Inchieste
Guerra cibernetica, Madre Russia: modello perfetto di società della sorveglianza e stratega nella propaganda globale
Dopo l’analisi delle minacce APT, iniziamo ad analizzare il contesto specifico dei paesi canaglia che si contraddistinguono storicamente nelle guerre informatiche. E’ doveroso incominciare dalla madre Russia perché quando c’è un attacco hacker, il primo sospetto è quello che siano stati i criminali informatici al soldo di Putin.
La guerra cibernetica targata Russia si contraddistingue per i suoi DDOS (diniego di servizio), attacchi di criminali informatici, oppure militari informatici con fenomeni di propaganda che utilizza molte volte l’arma della disinformazione, o con l’interessamento delle squadre sponsorizzate dallo Stato verso i blog politici. A queste azioni rivolte oltre i confini del Paese, si aggiunge il monitoraggio costante della rete internet attraverso la tecnologia SORM che porta nella maggior parte dei casi alla persecuzione dei cyber-dissidenti.
L’agenzia di sicurezza russa
Secondo gli analisti politici informati sul problema, l’attività di controllo e di attacco nella rete Internet dei paesi esteri è opera dell’FSB che ha ereditato l’attività lavorativa dal più noto KGB. La FSB non è altro che l’agenzia federale di sicurezza della Russia ed è stata costituita da Putin nel lontano 1995 ed ha al suo interno una sezione avanzata che si occupa di mettere in campo per lo più due strategie di azione e precisamente:
- “Informativo-Tecnico” che comprende le operazioni di rete sia di difesa sia di attacco
- “Informativo-Psicologico” che consiste nel cercare di manipolare il pensiero della popolazione a favore del governo russo contro gli obiettivi militari indicati dall’FSB con una attività di propaganda.
La propaganda
La propaganda è più efficace degli attacchi hacker quando si tratta di coinvolgere quante più persone nella vastità del globo.
Le principali attività svolte nel corso della storia hanno riguardato nella fattispecie fatti scientifici e geopolitici. Il primo sistema di manipolazione delle informazioni è avvenuto ai danni di Wikipedia, l’enciclopedia pubblica in rete, che ha comportato l’inserimento e la modifica di notizie scientifiche con il fine di distorcere in molti casi gli accadimenti di cronaca e le teorie accademiche. La soluzione per porre rimedio a questa tipologia di attacco è stata il rivedere le materie che avevano subito l’alterazione con descrizioni controverse e sono state modificate, imponendo successivamente un rigido regolamento per l’inserimento delle voci di libreria. Le notizie utilizzate per la propaganda sono state rettificate citando le indagini ufficiali approvate dal metodo accademico universale.
Un’altra azione nota nel contesto di manipolazione delle informazioni si è avuta durante il periodo della guerra cecena dove si inviavano articoli in favore delle azioni militari russe a quelle testate settoriali che li pubblicavano senza verificarli perché credevano nella buona fede dei corrispondenti ,spesso agenti dell’FSB sotto copertura che le inviavano. E’ anche vero però che la guerra cecena si svolgeva nel silenzio della stampa internazionale per via di un accordo di non belligeranza tra USA e Russia che prevedeva silenzio sulle attività statunitensi nel Medioriente in cambio dell’oscurantismo sovietico nella sua regione problematica.
Brexit: referendum popolare oppure manipolazione russa?
Quella che ha raggiunto l’obiettivo di dividere addirittura l’Europa è stata la campagna di disinformazione in occasione della Brexit. Nel 2016, in occasione del referendum sull’uscita dell’Inghilterra dalla zona euro, si è avviata una campagna di sponsorizzazione del sovranismo come forma di governo, portando ad esempio la Russia, o si delegittimava la politica dell’Unione Europea definita fallimentare e artefice di una cancel culture dei singoli stati annessi ai suoi confini.
L’uscita dall’EU da parte del Regno Unito ha però un’altra faccia così come testimonia l’inchiesta dell’Observer che ha fatto luce sulla società Cambridge Analytica : colpevole di aver manipolato la campagna social profilando e colpendo le popolazioni dell’entroterra. Questa strategia si è dimostrata efficace visti i risultati che hanno favorito una maggioranza di voti propensi all’uscita dall’Euro proprio nelle zone periferiche alla City londinese. L’inchiesta giornalistica ha dimostrato che la società anglo-americana è stata responsabile di aver profilato il pubblico secondo attività non proprio limpide anche agli occhi di Facebook, sebbene molti abbiano ritenuto che la società avesse volto lo sguardo dall’altra parte.
