Categorie
L'Altra Bolla

La propaganda occidentale ha cercato e sfiorato la terza guerra mondiale

Tempo di lettura: 4 minuti. Giornalisti che danno subito la colpa ai russi ed invocano l’articolo 5 della Nato per scendere in guerra.

Tempo di lettura: 4 minuti.

La propaganda occidentale ha fatto un altro buco dell’acqua in occasione della morte di due contadini polacchi colpiti da alcuni razzi russi al confine con la Polonia. Le emittenti televisive del nostro Bel Paese, guidate dai tweet delle maggiori star della politica che conta, hanno subito addossato la colpa ai russi collezionando l’ennesima brutta figura. La propaganda europea sta inanellando una serie di figuracce, pur di prendere fermamente le distanze dai russi e fare bella figura con gli USA, seppur questi siano stati i primi a smentire la ricostruzione iniziale perché in tasca hanno degli accordi iniziali per il raggiungimento della pace in Ucraina.

La sintesi di una giornata folle dove un paese difeso dalla Nato, stava trascinando l’organizzazione atlantica verso un conflitto diretto con la Russia.

L’errore o la malafede che si ripete costantemente nell’informazione partigiana

La notizia sembrava scontata per chi ovviamente non ha conoscenze nell’ambito militare e strategico, ma come spesso ci ha insegnato più volte la guerra nel corso degli anni, bisogna fare attenzione a quelle che sono le false flags e le indiscrezioni che portano a smontare a volte dei ragionamenti che appaiono da subito fondati. L’irresponsabilità di ricevere delle notizie dall’estero senza una fonte sul luogo e ricostruire senza premura una vicenda che, se fosse andata nel modo descritto senza esitazione dai media italiani, avrebbe portato allo scoppio della Terza Guerra Mondiale proprio dove partì il secondo conflitto globale: la Polonia. Fa ancora più sorridere lo sfottò del mainstream ai russi per aver colpito Kiev con delle azioni poco precise, tradotto alla fine nella risposta maldestra dell’Ucraina tanto da lanciare dei missili fuori confine creando due vittime dal nulla. Per essere precisi, gli obiettivi colpiti dai russi hanno fatto in modo che ci fosse un’ulteriore disagio per i cittadini ucraini essendo state spente due centrali nucleari così come annunciato dallo stesso premier ucraino che ha invece mentito già in passato in occasione della centrale di Zaporizhia.

Perché bisognava trattare la notizia con i piedi di piombo?

Le ragioni per cui non potevano essere stati i russi le ha indicate lo stesso Biden, definendo improbabile la prima ricostruzione, soprattutto dopo che nei giorni precedenti ha sguinzagliato il capo dell’intelligence Usa a colloquio con il suo pari russo. I media non hanno esitato nel cavalcare il sentiment di vicinanza nei confronti della Polonia da parte di tutti i politici impegnati in questo momento nel G20 che hanno condannato l’atto russo. Ursula von der Leyen non ha seguito la linea statunitense che ha negato il coinvolgimento del Cremlino dopo che c’era stato un segnale distensivo proprio in occasione del meeting di Bali: Lavrov e Zelensky seduti allo stesso tavolo in ascolto l’uno con l’altro hanno creato un precedente post bellico che ha ispirato la fiducia di molti analisti.

Un altro errore è stato quello di non considerare sulla vicenda il fattore emotivo del paese colpito, il fatto che ordigni russi siano in dotazione anche ad altri eserciti ed una probabilità storica da parte della Polonia interessata nel disintegrare politicamente la Russia anche sul campo militare. Potrebbe essere stata impreparazione, ma la coincidenza della notizia su tutti gli organi di stampa circa l’articolo 5 della NATO, che moralmente prevede vicinanza, anche intervento militare, da parte dei paesi alleati nei confronti di un loro simile colpito da un evento bellico proveniente dall’esterno del Patto Atlantico.

Stessi errori e morti simili: due pesi e due misure che meritano l’ironia social

Desta amarezza il fatto che dinanzi alla richiesta di scendere in campo per il feroce assassinio di due contadini polacchi innocenti, si è poi data minore importanza ai decessi perché trattatosi di un errore della linea difensiva Ucraina.

Qualche buontempone sui social ha anche scherzato sul fatto che essendo l’Ucraina un paese non iscritto alla NATO, bisognerebbe appunto applicare l’articolo 5 contro il povero paese invaso.

Mentre la notizia ha destato molto scalpore in Occidente non sono passate inosservate le dichiarazioni di Erdogan che ha rifiutato sin da subito di sedersi al tavolo, così come il mainstream occidentale ha da subito acceso un riflettore indignato sul fatto che il presidente cinese non abbia subito espresso condanna nei confronti dell’atto russo. Visto che le ricostruzioni sono state tutte a sfavore non solo della tesi polacca, ma anche per coloro che avevano da subito intavolato un terrorismo psicologico di ingresso immediato nella terza guerra mondiale scongiurata dai presidenti di Usa e Cina nel loro incontro bilaterale mai avvenuto prima del meeting di Bali.  Lascia perplessi anche il sistema che ha informato i Premier che hanno diramato atti di condanna nei confronti dei russi per aver superato i limiti del conflitto, insieme a coloro che per l’ennesima volta non hanno verificato la notizia e si sono affidati a voci di comunicazione istituzionali con connotazioni propagandistiche. Chissà cosa pensa il Ministero della Verità e quali sanzioni proverà appunto ad infliggere a coloro che hanno cavalcato l’onda della disinformazione finalizzata alla violenza: quest’ultimo è un motivo che prevede sui social network sanzioni come i blocchi o le sospensioni.

La cosa squallida è da come si è evoluta la situazione e che ha dato dimostrazione che esistono morti che secondo una narrazione sono di serie A e nell’altro sono di serie B, così come esistono errori che possono essere tollerati, rispetto ad altri che rappresentano un motivo valido per scendere in guerra. Individuata la propaganda russa, sarebbe il caso di ripristinare il giornalismo e la ricostruzione dei fatti anche in Occidente perché oltre al morto, qui ci può scappare una Guerra Mondiale.

Di Livio Varriale

Giornalista e scrittore: le sue specializzazioni sono in Politica, Crimine Informatico, Comunicazione Istituzionale, Cultura e Trasformazione digitale. Autore del saggio sul Dark Web e il futuro della società digitale “La prigione dell’umanità” e di “Cultura digitale”. Appassionato di Osint e autore di diverse ricerche pubblicate da testate Nazionali. Attivista contro la pedopornografia online, il suo motto è “Coerenza, Costanza, CoScienza”.

Pronto a supportare l'informazione libera?

Iscriviti alla nostra newsletter // Seguici gratuitamente su Google News
Exit mobile version