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L’Italia del Nì: 100 appunti sul perché l’Italia è ferma e come può ripartire

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Esiste un’Italia in cui non ci riconosciamo più. Piena di bellezze naturali e di know how invidiati in tutto il mondo, da troppi anni la Penisola è al palo nei processi decisionali e riproduttivi. Servirebbe un’antologia per tracciare le problematiche che hanno portato a questo momento di sconforto nel Bel Paese, ma c’è chi è riuscito a raccontarci più di una verità storica in poche pagine senza tralasciare argomenti essenziali per rispondere alla domanda del perché siamo arrivati fin qui? Le tante risposte alle altrettante domande sono state fornite nel nuovo saggio di Gian Maria Fara, sociologo, accademico, e fondatore nel 1982 di una risorsa del nostro Paese come l’Eurispes.

L’Italia del nì, edito da Minerva, fornisce spiegazioni del passato per preservare la memoria di quello che dovremmo evitare di ripetere nel presente con l’auspicio di un futuro composto da solide realtà “made in Italy” e lo fa con un linguaggio comunicativo digeribile per qualsiasi lettore voglia comprendere molti aspetti della storia del nostro paese tramite un testo di 100 appunti, che ha il sapore di un volume di aforismi per la chiarezza dei suoi contenuti, come descritto nella prefazione di Michele Ainis.

L’Italia del Nì è la rappresentazione di un Paese attanagliato nella Burocrazia, quest’ultima diventata antagonista della politica e non un suo strumento per attuare una visione che duri tempo. Un territorio, quello della penisola italica, che compie un passo in avanti ed allo stesso tempo ne fa due indietro. Le colpe sono tante e non sono solo dell’apparato statale che dovrebbe avere a cuore lo slancio del paese, ma si denota la presenza di scelte politiche ed economiche sbagliate che hanno servito il Bel Paese ai cugini dell’Eurozona su un piatto d’argento, consentendo quello stritolamento finanziario e fiscale che ad oggi blocca la nazione e mette gli attuali politici nella condizione di esprimersi al futuro, con i “diremo, faremo, provvederemo”, trovando nelle emergenze dei validi alleati per deresponsabilizzare il da farsi nel presente e riciclare puntualmente il pedigree politico dinanzi ai propri elettori.

Nell’opera dell’autore si intravede una richiesta di aiuto nel preservare un ceto medio che non solo garantisce ad oggi, tra mille cavilli e difficoltà, il sostentamento di una nazione intera, ma la cui solidità rappresenta anche il perno di una democrazia salda sui propri principi costituzionali dimenticati oramai dalla maggioranza degli italiani indipendentemente dal ceto sociale di appartenenza.

L’autore si mostra anche premuroso nel fornire una soluzione ai problemi e cerca di trasferire al lettore la sua visione così elementare di valorizzare quello che il territorio offre: impraticabile, però, per via di ostacoli vari e di persone che hanno interesse a non vedere.

E mentre si legge di un paese stanco, assopito, ma non morto, Gian Maria Fara racconta con onore le eccellenze che la Nazione ha espresso in questi anni e che hanno fornito agli italiani la ricchezza patrimoniale personale più alta d’Europa. Decanta le tante aziende nella moda e nell’alimentare munite di un know how razziato indebitamente da realtà estere, fino a giungere a quel capitale umano espresso dai nostri medici che rappresentano il 50% degli “emigranti” al servizio delle strutture sanitarie europee.

L’Italia del nì può essere interpretato come l’auspicio di chi ha visto il Bel Paese fermarsi, che ne ha studiato approfonditamente gli errori commessi, ma che ha bene in mente il potenziale di un popolo che non può restare indietro ancora per sempre.

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