Editoriali
Guerra Cibernetica: la tesi della fuffa mediatica proposta da Matrice Digitale insiste al di fuori dei confini italici
Contrariamente alle aspettative diffuse, l’uso di armi informatiche nella guerra russa con l’Ucraina è stato finora limitato. Ad oggi, le uniche operazioni significative e sofisticate con sospetto coinvolgimento russo sono gli attacchi alle reti satellitari del gigante delle comunicazioni Viasat, i tentativi di installare malware per cancellare i dati sui sistemi del governo ucraino, e gli attacchi contro due grandi aziende di telecomunicazioni ucraine.
Ci sono diverse ragioni che possono plausibilmente spiegare perché le operazioni informatiche sono rimaste marginali nel conflitto. In primo luogo, gli ucraini hanno fatto un buon lavoro nel rafforzare le loro difese digitali, aiutati in parte dai loro alleati americani.
Ci sono anche le limitazioni intrinseche dei cyberattacchi: in una guerra cinetica totale, i missili offrono un mezzo più veloce ed efficace per raggiungere obiettivi strategici rispetto alle linee di codice.
Infine, ma certamente non meno importante, vale la pena ricordare che siamo nelle prime fasi di una guerra che si trascinerà, potenzialmente per mesi, lasciando un sacco di tempo per nuove operazioni informatiche russe. L’apparente riluttanza a utilizzare le capacità informatiche al di là di limitati colpi a livello operativo o campagne di disinformazione potrebbe diminuire man mano che diminuiscono i timori di ricadute o di risposte informatiche occidentali di ritorsione. L’Unione europea (UE) deve agire ora, mentre l’intensità del conflitto informatico al di fuori dell’Ucraina è ancora relativamente bassa, per rafforzare le sue difese e prepararsi per lo spettro di ampie e dannose operazioni informatiche più avanti nel conflitto.
Guerra informatica e dell’informazione: La pietra angolare della prossima mossa della Russia?
Anche se i russi accettano una tregua, gli sforzi informatici e di disinformazione sarebbero una delle poche vie a loro disposizione per infliggere danni all’Ucraina nella zona grigia sotto la soglia del confronto diretto. Come l’esercito russo sposta i suoi obiettivi, le risorse e la larghezza di banda saranno liberate per combattere dalle retrovie. Una Mosca messa all’angolo con poche altre opzioni rimaste sul tavolo è probabile che ricorra al dominio cibernetico, come hanno fatto altri stati, come vettore ideale per aggirare l’isolamento, spiare e interrompere i piani di difesa occidentali, rubare tecnologia e proprietà intellettuale da cui sarà tagliata fuori, e aumentare il suo fastidio globale con operazioni di disinformazione. I recenti attacchi a un’importante società di telecomunicazioni ucraina, Ukrtelecom, hanno aumentato i timori che la campagna militare della Russia, in stallo, potrebbe indurla a rivolgersi alle operazioni informatiche come un altro mezzo per raggiungere i suoi obiettivi.
Cosa dovrebbe fare l’Unione europea nell’immediato?
L’UE ha adottato nuove strutture, compresa la sua tanto decantata Bussola strategica, che, a lungo termine, migliorerà la sicurezza informatica nel blocco, e potenzialmente ridurrà il rischio di catastrofici cyberattacchi russi.
Tuttavia, l’UE ha bisogno di fare più passi nel breve termine per rafforzare le difese informatiche e mitigare la minaccia delle operazioni informatiche russe.
In primo luogo, l’UE dovrebbe mettere ordine in casa propria. La direttiva riveduta sulla sicurezza delle reti e delle informazioni (NIS) meglio conosciuta nei circoli di Bruxelles come NIS 2 , dovrebbe essere finalizzata nei prossimi mesi e mirerà a rafforzare ulteriormente la sicurezza delle catene di approvvigionamento, semplificare gli obblighi di segnalazione degli incidenti, e introdurre misure di supervisione più severe per un gran numero di operatori di servizi essenziali e imprese in tutta l’UE. Mentre la NIS 2 rappresenta un passo nella giusta direzione, l’UE ha ancora un po’ di strada da fare nell’implementazione di regole di cybersecurity armonizzate tra le istituzioni del blocco.
In secondo luogo, l’UE e i suoi Stati membri hanno un ruolo da svolgere per scoraggiare e dissuadere i cyberattacchi, dimostrando la volontà di agire e imporre costi ai perpetratori. Il primo dispiegamento operativo in assoluto del Cyber Rapid Response Team dell’UE in Ucraina, insieme a squadre simili degli Stati Uniti, è stato un segnale positivo in questo senso. Un modo per imporre ulteriori costi sarebbe quello di spingere per l’attribuzione coordinata dei cyberattacchi a livello europeo. Sul lato offensivo e deterrente, l’UE dovrebbe adottare una messa in comune delle capacità su base volontaria. Programmi simili esistono già tra altri gruppi, come il programma Sovereign Cyber Effects Provided Voluntarily by Allies (SCEPVA) della NATO, che l’UE potrebbe utilizzare come modello per i propri programmi.
