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La tecnologia israeliana ha fallito: è davvero un modello?

Tempo di lettura: 4 minuti. Quanto successo in Israele deve far riflettere sul conflitto di interessi che si ingigantisce nel mondo dell’intelligence dei paesi occidentali. E’ un modello oppure l’occasione per gestire appalti?

Tempo di lettura: 4 minuti.

Il Mossad ha fallito e tutto il sistema di sorveglianza, che da sempre il mondo della cybersecurity e dell’intelligence guardano con ammirazione e riferimento, ha fatto acqua da tutte le parti. L’attacco di Hamas ai danni dello stato di Israele dovrebbe far riflettere le società occidentali sul fatto che da tempo si investe in tecnologia di sorveglianza mirando al modello israeliano capace di sferrare attacchi mirati ai dispositivi dei suoi cittadini e di coloro che rientrano nella lista dei personaggi sodali a tutto quello che viene classificato come “antisemitismo” spesso dalla propaganda di una linea politica che afferma con decisione il diritto di affermazione dello Stato di Israele in guerra oramai da sempre.

Un attacco, quello di Hamas, che ha una chiara connotazione terroristica, ma è stato strutturato con le armi e la strategia di un esercito spietato come l’Iran che si sospetta abbia fornito agenti infiltrati nella popolazione palestinese e mercenari che hanno coordinato le azioni di rastrellamento sul territorio. Tant’è vero che l’ONU ha chiesto che vengano rispettati i diritti dei prigionieri come se si fosse in una guerra tra due Stati, ma la situazione è ben diversa: Hamas ha fatto ostaggi tra i civili con donne e bambini ed ha fatto una richiesta precisa, volta a liberare tutti i prigionieri ad oggi nelle mani di Israele.

La tecnologia di Israele ha fallito su tutti fronti, compreso quello dell’anti area messa sotto stress da migliaia di missili contro una portata di risposta a 100, 200 unità massime. La cupola Israeliana non poteva resistere a questa pioggia di missili che hanno svolto l’effetto di un bombardamento aereo in stile militare e che rappresenta la strategia degli USA negli ultimi anni, dando sfogo ad una invasione che è stata possibile mentre i soccorsi civili e militari erano impegnati a comprendere le falle del sistema e ad intervenire per portare in salvo i feriti. Proprio su questo argomento, una fonte ha sussurrato alla redazione di Matrice Digitale che per consentire ad Hamas di eseguire l’attacco missilistico ci sia stato un lavoro sottotraccia ben svolto da parte dei fratelli musulmani nel Sinai, per fare arrivare i missili a Gaza.

Come è stato possibile subire un’azione militare di tale portata e nessuno se ne sia accorto in modo preventivo?

La spiegazione di una fonte istituzionale alla redazione è che la patria NSO Group, padrini dello spyware Pegasus, ha creato una corazza nella popolazione palestinese capace di ridurre al minimo la capacità di infiltrazione e di intercettazione da parte degli avversari.

Gli USA, Google e Amazon dietro la sorveglianza israeliana

Israele è nota per le sue capacità informatiche e per l’implementazione di un sistema di sorveglianza avanzato che ha destato non poche polemiche all’interno del mondo delle Big Tech. Ne è una dimostrazione il progetto Nimbus dove 500 dipendenti anonimi per paura di ritorsioni, si sono detti contrari all’utilizzo di un sistema invasivo di sorveglianza, intelligenza artificiale e riconoscimento facciale con annesso audio predittivo nelle zone di confine dello stato di Israele.

Un progetto avveneristico e di sicurezza?

Può darsi, ma secondo Haaretz è stato anche una gara d’appalto molto succulenta per le alte sfere militari del paese. Cose già viste e che mettono in risalto due punti: l’esternalizzazione ad uno stato amico di una infrastruttura strategica e l’impoverimento di una necessaria e costante tensione sulla materia della sicurezza del paese.

Il progetto Nimbus è solo la goccia nell’oceano di anni investiti nella sorveglianza del Paese ed è stato meta più volte di visite di persone gradite da tutto il mondo che hanno utilizzato il sistema Israele per accreditarsi nei paesi di origine come esperti ed hanno provato ad indirizzare più volte le scelte, anche del nostro paese, come se fosse la soluzione finale. Eppure il team cibernetico Israeliano, modello esemplare, non è stato in grado di intercettare Hamas attraverso attività militari coordinate sia sulla rete virtuale che quella fisica ed intricata di occhi e orecchie dei sistemi di sorveglianza. Eppure questi sistemi dovrebbero essere noti già da tempo per la capacità di essere un valido deterrente, ma in campo militare e di intelligence sono effettivamente lacunosi rispetto ad un presidio costante del territorio che garantisce un’azione immediata di intervento e poteva essere già pronto a frrnteggiare l’invasione dopo la fitta pioggia di missili. Soprattutto in un paese dove si ha a che fare con terroristi, non attivisti, e che lo scontro avviene casa per casa.

Non sono le telecamere a difendere i cittadini

Commesse e appalti: ma non intelligence

Se c’è chi lavora per portare la tecnologia in situazioni strategiche negli altri paesi e lo fa con incarichi pubblici, c’è un problema di fondo che con il tempo arriverà a portare gli stessi problemi di Israele. Nello stesso stato modello di intelligence secondo la nuova dottrina occidentale, già due anni fa è stato sollevato il problema delle porte girevoli nel mondo dell’intelligence e che hanno portato ad una riflessione nella quale può risiedere una percentuale di responsabilità del fallimento dei sistemi di sicurezza nella guerra scoppiata in Medioriente ed è proprio il fatto che servitori del Paese aprono attività e sperano in appalti non solo con lo stato che li ha assunti in passato, ma con chiunque sia interessato ai suoi servizi. Questo non fa altro che impoverire il sistema di intelligence di un paese, mettendo a rischio pezzi importanti di strategie e segreti in favore di affari. Così come sono tanti che provengono dal mondo privato e che sono entrati nel mondo dell’intelligence israeliana potrebbero anche garantire skill superiori, ma poco inclini allo scopo di tutela degli interessi del paese che si serve.

L’Italia è destinata a fare la stessa fine

La situazione italiana ne è l’esempio: il mondo dell’intelligence si sta infoltendo di personaggi non più collegati in origine di obbedienza al paese italico, disperdendo di fatto il detto della “moglie Israeliana e dell’amante palestinese”. Così si entra in un meccanismo perverso e poco prolifico in termini di peso e di competenze se sostituiamo la moglie israeliana con una della NATO, lasciando l’amante israeliana e abbandonando quella araba, si ottiene il risultato di avere un raggio di azione, di visione e di peso diplomatico, con il tempo inizia a dissipare la già difficile obiettività richiesta in un settore dove la lucidità la danno le informazioni e non i consigli degli alleati.

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