Indipendentemente dalla nazionalità della società che materialmente ha allestito tecnicamente la strategia, restano agli atti gli slogan social filo russi, tra cui un video in lingua madre sottotitolato in base alla nazionalità dove veniva indirizzata la campagna pubblicitaria. Vero anche che l’inchiesta dell’Observer era indirizzata a far saltare il banco del referendum per poter consentire al governo di tornare indietro sulle scelte sancite dal popolo. Si è inoltre sollevato un problema delle registrazioni degli utenti per il voto elettronico perché, a poche ore dalla scadenza del termine di iscrizione, il portale era irraggiungibile creando diversi disagi a chi voleva partecipare ed in alcuni casi ha anche desistito dal farlo. Sulle cause di quanto avvenuto, la prima teoria è stata quella dell’attacco hacker russo, ma non è mai stata confermata questa tesi ed è probabile che i server non fossero pronti nel reggere il carico di visite simultaneo generando quello che in Italia è oramai individuato come effetto INPS per via del malfunzionamento nel click day sotto la pandemia. Teoria questa che è stata ufficializzata dagli Uffici preposti al controllo della correttezza del voto.
Trump: il candidato social della Russia?
Nel 2016 anche gli USA sono andati al voto ed hanno lamentato più volte delle ingerenze russe come nel caso del rilascio di email hackerate attraverso DCLeaks e WikiLeaks, associato anche questo ad una attività criminale russa. La diffusione delle email è stata affibbiata ai sovietici, da cui sono partite diverse campagne di diffamazione che hanno colpito la Clinton, avversaria di Trump nella prima tornata elettorale, ed hanno acceso i riflettori sulla vicenda di John Podesta che ha dato il la alle teorie complottistiche di QAnon sulla vicenda della tratta di bambini e dell’estrazione dell’adrenocromo: una sostanza ricavata in fase di tortura dei piccoli ed utilizzata dagli uomini più influenti del mondo per ottenere l’eterna giovinezza. Una teoria che non solo non ha valenza scientifica, ma che è stata sbugiardata in tempi non sospetti da matricedigitale con una indagine OSINT apposita. Fatto sta che dopo questo evento, non solo si è aperto un conflitto interno tra CIA ed FBI, ma è stato chiesto di far luce sull’origine delle sponsorizzazioni effettuate sui social per verificare l’esistenza di fondi russi impegnati sulle piattaforme più note come Twitter e Facebook, scandagliando anche l’universo variegato di Google e dei suoi prodotti.
Germania
Anche la capitale economica dell’Europa, la Germania, sembrerebbe aver impattato con le strategie di propaganda degli hacker russi. Secondo Hans-Georg Maaben, capo dell’Ufficio federale per la protezione della Costituzione del paese, erano evidenti le prove di influenzare le elezioni che si sarebbero svolte da lì a poco nel 2017 tramite azioni di spionaggio informatico e diffusione di notizie poco credibili, responsabili di aver insinuato dei dubbi nell’elettorato. La stessa accusa è stata rivolta ai sovietici per quelle del 2021 appena svolte in territorio alemagno, ma questa volta i sospetti sono stati diffusi in prima persona dalla Commissione Europea.
Polonia
Una campagna di disinformazione filorussa su Facebook che ha coinvolto ben 4,5 milioni di polacchi è stata scoperta all’inizio del 2019 da OKO.press e Avaaz. La campagna promuoveva tre politici polacchi filorussi ed i loro siti web, propagando notizie false o strumentali alla loro attività politica. L’orientamento politico dei tre soggetti coinvolti, Adam Andruszkiewicz, Janusz Korwin-Mikke e Leszek Miller, spaziava dal comunismo all’ultranazionalismo. L’analisi svolta ha portato alla rimozione di alcune delle pagine social nelle quali si svolgeva l’attività di propaganda con notizie false, che ha poi colpito l’ecosistema di Facebook nel mondo, arrivando a chiudere molte pagine italiane collegate ai Cinque Stelle ed alla Lega.
Sputnik cura per il Covid19
La propaganda russa si è avvertita sui social network durante il periodo del Covid e precisamente quando hanno iniziato ad essere immessi sul mercato i vaccini per il contrasto al coronavirus. Nel corso della guerra commerciale farmacologica che prospettava dagli inizi la non accettazione del vaccino russo, denominato Sputnik, da parte dell’EMA, i social network hanno ospitato sponsorizzazioni del vaccino russo dove veniva riportata la validità del farmaco. Oltre a questo, nel periodo di maggiore picco mortale nel Paese della pandemia, vi erano diverse foto che giravano nella rete italiana dei social e ritraevano trionfalmente gli aiuti russi ai medici del Bel Paese.
