Meta ha annunciato cambiamenti significativi alle sue piattaforme, decidendo di eliminare il programma di fact-checking di terze parti negli Stati Uniti e introducendo nuove funzionalità come le Community Notes. Questa mossa, presentata come un passo verso una maggiore libertà di espressione, ha sollevato un ampio dibattito, con opinioni divergenti sulla sua efficacia nel bilanciare la lotta alla disinformazione e la tutela del dibattito pubblico. Matrice Digitale ha da sempre denunciato la manina dell’informazione che decide cosa sia vero cosa sia falso e chi merita visibilità e chi no contro i principi del libero mercato e dei valori umani universali. Viaggio nel mondo italiano della Censura.
Perchè meta ha rimosso il Fact-Checking negli USA?
La decisione di interrompere il programma di fact-checking, introdotto nel 2016 per contrastare la diffusione di fake news, è stata giustificata dall’azienda con la necessità di evitare censure eccessive. Meta sostiene di aver commesso molti errori di valutazione dei contenuti, censurando anche quelli innocui o creando barriere per discussioni politiche legittime. Con l’obiettivo di favorire un ecosistema di maggiore trasparenza e partecipazione, Meta ha annunciato l’adozione di un sistema basato sulle Community Notes, già sperimentato con successo da X (ex Twitter).
Questo sistema consente agli utenti stessi di aggiungere contesto ai post, garantendo maggiore chiarezza senza imporre filtri rigidi. Le note, secondo Meta, saranno valutate da una comunità ampia e diversificata, con l’intento di promuovere un consenso neutrale e oggettivo.
Quali sono state le reazioni dei Fact Checkers?
Tuttavia, la scelta di abbandonare il fact-checking professionale ha suscitato critiche da parte di esperti e organizzazioni internazionali. L’International Fact-Checking Network ha sottolineato che questa decisione potrebbe annullare quasi un decennio di progressi nella lotta alla disinformazione. Secondo i fact-checker, il programma garantiva una verifica rigorosa dei contenuti, riducendo significativamente i rischi legati alla diffusione di notizie false. La preoccupazione principale riguarda l’efficacia delle Community Notes nel garantire la stessa qualità e precisione del controllo professionale, con il rischio che gli utenti possano essere esposti a informazioni fuorvianti o manipolate. Le critiche si concentrano anche sul potenziale impatto sociale, evidenziando come la disinformazione possa avere conseguenze reali, influenzando decisioni politiche o creando tensioni in contesti delicati.
Giornalismo partecipativo con le community notes
Meta ha ribadito che l’introduzione delle Community Notes non rappresenta un arretramento, ma un’evoluzione verso un sistema di moderazione più aperto e partecipativo. L’azienda sta investendo anche in nuove opzioni di personalizzazione, consentendo agli utenti di decidere quanto spazio dare ai contenuti politici o civici nei propri feed. Questo approccio mira a offrire un’esperienza più su misura, riducendo l’esposizione a contenuti indesiderati senza compromettere la libertà di espressione. Inoltre, Meta ha presentato nuovi programmi di inclusione, destinati a rafforzare la rappresentanza di gruppi minoritari all’interno della piattaforma e delle politiche aziendali, dimostrando un impegno verso una maggiore equità digitale.
Questi cambiamenti segnano una svolta importante nel modo in cui Meta gestisce la sua piattaforma e le sue responsabilità. Tuttavia, rimane aperto il dibattito su quanto le nuove strategie siano in grado di bilanciare la necessità di una discussione aperta con la protezione degli utenti dalla disinformazione. La transizione alle Community Notes rappresenta un esperimento ambizioso che potrebbe ridefinire il panorama della moderazione online, ma il suo successo dipenderà dalla capacità di garantire affidabilità e neutralità nelle valutazioni degli utenti.