In terzo luogo, l’Ue dovrebbe assicurarsi di essere meglio preparata sfruttando gli strumenti che ha già a disposizione. La condivisione dell’intelligence e la consapevolezza della situazione si sono dimostrate vitali prima e durante la guerra in Ucraina, ma l’efficacia futura di queste strategie nel dissuadere e mitigare i cyberattacchi dipenderà dalla volontà degli Stati membri di contribuire con informazioni tempestive e utilizzabili. A breve termine, il Cyber Crisis Liaison Organisation Network (CyCLONe), un gruppo creato di recente che riunisce i dirigenti delle ventisette autorità nazionali di cybersecurity dell’UE, dovrebbe essere utilizzato al massimo delle sue capacità e integrato con il resto dell’ecosistema informatico dell’UE. CyCLONe, con la sua ricchezza di esperienza a livello operativo, dovrebbe essere in grado di informare i decisori politici del Consiglio più frequentemente. Sul lato militare, l’UE manca ancora di un meccanismo di cooperazione pienamente sviluppato per gli allarmi di cybersecurity militari, nonostante questo sia un obiettivo fin dal 2014, quando l’EU Cyber Defence Policy Framework. Garantire la cooperazione tra i gruppi civili e militari è vitale dato lo spettro dei cyberattacchi russi.
Editoriali
Anche su Giovanna Pedretti avevamo ragione
Tempo di lettura: 2 minuti. Procura di Lodi chiede l’archiviazione sul suicidio di Giovanna Pedretti, escludendo colpe di Lucarelli e Biagiarelli: la recensione era falsa
Recentemente, la Procura di Lodi ha avanzato una richiesta di archiviazione per il caso di Giovanna Pedretti, la ristoratrice di Sant’Angelo Lodigiano trovata morta a gennaio nelle acque del Lambro. L’indagine ha escluso qualsiasi istigazione o aiuto al suicidio da parte di terze persone.
Dettagli dell’indagine
La vicenda di Pedretti aveva suscitato grande attenzione mediatica, specialmente sui social media, dopo che era stata accusata ingiustamente di aver pubblicato una recensione falsa online. Questo episodio era seguito a una tempesta di critiche, principalmente influenzata da una serie di post di Selvaggia Lucarelli e del suo compagno, Lorenzo Biagiarelli, che avevano messo in dubbio l’autenticità della recensione. Tuttavia, le indagini hanno dimostrato che la recensione era effettivamente falsa e che nessuna azione diretta di terzi ha contribuito al tragico evento.
Esito e Reazioni
Con la richiesta di archiviazione, si chiude un capitolo doloroso, ma sorgono interrogativi sulla responsabilità dei media e delle figure pubbliche nell’amplificare situazioni che possono avere conseguenze gravi. Selvaggia Lucarelli, tramite i suoi canali social, ha espresso sollievo e ha criticato duramente la stampa per la gestione della notizia, sottolineando come la situazione abbia evidenziato una “storia squallida e meschina”.
Matrice Digitale dalla parte della verità
Matrice Digitale si è schierata senza esito a favore di Selvaggia Lucarelli e del giornalista del TG3 andato a chiedere spiegazioni sulla veridicità del post su cui si è scatenata una gogna mediatica con un richiamo ufficiale dell’azienda attraverso il Governo. La verità era chiara dall’inizio: la recensione era falsa ed era stata trasformata in una notizia solo perchè sfruttava l’immagine della comunità LGBT con un messaggio che poteva essere positivo, ma non era sicuramente una notizia. Questo caso non dovrebbe passare inosservato per “rispetto del dolore della famiglia” bensì diventare un caso di studio come tanti altri avvenuti in passato dove la notizia si è costruita per fini politici e commerciali.
Editoriali
Chip e smartphone cinesi ci avvisano del declino Occidentale
Tempo di lettura: < 1 minuto. Un declino quasi annunciato facendo un’analisi geopolitica degli ultimi eventi nel settore dei semiconduttori
Dopo mesi di sanzioni alla Russia si scopre che l’approvvigionamento di Mosca dei processori è ritornato al livello di normalità Questo vuol dire che su 140 paesi nel mondo, le sanzioni anglo-euro-nato non sono state efficaci a costringere i russi a “rubare le lavatrici per utilizzare i chip“.
La Russia, sta costruendo in casa sua i processori, ma non hanno molto successo se consideriamo il fatto che molti sono difettosi. Quindi li prende dalla Cina che attraverso Huawei è entrata silenziosamente nel Mercato Europeo con la sua ultima creatura: la Serie Pura 70 non solo è uno smartphone potente, ma allo stesso tempo è l’evoluzione in stile Apple di quella che un tempo era considerata una cinesata.
