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Kaspersky: si accende il dibattito sui social: qual è l’alternativa?

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In questi giorni è scoppiato un movimento di cancel culture a livello mondiale contro i russi composta dal sanzioni economiche verso aziende ed oligarchi collegati al governo. Gli stati dell’Unione Europea e della Nato, stanno prevedendo sanzioni verso cittadini russi, studenti compresi, o addirittura esponenti defunti dell’arte e della cultura sovietica.

Nel mondo informatico cresce la preoccupazione verso uno dei prodotti migliori a livello globale, l’antivirus Kaspersky. Prim’ancora che il mondo IT, chi si sta spendendo per far disinstallare il software sono gli influencer italiani della tecnologia e molti di loro hanno preso spunto dal prof. Stefano Quintarelli, autore di un articolo pubblicato su Il Post nel quale ha essenzialmente illustrato le motivazioni tecniche.

L’onorevole Paolo Romano ha addirittura avviato un’interrogazione parlamentare a seguito del dibattito formatosi nelle piazze virtuali, citando gli articoli sul tema come fonte della sua iniziativa.

Anche Fabio Pietrosanti, presidente dell’Hermes Center, ha rispolverato una sua battaglia del 2018 dove avvertiva puzza di bruciato nella procedura di download degli aggiornamenti di Kaspersky, perché collegata a dei server in Russia e questo protocollo avrebbe potuto mettere la società produttrice di antivirus ad inviare captatori informatici o trojan RAT sui dispositivi che lo ospitano.

Pubblicando il tweet di presentazione dell’articolo sul profilo Twitter, Matrice Digitale ha dichiarato pubblicamente di essere d’accordo con le richieste dei detrattori di Kaspersky, ma a condizione che poi non si cada nell’errore di affidare l’antivirus a società straniere in Italia.

La risposta garbata del prof. Quintarelli non si è fatta attendere ed ha indicato la presenza di software europei. Premesso che dal punto di vista italico è sempre meglio essere nelle mani degli amici, o meglio alleati, e quindi affidarsi a società europee o statunitensi, ma i rapporti di amicizia si possono sempre rompere e la storia ha già mostrato casi di spionaggio ai paesi alleati nei trattati internazionali come quello europeo o quello atlantico.

Nel mezzo della conversazione virtuale è avvenuto l’ingresso a gamba testa della società Tg Soft che, presentandosi, ha smentito la redazione ed il prof. Quintarelli sull’esistenza di un software di rilevamento dei file malevoli a livello nazionale.

L’Italia ha un Antivirus e non da ieri a quanto sembra, ma dagli anni 90 ed è curioso a questo punto sapere perché la Pubblica Amministrazione abbia ceduto in favore a potentati stranieri la sua “polizia” automatizzata nel contrasto ai crimini informatici o addirittura agli attacchi militari.

Di Livio Varriale

Giornalista e scrittore: le sue specializzazioni sono in Politica, Crimine Informatico, Comunicazione Istituzionale, Cultura e Trasformazione digitale. Autore del saggio sul Dark Web e il futuro della società digitale “La prigione dell’umanità” e di “Cultura digitale”. Appassionato di Osint e autore di diverse ricerche pubblicate da testate Nazionali. Attivista contro la pedopornografia online, il suo motto è “Coerenza, Costanza, CoScienza”.

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