D-LFBA: nuova automazione decentralizzata per edifici intelligenti orientata alla privacy

da Lorenzo De Santis matricedigitale.it
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D-LFBA

L’automazione degli ambienti residenziali e lavorativi compie un salto evolutivo con l’introduzione di un nuovo modello sviluppato dall’Università di Tokyo. Il framework, denominato Distributed Logic-Free Building Automation (D-LFBA), consente agli oggetti intelligenti di comunicare tra loro e coordinarsi senza l’intermediazione di server centrali, garantendo così una gestione dell’ambiente basata sull’intelligenza artificiale ma senza compromettere la riservatezza dei dati personali.

Un modello distribuito per superare i limiti della centralizzazione

L’integrazione dell’AI negli edifici intelligenti ha finora comportato una forte dipendenza da infrastrutture centralizzate, in cui videocamere e sensori inviano dati a un server principale per elaborazioni e decisioni. Tuttavia, questa architettura pone seri rischi in termini di sicurezza, data la necessità di conservare informazioni sensibili — come immagini degli occupanti — su piattaforme esposte a potenziali attacchi.

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Il gruppo di ricerca guidato dal professore associato Hideya Ochiai, presso il Dipartimento di Ingegneria delle Informazioni e della Comunicazione dell’Università di Tokyo, propone invece un sistema decentralizzato, logicamente libero e cooperativo, in cui ogni dispositivo possiede una quota dell’intelligenza collettiva, rendendolo capace di apprendere e agire in tempo reale senza inviare dati permanenti a terze parti.

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L’intelligenza artificiale si distribuisce tra i dispositivi

Il cuore del sistema D-LFBA risiede nella suddivisione del carico computazionale della rete neurale tra i diversi dispositivi ambientali, come telecamere, sensori di movimento, controller per luci e climatizzazione. Ognuno svolge una parte del processo di apprendimento e decisione, in base alla propria posizione e funzione. Questo approccio permette di eliminare completamente la necessità di un centro di controllo unico, realizzando un’automazione distribuita e modulare.

Ogni nodo possiede una memoria interna temporanea, sufficiente a elaborare dati sul momento e poi rimuoverli. L’intelligenza artificiale, invece di seguire regole pre-programmate, apprende dinamicamente le abitudini degli utenti attraverso l’osservazione dell’ambiente e delle loro interazioni. Ad esempio, accendendo una luce o spostandosi da una stanza all’altra, il sistema rileva i cambiamenti e li correla agli input visivi tramite marcatori temporali sincronizzati.

Controllo predittivo e personalizzazione senza codice

Uno degli aspetti più rivoluzionari di D-LFBA è la sua capacità di apprendere in modo predittivo senza richiedere la scrittura di codice o logiche predefinite. In base al comportamento osservato, il sistema è in grado di anticipare le preferenze degli utenti e modificare l’ambiente in modo proattivo, senza alcuna istruzione esplicita.

Durante le fasi di sperimentazione, gli utenti hanno manifestato sorpresa per la capacità del sistema di adattarsi autonomamente alle loro abitudini quotidiane. Con il passare del tempo, la regolazione dell’illuminazione o della temperatura diventa sempre più precisa, riducendo la necessità di interventi manuali e garantendo una maggiore efficienza energetica.

Secondo il professor Ochiai, il vantaggio non risiede solo nell’adattabilità, ma anche nella compatibilità multi-vendor: il sistema è progettato per funzionare anche con dispositivi di marche diverse, superando così la frammentazione tipica delle attuali soluzioni di domotica.

Privacy by design: sicurezza senza compromessi

Il paradigma proposto dall’Università di Tokyo segue pienamente i principi della privacy by design, ponendo la tutela dei dati personali al centro della progettazione. L’assenza di un server centrale elimina il rischio di violazioni massicce di dati, e l’utilizzo di memoria volatile nei dispositivi garantisce che nessuna informazione venga conservata più a lungo del necessario.

Questa strategia consente anche di evitare il consenso esplicito e continuo da parte degli utenti, in quanto i dati non vengono registrati o trasmessi, ma solamente elaborati localmente e poi scartati. Si tratta di un approccio in linea con le normative più restrittive in materia di protezione dei dati personali, come il GDPR europeo.

L’obiettivo a lungo termine, secondo Ochiai, è quello di estendere il modello anche ad ambienti complessi come uffici, ospedali o strutture industriali, in cui il rispetto della privacy è cruciale ma spesso difficile da conciliare con i sistemi di controllo centralizzati.

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