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L'Altra Bolla

Paragone fuori dal parlamento, Adinolfi: uniti avremmo posto le basi per un progetto politico realmente alternativo

Tempo di lettura: 3 minuti. La voglia di correre da solo convinto di spargere sangue tra i suoi competitor, ha dimostrato di non essere lungimirante oltre che a portarsi sulla coscienza il fronte sovranista e no greenpass

Tempo di lettura: 3 minuti.

Sovranisti, no greenpass e Novax: questa la matrice che ha mosso i partiti cosiddetti alternativi candidati in queste ultime elezioni politiche dove i risultati hanno premiato Fratelli d’Italia e la destra unitamente al Movimento Cinque Stelle. A contendersi il ruolo di proposta politica fuori dall’arco costituzionale sono stati Alternativa per l’Italia, di Mario Adinolfi e Simone Di Stefano, Italia Sovrana e Popolare con Marco Rizzo e Francesco Toscano ed infine quello del protagonista uscente dal vecchio schema parlamentare Italexit Gianluigi Paragone. Nelle analisi svolte da Matrice Digitale, i social sono stati molto generosi nel fornire grandi spunti di positività ed ottimismo ai candidati, ma la ricerche svolte dalla redazione hanno evidenziato dall’inizio delle rilevazioni un’utilità nel mettere insieme tutti e tre i partiti con ambizioni simili con il fine di far comprendere agli elettori che nella lotta ideologica si vince uniti e non divisi. Non è un caso che il partito di Paragone, addirittura pronosticato al 4-5% dagli stessi componenti di Italexit, si è mostrato al di sotto della media, peggio addirittura di + Europa, e questo dà ragione a chi di voti ne ha presi meno all’interno della coalizione, ma che ha dimostrato di saperne molto di più di politica quando lo scopo non è quello di garantire il potere al singolo individuo, bensì di portare avanti un’idea che col tempo possa rafforzarsi anche grazie a dei piccoli posti in conquistati nelle pubbliche istituzioni. Matrice Digitale ha chiesto a Mario Adinolfi di Alternativa per l’Italia di illustrare agli elettori delusi le motivazioni per cui non si è arrivati ad un’unione di intenti che lui stesso più volte ha chiesto sia alla lista di Paragone sia a quella di Toscano e Rizzo.

“Ho scambiato diversi messaggi con Rizzo e Paragone in modo incessante da luglio, quando si è aperta la crisi di governo, ed ammetto di essere stato io stesso pressante fino al 12 agosto quando abbiamo dovuto raccogliere e consegnare le firme separati. Dall’inizio sembrava esserci un accordo di massima, poi si sono poste questioni che consideravo meno importanti come il logo da scegliere ed ho capito che avrei dovuto confrontarmi più che con le idee, con personalismi, e con il senno di poi posso definirli stupidi perchè nessuno è riuscito a fare la differenza come voleva. Il dialogo si è arenato a causa anche delle convinzioni di vittoria acquisite dalle previsioni di gradimento illustrate da sondaggi che non sono stati sviluppati con molta professionalità e che profetizzavano Paragone al 4,5% prim’ancora di iniziare la campagna elettorale. A Palermo avevamo fatto un ragionamento simile ed avevamo ottenuto un 4,2 % ed è chiaro che, sommando i risultati di noi tre partiti “in trattativa”, oggi avremmo ottenuto il 3,2% alla camera”.

Anche la componente cosiddetta novax è stata penalizzata ed ha espresso sui social una sorta di interessamento ed intenzione di voto verso queste sigle alternative. Sarà per la confusione elettorale di tre soggetti divisi che si condividevano la coperta, sarà anche per la considerazione nell’ultimo periodo della campagna elettorale data dai partiti più importanti, soprattutto di destra che hanno fatto passi indietro sull’obbligo vaccinale e sul sistema anche del greenpass, ma il fenomeno ha mostrato meno interesse elettorale rispetto all’attività sui social e nei gruppi Telegram. Mario Adinolfi ha fatto autocritica evidenziando “l’inconsistenza da parte di tutte e tre le sigle nell’attirare quel 9% potenziale che avrebbe garantito un posto almeno ad ogni singolo partito presente, soprattutto se il messaggio fosse stato unito, che ha generato nell’elettorato la scelta di esprimere preferenza all’astensionismo senza premiare nessuna delle tre alternative ai partiti politici noti

Le riflessioni su Paragone sono legittime

Secondo un’analisi spicciola, non sarebbe difficile individuare come maggiore responsabile in questa strategia fallimentare Gianluigi Paragone, uscente dal Parlamento e considerato più forte nei sondaggi tanto da essere eletto e da ottenere un gruppo parlamentare mono o plurirappresentato. Non solo ha fatto male i conti con dei sondaggi che sono stati troppo buoni nei suoi confronti, ma la sua strategia a questo punto sembrerebbe essere stata quella di ambire ad essere eletto da solo per poi raccogliere tutto il consenso degli altri partiti esclusi.

Sicuri che l’obiettivo di Paragone fosse quello di portare avanti un progetto politico antisistema?

Oppure voleva entrare da solo nel cerchio magico del potere?

Perché questa esigenza di correre da solo quando avrebbe potuto essere uno dei maggiori protagonisti di una nuova forza politica alternativa nel paese?

Di Livio Varriale

Giornalista e scrittore: le sue specializzazioni sono in Politica, Crimine Informatico, Comunicazione Istituzionale, Cultura e Trasformazione digitale. Autore del saggio sul Dark Web e il futuro della società digitale “La prigione dell’umanità” e di “Cultura digitale”. Appassionato di Osint e autore di diverse ricerche pubblicate da testate Nazionali. Attivista contro l’abuso dei minori, il suo motto è “Coerenza, Costanza, CoScienza”.

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