Le violazioni dati e i furti di tecnologia continuano a minare la sicurezza di colossi industriali globali, con impatti significativi su clienti, operazioni e supply chain tecnologiche. Renault, Asahi e Samsung sono al centro di casi che evidenziano la crescente esposizione delle aziende a ransomware, fughe di proprietà intellettuale e aggiramenti delle restrizioni commerciali.
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Violazione dati su Renault e Dacia UK
Renault e Dacia UK hanno notificato i clienti riguardo a una violazione presso un fornitore terzo, con un attacco cyber che ha esposto dati personali sensibili. Le informazioni sottratte includono nomi, genere, numeri di telefono, email, indirizzi postali, numeri di identificazione dei veicoli e targhe. Non risultano compromessi dati bancari o finanziari, ma la fuga di informazioni mette comunque a rischio i clienti sul fronte del phishing e del social engineering.

Il fornitore ha isolato l’incidente e rimosso la minaccia dalle reti, mentre Renault ha informato le autorità britanniche, incluso l’Information Commissioner’s Office, e ha avviato comunicazioni dirette con gli utenti colpiti. L’azienda non ha rivelato il nome del fornitore coinvolto per vincoli contrattuali, ma invita i clienti alla massima cautela contro email sospette e chiamate indesiderate. L’attacco si inserisce in un trend che negli ultimi mesi ha già colpito altri produttori automobilistici, con un aumento delle campagne cyber mirate alle catene di fornitura del settore automotive.
Attacco ransomware contro Asahi Group
Il gruppo giapponese Asahi, gigante globale del settore beverage con marchi come Peroni, Grolsch, Pilsner Urquell e Fullers, ha confermato di essere stato vittima di un attacco ransomware che ha bloccato i server e costretto l’azienda a sospendere i sistemi di gestione ordini e spedizioni. Asahi ha istituito un quartier generale di emergenza e attivato procedure manuali per mantenere continuità operativa. L’azienda, che impiega circa 30.000 persone e nel 2024 ha generato ricavi per 18,35 miliardi di euro, indaga ancora sulla natura dei dati esfiltrati, senza specificare se sia stata avanzata una richiesta di riscatto. L’attacco ha colpito in particolare le fabbriche giapponesi, con ripercussioni sulla supply chain, ma la società sottolinea che il recupero dei sistemi è in corso e che l’obiettivo è limitare i danni reputazionali e finanziari.
Indagine su fuga di tecnologie Samsung Display
La polizia di Seul ha avviato un’indagine sulla possibile fuga di tecnologie da Samsung Display verso una ditta cinese, con perquisizioni effettuate presso il campus di Asan. Secondo le prime informazioni, sarebbero coinvolti dipendenti dell’azienda accusati di aver trasferito know-how legato alle tecnologie OLED, settore in cui Samsung mantiene una posizione di leadership globale. Il caso richiama precedenti episodi di spionaggio industriale: nel 2023 un ricercatore di Samsung Display fu arrestato per aver rubato segreti OLED dal valore stimato di 275 milioni di euro, mentre altri ex dipendenti di Samsung Electronics erano già stati coinvolti in fughe di dati sui semiconduttori. Le indagini puntano a proteggere la sicurezza industriale sudcoreana in un contesto di forte competizione con la Cina, che continua a spingere sull’acquisizione di tecnologie avanzate per rafforzare la propria industria tech.
Memorie Samsung integrate nei chip AI Huawei
Nonostante le restrizioni statunitensi sull’export di semiconduttori, emergono conferme che Huawei abbia integrato memorie HBM prodotte da Samsung e SK Hynix nel proprio chip AI Ascend 910C, accanto a dadi TSMC ottenuti tramite canali paralleli. Secondo le stime, Huawei ha già prodotto quasi tre milioni di chip AI, con un obiettivo di oltre un milione di unità l’anno prossimo. Tuttavia, la carenza di memorie e l’impatto delle restrizioni continuano a rappresentare un ostacolo. Alcune aziende cinesi sarebbero arrivate perfino a desaldare chip da prodotti commerciali per reimpiegarli nei sistemi AI. La vicenda solleva interrogativi geopolitici e commerciali: da un lato Samsung vede le proprie tecnologie integrate nei sistemi di un competitor diretto, dall’altro Huawei dimostra di riuscire ad aggirare le barriere imposte dalle sanzioni, accelerando lo sviluppo di hardware AI strategico per il governo cinese.