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Daxin: il malware utilizzato dalla Cina che ci spia dal 2009

Broadcom Software scopre una campagna di minacce avanzate persistenti (APT) contro governi selezionati e altri obiettivi di infrastrutture critiche in una pubblicazione intitolata Daxin: Stealthy Backdoor Designed for Attacks Against Hardened Networks. Il team di Symantec Threat Hunter, parte di Broadcom Software, ha lavorato con il CISA per impegnarsi con più governi presi di mira dal malware Daxin e ha assistito nel rilevamento e nella bonifica.
Il malware Daxin è un backdoor rootkit altamente sofisticato con una complessa e furtiva funzionalità di comando e controllo (C2) che ha permesso agli attori remoti di comunicare con dispositivi protetti non collegati direttamente a Internet. Daxin sembra essere ottimizzato per l’uso contro obiettivi hardened, consentendo agli attori di scavare in profondità nelle reti mirate ed esfiltrare i dati senza destare sospetti.
CISA esorta le organizzazioni a rivedere Daxin: Stealthy Backdoor Designed for Attacks Against Hardened Networks per ulteriori informazioni e per una lista di indicatori di compromissione che possono aiutare nel rilevamento di questa attività.
Daxin è un malware attribuito alla Cina, più tecnologicamente avanzato, furtivo e duraturo di qualsiasi altro visto prima dal paese.
La Cina si unisce a nazioni come la Russia nell’avere sforzi separati per operazioni smash-and-grab più rumorose e operazioni stealth appena percettibili. Con la Cina, si apre una classe completamente nuova di vittime: quelle che possono reagire a un attacco in un modo che potrebbe compromettere le missioni in corso.
“Questo è un classico malware guidato dallo spionaggio”
Il malware rimane furtivo, non aprendo nuovi servizi di rete o comunicando in qualsiasi modo che potrebbe sollevare bandiere rosse. Invece, dirotta i legittimi servizi TCP/IP, ascoltando sulla porta 80 per i modelli di traffico che può interpretare come un comando.
Daxin opera come un driver del kernel di Windows. È progettato e “ottimizzato“, dice il rapporto, per l’uso di un singolo comando esterno per saltare da un sistema infetto all’altro su una singola rete con diverse misure di sicurezza messe in atto. Mentre non è insolito utilizzare più sistemi infetti per fare da ponte tra i sistemi, di solito ci vogliono istruzioni individuali da nodo a nodo.
Daxin sembra essere stato in uso continuo fin dal suo sviluppo, con il campione più recente raccolto da Symantec nel novembre 2021. C’è una sovrapposizione di codice con il malware Exforel (a.k.a. Zala), che aveva caratteristiche simili ma meno sicurezza ossessiva e Symantec ora presume provenisse dallo stesso team di sviluppo e che quel team fosse attivo dal 2009.
Al di là della sovrapposizione del codice, tra cui una libreria vista in uso solo in precedenza dall’attore Exforel nel 2019 e 2020, il malware Daxin è stato visto a fianco di un attacco della Owlproxy collegata alla Cina. Nel novembre 2019, quando Daxin non è riuscito a installarsi, gli attaccanti sono passati a Owlproxy in un attacco a una società tecnologica. Il maggio successivo, Daxin e Owlproxy sono stati installati sullo stesso sistema di un’altra azienda tecnologica.
Il blog di Symantec include indicatori di compromissione, nomi di file associati e altro malware visto durante gli attacchi di Daxin.
Symantec ha collaborato con la Cybersecurity and Infrastructure Security Agency attraverso il partenariato pubblico/privato Joint Cyber Defence Collaborative per stabilire collegamenti con i governi stranieri su quali potenziali vittime Symantec ha rilevato.
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Attacco ransomware ad Acea: tornano online i sistemi
Tempo di lettura: < 1 minuto. Panico durato 24 ore circa, ma sembrerebbe che il peggio è passato

Il gruppo Acea è stato colpito da un attacco ransomware della gang Black Basta che non ha risparmiato la società dal pretendere un riscatto. Il gruppo è stato colpito nei suoi sistemi ed il sito Internet risulta essere offline.
Sembrerebbero esserci buone notizie secondo quanto riferito da una fonte interna alla società interpellata da Matrice Digitale:
da ieri sera (3 febbraio ndr) funzionano di nuovo i sistemi. è stato un problema serio lavorare senza sistemi per gestire l’operatività tuttavia, non sono riusciti ad acquisire i dati degli utenti.
Il sito Internet è ancora offline, ma l’attacco ha portato un disservizio tecnico a dipendenti e clienti senza intaccare i dati con una violazione.
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PlugX, il malware si diffonde via USB. A rischio anche PC air gapped
Tempo di lettura: 3 minuti. Una volta caricato e decrittografato in memoria, il malware infetta l’host e tutti i dispositivi USB rimovibili collegati

