Europa e Stati Uniti stringono la morsa sulla Cina tra chip, software e quantum computing

di Redazione
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La guerra commerciale e tecnologica tra Occidente e Cina entra in una fase di escalation strutturale, con l’Unione Europea e gli Stati Uniti impegnati in un coordinamento di fatto sulle restrizioni alle esportazioni di tecnologie critiche. Bruxelles valuta un divieto sulle macchine DUV prodotte da ASML verso la Cina, mentre Washington prepara nuove limitazioni su software e componenti digitali, sostenendo parallelamente il proprio settore quantum computing con investimenti diretti. L’obiettivo comune è contenere la capacità cinese di progredire nei semiconduttori avanzati, settore diventato il cuore della competizione globale per la supremazia tecnologica.

Mos­se punitive dell’UE contro la Cina

A Bruxelles si prepara un pacchetto di misure commerciali mirate in risposta alle restrizioni cinesi sulle terre rare, materiali indispensabili per la produzione di chip e magneti. Funzionari europei discutono un piano per estendere i controlli olandesi sulle macchine litografiche DUV (Deep Ultraviolet), limitando l’accesso cinese a tecnologie che rappresentano oggi l’ultimo baluardo di indipendenza industriale. La misura avrebbe un impatto diretto su ASML, il colosso olandese che detiene il monopolio globale della litografia DUV immersion. Nel terzo trimestre del 2025, la Cina ha generato il 42% delle vendite di sistemi ASML, pari a 2,4 miliardi di euro, una quota che rende Pechino il principale mercato di crescita per l’azienda. Un eventuale divieto potrebbe costare ad ASML oltre un quarto dei ricavi globali, con effetti a catena su fornitori e filiere europee.

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La decisione europea si inserisce nel contesto delle rappresaglie economiche cinesi, che minacciano di bloccare l’export di terre rare, elemento cruciale per l’intera industria dei semiconduttori. Pechino utilizza la leva delle materie prime per contrastare le restrizioni occidentali, ma l’UE appare determinata a rispondere con strumenti di politica industriale più assertivi. La Cina, dal canto suo, accelera la costruzione di un ecosistema alternativo: SMEE e AMIES, produttori di litografi nazionali, avanzano nello sviluppo di sistemi da 28 nanometri, mentre progetti locali tentano di ridurre la dipendenza dalle forniture olandesi. Tuttavia, la distanza tecnologica con ASML rimane ampia, e un divieto europeo sulle DUV immersion aggraverebbe ulteriormente l’isolamento tecnologico di Pechino. L’UE punta a un equilibrio tra deterrenza e negoziato, ma la mossa segnala un allineamento strategico con la postura statunitense, che mira a congelare le capacità produttive cinesi nei chip di fascia alta e media, impedendo l’avanzamento tecnologico dei nodi a 7 e 5 nanometri.

Risposte USA all’embargo cinese sulle terre rare

Negli Stati Uniti, l’amministrazione Trump prepara una risposta altrettanto dura all’embargo cinese sulle terre rare, studiando un bando su prodotti contenenti software statunitense esportati verso la Cina. La proposta, considerata la più aggressiva mai valutata nel campo digitale, coinvolgerebbe sistemi operativi come Windows, Android e firmware industriali incorporati in macchinari di produzione e dispositivi consumer. Un simile divieto avrebbe un impatto devastante sulle imprese cinesi, costringendole a sostituire in tempi rapidi le piattaforme software USA. Pechino sta già accelerando la diffusione di HarmonyOS e OpenKylin, oltre a sistemi domestici come UBIOS, destinati a rimpiazzare gli standard occidentali. Funzionari del Tesoro americano, come Scott Bessent, confermano che “tutte le opzioni sono sul tavolo”, incluse tariffe al 100% e restrizioni su software embedded nei prodotti industriali. Tuttavia, l’applicazione di tali misure resta complessa a causa dell’integrazione globale delle catene di fornitura, dove il software statunitense è parte invisibile ma essenziale di componenti elettronici esportati in tutto il mondo. L’obiettivo strategico di Washington è duplice: ridurre la dipendenza tecnologica cinese e, al contempo, spingere Pechino verso un rallentamento della produzione interna, in modo da consolidare la leadership americana nelle tecnologie critiche.