La Russia come modello di società della sorveglianza
Oltre agli attacchi verso l’esterno, la Russia è il perfetto modello da sempre per gli appassionati della società della sorveglianza. Nel 1995 fu implementato il SORM: che rappresenta il programma di intercettazione legale delle reti telefoniche e di telecomunicazione che operano in terra sovietica. Nasce prevalentemente per consentire all’intelligence, FSB, di essere sempre aggiornata sulle comunicazioni telefoniche che avvengono nel paese, ma già tre anni dopo, 1998, si è esteso il controllo alla rete internet richiedendo agli Internet Service Providers di installare un hardware fornito dall’agenzia di sicurezza nazionale per poter monitorare i metadati e i contenuti delle comunicazioni degli utenti, dalle telefonate al traffico e-mail ed all’attività di navigazione web. Nel 2000 il sistema si è esteso al mobile ed alle reti wireless ed è stato abolito il procedimento di richiesta di accesso ai dati da parte dell’Intelligence ai Providers, che poteva essere costante e libero così come si è aperta la consultazione dei dati intercettati dal SORM anche ad altri enti statali come, Polizia fiscale, Polizia, Servizio federale di protezione, Pattuglia di confine e dogana, Ministero degli Affari Interni, Reggimento del Cremlino, Servizio di sicurezza presidenziale ed i Servizi di sicurezza parlamentare. Nel 2014 si è aggiornato l’hardware a disposizione e si è raggiunta la perfezione nel monitoraggio di ogni ambiente, Telefono-Internet-Mobile-Wireless, con cui ogni singolo abitante della Russia difficilmente non può essere intercettato e questo stato di controllo rappresenta la migliore arma della dittatura alla libera espressione democratica del paese e facilita l’arresto dei cyber-dissidenti.
Inchieste
Stretta contro la disinformazione russa e WhisperGate
Tempo di lettura: 7 minuti. Gli Stati Uniti e i loro alleati intensificano gli sforzi per contrastare la disinformazione russa e gli attacchi alle infrastrutture critiche, collegati al GRU con il wiper Whispergate.
Con l’avvicinarsi delle elezioni presidenziali del 2024, gli Stati Uniti e i loro alleati hanno intensificato gli sforzi per contrastare le operazioni di disinformazione e gli attacchi alle infrastrutture critiche attribuiti alle APT russe legate al GRU, l’agenzia di intelligence militare russa. Le operazioni informatiche che coinvolgono queste minacce rappresentano una combinazione di disinformazione mirata a influenzare le elezioni e sabotaggi informatici su larga scala contro settori strategici.
Attacchi alle infrastrutture critiche da parte di APT
Parallelamente, un gruppo di hacker noto come Unità 29155 del GRU è stato collegato ad attacchi informatici contro infrastrutture critiche in tutto il mondo, specialmente in Ucraina e nei paesi membri della NATO. Il gruppo, composto da giovani ufficiali del GRU, ha condotto operazioni di sabotaggio, assassinio e attacchi informatici, specialmente contro il settore energetico e governativo.
Secondo un avviso congiunto emesso dagli Stati Uniti e dai loro alleati, l’Unità 29155 è responsabile dell’uso di malware come WhisperGate per attacchi distruttivi contro sistemi ucraini e globali. Gli Stati Uniti hanno annunciato ricompense fino a 10 milioni di dollari per informazioni utili su alcuni membri del GRU coinvolti in queste operazioni.
Le organizzazioni che gestiscono infrastrutture critiche sono state esortate a prendere misure immediate per migliorare la sicurezza dei loro sistemi, tra cui l’aggiornamento delle vulnerabilità conosciute e l’implementazione di una forte autenticazione multifattoriale per prevenire ulteriori attacchi da parte del GRU.
Disinformazione Russa prima delle Elezioni del 2024
In risposta alle operazioni di disinformazione legate alla Russia, il Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti ha sequestrato 32 domini web utilizzati dal gruppo noto come Doppelgänger. Questo gruppo, legato ad agenzie controllate dal governo russo, ha impiegato tecniche come il cybersquatting per creare siti web che imitano testate giornalistiche affidabili. Questi domini sono stati utilizzati per diffondere contenuti falsi e influenzare l’opinione pubblica statunitense, cercando di ridurre il supporto internazionale per l’Ucraina e manipolare le elezioni in vari paesi.
Doppelgänger ha utilizzato tecnologie avanzate, tra cui influencer falsi generati dall’intelligenza artificiale, per ingannare il pubblico e promuovere narrazioni pro-Russia su piattaforme come TikTok, Instagram e X (precedentemente noto come Twitter). Il sequestro di questi domini è parte di una più ampia iniziativa (leggi qui il dossier) volta a prevenire interferenze esterne durante le prossime elezioni.
L’Operazione Doppelganger: analisi dettagliata della propaganda russa
L’era digitale ha cambiato drasticamente il modo in cui l’informazione viene consumata, creando opportunità senza precedenti ma anche rischi significativi. Uno dei più recenti esempi di abuso della tecnologia per scopi malevoli è l’operazione “Doppelganger”, una complessa campagna di disinformazione orchestrata dal governo russo. Questa operazione, descritta in un documento legale presentato dalle autorità statunitensi, ha rivelato l’utilizzo di domini internet cybersquattati per diffondere propaganda russa, minare il supporto internazionale all’Ucraina, e influenzare elettori in diverse nazioni, inclusi gli Stati Uniti. Questo articolo fornirà un’analisi dettagliata dell’operazione, i suoi attori chiave, le tecniche utilizzate e le implicazioni per la cybersicurezza globale.
