Julian Assange è stato estradato negli Stati Uniti secondo un ordine disposto dalla giustizia inglese, ma resta ancora una speranza per presentare ricorso fino al 18 maggio.
Il team di Wikileaks, sua creatura e sua fonte dei guai con la giustizia internazionale, ha fatto sapere che la pena massima prevista negli USA per il suo fondatore può arrivare fino a 175 anni di detenzione.
Le ipotesi adesso sono due: Per i buonisti americani, ad Assange verrà chiesto di ritrattare con molti sconti di pena, per i più scettici, invece, sarà “suicidato in carcere” o addirittura destinato a Guantanamo fuori dai radar della civiltà conosciuta.
Proprio su quest’ultima tesi c’è la pressione internazionale di Amnesty International che si associa alle preoccupazioni di tutto lo staff di Wikileaks e a quelli della moglie dello stesso Assange.
Come ci si aspettava, il tribunale inglese è stato solidale con quello anglosassone, confermando l’alleanza delle cinque sorelle, tra cui figura il paese di origine di Assange, l’Australia, ed è venuta meno la speranza di una “amnistia all’estradizione” da parte del premier Boris Johnson.