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Guerra al “pezzotto”: cos’è Piracy Shield? Funziona? Giusto multare gli utenti?

Tempo di lettura: 6 minuti. Piracy Shield doveva essere lo scudo contro la pirateria audiovisiva nel Web, ma si è dimostrato più problematico dei proclami dell’Agcom

Tempo di lettura: 6 minuti.

Il Governo annuncia una lotta alla pirateria senza precedenti multando fino a 5000 € i clienti del famigerato pezzotto. Una scelta che sta suscitando tantissime polemiche all’indomani del Piracy Shiel disposto a tutela dei gestori del servizi di streaming nazionali.

Cos’è il Piracy Shield?

La Piattaforma Piracy Shield, introdotta dalla legge 14 luglio 2023, n. 93, mira a rafforzare le funzioni dell’Autorità per garantire un contrasto più efficace e tempestivo alla pirateria online, specialmente per gli eventi trasmessi in diretta. Con modifiche al regolamento sulla tutela del diritto d’autore online (delibera n. 680/13/CONS), la piattaforma prevede specifiche disposizioni per combattere la pirateria online legata agli eventi sportivi live. Un aspetto chiave di queste norme è che il blocco dei Fully Qualified Domain Names (FQDN) e degli indirizzi IP, univocamente destinati alla diffusione illecita di contenuti protetti, deve avvenire entro trenta minuti dalla segnalazione del titolare attraverso una piattaforma tecnologica unica con funzionamento automatizzato. Piracy Shield, attiva dal 1° febbraio 2024, permette una gestione automatizzata delle segnalazioni dopo l’emissione dell’ordine cautelare da parte dell’Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.

Perchè è necessario il Piracy Shield?

Massimo Capitanio, Commissario AgCom, al momento sta prendendo meriti e demeriti dell’iniziativa e motiva uno strumento come quello del Piracy Shield necessario per salvare l’emorragia di introiti legali e di opportunità lavorative che il settore dei fornitori di servizi colpiti può fornire avendo in dotazione guadagni migliori che gli spettano.

A margine di questo ragionamento, Ipsos e FAPAV, Federazione per la Tutela delle Industrie dei Contenuti Audiovisivi e Multimediali, hanno prodotto una ricerca realizzata sui dati del 2022 che entra nel merito del danno economico e sociale che la pirateria porta all’economia del Paese:

  • 42%: l’incidenza complessiva della pirateria (di film, serie/fiction, programmi e sport live) tra gli italiani di 15 anni o più nel 2022 (43% nel 2021, 37% nel 2019, 38% nel 2018, 37% nel 2017, 39% nel 2016).
  • Pirateria film: 30% (+1pp rispetto al 2021).
  • Pirateria serie/fiction: 24% (stabile rispetto al 2021).
  • Pirateria programmi: 21% (stabile rispetto al 2021).
  • Pirateria sport live: 15% (stabile rispetto al 2021).
  • 23%: incidenza delle IPTV illegali per la visione di film, serie, programmi e sport, anche solo in prova/senza abbonarsi (23% nel 2021, 19% durante il lockdown 2020; 10% nel 2019).
  • 345 milioni: la stima complessiva degli atti di pirateria nel 2022: il 35% sono film, il 30% serie/fiction, il 23% programmi, il 12% sport live.
  • 81%: pirati consapevoli del fatto che la pirateria è un reato (+5% vs. 2021).
  • 59%: quota di pirati NON pienamente consapevoli che, a causa della pirateria, i lavoratori dell’industria audiovisiva rischiano di perdere il posto di lavoro.
  • Il 40% dei pirati è entrato a contatto con siti web oscurati.
  • Il 49% dei pirati entrati in contatto con siti web oscurati si è convertito a fonti legali.
  • 47%: l’incidenza della pirateria tra i 10-14enni (-4pp rispetto al 2021).
  • 24 milioni: gli atti di pirateria tra i 10-14enni (-24% rispetto al 2021).
  • Il 76% dei pirati adolescenti è a conoscenza del fatto che la pirateria è un reato (75% nel 2021).
  • Il 60% dei pirati adolescenti ritiene probabile essere scoperto e sanzionato (57% nel 2021).

