberto Burioni, Stefano Putiniani, Stefania Battistini che per due anni ha seguito il conflitto da vicino per conto della RAI e congedata con le polemiche dopo l’esclusiva mondiale dell’operazione Ucraina in territorio russo. Troviamo anche il blogger Dario D’Angelo e l’ex Messaggero Cristiano Tinazzi.

Per quanto riguarda invece i soggetti considerati nemici dai NAFO, c’è il giornalista Andrea Lucidi puntato quotidianamente insieme ai profili di Matteo Salvini, Alessandro Orsini, e l’Ambasciata Russa in Italia. Compresa nel dibattito anche Giorgia Meloni che viene apprezzata per il suo aiuto a Zelensky, ma è vittima delle pressioni NAFO affinché si arrivi al conflitto diretto con Mosca. Il politico più gradito dagli attivisti è Carlo Calenda. Ci sono anche profili senza nome che partecipano attivamente alla propaganda dei NAFO in Italia, come Lunacharsky, Punto e Virgola, il Guffanti, la Bombetta Xenomorfa e anche Han Skelsen.

Tra i quotidiani più citati c’è Il “Fatto Quotidiano”, colpito quotidianamente dalle attività dei NAFO per la sua politica contraria alla Nato. Le notizie dell’Ansa, invece, vengono utilizzate per rilanciare gli avvenimenti sul territorio russo-ucraino, seguite dal giornale “La Repubblica” che secondo i NAFO ha atteggiamenti ambigui nel fornire notizie, nonostante sia percepito come favorevole all’Ucraina dall’opinione pubblica.

Analisi dell’autore

Per quanto riguarda la situazione dei NAFO, KimDotCom ha ragione quando sostiene che i NAFO attaccano coloro che non la pensano in un determinato modo ed inoltre c’è qualche collegamento tra movimenti di estrema destra e la comunità LGBTQ+ che stupisce se si fa un’analisi dell’ideologia politica che queste esprimono. Le valanghe di tweet, offese, denigrazioni e delegittimazioni hanno lo scopo di intimidire coloro che si trovano in un vortice di odio e questo è parte di una vera e propria operazione militare. Le pressioni avvengono non solo sugli organi di stampa, ma anche sul governo. Le pressioni su Meloni e Salvini ne sono la testimonianza. Nemmeno il ministro Crosetto è immune, essendo stato accusato di essere responsabile del massacro degli ucraini.

Oramai è nota a tutti la propaganda russa composta per lo più da bot scadenti e che ha ripiegato o su influencer a soldo del Cremlino o su tecniche di Typosquatting come emerso dall’ultima inchiesta dell’FBI, ma la situazione dei bot ucraini e della componente cibernetica che collabora con la Nato ci obbliga a ponderare anche le dichiarazioni che vengono proposte dalla componente antirussa e più vicina al nostro modo di pensare. Sebbene difendere l’Ucraina rappresenti gli interessi del Governo e dell’Occidente, dovremmo chiederci se chi sostiene Kiev e colpisce connazionali italiani con posizioni moderate o diverse rappresenti un rischio soprattutto se si considera il fatto della ramificazione dei servizi di intelligence ucraini, costola storica di quelli russi, attraverso l’ambasciata in Italia. Le accuse in rete verso connazionali dovrebbero essere tollerate ed allo stesso tempo considerate, e monitorate, dalle alte sfere della sicurezza nazionale. Le pressioni dei NAFO minano la libertà di espressione e quella di stampa se agiscono contro la società ed i suoi interpreti restando legittimo il loro intento di spostare l’opinione pubblica verso scelte che favoriscono l’industria bellica e una maggiore offensiva ucraina, anche se con il rischio di un’escalation militare.

Questa riflessione riguarda una minoranza che la pensa diversamente dalla maggioranza degli italiani, schierata contro la guerra e l’escalation del conflitto e nel caso la regia dei NAFO sia straniera, ci troveremmo in casa un caso di ingerenza straniera che tende a minare le attività di Governo, come nel caso di Crosetto soccorso dallo stesso Zelensky in visita al forum di Ambrosetti, e vorrebbe manipolare la coscienza critica di un popolo, quello italiano, che ha deciso da che parte stare secondo i sondaggi effettuati in questi due anni: contro la guerra.