L’inizio di Doppelganger: Obiettivi e Motivazioni
Secondo quanto riportato nel documento legale, l’operazione “Doppelganger” è iniziata nel 2022 sotto la direzione della presidenza russa, in particolare di Sergei Vladilenovich Kiriyenko, una figura di alto livello all’interno dell’amministrazione del Presidente Vladimir Putin. L’obiettivo principale di questa campagna era di influenzare l’opinione pubblica internazionale a favore della Russia, ridurre il supporto per l’Ucraina e influenzare direttamente le elezioni in diverse nazioni, inclusi gli Stati Uniti.
Le motivazioni alla base di questa operazione erano evidenti: la Russia, attraverso la disinformazione, cercava di minare le democrazie occidentali, diffondendo falsità per screditare le istituzioni e i leader politici pro-Ucraina. In particolare, l’operazione mirava a creare confusione tra l’opinione pubblica, facendo sembrare che notizie false fossero provenienti da fonti affidabili e riconosciute a livello internazionale.
Il Cybersquatting come Strumento di Disinformazione
Un elemento chiave dell’operazione Doppelganger è stato l’utilizzo del “cybersquatting”. Questo termine si riferisce alla pratica di registrare domini internet che imitano quelli di siti legittimi, con l’intento di trarre in inganno gli utenti facendogli credere di essere su una piattaforma autentica. Nell’operazione Doppelganger, domini che replicavano siti di notizie prestigiose come The Washington Post, Fox News e altre testate giornalistiche, venivano utilizzati per pubblicare articoli manipolati, contenenti propaganda pro-Russia.
Questi siti falsi erano progettati in modo tale da sembrare identici agli originali, utilizzando lo stesso layout, loghi e persino firme di giornalisti legittimi. Per esempio, uno dei domini falsi, washingtonpost[.]pm, pubblicava articoli che sembravano scritti da giornalisti veri del Washington Post, ma che in realtà promuovevano una narrazione anti-ucraina e pro-Russia. Questo tipo di inganno non solo confondeva gli utenti, ma minava anche la fiducia nei media legittimi, contribuendo a una generale disinformazione.
Tecniche di manipolazione dei Social Media
Un altro aspetto importante dell’operazione era l’uso massiccio dei social media per la distribuzione della propaganda. Per dirigere il traffico verso i domini cybersquattati, Doppelganger creava profili falsi sui principali social network, impersonando cittadini americani e di altri paesi occidentali. Questi profili falsi postavano commenti con link ai siti falsi nei thread di discussione su piattaforme come Facebook, Twitter e altre, cercando di convincere gli utenti che il contenuto fosse autentico e provenisse da fonti affidabili.
Questa strategia di distribuzione era particolarmente efficace perché sfruttava il potere dei social media per diffondere velocemente informazioni. Gli algoritmi dei social network tendono a promuovere contenuti che generano interazioni, e i link pubblicati da questi profili falsi spesso portavano a discussioni accese, amplificando ulteriormente la portata della disinformazione. Inoltre, l’operazione faceva largo uso di pubblicità a pagamento sui social media, utilizzando persino strumenti di intelligenza artificiale per creare contenuti promozionali che apparivano nei feed degli utenti.
Il ruolo di Sergei Kiriyenko e degli altri attori chiave
Il documento legale presentato dall’FBI evidenzia il ruolo cruciale di Sergei Kiriyenko, figura chiave dell’amministrazione presidenziale russa, nella supervisione dell’operazione Doppelganger. Kiriyenko è stato identificato come uno dei principali responsabili della strategia di disinformazione, agendo sotto le direttive del Cremlino. Gli attori principali che hanno implementato la campagna sono state diverse società russe, tra cui l’agenzia Social Design Agency (SDA), la società Structura National Technology, e l’organizzazione ANO Dialog.
Queste organizzazioni erano direttamente coinvolte nella creazione e gestione dei siti cybersquattati, nella produzione di contenuti propagandistici e nella distribuzione di questi contenuti attraverso i social media. In particolare, SDA e Structura avevano stretti legami con il governo russo e avevano lavorato su numerosi progetti precedenti legati alla promozione degli interessi russi sia all’interno del paese che a livello internazionale.
La finalità Doppelganger: influenzare le elezioni straniere
Uno degli obiettivi principali dell’operazione era quello di influenzare le elezioni in diversi paesi, in particolare negli Stati Uniti. L’operazione mirava a dividere l’elettorato e diffondere narrazioni che favorissero candidati o politiche pro-Russia. Nel caso degli Stati Uniti, la campagna si concentrava sulla promozione dell’idea che il governo americano stesse sprecando risorse nel sostenere l’Ucraina, invece di concentrarsi sui problemi interni del paese.
