Le tensioni tecnologiche tra USA e Cina si intensificano mentre emergono innovazioni nell’intelligenza artificiale, indagini su traffici di hardware avanzato e decisioni giudiziarie che colpiscono aziende strategiche. La Cina accelera verso la sovranità AI con modelli come DeepSeek-V3.2-Exp, ottimizzati per chip domestici Huawei e Cambricon, mentre negli Stati Uniti un giudice conferma l’affiliazione di DJI al settore della difesa cinese, mantenendola nella lista del Pentagono. Parallelamente, una firma finanziaria newyorkese viene indagata per presunto smuggling tecnologico allo Shanghai Futures Exchange, mentre OpenAI lavora con Broadcom a chip custom, pur restando dipendente da Nvidia. Questo mosaico di eventi riflette la crescente frammentazione tecnologica e la corsa globale al controllo delle infrastrutture critiche dell’AI.
Cosa leggere
Nuovo modello DeepSeek per chip cinesi
Il rilascio di DeepSeek-V3.2-Exp rappresenta un passaggio decisivo nella strategia cinese di riduzione della dipendenza da Nvidia. Il modello è progettato per funzionare in modo nativo su Huawei Ascend NPUs e sullo stack software CANN, consentendo un deployment immediato senza modifiche sostanziali alle architetture di grafi. DeepSeek ha pubblicato codice e checkpoint su Hugging Face, accompagnati da un report tecnico che evidenzia l’uso di meccanismi di attenzione sparsa, capaci di ridurre consumi di memoria e costi di calcolo senza sacrificare la qualità dell’output su contesti lunghi. La compatibilità estesa con TileLang e con i backend multipli di SGLang permette inoltre di distribuire i modelli su acceleratori domestici cinesi e su GPU Nvidia con cambiamenti minimi. L’integrazione con vLLM-Ascend e le ricette di inferenza rilasciate dal team Huawei mostrano un ecosistema già maturo. L’adozione immediata da parte di Cambricon e Hygon segnala la volontà di Pechino di accelerare una filiera AI autonoma e resiliente alle restrizioni occidentali.
Indagine su smuggling hardware a Shanghai
In parallelo, le autorità doganali cinesi hanno aperto un’indagine su Tower Research Capital, società finanziaria con sede a New York, accusata di aver installato hardware non dichiarato per un valore di 15,58 milioni di euro presso lo Shanghai Futures Exchange. Si tratta di processori e componenti di networking customizzati, utilizzati per supportare il trading ad alta frequenza. Le discrepanze tra le dichiarazioni doganali e le apparecchiature effettivamente installate hanno innescato un’inchiesta formale, che obbliga la società a non rimuovere l’hardware dalla sala server. Le autorità cinesi valutano possibili sanzioni finanziarie e accuse penali, mentre la reputazione della società viene compromessa in un contesto già segnato da diffidenza reciproca tra Pechino e Washington. La vicenda evidenzia come le restrizioni tecnologiche e i controlli sull’import-export diventino sempre più strumenti di pressione geopolitica.
Sviluppo chip custom OpenAI con Broadcom
Sul fronte statunitense, OpenAI collabora con Broadcom alla creazione di un chip custom per inferenza AI, con rilascio previsto non prima del terzo trimestre 2026. Il progetto, valutato 9,17 miliardi di euro e fabbricato da TSMC, mira a ridurre la dipendenza dalle GPU Nvidia che hanno dominato l’addestramento di modelli come GPT-4. Tuttavia, il nuovo chip non dispone di un ecosistema software paragonabile a CUDA, lo standard Nvidia che garantisce compatibilità e performance. Questo limite, unito ai colli di bottiglia nella supply chain legati al packaging CoWoS e alla scarsità di memoria HBM, rende OpenAI ancora fortemente legata all’hardware Nvidia. Nonostante l’investimento in soluzioni interne, l’azienda continua a utilizzare cluster forniti da Nvidia in accordi per oltre 91,7 miliardi di euro, confermando la centralità del colosso californiano nella filiera globale dell’AI. Il progetto con Broadcom rappresenta più un hedge strategico che una sostituzione immediata, ma illustra le mosse aggressive degli attori americani nel tentativo di controllare i costi e la scalabilità delle infrastrutture.
DJI affiliata a difesa cinese per Pentagon
Un ulteriore fronte di tensione è quello legale: il giudice federale Paul Friedman ha confermato l’inclusione di DJI nella lista delle compagnie cinesi affiliate alla difesa, mantenendo l’azienda di droni commerciali e consumer più grande al mondo nella Sezione 1260H del Pentagono. La decisione respinge i tentativi della società di rimuovere il proprio nome dalla lista, dopo che nel 2022 era stata designata come entità collegata all’industria militare cinese. Pur non imponendo un bando diretto alle vendite, l’inclusione nella lista preclude a DJI l’accesso a contratti federali e danneggia significativamente la reputazione dell’azienda negli Stati Uniti. DJI, che continua a operare sul mercato americano, ha annunciato l’intenzione di ricorrere legalmente, ma intanto deve affrontare una revisione di sicurezza prevista per il 2025. La vicenda si intreccia con quella di altre aziende cinesi, come Hesai Group, che hanno subito decisioni simili, rafforzando la linea dura di Washington sulle tecnologie sensibili.