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Inchieste

Stretta contro la disinformazione russa e WhisperGate

Tempo di lettura: 7 minuti. Gli Stati Uniti e i loro alleati intensificano gli sforzi per contrastare la disinformazione russa e gli attacchi alle infrastrutture critiche, collegati al GRU con il wiper Whispergate.

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Tempo di lettura: 7 minuti.

Con l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali del 2024, gli Stati Uniti e i loro alleati hanno intensificato gli sforzi per contrastare le operazioni di disinformazione e gli attacchi alle infrastrutture critiche attribuiti alle APT russe legate al GRU, l’agenzia di intelligence militare russa. Le operazioni informatiche che coinvolgono queste minacce rappresentano una combinazione di disinformazione mirata a influenzare le elezioni e sabotaggi informatici su larga scala contro settori strategici.

Attacchi alle infrastrutture critiche da parte di APT

Parallelamente, un gruppo di hacker noto come Unità 29155 del GRU è stato collegato ad attacchi informatici contro infrastrutture critiche in tutto il mondo, specialmente in Ucraina e nei paesi membri della NATO. Il gruppo, composto da giovani ufficiali del GRU, ha condotto operazioni di sabotaggio, assassinio e attacchi informatici, specialmente contro il settore energetico e governativo.

Secondo un avviso congiunto emesso dagli Stati Uniti e dai loro alleati, l’Unità 29155 è responsabile dell’uso di malware come WhisperGate per attacchi distruttivi contro sistemi ucraini e globali. Gli Stati Uniti hanno annunciato ricompense fino a 10 milioni di dollari per informazioni utili su alcuni membri del GRU coinvolti in queste operazioni.

Le organizzazioni che gestiscono infrastrutture critiche sono state esortate a prendere misure immediate per migliorare la sicurezza dei loro sistemi, tra cui l’aggiornamento delle vulnerabilità conosciute e l’implementazione di una forte autenticazione multifattoriale per prevenire ulteriori attacchi da parte del GRU.

Disinformazione Russa prima delle Elezioni del 2024

In risposta alle operazioni di disinformazione legate alla Russia, il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha sequestrato 32 domini web utilizzati dal gruppo noto come Doppelgänger. Questo gruppo, legato ad agenzie controllate dal governo russo, ha impiegato tecniche come il cybersquatting per creare siti web che imitano testate giornalistiche affidabili. Questi domini sono stati utilizzati per diffondere contenuti falsi e influenzare l’opinione pubblica statunitense, cercando di ridurre il supporto internazionale per l’Ucraina e manipolare le elezioni in vari paesi.

Doppelgänger ha utilizzato tecnologie avanzate, tra cui influencer falsi generati dall’intelligenza artificiale, per ingannare il pubblico e promuovere narrazioni pro-Russia su piattaforme come TikTok, Instagram e X (precedentemente noto come Twitter). Il sequestro di questi domini è parte di una più ampia iniziativa (leggi qui il dossier) volta a prevenire interferenze esterne durante le prossime elezioni.

L’Operazione Doppelganger: analisi dettagliata della propaganda russa

L’era digitale ha cambiato drasticamente il modo in cui l’informazione viene consumata, creando opportunità senza precedenti ma anche rischi significativi. Uno dei più recenti esempi di abuso della tecnologia per scopi malevoli è l’operazione “Doppelganger”, una complessa campagna di disinformazione orchestrata dal governo russo. Questa operazione, descritta in un documento legale presentato dalle autorità statunitensi, ha rivelato l’utilizzo di domini internet cybersquattati per diffondere propaganda russa, minare il supporto internazionale all’Ucraina, e influenzare elettori in diverse nazioni, inclusi gli Stati Uniti. Questo articolo fornirà un’analisi dettagliata dell’operazione, i suoi attori chiave, le tecniche utilizzate e le implicazioni per la cybersicurezza globale.

L’inizio di Doppelganger: Obiettivi e Motivazioni

Secondo quanto riportato nel documento legale, l’operazione “Doppelganger” è iniziata nel 2022 sotto la direzione della presidenza russa, in particolare di Sergei Vladilenovich Kiriyenko, una figura di alto livello all’interno dell’amministrazione del Presidente Vladimir Putin. L’obiettivo principale di questa campagna era di influenzare l’opinione pubblica internazionale a favore della Russia, ridurre il supporto per l’Ucraina e influenzare direttamente le elezioni in diverse nazioni, inclusi gli Stati Uniti.

