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Sanremo 2024, i meriti e le contraddizioni del Festival

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Il Festival di Sanremo quest’anno volge al termine collezionando successi di pubblico e di incassi da parte degli sponsor. Amadeus ha collezionato contraddizioni su contraddizioni anche quest’anno, intanto ricordiamo ai nostri lettori che Matrice Digitale ha chiesto pubblicamente al direttore artistico di astenersi dalla conduzione del Festival a causa della multa dell’AGCom per il caso Ferragni – Meta due settimane prima che lo facesse il CODACONS.

Sbagliare potrebbe essere umano, ma perseverare cos’è?

Alle storture della scorsa edizione si aggiungono altre attuali come la presunta pubblicità occulta reiterata con l’azienda U-Power per le scarpe di John Travolta ed il potenziale danno erariale sulla mancata firma della liberatoria da parte dell’attore statunitense per il ballo del qua qua, che ha privato la RAI di un contenuto video pagato profumatamente. Inoltre, pesa sul conduttore il doppiopesismo nel portare avanti battaglie di legalità con i testimonial della camorra cinematografica di Mare Fuori, unitamente alla presenza candida e commovente della mamma di un giovane artista ammazzato in strada a Napoli, con i suoi ripetuti sbeffeggiamenti alla sentenza che ha comminato 175.000 euro di multa alla RAI e che gli ha garantito followers al suo profilo personale di Instagram per un valore superiore.

La RAI “difende” l’illecito amministrativo e punisce l’ironia

Cosa che non ha scalfito la RAI che ha l’esigenza di promuovere la sua fiction di successo ed allo stesso tempo ha perdonato tutto al direttore artistico giunto alla sua ultima edizione del Festival, salvo sorprese, andando a colpire un anonimo giornalista della TV pubblica per un presunto commento “body shaming” nei confronti di Big Mama. Anche questa contraddizione dice molto del nostro paese: è meglio recare danni economici all’amministrazione pubblica piuttosto che all’immagine della stessa attraverso un commento personale di un giornalista.

La rivoluzione di Amadeus a Sanremo

Amadeus ha rivoluzionato Sanremo in un percorso di riforma durato anni, ma che ha cambiato la proporzione delle presenze di vecchia musica messe in una percentuale di minoranza. Chi ha avuto spazio è stata la nuova generazione musicale, un Sanremo laico e aperto alle nuove leve che incarnano valori distanti dallo spirito conservatore dettato per anni dal Vaticano. Un bene o un male non è dato saperlo con certezza visto che c’è molta politica e divergenza sulle posizioni che aprono a scenari di dibattito sulla fluidità di genere tanto sponsorizzata dalla moda attuale, ma è doveroso notare una differenza tra il Sanremo dell’anno precedente e quello attuale. La presenza di Fedez ha creato scandalo con siparietti che hanno creato clamore, mentre la sua assenza dalle retrovie non ha fatto altro che normalizzare fenomeni di uomini truccati o con indosso una gonna senza creare un dibattito pubblico. Lo stesso Rosa Chemical ha dimostrato doti eccezionali nel canto, riproponendo in modo acustico e magistrale lo stesso pezzo che tutti associavano al bacio dato al marito di Chiara Ferragni.

Dai soldi di Amazon e la lobby Meta a Spotify … e TikTok

Mentre nel Sanremo dell’anno scorso erano evidenti le influenze lobbistiche, ma anche commerciali di Meta (occulte) ed Amazon(ufficiali), quest’anno il mondo delle Big Tech ha avuto un unico protagonista che di diritto entra nel mondo della Musica: Spotify.

A differenza dei suoi competitor, Spotify è l’azienda che ha digitalizzato il mercato musicale offrendo compensi agli artisti ed agli autori e come prodotto di primo piano al pubblico propina lo streaming musicale. Nulla da dire su questo gemellaggio organico che ha dato impulso al Festival ed arricchisce il prodotto e non i singoli come è avvenuto l’anno precedente a tutti e tre i protagonisti del Festival attenzionati da multe, indagini e dibattito pubblico.