L’Unit 42 incident response team di Palo Alto Networks avrebbe scoperto di recente una nuova variante del malware PlugX distribuita tramite dispositivi USB rimovibili e prendendo di mira i PC Windows.
La scoperta sarebbe avvenuta durante l’analisi di un attacco ransomware Black Basta rilevando diversi campioni e strumenti malware sui dispositivi delle vittime: il Tool ted-teaming Brute Ratel C4, il malware GootLoader e un vecchio campione PlugX.
Il malware PlugX
Come precisato dai ricercatori, il malware PlugX esiste da più di un decennio ed è stato utilizzato da molti gruppi di criminalità informatica nation-state. In particolare PlugX è stato osservato in molti attacchi informatici di alto profilo, come quello del 2015 responsabile della violazione dell’Office of Personnel Management (OPM) del governo degli Stati Uniti.
La specialità di PlugX è il DLL side loading ovvero lo sfruttamento di file legittimi per ottenere l’esecuzione di codice arbitrario.
In questo caso, gli attori delle minacce hanno deciso di dirottare un popolare e gratuito strumento di debug open source per Windows chiamato x64dbg utilizzato per analisi e reverse engineering.
In questo caso, gli attori hanno utilizzato il debugger a 32 bit di x64dbg. All’esecuzione di x32dbg.exe, Microsoft Windows cercherà tutti i file necessari per eseguire l’applicazione. In questo attacco DLL side loading è una copia non firmata della DLL X32bridge.dll legittima ad essere caricata per cercare localmente il file payload crittografato x32bridge.dat ovvero il malware PlugX.

https://unit42.paloaltonetworks.com/plugx-variants-in-usbs/
Una volta caricato e decrittografato in memoria, il malware infetta l’host e tutti i dispositivi USB rimovibili collegati.
La tecnica utilizzata per nascondere file nelle USB
Una volta che un dispositivo USB viene infettato, tutti i nuovi file scritti nella cartella principale del dispositivo USB dopo l’infezione vengono spostati in una cartella nascosta all’interno del dispositivo stesso.
La tecnica utilizzata dal malware PlugX per nascondere tali file prevede l’utilizzo di un determinato carattere Unicode. Ciò impedisce a Windows Explorer e ai comandi shell di visualizzare la struttura della directory USB e qualsiasi file, nascondendoli alla vittima.
Il carattere Unicode utilizzato per le directory sarebbe “00A0″(un carattere chiamato no-break space). Tale carattere impedisce al sistema operativo Windows di eseguire il rendering del nome della directory, nascondendolo.
“Per ottenere l’esecuzione del codice del malware dalla directory nascosta, viene creato un file di collegamento di Windows .lnk nella cartella principale del dispositivo USB“, si legge nel rapporto.
In pratica il malware crea un file “desktop.ini” nella directory nascosta per specificare l’icona del file .lnk nella cartella principale, facendolo apparire come un’unità USB per ingannare la vittima. Nel frattempo, una sottodirectory chiamata “RECYCLER.BIN” ospita copie del malware sul dispositivo USB.

Conclusioni
“Grazie a questa capacità di eludere il rilevamento, il malware PlugX può continuare a diffondersi e potenzialmente passare a reti con air gapped.“, commentano i ricercatori Unità 42 Mike Harbison e Jen Miller-Osborn e concludono, “La scoperta di questi campioni indica che lo sviluppo di PlugX è ancora vivo e vegeto tra almeno alcuni aggressori tecnicamente esperti e rimane una minaccia attiva.”
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Cybertech Global, il Vice Direttore di ACN è speaker a Tel Aviv

Il Vice Direttore Generale, dott.ssa Nunzia Ciardi, partecipa come speaker al Cybertech Global di Tel Aviv, evento di portata mondiale che raggruppa le industrie del settore e al contempo i decision-maker pubblici e privati. L’intervento della dott.ssa Ciardi ha avuto come tema “Leadership e coordinamento: due ingredienti per una buona cooperazione internazionale in materia di cybersicurezza”.
“Gli attacchi informatici si stanno evolvendo, diventando sempre più pervasivi e insidiosi in tutti i settori della società. In termini di cooperazione internazionale dobbiamo agire sulla base della consapevolezza condivisa che queste minacce informatiche necessitano di una risposta coordinata perché mettono in pericolo istituzioni, organizzazioni e individui in ogni paese – ha detto nel corso del suo intervento – In questa prospettiva, cerchiamo di affrontare le minacce e gli attacchi informatici adottando un approccio globale alla sicurezza informatica che preveda il coinvolgimento, e il contributo attivo, di tutte le parti interessate. Ciò implica una maggiore cooperazione a livello internazionale perché il Cyber è una dimensione senza confini e altamente interconnessa che richiede di superare una visione miope, concentrata sulle sole realtà nazionali”.
Il Cybertech Global è un momento di confronto sulle ultime novità tecnologiche, le sfide e le soluzioni per combattere le minacce cyber.
Il Piano di Implementazione della Strategia Nazionale di Cybersicurezza contiene delle misure (dalla 75 all’81) dedicate alla cooperazione internazionale. L’Agenzia mira a creare un solido ecosistema cyber con i partner mondiali e a rafforzare il partenariato pubblico-privato nell’ottica della prevenzione e gestione degli incidenti cyber.
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