Le motivazioni alla base di questa operazione erano evidenti: la Russia, attraverso la disinformazione, cercava di minare le democrazie occidentali, diffondendo falsità per screditare le istituzioni e i leader politici pro-Ucraina. In particolare, l’operazione mirava a creare confusione tra l’opinione pubblica, facendo sembrare che notizie false fossero provenienti da fonti affidabili e riconosciute a livello internazionale.

Il Cybersquatting come Strumento di Disinformazione

Un elemento chiave dell’operazione Doppelganger è stato l’utilizzo del “cybersquatting”. Questo termine si riferisce alla pratica di registrare domini internet che imitano quelli di siti legittimi, con l’intento di trarre in inganno gli utenti facendogli credere di essere su una piattaforma autentica. Nell’operazione Doppelganger, domini che replicavano siti di notizie prestigiose come The Washington Post, Fox News e altre testate giornalistiche, venivano utilizzati per pubblicare articoli manipolati, contenenti propaganda pro-Russia.

Questi siti falsi erano progettati in modo tale da sembrare identici agli originali, utilizzando lo stesso layout, loghi e persino firme di giornalisti legittimi. Per esempio, uno dei domini falsi, washingtonpost[.]pm, pubblicava articoli che sembravano scritti da giornalisti veri del Washington Post, ma che in realtà promuovevano una narrazione anti-ucraina e pro-Russia. Questo tipo di inganno non solo confondeva gli utenti, ma minava anche la fiducia nei media legittimi, contribuendo a una generale disinformazione.

Tecniche di manipolazione dei Social Media

Un altro aspetto importante dell’operazione era l’uso massiccio dei social media per la distribuzione della propaganda. Per dirigere il traffico verso i domini cybersquattati, Doppelganger creava profili falsi sui principali social network, impersonando cittadini americani e di altri paesi occidentali. Questi profili falsi postavano commenti con link ai siti falsi nei thread di discussione su piattaforme come Facebook, Twitter e altre, cercando di convincere gli utenti che il contenuto fosse autentico e provenisse da fonti affidabili.

Questa strategia di distribuzione era particolarmente efficace perché sfruttava il potere dei social media per diffondere velocemente informazioni. Gli algoritmi dei social network tendono a promuovere contenuti che generano interazioni, e i link pubblicati da questi profili falsi spesso portavano a discussioni accese, amplificando ulteriormente la portata della disinformazione. Inoltre, l’operazione faceva largo uso di pubblicità a pagamento sui social media, utilizzando persino strumenti di intelligenza artificiale per creare contenuti promozionali che apparivano nei feed degli utenti.

Il ruolo di Sergei Kiriyenko e degli altri attori chiave

Il documento legale presentato dall’FBI evidenzia il ruolo cruciale di Sergei Kiriyenko, figura chiave dell’amministrazione presidenziale russa, nella supervisione dell’operazione Doppelganger. Kiriyenko è stato identificato come uno dei principali responsabili della strategia di disinformazione, agendo sotto le direttive del Cremlino. Gli attori principali che hanno implementato la campagna sono state diverse società russe, tra cui l’agenzia Social Design Agency (SDA), la società Structura National Technology, e l’organizzazione ANO Dialog.

Queste organizzazioni erano direttamente coinvolte nella creazione e gestione dei siti cybersquattati, nella produzione di contenuti propagandistici e nella distribuzione di questi contenuti attraverso i social media. In particolare, SDA e Structura avevano stretti legami con il governo russo e avevano lavorato su numerosi progetti precedenti legati alla promozione degli interessi russi sia all’interno del paese che a livello internazionale.

La finalità Doppelganger: influenzare le elezioni straniere

Uno degli obiettivi principali dell’operazione era quello di influenzare le elezioni in diversi paesi, in particolare negli Stati Uniti. L’operazione mirava a dividere l’elettorato e diffondere narrazioni che favorissero candidati o politiche pro-Russia. Nel caso degli Stati Uniti, la campagna si concentrava sulla promozione dell’idea che il governo americano stesse sprecando risorse nel sostenere l’Ucraina, invece di concentrarsi sui problemi interni del paese.