La libertà di espressione e l’accuratezza delle informazioni online sono temi centrali nel panorama digitale contemporaneo. La scelta di Meta, pur controversa, riflette la complessità di trovare un equilibrio tra questi due principi fondamentali. L’impatto reale di queste decisioni si vedrà nel tempo, quando sarà chiaro se le Community Notes saranno in grado di sostenere il livello di fiducia costruito dal precedente sistema di fact-checking, crollato dopo poco per mancanza di autorevolezza.
Analisi di Matrice Digitale
Siamo arrivati al capolinea di una battaglia durata diversi anni dove si è più volte voluto dimostrare l’assenza di un principio apparentemente democratico che stava governando un mondo sempre più globale. Dopo anni di inchieste c’è ovviamente soddisfazione, ma c’è ancora tanta rabbia soprattutto in coloro che, in questi anni, hanno provato a svolgere un lavoro di corretta informazione attraverso mille peripezie affrontate quotidianamente, tra problemi di indicizzazione e ban ombra sulle piattaforme web, soprattutto nei motori di ricerca come Google.
L’aspetto fondamentale di questa storia non è solo il fatto che dimostrare cosa è vero e cosa falso sia un qualcosa di davvero difficile e complesso, e che effettivamente sia il lettore stesso a dover giudicare in sua scienza e coscienza ciò che in realtà è vero o potenzialmente strumentale a delle logiche politiche. Le community note introdotte da Elon Musk e già “copiate” da YouTube sono uno strumento partecipativo di persone che autonomamente recuperano delle fonti e le rendono pubbliche per la loro risposta, per approfondire ancora meglio dei post che vengono scritti in modo sommario e sintetico proprio perché ci si trova all’interno dei social network.
Zuckerberg ha scaricato LGBT, Black e Fact Checker
Un altro aspetto fondamentale di questa vicenda è che, all’interno del contesto delle big tech, è stato dimostrato che, nonostante ci troviamo ad avere a che fare con gli uomini più potenti del mondo, quando si tratta di un’azienda di risparmio, quando si tratta di tutelare i propri interessi, come si direbbe in gergo, sono capaci di smentire tutto quello che hanno fatto il giorno prima e “vendersi tranquillamente mamma e sorella”. Zuckerberg nel 2020 ha dato la colpa ai dipendenti arcobaleno e black, oggi ha scaricato i fact-checkers che ha sovvenzionato a botte di milioni di dollari cedendogli una quota discrezionale sugli algoritmi.
Ad aver perso non è solo la censura che è stata proposta in questi anni, ma un modello di società che ha abbattuto tutti i vincoli di espressione non solo popolare, ma anche accademico-scientifico.
C’è chi ha negato l’esistenza dei generi e chi addirittura si è impelagato in questioni biologiche come il sesso, asserendo e avallando teorie contro natura. E c’è anche chi, in questi anni, senza essere munito di un pedigree scientifico di alto livello, ha potuto smentire e censurare addirittura dei Nobel con un potere conferitogli, così come sono state diffuse notizie e informazioni avallate da fonti istituzionali prese come unica verità e spesso crollate in poche ore dopo un’attenta verifica di notizie ottenute grazie a piattaforme alternative come Telegram.
Questi casi dovrebbero far capire e comprendere che la partecipazione collettiva può essere solo un beneficio per migliorare il livello dell’informazione in generale per uscire dal fascismo strisciante che ha animato il contesto della libertà di informazione negli ultimi anni.
Gli USA sono salvi, l’Europa no
Le parole di Zuckerberg evidenziano l’impossibilità per i cittadini europei di accedere a un’informazione non filtrata, rivelando la necessità di una forte propaganda interna in un’Europa in guerra, che porta a una censura estesa. Inoltre, strutture finanziate dall’Europa, ora scaricate da Facebook, compromettono la democrazia e la libertà di stampa, mentre sono collegate all’intelligence e vincolate da fondi pubblici che sostengono informazioni utili a promuovere un’attività politica controversa. Questo contesto riflette una crescente sfiducia dei cittadini verso un’Unione Europea che fatica a diventare un’entità unificata, in contrapposizione alle dittature di Cina e Russia, mentre la democrazia più bella del mondo si mostra incapace di mantenere saldi i propri valori democratici.