Indagine cinese sulle aziende semiconduttori USA

Nel frattempo, Pechino risponde con un’indagine anti-dumping mirata contro i produttori statunitensi di semiconduttori analogici, come Texas Instruments e Analog Devices. Il Trade Remedy and Investigation Bureau ha inviato un questionario dettagliato che impone alle aziende di rivelare clienti, margini di profitto, fornitori e costi logistici in territorio cinese. L’iniziativa, formalmente giustificata come misura di protezione dell’industria domestica, rischia di esporre segreti commerciali sensibili, alimentando timori di furto di proprietà intellettuale. Le autorità cinesi intendono verificare la presenza di prezzi predatori nei chip analogici, fondamentali per automotive, sensoristica e IoT industriale. Dietro la retorica regolatoria, la mossa appare come una risposta asimmetrica alle sanzioni occidentali, volta a raccogliere informazioni strategiche sulle catene di approvvigionamento statunitensi e indebolire la competitività delle aziende americane. L’indagine si inserisce in una più ampia strategia di resilienza industriale cinese, che mira a costruire una supply chain autonoma basata su produzione locale di sensori, amplificatori e convertitori analogico-digitali. In parallelo, Pechino sostiene con fondi pubblici la crescita di startup come Cambricon e Yangtze Memory, puntando a ricreare un ecosistema indipendente dai fornitori occidentali.

Investimenti USA nel quantum computing

Mentre la tensione commerciale cresce, Washington investe direttamente nella prossima frontiera tecnologica: il quantum computing. Utilizzando fondi del CHIPS and Science Act, l’amministrazione Trump ha avviato un programma per acquisire quote di capitale (equity) in società statunitensi emergenti del settore, tra cui IonQ, Rigetti, D-Wave Quantum, Atom Computing e Quantum Computing Inc. Ogni azienda riceverà almeno 9,17 milioni di euro dal Dipartimento del Commercio, in cambio di partecipazioni azionarie o strumenti equivalenti. L’obiettivo è garantire liquidità e stabilità operativa a un comparto strategico che rappresenta la chiave per la supremazia scientifica e militare dei prossimi decenni. Questa strategia segna una svolta strutturale: per la prima volta, il governo americano si comporta come investitore diretto nel settore privato, con lo scopo di accelerare la maturazione industriale delle tecnologie quantistiche. Gli investimenti pubblici, infatti, non si limitano a ricerca e sviluppo, ma mirano a costruire un’infrastruttura di calcolo quantistico nazionale in grado di rivaleggiare con i programmi di Pechino e Bruxelles. Secondo le proiezioni del Dipartimento del Commercio, i fondi pubblici statunitensi fungeranno da catalizzatore per ulteriori investimenti privati, riducendo la dipendenza dalle venture capital tradizionali e garantendo una linea di finanziamento stabile per i progetti più avanzati.

Un nuovo equilibrio tecnologico globale

La convergenza tra misure restrittive europee, sanzioni americane e controindagini cinesi delinea un nuovo equilibrio nel panorama tecnologico mondiale. La competizione sui semiconduttori non è più soltanto industriale, ma geopolitica e strategica, con implicazioni dirette sulla sovranità digitale delle nazioni. L’Europa tenta di difendere il proprio ruolo di fornitore chiave nella catena del valore dei chip, mentre gli Stati Uniti consolidano il controllo sulle tecnologie di base — dal software al quantum — e la Cina accelera il suo piano per l’autosufficienza tecnologica entro il 2030. In questo scenario, ogni decisione su licenze, esportazioni o investimenti non riguarda più solo la competitività economica, ma definisce gli schieramenti del nuovo ordine tecnologico globale.