La scena tecnologica e politica internazionale è segnata da due fronti cruciali: la ricerca di un acquirente per TikTok, catalizzata dalle pressioni del Congresso USA, e la maxi-class action da 314 milioni di dollari che coinvolge Google in California per l’uso dei dati cellulari Android. Questi casi evidenziano il crescente peso della privacy, della regolazione statale e delle scelte strategiche dei giganti digitali in mercati sempre più interconnessi e sensibili.
TikTok: opzione Trump come buyer, scenari aperti sulla cessione USA
La questione TikTok rimane al centro dell’agenda geopolitica americana: dopo il passaggio della legge che impone la vendita delle operazioni statunitensi a un’entità nazionale per evitare il ban, emerge la figura di Donald Trump tra i possibili acquirenti. Trump, secondo fonti vicine alla trattativa, si sarebbe detto pronto a guidare un consorzio per l’acquisto del ramo americano di TikTok, sottolineando pubblicamente la necessità di “proteggere i dati degli utenti USA” e rivendicando la piattaforma come risorsa strategica per la sicurezza nazionale e la libertà d’espressione. Altri soggetti interessati sarebbero operatori del settore media e tech, ma la presenza di Trump come protagonista — in veste di ex presidente e uomo d’affari — potrebbe politicizzare ulteriormente l’operazione, accentuando le tensioni con Pechino e condizionando la gestione futura dei dati e degli algoritmi.
Google e la class action in California: privacy e monetizzazione dei dati mobili
Parallelamente, Google deve affrontare una class action da 314 milioni di dollari intentata in California. Il procedimento nasce dalla denuncia di utenti Android secondo cui Google avrebbe utilizzato e monetizzato il traffico dati cellulare degli utenti a insaputa degli stessi, anche quando le impostazioni di raccolta dati risultavano disattivate. Secondo la denuncia, tra il 2015 e il 2023 i dispositivi Android avrebbero trasmesso regolarmente dati di localizzazione, analisi e tracking verso i server Google, consumando anche la connessione dati a pagamento degli utenti. La questione tocca il cuore delle pratiche di data mining, sollevando interrogativi sul reale controllo dell’utente sulle impostazioni privacy, sulla trasparenza dei consensi e sulle logiche di opt-out effettive.
Il caso TikTok dimostra come la geopolitica possa impattare direttamente la governance delle piattaforme globali, ridefinendo le strategie di gestione dati, algoritmi e policy di accesso. L’intervento di attori politici nella proprietà delle big tech rischia di accentuare le incertezze su neutralità, governance e libertà di espressione delle piattaforme social.
La class action contro Google rappresenta invece una nuova frontiera nel contenzioso privacy: la monetizzazione occulta del traffico dati, anche quando la raccolta risulta “disattivata” lato utente, evidenzia la necessità di regolamentazioni più severe e di soluzioni tecniche trasparenti. La pressione normativa costringe i colossi digitali a una revisione strutturale delle impostazioni privacy-by-design e degli algoritmi di gestione dati su tutti i sistemi operativi mobile.