La strategia per influenzare le elezioni includeva l’uso di “storie false mascherate da eventi di cronaca” e la distribuzione di “meme e commenti di testo” per manipolare le discussioni online. Una parte significativa della campagna includeva l’acquisto di pubblicità mirate sui social media per colpire specifici segmenti dell’elettorato, in particolare in stati chiave e indecisi. Questa pubblicità mirata era supportata da un’analisi in tempo reale delle reazioni degli utenti, consentendo agli attori di adattare la loro strategia in base alla risposta del pubblico calibrando al meglio la disinformazione russa.

Il Ruolo delle infrastrutture tecnologiche e dell’Intelligenza Artificiale

L’operazione Doppelganger non si basava solo su tecniche di manipolazione sociale, ma utilizzava anche tecnologie avanzate per evitare il rilevamento e massimizzare l’efficacia. Per mascherare l’origine delle attività e proteggere l’infrastruttura dell’operazione, i partecipanti utilizzavano reti VPN e server privati virtuali (VPS), che permettevano loro di operare senza rivelare la loro vera posizione geografica.

Un elemento interessante dell’operazione è stato l’uso di strumenti di intelligenza artificiale per generare contenuti propagandistici, come immagini e video. Questi contenuti venivano utilizzati in pubblicità sui social media per attaccare politici e leader occidentali, cercando di manipolare l’opinione pubblica. L’uso dell’intelligenza artificiale rappresenta una nuova frontiera nella disinformazione, non solo russa, poiché consente la creazione di contenuti su larga scala in modo rapido e relativamente economico.

L’impatto delle sanzioni internazionali e delle Azioni Legali

L’operazione Doppelganger non è passata inosservata. Oltre alle indagini condotte dalle autorità statunitensi, l’Unione Europea ha imposto sanzioni a diversi individui e entità coinvolte nella campagna di disinformazione russa. Tra queste, la SDA, Structura e ANO Dialog sono state identificate come attori chiave nella diffusione della propaganda. Le sanzioni mirano a colpire economicamente queste organizzazioni e limitare la loro capacità di operare a livello internazionale.

Negli Stati Uniti, il caso legale descritto nel documento si concentra sul sequestro dei 32 domini cybersquattati utilizzati nell’operazione. Questi domini, considerati proprietà coinvolte in attività illegali, sono soggetti a confisca secondo le leggi statunitensi contro il riciclaggio di denaro e la violazione dei marchi registrati.

Evoluzione delle minacce alla Cybersicurezza

L’operazione Doppelganger rappresenta un esempio allarmante di come le tecnologie digitali possano essere utilizzate per manipolare le opinioni pubbliche, minare la stabilità politica e influenzare elezioni democratiche ed avallare la narrazione della disinformazione russa. Questo caso sottolinea l’importanza di una vigilanza costante da parte delle autorità internazionali e delle piattaforme di social media nel monitorare e contrastare la disinformazione.

Il cybersquatting e l’uso di strumenti di intelligenza artificiale per diffondere disinformazione russa nella creazione di propaganda evidenziano come le minacce alla cybersicurezza stiano evolvendo rapidamente. Per proteggere la democrazia e l’integrità delle informazioni, è essenziale che i governi, le organizzazioni tecnologiche e i cittadini stessi sviluppino strategie più sofisticate per identificare e bloccare le campagne di disinformazione prima che possano causare danni irreparabili. L’operazione Doppelganger non è solo un episodio di disinformazione, ma un segnale di un problema molto più ampio e complesso, che richiederà un impegno concertato a livello globale per essere risolto, ma crea un aspetto pericoloso anche nei confronti della Democrazia non solo come soggetto offeso, ma come istituzione messa a rischio dall’approssimazione nel bollare le notizie contrarie alla linea di governo come russe e quindi errate, false o, addirittura, criminali.

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Inchieste

La narrazione su Moussa Sangare uccide ancora Sharon Verzeni

Tempo di lettura: 4 minuti. Moussa Sangare uccide Sharon Verzeni: le analogie con il caso Turetta ed il trattamento privilegiato che la stampa nutre verso l’italiano afrodiscendente

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L’omicidio di Sharon Verzeni ha trovato il suo autore dopo un mese di ricerche: si tratta di Moussa Sangare, cittadino italiano di seconda generazione, discendente da una famiglia africana. La storia è tragica se consideriamo che negli ultimi giorni i media tracciavano il profilo dell’assassino come “conosciuto dalla vittima” e si stava insinuando il sospetto sul compagno della vittima Sergio Ruocco.