Oggi questa cinesata è prodotta al 90% in Cina con materiali cinesi e questo dovrebbe far comprendere a noi Europei che se non facciamo i bravi, saremmo costretti ad usare i chip delle friggitrici ad aria e le plastiche delle bici per produrre degli smartphone.
Chiudiamo l’analisi, che difficilmente leggerete altrove per tanti motivi, tra cui la lesa maestà. La chiusura della fabbrica di Intel in Russia coincide con risultati economici disastrosi del gigante tecnologico.
Indovinate chi sta sopperendo a questa perdita con fondi pubblici: l’Europa.
Editoriali
MITRE vittima di zero day Ivanti: anche i migliori le prendono
Tempo di lettura: 2 minuti. Anche le organizzazioni ben preparate come MITRE possono essere vulnerabili a minacce cibernetiche avanzate
Nel contesto della sicurezza informatica, anche le organizzazioni più preparate possono trovarsi vulnerabili di fronte a minacce persistenti e avanzate, come dimostrato dagli attacchi recentemente subiti da MITRE. Questo caso sottolinea l’importanza di adottare un approccio informato sulle minacce per la difesa contro gli attacchi cyber sempre più sofisticati.
Cos’è MITRE?
MITRE è una corporazione senza scopo di lucro americana con sede principale a Bedford, Massachusetts, e una secondaria a McLean, Virginia. Fondata nel 1958, l’organizzazione opera centri federali di ricerca e sviluppo (FFRDCs) per conto del governo degli Stati Uniti. MITRE è dedicata all’interesse pubblico e lavora su una vasta gamma di questioni di sicurezza nazionale, aviazione, sanità, cybersecurity e innovazione del governo.
La missione principale di MITRE è quella di risolvere problemi complessi per un mondo più sicuro, fornendo ricerca, sviluppo e consulenza strategica ai vari enti governativi per aiutarli a prendere decisioni informate e implementare soluzioni tecnologiche avanzate. Uno degli aspetti notevoli del lavoro di MITRE è il suo impegno nella sicurezza informatica, attraverso lo sviluppo di framework e strumenti come il Common Vulnerabilities and Exposures (CVE) e l’ATT&CK framework, che sono largamente utilizzati a livello internazionale per la gestione delle minacce e la protezione delle infrastrutture critiche. Per ulteriori informazioni, puoi visitare il sito ufficiale.
Dettagli dell’attacco subito da MITRE
MITRE, un’organizzazione che si impegna a mantenere elevati standard di sicurezza cibernetica, ha recentemente rivelato di essere stata vittima di un attacco informatico significativo. Nonostante la solidità delle sue difese, MITRE ha scoperto vulnerabilità critiche che sono state sfruttate dagli attaccanti, segnalando un tema di sicurezza concentrato sulla compromissione di dispositivi di protezione perimetrale.
L’incidente e le sue conseguenze
L’attacco ha avuto inizio con un’intensa attività di ricognizione da parte degli attaccanti nei primi mesi del 2024, culminata nell’uso di due vulnerabilità zero-day nel VPN di Ivanti Connect Secure, bypassando l’autenticazione multifattore tramite session hijacking. Questo ha permesso agli attaccanti di muoversi lateralmente e infiltrarsi profondamente nell’infrastruttura VMware di MITRE, utilizzando account amministrativi compromessi e un mix di backdoor sofisticate e web shell per mantenere la persistenza e raccogliere credenziali.
Risposta di MITRE all’incidente
La risposta all’incidente ha incluso l’isolamento dei sistemi colpiti, la revisione completa della rete per impedire ulteriori diffusione dell’attacco, e l’introduzione di nuove suite di sensori per monitorare e analizzare i sistemi compromessi. Inoltre, l’organizzazione ha avviato una serie di analisi forensi per determinare l’entità del compromesso e le tecniche utilizzate dagli avversari.
Lezioni apprese e miglioramenti futuri
Questo incidente ha rafforzato per MITRE l’importanza di comprendere i comportamenti degli hacker come mezzo per sconfiggerli, spingendo l’organizzazione a creare tassonomie comportamentali che catalogano le TTP (tattiche, tecniche e procedure) degli avversari, che hanno portato alla creazione di MITRE ATT&CK®. Questo evento ha anche stimolato l’adozione del concetto di difesa informata dalle minacce, culminando nella creazione del Center for Threat-Informed Defense. L’incidente di sicurezza subito serve da monito per tutte le organizzazioni sulla necessità di mantenere sistemi di difesa aggiornati e proattivi, utilizzando le risorse come il MITRE ATT&CK, costantemente monitorato anche da CISA i cui bollettini sono riportati puntualmente da Matrice Digitale, per rimanere informati sulle ultime strategie degli avversari e su come contrastarle efficacemente.
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