Contattato da Matrice Digitale, Capitanio, ha preferito lasciare come testimonianza i dati della ricerca Fepav “a causa dei troppi impegni” dovuti anche dai “problemi” generati dalla Piattaforma sviluppata dalla Sc Tech: l’unica ad oggi ad aver avuto pubblicità positiva in tutta la vicenda.

Serve il Piracy Shield?

La storia è partita con delle ottime premesse, ma si è arenata contro uno scudo tecnico di notevole importanza se si considera che per bloccare gli indirizzi IP dove avveniva lo streaming pirata delle partite, prodotto principale da contrastare nel paese dove siamo tutti allenatori, si è bloccata un’intera filiera di server web che ospitavano servizi legittimi di attività che nulla centravano con le azioni di pirateria congiunte ed hanno subito svariati disagi come l’irraggiungibilità dei propri servizi web.

La comunità informatica italiana ha preso di mira l’attività dell’AgCom, promotore dell’iniziativa che all’inizio aveva avuto addirittura complimenti dallo stesso comparto IT per come fosse stata scritta la norma che ha sancito l’impiego del dispositivo incaricato della caccia ai pirati del pezzotto. La realtà come abbiamo già detto è stata diversa e gli effetti maturati sono stati di una gravità notevole se consideriamo che a rimetterci le penne sono state le persone oneste con i loro identificativi Web oscurati mentre i pirati hanno potuto cambiare velocemente i loro e fornire continuità ai servizi illegali.

L’errore di comunicazione dell’Autorità Garante per le Comunicazioni

D’altro canto, l’AgCom, invece di mitigare le critiche tecnicamente fondate, ha generato su se stesso un danno di immagine duplice facendo emergere responsabilità alla piattaforma Cloudflare, additandola come supporto ad attività criminali e nascondendone eventuali critiche. Ricordiamo ai lettori che “l’arma” Cloudflare fu utilizzata dall’impreparata ACN per far fronte agli attacchi DDOS dei collettivi russi.

Questo Tweet, pubblicato dal ricercatore Andrea Draghetti, non solo fa comprendere la gravità dei servizi colpiti con una funzione sociale rilevante, nel caso specifico è stato multato uno strumento utile contro attacchi phishing, ma anche come una multinazionale abbia emesso un comunicato a tutti gli utenti sparsi nel mondo in seguito allo scarica barile dell’AgCom. Intanto, c’è chi ha messo a disposizione un portale dove è possibile verificare se gli indirizzi IP dei propri server siano stati bloccati

Il parere dell’Esperto: strumento complesso, ma che potrebbe difendere l’intero Paese.

Roberto Beneduci, CEO di CoreTech società che offre soluzioni Cloud, non è restio a promuovere l’iniziativa che però definisce “spinosa per la sua attuazione dal lato tecnico”. La Comunità Europea nel 2019 aveva diramato un provvedimento simile per favorire la rimozione dei contenuti terroristici online dopo poco tempo dalla segnalazione all’hosting Provider, ma il mercato non era tecnicamente pronto. Secondo Beneduci, nel caso del Piracy Shield, “c’è una soluzione tecnica che però presenta delle difficoltà: capire quali sono i criteri per finire in questa lista e soprattutto come uscirne in caso di errore”.

Chi sono i responsabili che pagano eventuali danni verso terzi ignari?

Ogni partita ha un suo IP e se viene bloccato, c’è la possibilità di cambiarlo in poco tempo e “la ricerca di tempestività dell’intervento può essere un problema perché non tutti sono preparati a fare questo tipo di attività che richiederebbe tante risorse concentrate durante le partite di calcio che farebbe aumentare i costi sia per le imprese sia per gli utenti“.

Secondo il ceo di CoreTech “serve anche il coinvolgimento dei cloud provider per evitare blocchi come quelli avvenuti verso IP di servizi Cloudflare dietro i quali erano in realtà presenti siti “legittimi”

Roberto Beneduci – CoreTech

Perché non è negativa? “A meno che non diventi un sistema di censura” conclude Beneduci “consapevolmente ed inconsapevolmente, questo sistema di coordinamento attuato per il Pivacy Shield può essere utile come modello per proteggere il perimetro del Paese aumentando la portata dello scudo non solo alle partite“.