La strategia per influenzare le elezioni includeva l’uso di “storie false mascherate da eventi di cronaca” e la distribuzione di “meme e commenti di testo” per manipolare le discussioni online. Una parte significativa della campagna includeva l’acquisto di pubblicità mirate sui social media per colpire specifici segmenti dell’elettorato, in particolare in stati chiave e indecisi. Questa pubblicità mirata era supportata da un’analisi in tempo reale delle reazioni degli utenti, consentendo agli attori di adattare la loro strategia in base alla risposta del pubblico calibrando al meglio la disinformazione russa.
Il Ruolo delle infrastrutture tecnologiche e dell’Intelligenza Artificiale
L’operazione Doppelganger non si basava solo su tecniche di manipolazione sociale, ma utilizzava anche tecnologie avanzate per evitare il rilevamento e massimizzare l’efficacia. Per mascherare l’origine delle attività e proteggere l’infrastruttura dell’operazione, i partecipanti utilizzavano reti VPN e server privati virtuali (VPS), che permettevano loro di operare senza rivelare la loro vera posizione geografica.
Un elemento interessante dell’operazione è stato l’uso di strumenti di intelligenza artificiale per generare contenuti propagandistici, come immagini e video. Questi contenuti venivano utilizzati in pubblicità sui social media per attaccare politici e leader occidentali, cercando di manipolare l’opinione pubblica. L’uso dell’intelligenza artificiale rappresenta una nuova frontiera nella disinformazione, non solo russa, poiché consente la creazione di contenuti su larga scala in modo rapido e relativamente economico.
L’impatto delle sanzioni internazionali e delle Azioni Legali
L’operazione Doppelganger non è passata inosservata. Oltre alle indagini condotte dalle autorità statunitensi, l’Unione Europea ha imposto sanzioni a diversi individui e entità coinvolte nella campagna di disinformazione russa. Tra queste, la SDA, Structura e ANO Dialog sono state identificate come attori chiave nella diffusione della propaganda. Le sanzioni mirano a colpire economicamente queste organizzazioni e limitare la loro capacità di operare a livello internazionale.
Negli Stati Uniti, il caso legale descritto nel documento si concentra sul sequestro dei 32 domini cybersquattati utilizzati nell’operazione. Questi domini, considerati proprietà coinvolte in attività illegali, sono soggetti a confisca secondo le leggi statunitensi contro il riciclaggio di denaro e la violazione dei marchi registrati.
Evoluzione delle minacce alla Cybersicurezza
L’operazione Doppelganger rappresenta un esempio allarmante di come le tecnologie digitali possano essere utilizzate per manipolare le opinioni pubbliche, minare la stabilità politica e influenzare elezioni democratiche ed avallare la narrazione della disinformazione russa. Questo caso sottolinea l’importanza di una vigilanza costante da parte delle autorità internazionali e delle piattaforme di social media nel monitorare e contrastare la disinformazione.
Il cybersquatting e l’uso di strumenti di intelligenza artificiale per diffondere disinformazione russa nella creazione di propaganda evidenziano come le minacce alla cybersicurezza stiano evolvendo rapidamente. Per proteggere la democrazia e l’integrità delle informazioni, è essenziale che i governi, le organizzazioni tecnologiche e i cittadini stessi sviluppino strategie più sofisticate per identificare e bloccare le campagne di disinformazione prima che possano causare danni irreparabili. L’operazione Doppelganger non è solo un episodio di disinformazione, ma un segnale di un problema molto più ampio e complesso, che richiederà un impegno concertato a livello globale per essere risolto, ma crea un aspetto pericoloso anche nei confronti della Democrazia non solo come soggetto offeso, ma come istituzione messa a rischio dall’approssimazione nel bollare le notizie contrarie alla linea di governo come russe e quindi errate, false o, addirittura, criminali.
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La narrazione su Moussa Sangare uccide ancora Sharon Verzeni
Tempo di lettura: 4 minuti. Moussa Sangare uccide Sharon Verzeni: le analogie con il caso Turetta ed il trattamento privilegiato che la stampa nutre verso l’italiano afrodiscendente
L’omicidio di Sharon Verzeni ha trovato il suo autore dopo un mese di ricerche: si tratta di Moussa Sangare, cittadino italiano di seconda generazione, discendente da una famiglia africana. La storia è tragica se consideriamo che negli ultimi giorni i media tracciavano il profilo dell’assassino come “conosciuto dalla vittima” e si stava insinuando il sospetto sul compagno della vittima Sergio Ruocco.
Questa volta, il femminicidio non parte da uno sfondo passionale ed è per questo motivo che il caso Sangare non può essere paragonato a quello di Turetta perché l’unica cosa in comune è che in entrambi i casi a morire sono state due donne. Questo però non sottrae i media dalla valutazione dei lettori su una disparità di trattamento tra l’assassino di Giuglia Cecchettin e quello di Sharon. Turetta ha ammazzato Giulia Cecchettin e, dopo quell’omicidio, si è fermato un intero paese al grido di lotta al patriarcato.