Questa volta, il femminicidio non parte da uno sfondo passionale ed è per questo motivo che il caso Sangare non può essere paragonato a quello di Turetta perché l’unica cosa in comune è che in entrambi i casi a morire sono state due donne. Questo però non sottrae i media dalla valutazione dei lettori su una disparità di trattamento tra l’assassino di Giuglia Cecchettin e quello di Sharon. Turetta ha ammazzato Giulia Cecchettin e, dopo quell’omicidio, si è fermato un intero paese al grido di lotta al patriarcato.

L’assassino di Sharon Berzegni era stato denunciato un anno fa dalla sorella che in questi giorni ha una visibilità di come se fosse parente della vittima eppure, tra una strategia processuale basata sull’infermità mentale dell’assassino di Sharon, la stessa sorella, parlando con la stampa, ha dichiarato che solitamente non era una persona violenta.

Nell’epoca delle lezioni di patriarcato affidate alla sorella di Giulia Cecchettin con il plauso delle associazioni femministe e antiviolenza, suona strano che nessuno si sia preoccupato di questa affermazione.

La persona che aveva denunciato il fratello perché le aveva puntato un coltello un anno fa, all’indomani dell’omicidio, è proprio la sorella di Moussa e quella dichiarazione a freddo dovrebbe far intendere che un problema di educazione familiare, con effetti simili a quelli del patriarcato tanto inflazionato c’era all’interno di quella famiglia italiana a tutti gli effetti a discapito delle teorie sulla cittadinanza che non esistono. Un altro aspetto da non sottovalutare è che la denuncia contro il trentenne è arrivata solo quando ha puntato il coltello contro la sorella. Nel caso di Turetta, la famiglia e il giovane si erano recati per delle sedute da uno psicologo per capire cosa potesse non andare e preventivamente risolvere quello che non è stato possibile da come sono andate le cose.

La narrazione avuta dalla stampa in questi giorni è stata sicuramente discutibile, che ha iniziato a nascondere l’afrodiscendenza del ragazzo in un momento storico dove si dibatteva dello ius scholae, per poi arrivare alla umanizzazione dell’assassino di Sharon Verzeni attraverso le presunte scuse mentre l’accoltellava ed alla descrizione di una vittima colpita mentre “guardava le stelle”. Queste tecniche di comunicazione utilizzate goffamente per non fare passi indietro sullo ius scholae, hanno ottenuto l’effetto che si creasse uno di quei classici personaggi di cui, come tutti sappiamo, nel bene o nel male, “l’importante è che se ne parli“.

Questa narrazione ha dato il là alla curiosità dei lettori nel cercare in rete le doti artistiche dell’assassino Moussa Sangare che ha collaborato con artisti del calibro di Ernia. Hanno visitato i suoi profili social, hanno scaricato la sua musica, condiviso le sue canzoni su TikTok, dove in questo momento è molto popolare ed i testi delle sue canzoni che vengono citati.

Questo fenomeno ci riporta alla strage di Casal Palocco, dove la cronaca del paese è stata distrutta da un’altra tragedia, quando gli youtuber TheBorderline furono coinvolti in un incidente in cui perse la vita un bambino. In quel caso, la rete composta da utenti normali e professionisti del mondo sociale, si attivò subito chiedendo la demonetizzazione dei contenuti del canale YouTube. Davvero strano che in questo momento nessuno stia chiedendo la demonetizzazione delle piattaforme social a danno dell’assassino di Sharon Verzeni, che, ricordiamolo, risponde al nome di Moussa Sangare.

Questi corto circuito rendono ancor più poco credibile la narrazione giornalistica all’interno del caso di cronaca più eclatante degli ultimi giorni ai danni di una delle tante povere donne che muoiono. È ancora più scandaloso che chi sensibilizza quotidianamente sul tema degli omicidi di donne e dei femminicidi, abbia dichiarato in questi giorni sui giornali che Sharon camminasse da sola di sera rimandando il problema non solo agli assassini che ed alle vittime, ma anche a quello che orami può definirsi lo specchio di una società che non riesce o non vuole centrare il problema.

La stampa ne risulta complice, o perché strumentalizzata dalla politica oppure perché, creando questo tipo di diatribe, guadagna maggiore attenzione dei detrattori, da cui poi nascono le discussioni social che fanno pubblicità ai giornalisti ed alle testate stesse.

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