Altra parentesi, l’importanza di TikTok come social dove c’è massima aggregazione e meno dispersione di consenso. Se Geolier ha vinto più sfide con il televoto, il merito è anche dei suoi followers sui social che hanno accolto il suo invito al televoto. Questo la dice lunga su come stiano cambiando le abitudini italiane e come si apre uno scenario inquietante per le multinazionali social “ordinarie” con sempre meno influenza sul territorio, lasciando il campo alla multinazionale cinese e questo apre uno scenario rischioso per la sicurezza digitale del paese già visto negli USA.

Sanremo: vince la qualità o il mercato?

Sanremo è stato sempre un compromesso tra qualità della musica e vendite. Al netto della scelta soggettiva delle canzoni, bene o male, ha vinto sempre una canzone tecnicamente accettabile soprattutto dove voce e musica spesso si sono alternate nella qualità da primato. Il rischio è che una qualità sempre più bassa dell’offerta musicale perchè indirizzata prevalentemente a un pubblico giovanissimo, che assorbe tutto e lo metabolizza come contenuto qualitativamente alto perchè ha l’origine di un titolo, il primo d’Italia, o di un cantante famoso, possa diventare effettivamente lo standard musicale di riferimento per la musica italiana. La vittoria di Angelina Mango in realtà dimostra che la qualità musicale occupa sempre un posto dietro le linee del potenziale da sfruttare sul mercato e la strategia è sempre la stessa: lo storytelling. Delle persone presenti sul palco, la storia più potente era quella della ragazzina figlia d’arte, orfana del padre artista stimato, che cavalca Sanremo e vince dopo aver “cantato per la prima volta un suo pezzo”. Questo è sempre così, in Italia, se hai una storia da raccontare, più facile è scaldare i cuori delle persone ed attirare l’attenzione di chi ha interessi commerciali.

Il caso Geolier batte la Ferragni – Fedez

Il caso Geolier ed il dialetto napoletano è la parte meno interessante di un discorso che affronta la sponsorizzazione massiccia di un personaggio amato da un pubblico reale e che è andato nelle scuole ad autopromuoversi prima di Sanremo per incassare il voto multiplo delle nuove generazioni che sono quelle che spendono più degli altri. Quello che dovrebbe aprire una riflessione interna alla città è se Geolier possa rappresentare Napoli al di fuori degli stereotipi della “riscossa della periferia” e dei modelli non più attuali di una città in preda a Gomorra e pregna di protagonisti alla “Mare Fuori”. Quello che dimostra Geolier in realtà è non solo l’ottima performance di un marketing spinto, ma è la dimostrazione di quanto sia più efficace lui della Ferragni dal punto di vista del Marketing. Chiaretta non è riuscita a suo tempo a far vincere il marito al Televoto del Festival di Sanremo con le percentuali bulgare del cantante napoletano che su 5 candidati ha ottenuto il 60% dei consensi. Al netto delle buone intenzioni, come quella di tornare nella sua terra ed aprire uno studio di registrazione gratis, e delle furbate pubblicitarie come quella della tuta del Napoli alla prima fresco di un contratto con la società sportiva, Geolier ha messo in evidenza quel doppiopesismo italiano dove Ghali è un italiano vero, mentre il napoletano è legato al malaffare.

Razzismo che merita la scelta di Amadeus nell’accettare un testo napoletano al Festival.

Di Livio Varriale

Giornalista e scrittore: le sue specializzazioni sono in Politica, Crimine Informatico, Comunicazione Istituzionale, Cultura e Trasformazione digitale. Autore del saggio sul Dark Web e il futuro della società digitale “La prigione dell’umanità” e di “Cultura digitale”. Appassionato di Osint e autore di diverse ricerche pubblicate da testate Nazionali. Attivista contro l’abuso dei minori, il suo motto è “Coerenza, Costanza, CoScienza”.

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