Dai pesci grandi ai pesci piccoli

Da qui quindi la decisione da parte dell’Agcom di procedere direttamente nei confronti di coloro che acquistano servizi IP pirata ed anche in questo caso sono sorte tantissime polemiche perché secondo molti rappresentano una vera e propria sconfitta da parte dello Stato “incapace nel punire i pesci grandi a discapito di quelli piccoli”. C’è chi addirittura ha paragonato questo intervento teso a multare fino a 5000 € i fruitori del pezzotto, se beccati in flagrante per la seconda volta altrimenti la prima sanzione è di 150 euro, ai manganelli che la Polizia ha riservato agli studenti impegnati in una manifestazione a Pisa provocando scandalo e scalpore nell’opinione pubblica italiana.

C’è anche chi sostiene che saranno poche le multe e le sanzioni comminate ai cittadini infedeli restii ad acquistare i servizi originali e che sia forte il rischio di un ulteriore proclama di facciata invece che di una proficua la lotta in favore della legalità portata avanti dalle Istituzioni di Governo. Dall’AgCom fanno sapere dell’esistenza di un accordo quadro con la Guardia di Finanza che prevede l’utilizzo di risorse destinate a setacciare quell’indotto criminale che, secondo studi in mano all’Autorità, sottrae almeno 10.000 posti di lavoro l’anno.

Giusto multare gli utenti?

Premesso che la lotta all’illegalità va sempre appoggiata e premiata, ma c’è un aspetto sociale, in un momento storico dove la capacità di spesa e di acquisto delle famiglie italiane è al minimo perché divorata dall’inflazione che le rende più vicine al pezzotto che agli abbonamenti. Ne deriva anche l’aumento dei prezzi dei servizi di streaming che si sono oramai moltiplicati nel loro genere attraverso sottoscrizioni nelle sottoscrizioni con i marchi più noti.

Il Governo deve rispondere a queste preoccupazioni non solo sostenendo la tesi che i servizi di streaming aumentano perché c’è la pirateria, il che ha una sua logica seppur storicamente il mercato riporta più fattori che incidono sull’aumento dei prezzi.

La proposta di Matrice Digitale

Consideriamo che l’attività di multe e sanzioni raggiunga livelli di raccolta finanziaria notevoli, si potrebbe destinare per legge il ricavato sia per potenziare le attività di indagine e contrasto alla pirateria sia per destinare parte delle somme ad un fondo che premi i cittadini erogando bonus sconto alle sottoscrizioni degli abbonamenti.

Visto che l’obiettivo dello Stato non è principalmente quello di fare cassa, bensì di tutelare il mercato, dopo aver multato i suoi cittadini, potrebbe premiare quelli virtuosi con delle agevolazioni o perdonare chi vuole mettersi in regola con degli sconti per il reinserimento nella sottoscrizione di tipo legale. Allo stesso tempo può pretendere dalle imprese erogatrici di servizi che più abbonamenti si sottoscrivono in numero dopo l’entrata in vigore della normativa e più a scaglioni si abbassano i prezzi.

Questa sarebbe una risposta sensata a chi insinua che il Piracy Shield sia l’ennesimo strumento per manganellare i cittadini in favore dei potentati economici per lo più internazionali. Potrebbe essere anche l’inizio di una rivoluzione culturale di tipo digitale ed allo stesso tempo Istituzionale.

Di Livio Varriale

Giornalista e scrittore: le sue specializzazioni sono in Politica, Crimine Informatico, Comunicazione Istituzionale, Cultura e Trasformazione digitale. Autore del saggio sul Dark Web e il futuro della società digitale “La prigione dell’umanità” e di “Cultura digitale”. Appassionato di Osint e autore di diverse ricerche pubblicate da testate Nazionali. Attivista contro l’abuso dei minori, il suo motto è “Coerenza, Costanza, CoScienza”.

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