Sorveglianza digitale e ID governativi: privacy sotto pressione tra Regno Unito e Stati Uniti

di Redazione
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La nuova ondata di sistemi di sorveglianza digitale e identità elettroniche governative sta ridefinendo il rapporto tra cittadini e Stato, suscitando crescenti preoccupazioni su privacy, libertà di espressione e diritti civili. Il Regno Unito sperimenta il primo documento ufficiale interamente digitale, la Veteran Card, mentre gli Stati Uniti affrontano proteste legali per un programma federale che monitora i social media con l’uso dell’intelligenza artificiale. Entrambe le iniziative, pur nate con obiettivi dichiarati di efficienza e sicurezza, delineano una traiettoria globale verso forme di controllo sempre più pervasive.

L’ID digitale del Regno Unito: debutta la Veteran Card

Il Dipartimento per Scienza, Innovazione e Tecnologia britannico ha annunciato il lancio, il 18 ottobre 2025, della Veteran Card digitale, disponibile attraverso l’app GOV.UK One Login. Questo documento elettronico consente ai veterani di accedere a servizi pubblici e sconti commerciali, integrandosi in un wallet digitale governativo che ospiterà in futuro altri documenti ufficiali come la patente di guida o i certificati elettorali. Il progetto, gestito dal Government Digital Service, rappresenta il primo passo verso un ecosistema di identità digitale nazionale. L’app, già utilizzata da oltre 11 milioni di persone, punta a semplificare l’interazione con lo Stato e ridurre la burocrazia, mantenendo — secondo i funzionari — standard di sicurezza equivalenti a quelli bancari. Il programma, tuttavia, non è privo di implicazioni. L’integrazione di documenti personali in un unico wallet centralizzato accentra dati sensibili e amplia il potenziale di tracciamento governativo. Le autorità affermano che l’obiettivo è contrastare le frodi elettorali e migliorare l’accesso ai servizi, ma gli esperti di privacy temono che tali strumenti possano evolversi in meccanismi di identificazione universale. Il Comitato Affari Costituzionali del Parlamento britannico ha già proposto di estendere la digital identity al voto, con documenti fotografici integrati nel wallet GOV.UK. Questo, nelle intenzioni del governo, garantirebbe un sistema più sicuro e trasparente, ma potrebbe escludere fasce di popolazione prive di accesso digitale o timorose per la protezione dei propri dati.

La sorveglianza AI negli Stati Uniti: il caso Catch and Revoke

Negli Stati Uniti, la battaglia per la privacy si gioca su un altro fronte. Tre grandi sindacati — UAW (United Auto Workers), CWA (Communication Workers of America) e AFT (American Federation of Teachers) — hanno citato in giudizio l’amministrazione Trump, accusandola di aver lanciato un programma di sorveglianza dei social media che viola il Primo Emendamento. Il programma, denominato Catch and Revoke, utilizza algoritmi di intelligenza artificiale per monitorare i profili pubblici di titolari di visti F, M e J, alla ricerca di post o commenti ritenuti “ostili” o “antisemiti”. I contenuti associati a Hamas, alla Palestina o a critiche verso figure pubbliche americane come Charlie Kirk possono determinare la revoca dei visti o la negazione di benefici migratori. Secondo la causa, depositata il 17 ottobre 2025 presso un tribunale del Massachusetts, il programma obbliga i richiedenti a fornire i propri handle social degli ultimi cinque anni, trasformando i social media in strumenti di controllo politico. Le organizzazioni sindacali, supportate da Electronic Frontier Foundation (EFF) e Media Freedom Clinic, denunciano un effetto di autocensura massivo tra lavoratori stranieri: oltre il 60% dei membri UAW non cittadini avrebbe cancellato post o evitato interazioni pubbliche su temi sindacali e politici, temendo ritorsioni. Il Dipartimento di Stato difende l’iniziativa sostenendo che “gli Stati Uniti non sono obbligati a ospitare individui ostili”, ma la misura ha suscitato un vasto dibattito nazionale. I critici sostengono che l’uso di algoritmi per interpretare linguaggi, ironia o contesti culturali produce falsi positivi, punendo espressioni legittime di dissenso o solidarietà politica.

Sorveglianza e sicurezza nazionale: la nuova frontiera del controllo

Sia nel Regno Unito che negli Stati Uniti, i governi giustificano l’espansione dei sistemi di sorveglianza e delle identità digitali con motivazioni di sicurezza nazionale. Londra intende ridurre le frodi elettorali e migliorare l’efficienza dei servizi, mentre Washington mira a prevenire la radicalizzazione e proteggere i cittadini da contenuti ritenuti pericolosi. Questi approcci condividono una logica di fondo: la fiducia nello screening algoritmico e nella digitalizzazione totale come soluzione ai problemi di sicurezza. Tuttavia, secondo numerosi osservatori, il rischio è quello di costruire un’infrastruttura permanente di monitoraggio sociale, in cui ogni identità, documento o opinione diventa parte di un profilo analizzato da sistemi automatizzati. In Gran Bretagna, il wallet digitale GOV.UK potrebbe diventare, nel tempo, un archivio centralizzato di credenziali pubbliche e private. Negli Stati Uniti, Catch and Revoke rappresenta un precedente che lega la libertà d’espressione al diritto di soggiorno, creando un modello esportabile in altri contesti geopolitici.

Impatti sulla privacy e sulla libertà di espressione

La sorveglianza digitale di massa genera un effetto domino che va oltre i confini nazionali. I sistemi di identità elettronica e i programmi di monitoraggio AI erodono la privacy personale e favoriscono forme di autocontrollo comportamentale. Nel caso britannico, la concentrazione dei dati in un wallet unico aumenta il rischio di data breach e accessi impropri. Laddove il governo promette “standard elevati di sicurezza”, gli esperti avvertono che nessun sistema digitale è immune da vulnerabilità tecniche o abusi istituzionali. Negli Stati Uniti, invece, il pericolo risiede nel confine labile tra sicurezza e censura. La sorveglianza algoritmica dei social media crea un ambiente di intimidazione che colpisce non solo gli stranieri, ma anche cittadini americani collegati a reti di lavoratori, studenti o familiari di non cittadini. Il risultato è un chilling effect che impoverisce il dibattito pubblico e normalizza la censura preventiva. I sindacati denunciano anche effetti indiretti sulle organizzazioni del lavoro: i membri evitano di partecipare a proteste o di condividere contenuti collettivi, temendo che l’attività digitale possa essere interpretata come “comportamento ostile”.

Verso un futuro di identità e controllo integrati

Il filo conduttore che unisce le due sponde dell’Atlantico è la progressiva fusione tra identità digitale, sicurezza e governance. Ciò che inizia come strumento di semplificazione amministrativa o protezione nazionale rischia di trasformarsi in un sistema di sorveglianza permanente, in cui la tecnologia amplifica la capacità dello Stato di osservare, valutare e influenzare i comportamenti dei cittadini. Gli esperti di diritti digitali avvertono che la combinazione tra AI predittiva, big data governativi e identità biometriche può generare un ecosistema simile a quello sperimentato in alcuni Paesi autoritari, con impatti diretti su privacy, partecipazione politica e fiducia nelle istituzioni. Il dibattito su questi strumenti non riguarda più soltanto la sicurezza, ma il modello di democrazia digitale che si intende costruire: inclusivo e trasparente o centralizzato e sorvegliato.