L’assassino di Sharon Berzegni era stato denunciato un anno fa dalla sorella che in questi giorni ha una visibilità di come se fosse parente della vittima eppure, tra una strategia processuale basata sull’infermità mentale dell’assassino di Sharon, la stessa sorella, parlando con la stampa, ha dichiarato che solitamente non era una persona violenta.
Nell’epoca delle lezioni di patriarcato affidate alla sorella di Giulia Cecchettin con il plauso delle associazioni femministe e antiviolenza, suona strano che nessuno si sia preoccupato di questa affermazione.
La persona che aveva denunciato il fratello perché le aveva puntato un coltello un anno fa, all’indomani dell’omicidio, è proprio la sorella di Moussa e quella dichiarazione a freddo dovrebbe far intendere che un problema di educazione familiare, con effetti simili a quelli del patriarcato tanto inflazionato c’era all’interno di quella famiglia italiana a tutti gli effetti a discapito delle teorie sulla cittadinanza che non esistono. Un altro aspetto da non sottovalutare è che la denuncia contro il trentenne è arrivata solo quando ha puntato il coltello contro la sorella. Nel caso di Turetta, la famiglia e il giovane si erano recati per delle sedute da uno psicologo per capire cosa potesse non andare e preventivamente risolvere quello che non è stato possibile da come sono andate le cose.
La narrazione avuta dalla stampa in questi giorni è stata sicuramente discutibile, che ha iniziato a nascondere l’afrodiscendenza del ragazzo in un momento storico dove si dibatteva dello ius scholae, per poi arrivare alla umanizzazione dell’assassino di Sharon Verzeni attraverso le presunte scuse mentre l’accoltellava ed alla descrizione di una vittima colpita mentre “guardava le stelle”. Queste tecniche di comunicazione utilizzate goffamente per non fare passi indietro sullo ius scholae, hanno ottenuto l’effetto che si creasse uno di quei classici personaggi di cui, come tutti sappiamo, nel bene o nel male, “l’importante è che se ne parli“.
Questa narrazione ha dato il là alla curiosità dei lettori nel cercare in rete le doti artistiche dell’assassino Moussa Sangare che ha collaborato con artisti del calibro di Ernia. Hanno visitato i suoi profili social, hanno scaricato la sua musica, condiviso le sue canzoni su TikTok, dove in questo momento è molto popolare ed i testi delle sue canzoni che vengono citati.
Questo fenomeno ci riporta alla strage di Casal Palocco, dove la cronaca del paese è stata distrutta da un’altra tragedia, quando gli youtuber TheBorderline furono coinvolti in un incidente in cui perse la vita un bambino. In quel caso, la rete composta da utenti normali e professionisti del mondo sociale, si attivò subito chiedendo la demonetizzazione dei contenuti del canale YouTube. Davvero strano che in questo momento nessuno stia chiedendo la demonetizzazione delle piattaforme social a danno dell’assassino di Sharon Verzeni, che, ricordiamolo, risponde al nome di Moussa Sangare.
Questi corto circuito rendono ancor più poco credibile la narrazione giornalistica all’interno del caso di cronaca più eclatante degli ultimi giorni ai danni di una delle tante povere donne che muoiono. È ancora più scandaloso che chi sensibilizza quotidianamente sul tema degli omicidi di donne e dei femminicidi, abbia dichiarato in questi giorni sui giornali che Sharon camminasse da sola di sera rimandando il problema non solo agli assassini che ed alle vittime, ma anche a quello che orami può definirsi lo specchio di una società che non riesce o non vuole centrare il problema.
La stampa ne risulta complice, o perché strumentalizzata dalla politica oppure perché, creando questo tipo di diatribe, guadagna maggiore attenzione dei detrattori, da cui poi nascono le discussioni social che fanno pubblicità ai giornalisti ed alle testate stesse.
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Censura, l’Italia è complice
Tempo di lettura: 6 minuti. Dopo gli eventi di Durov in Francia e di Musk in Brasile: qual è il punto dell’Italia alla luce delle censure passate, presenti e future?
Elon Musk ha avuto le porte chiuse in Brasile, dove il Presidente della Corte Suprema brasiliana ha disposto la chiusura di X perché il leader dei finanziatori Repubblicani statunitensi, in questo momento, ha rifiutato di nominare un amministratore delegato all’interno della nazione sotto la giurisdizione di Lula. Dal punto di vista degli obblighi verso cui Musk dovrebbe rispondere, è chiaro che il leader di X si trovi in difetto. Un po’ più strano e anomalo è il fatto che, per colpire X, si sia disposto anche il congelamento dei conti correnti di società che viaggiano su binari differenti come Starlink.