Partito Democratico italiano mente della censura
In Europa, all’idea di istituire il Digital Services Act, si è aperta quella di aprire dei centri di contrasto alla disinformazione grazie all’operatività di un italiano, Baldini, in qualità di direttore generale del segmento Media in seno all’Europa. Il suo lavoro è stato realizzato sotto l’ala del componente del Partito Democratico, ex Commissario all’economia Gentiloni, il quale ha delegato a un altro uomo, da sempre vicino al Partito Democratico, Gianni Riotta (giornalista ben noto grazie anche a Wikileaks ed oggi responsabile, della scuola di giornalismo dell’Università “atlantista” Luiss), di mettere insieme una struttura italiana coordinata con altre strutture pilota in Europa per scovare cosa c’è di vero e cosa c’è di falso all’interno del territorio europeo.

Questo disegno è stato accolto non solo con il favore di Meta, ma soprattutto con la capacità di Google e le pressioni esercitate su di essa da parte dei potenti europei che hanno spesso chiuso un occhio su conflitti di interesse affinché il sistema di censura sugli algoritmi fosse ben rodato e, allo stesso tempo, in modo da non far emergere discrepanze alla narrazione coordinata negli stati membri. L’Università di cui è dipendente Riotta, è stata più volte autrice di proposte come quelle dello shadow ban, per esempio: una censura preventiva ai danni di persone secondo la filosofia che non hanno il diritto di esprimere la loro opinione sui social network.
Ancora più avvilente di chi esulta sul ritorno alla normalità è che, al favore di Gianni Riotta e al suo modo di vedere comune, si è aggiunto quello di Paolo Benanti, capo della commissione “AI” dell’editoria e uomo del Vaticano, che ha iniziato a contrastare Elon Musk per le sue posizioni contro l’immigrazione, tanto cara al al suo Stato noto per aver investito all’interno delle ONG. Quello che ha fatto scatenare la reazione di Benanti è stato quando Elon Musk ha denunciato fondi pubblici alle ONG tedesche.
Entrato nel merito della vicenda è domandatosi, sulle pagine del Corriere della Sera che lo ha ospitato (testata che ricordiamo avere una collaborazione con Euractiv della Open Society Foundation di Soros), se fosse giusto e importante conoscere i flussi di denaro che animano le attività delle ONG asserendo più volte che Musk, amico del Governo italiano, sia un imprenditore senza scrupoli. Inoltre, Benanti, voluto dal sottosegretario all’editoria forzista Barachini, ha rapporti istituzionali con il centro di potere Google News, che gestisce un vero e proprio sistema di “censura” e “finanziamento” privatistico al mondo dell’informazione.
In questo cortocircuito si aggiunge anche il fatto che Riotta, definito da Glenn Greenwald (che conosciamo tutti per essere stato vicino a Edward Snowden) “l’opposto del giornalismo“, ha avuto un incarico di prestigio anche come consulente del ministro della Difesa Guido Crosetto per spiegare meglio a tutti gli italiani perché è giusta la linea dell’Italia nel conflitto russo ucraino. Cosa ancora più curiosa, in questo caso e in questo ambito, è proprio il fatto che il buon Gianni Riotta e l’ottimo Paolo Benanti, nonostante siano portatori illuminati del mondo oggi accusato di censurare la libertà di stampa e di espressione, siano stati premiati dalla RAI “meloniana” con una trasmissione televisiva sull’intelligenza artificiale.
In poche parole, chi dovrebbe essere escluso da una rivoluzione che ripristini un paradigma democratico, in realtà è stato promosso con un ruolo di prestigio che il governo Meloni ed altri, invece, hanno negato a giornalisti, ricercatori e accademici che in questi anni hanno avuto il coraggio di tenere il punto, nonostante le censure invocate e praticate su di loro attraverso ruoli e algoritmi dagli aguzzini della democrazia e dei valori democratici.