Garante della Privacy all’attacco: caccia agli autori nel silenzio generale dei media

di Livio Varriale
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È Matrice Digitale a svelare, in un’esclusiva nazionale, l’esistenza di un dossier anonimo sul Garante per la protezione dei dati personali, uno dei più potenti Organi dello Stato italiano. Una notizia che nessuna altra testata ha pubblicato, forse per timore, forse per cautela, ma che porta alla luce un caso giornalistico e istituzionale senza precedenti.

Autorità indipendente e inavvicinabile

Il Garante della privacy rappresenta uno degli organi di garanzia più autonomi del Paese. Dotato di poteri ispettivi propri, anche grazie alla collaborazione interna con un’unità specializzata della Guardia di Finanza, l’ufficio ha rafforzato negli anni la sua posizione centrale grazie all’applicazione del GDPR, divenendo interlocutore privilegiato di aziende, studi legali e operatori del mercato dei dati. Questa indipendenza, però, ha un costo: poche voci pubbliche critiche, nessun controllo effettivo sul suo operato e una struttura pressoché inamovibile fino alla scadenza del mandato. La stessa durata del collegio, formalmente definita, è passata quasi inosservata all’opinione pubblica, nonostante abbia ormai superato la metà del mandato.

Indagini avviate e sospetti interni

Secondo quanto appreso da Matrice Digitale, il documento in questione è stato diffuso in forma anonima a migliaia di destinatari, anche attraverso mailing list. I contenuti del dossier — volutamente non divulgati dalla redazione perché hanno rilevanza penale e coinvolgono anche familiari dei membri del collegio, professionisti affermati che devono essere tutelati — conterrebbero accuse e dettagli interni che sembrano suggerire la mano di qualcuno vicino all’Istituzione. I sospetti principali, raccolti da fonti vicine al Collegio, convergono su una figura nota per i suoi attacchi verbali e critiche serrate all’indirizzo del Garante, ma all’interno dello stesso collegio si fa strada l’ipotesi che l’autore non sia uno solo. Alcuni membri sarebbero convinti dell’esistenza di più mani dietro la stesura, analizzabile secondo alcuni anche attraverso l’uso di stilemi linguistici e ortografici.

Silenzi e metadati

Il clima all’interno dell’ufficio del Garante è teso. Le indagini si starebbero sviluppando su due binari: da un lato la giustizia ordinaria, dall’altro una possibile verifica interna avviata dal Garante stesso con i suoi potenti mezzi. Si parla di analisi approfondite dei metadati, come gli IP dei dispositivi usati per inviare le mail, della struttura testuale e della tipicità linguistica del testo per cercare di risalire agli autori. Un lavoro che, se condotto internamente, rischia però di scontrarsi con evidenti conflitti di interesse. Nel frattempo, Matrice Digitale ha contattato l’Autorità per ottenere una dichiarazione ufficiale, ma l’unica risposta ricevuta è stato un silenzio tombale ed è una scelta comprensibile visto che ci si trova dinanzi ad un altrettanto silenzio dell’opinione pubblica ancora più rumoroso perché ha acquisito informazioni scomode se veritiere oppure diffamanti che necessitano di chiarezza per tutelare i soggetti colpiti e l’Organo dello stato. Alcune fonti riferiscono a Matrice Digitale che uno dei membri del collegio abbia ricevuto il dossier da un conoscente, a testimonianza di una diffusione capillare non controllata dagli autori, ma frutto di una strategia comunicativa indiretta basata sul passaparola.

Stampa silenziosa e inchiesta ignorata

Il paradosso più inquietante di questa vicenda è che nessuna altra testata ha scelto di pubblicare la notizia. Nonostante la gravità dei contenuti e l’importanza dell’Ente coinvolto, la stampa italiana sembra aver adottato un atteggiamento di auto-censura, giustificato — secondo alcune interpretazioni — dalla volontà di tutelare l’autorevolezza istituzionale del Garante. Il motivo è duplice. Da un lato, l’assetto politico trasversale dell’organo, composto da membri nominati da varie forze parlamentari, rende rischioso e poco conveniente per qualunque testata esporsi pubblicamente in virtù anche del fatto che i maggiori editori italiani stiano utilizzando il pay-or-consent bandito dall’Europa. Dall’altro lato, vi è la tendenza a proteggere un corpo dello Stato che, al netto delle sue figure dirigenziali, conserva un’autorevolezza percepita superiore a quella di molte altre istituzioni.

Un’istituzione al di sopra delle critiche

Nel mondo della privacy, il Garante è spesso percepito come arbitro neutrale, ma la sua posizione di forza rischia di generare sfiducia. Professionisti interpellati da Matrice Digitale sottolineano come, pur riconoscendo la correttezza sostanziale dell’operato del Garante, vi sia una crescente percezione pubblica di inefficacia e una certa distanza dai bisogni reali dei cittadini e delle imprese.

Una vicenda che segna un confine per il giornalismo

Il caso del dossier al Garante segna un punto di svolta per il giornalismo investigativo italiano. La mancata copertura mediatica dimostra quanto sia difficile, anche per testate affermate, affrontare temi che coinvolgono direttamente Istituzioni ritenute “intoccabili”. Nel panorama attuale, solo la televisione pubblica potrebbe avere la forza e il coraggio di aprire un’inchiesta ampia e indipendente con il fine di accertare la verità dei contenuti inviati a stampa e società civile in anonimato, ma — ad oggi — non si registrano segnali di interesse da parte del mainstream. Un’occasione mancata, forse, per riaprire un dibattito pubblico sull’effettiva trasparenza delle Autorità indipendenti italiane secondo il semplice motto del “Chi controlla il controllore?”.

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