Elon Musk non balla più la samba
La strategia di Elon Musk è quella, come già ha fatto nel caso di Pavel Durov e Telegram, che tutto è buono per orientare il dibattito sul free speech. Infatti, Musk si è definito un censurato dalla piattaforma e, di conseguenza, tutti gli utenti di X che quotidianamente gli accordano grande fiducia. X in Brasile è una piattaforma utilizzata da tantissime persone che, ad oggi, sono in preda alla disperazione ed hanno iniziato la fuga verso nuove piattaforme social tra cui Bluesky, Mastodon e Threads di Meta.
Il governo sanzionerà con 8 mila dollari chi utilizzerà la piattaforma attraverso una VPN e Musk ha subito lanciato un messaggio pubblico invitando a partecipare ad un sondaggio dove chiede se i “censurati brasiliani” possano disporre di StarLink in omaggio per continuare ad utilizzare la piattaforma. L’Autorità brasiliana intanto ha fatto partire una richiesta nei confronti di Apple per rimuovere l’applicazione dall’App Store rendendo impossibile il download dell’applicazione. Quello che è successo a Musk sembra nulla rispetto ai risvolti dell’ultima settimana che hanno interessato il patron di Telegram. Parliamo di Pavel Durov che è stato prima arrestato e poi rilasciato con dei capi d’accusa pesantissimi che riguardano la sua presunta responsabilità oggettiva nella pubblicazione di contenuti illegittimi.
Pavel Durov: tra terrorismo e violenza privata
Durov è stato rilasciato su una cauzione di 5 milioni di euro e può uscire dalla sua dimora di Parigi solo due giorni a settimana e gli è stato ritirato il passaporto. La situazione poi si è complicata ancora di più anche perché ci troviamo di fronte ad accuse penali gravissime smentite dallo stesso Digital Service Act che non prevede la responsabilità oggettiva dei titolari delle piattaforme su eventuali contenuti. A rovinare la situazione di Durov però, c’è un’altra accusa: quella di presunte violenze al figlio avanzata dalla moglie.
Pavel Durov: è stato arrestato dai francesi o si è costituito contro i russi?
Da non sottovalutare un’analogia simile con Elon Musk che è accusato dal figlio, interessato dalla transizione di genere, di violenze per aver intrapreso questa scelta. Elon Musk pubblicamente ha rigettato più volte il riconoscimento del figlio, il quale va contro le sue ideologie politiche attuali. In questo caso si potrebbe trovare un’analogia anche con i casi di Assange che hanno provato ad accusare di stupro confermando un impianto di accusa più volte utilizzato che comprende una problematica privata associata ad una questione prettamente criminosa per il proprio ruolo all’interno di un’attività.
La letterina di Mark che svela la censura
In questi giorni, c’è stata una lettera da parte di Mark Zuckerberg che ha smentito molte delle teorie scientifiche che sono riuscite a spuntarla rispetto ad altre durante il Covid con l’aiuto del sistema dei Fact-Checkers, dove ha ammesso di aver ceduto a pressioni governative per censurare e veicolare l’informazione. La notizia è stata fatta circolare dalla stampa nazionale con una naturalezza nonostante abbia smentito molte delle notizie diffuse in precedenza dalla stessa, non curandosi se queste fossero vere o false e soprattutto in odore di regime.
Italia, Meta usa metodi cinesi e censura i giornalisti, diffamandoli
Oltre alle notizie sulla pandemia trattate da Zuckerberg, figura anche quella di Hunter Biden, figlio di Joe, che tutti sanno essere tossicodipendente. Nonostante ci si può sospettare che le notizie circolate sul conto del figliol prodigo in affari con il padre presidente USA siano state fomentate con interesse dai russi, è possibile affermare con certezza che le informazioni non appartenevano alla categoria delle notizie false, perché facilmente riscontrabili ed il tempo ha confermato a suon di sentenze emesse.
L’Europa tace, l’Italia acconsente
In questo contesto, l’Europa si è mossa con molta riservatezza. Non ci sono state grandi dichiarazioni in merito sulla lettera di censura, soprattutto perché le direttive applicate da Meta su impulso delle agenzie di Governo, sono le stesse che negli anni sono state applicate dall’Unione Europea, in alcuni casi in modo più energico paesi dove è entrato in vigore il Green Pass. Di conseguenza, i quotidiani oggi non hanno convenienza nel trattare la notizia di Zuckerberg, perché smentirebbe loro stessi ed anche perchè hanno ricevuto finanziamenti a pioggia per la crisi Covid.
Dal punto di vista della cronaca, si è gridato, o meglio, si è provato a gridare allo scandalo, ma la situazione è chiara alla cittadinanza che, composta dai lettori di questi ultimi 4 anni, ha ripudiato il giornalismo e le testate principali proprio per essere state dalla parte della censura: la stessa che Zuckerberg ha applicato per conto del governo degli Stati Uniti.
L’Italia dal doppio volto
C’è però chi in realtà avrebbe l’intenzione di fare luce sul tema, ed è Ginevra Cerrina Feroni del Garante della Privacy. La componente del collegio dei difensori della privacy italiana rappresenta l’unica figura di Governo ad aver sollecitato delle azioni mirate a capire quali tipo di informazioni siano state censurate in epoca Covid. Anche perché, ricordiamolo al lettore, la Corte Costituzionale del Bel Paese ha più volte emesso dei pareri vincolanti che hanno certificato la bontà delle azioni politiche del governo sulla base di dati scientifici che sono stati dismessi o smentiti, perché imprecisi o destituiti di fondamento scientifico, ma sono stati utili per motivare le azioni politiche intraprese dal governo Draghi ritenute da molti draconiane e surrettizie.
Ginevra Cerrina Feroni, però, in questo momento si trova a fare i conti con un nemico più grande: all’interno del Garante sono presenti componenti che sono collegati al governo Meloni, come Agostino Ghiglia, che ha affidato a Paolo Benanti la gestione del futuro del giornalismo e delle regole dell’informazione nell’epoca dell’intelligenza artificiale. Paolo Benanti più volte ha mostrato di essere propenso alla censura preventiva delle informazioni, riservando particolare attenzione alla piattaforma di X, ed infatti ha definito Elon Musk “un imprenditore senza scrupoli” mentre su Zuckerberg non si è espresso, essendo lo stesso patron di Meta in linea con i dispositivi che Benanti vuole applicare al mondo del giornalismo italiano di censura preventiva delle informazioni in Europa invocata dall’attuale presidente della Commissione.
Per quanto riguarda invece gli altri due componenti del Garante, Presidente Stanzione ed il componente Guido Scorza, quest’ultimo convinto che sui social non si possa pubblicare tutto, hanno latitato più di tutti quando si è trattato di punire severamente Meta in occasione dei vari databreach che hanno creato grandi problemi nei confronti della popolazione italiana. Attraverso il leak dei numeri telefonici di tutto il mondo, infatti, molti cittadini si sono trovati invasi di messaggi WhatsApp contenenti link malevoli o proposte truffaldine. Quindi, il nemico di Ginevra Cristina Cerroni nella sua attività di fare chiarezza su Meta, risiede dapprima nelle stanze del potere di cui lei stessa è parte.
Perchè gli altri Garanti non intervengono?
In attesa nel vedere quali potranno essere i risvolti di questa vicenda, Altri Enti che in questo momento latitano sono il Garante delle Comunicazioni, ma anche quello del Mercato. È chiaro che la censura applicata in maniera preventiva sulla piattaforma social ha reso di fatto il mercato editoriale viziato e drogato dalla censura, non basato su un principio di meritocrazia della qualità delle fonti, bensì su una scelta privata dettata da motivi infondati.
In un paese sovrano, come Francia e Brasile hanno dimostrato a ragione e a torto, dovrebbe far scattare una nota congiunta tra il Garante del Mercato, della Privacy, ma anche delle Comunicazioni, che ormai imperversano per quanto concerne la questione dei social network.
La favoletta che l’Italia è un paese libero, dove esiste la libertà di espressione e di stampa e la trasparenza scientifica non regge più e l’assenza di azioni istituzionali contro Meta al momento ne è una conferma.
Analizzando la situazione attuale, la Commissione Editoria sull’AI voluta da Baracchini, quest’ultimo in quota Forza Italia ed in pieno conflitto di interessi con la famiglia Berlusconi, e presieduta da Benanti dovrà compiere l’atto finale: applicare questi criteri di censura preventiva e favorire una parte del mercato editoriale istituendo anche quello che sarà il primo reddito universale nei confronti dei lavoratori del settore dell’informazione, così come annunciato in anticipo dallo stesso Benanti sotto forma di fee alle imprese editoriali.
Censura per la sicurezza nazionale o per affari privati?
In poche parole, l’Italia è schierata dalla parte della censura; gli unici che si oppongono, guarda caso, sono quelli della Lega, Cerroni è dei loro, partito che non ha votato il Digital Services Act, che, paradossalmente tra luci e ombre, ha aperto anche degli spiragli positivi nei confronti dei cittadini nella loro dura battaglia verso le piattaforme BigTech, ma è stato immaginato dai legislatori, Gentiloni compreso, come una sorta di Ministero della Verità.
È chiaro che se esiste un’esigenza di sicurezza nazionale, sappiamo tutti che qualsiasi cosa prevarrà anche sui diritti basilari come la libertà di stampa e di espressione. Il problema oggi è tracciare il significato di “sicurezza nazionale”. In questi ultimi anni, più che alla sicurezza per il bene del Paese, abbiamo assistito ad una sicurezza utile agli interessi privati di settori come quello della medicina e della farmaceutica e, allo stesso tempo, delle armi. La libertà di stampa e di informazione, nella maggior parte dei casi, si è piegata, si è prestata a determinate narrazioni che in realtà non badavano al benessere dei cittadini, bensì al benessere delle corporazioni economico-finanziarie. Strano che tutto questo passi sotto traccia negli ambienti che contano, soprattutto quando sono unti dal Signore.
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