Editoriali
Utili idiodi e lobbisti alla corte di Google: ChatGPT alza bandiera bianca
E alla fine “il pensare a male” ha fatto azzeccare tutte le previsioni. Manca, come spesso accade, la pistola fumante, ma le coincidenze ci sono tutte ed erano state anticipate dalle diverse inchieste sull’operazione del Garante della Privacy contro ChatGPT.
L’intelligenza artificiale è stata messa a dura prova da un interesse globale di grandi multinazionali rimaste indietro allo strapotere di OpenAI nel settore dei ChatBOT e degli assistenti sviluppati con la tecnologia LLM.
Dopo il blocco dell’Italia, si sono aggregati molti paesi europei per porre un freno al rischio di ChatGPT cinque: versione che non vedrà mai la luce almeno per fine anno e che invece era stata promessa da società OpenAI come grande rivoluzione che avrebbe coinvolto per la prima volta in assoluto un’intelligenza artificiale generale.
OpenAI conferma: nessun GPT-5 in sviluppo per ora
GPT-5 rivoluzionerà il mondo dell’intelligenza artificiale in modo sorprendente
Proprio questa tecnologia annunciata sotto forma di indiscrezione di mercato con origine da fonti interne alla società di Altman, fondata con il contributo di Elon Musk, ha preoccupato una comunità di scienziati che ha sottoscritto una lettera di stop a tutte le intelligenze artificiali con tecnologia superiore alla versione 4 di GPT.
Garante Privacy ha sottoscritto la lettera di Musk, Apple e Wef prima di bloccare ChatGpt
L’aspetto inquietante di questa vicenda riguarda appunto il sospetto che, un mercato globale, da sempre molto attivo nel settore delle big tech, ad oggi affronta una crisi d’identità davanti al nuovo soggetto, è stato costretto a schierare l’intera rete di lobbisti, alcuni consapevoli ed altri meno seppur sempre utili idioti, nel settore della scienza, della ricerca e delle pubbliche amministrazioni che hanno goduto in questi anni di finanziamenti per i loro progetti di ricerca, incarichi e consulenze, che più volte sono stati definiti parte di una “Google mafia” o semplice “lobby Google” molto attiva anche in contesti extra statunitensi come l’Unione Europea.
Le lobby delle big tech hanno formato in questi anni un vero e proprio sistema di potere politico e democratico, chiamato technocrazia, ma a soffrire in primis di ChatGPT è Google e dopo la sfortuna di Altman, sta iniziando ad emergere sul mercato non solo come novità “commerciali”, ma anche con l’autorità di guidare il “gruppo di lavoro” da costituire per grarantire una regolamentazione del mercato delle intelligenze artificiali.
Sundar Pichai, CEO di Google, parla di Bard e del futuro della ricerca
Lo stesso Elon Musk, che ha provato a mettere le mani su OpenAI prima di sottoscrivere la lettera della Scienza con tutto l’universo WEF a cui si contrappone politicamente, almeno a parole, ha lanciato in questi giorni la sua TruthGpt.
Elon Musk lancia progetto ‘TruthGPT’: intelligenza artificiale alla ricerca della verità
Al netto dei buoni propositi, ci troviamo dinanzi all’ennesima operazione di controllo del mercato che trasforma governi e scienziati in stakeholder di interessi particolari. La versione più realistica sullo stop di Altaman nel proseguire l’addestramento potrebbe essere quella di aver esaurito i fondi per dotarsi di apparecchiature informatiche e strutturali, tanta acqua per il loro raffreddamento, non riuscendo a garantirsi la svolta alla versione 5 che avrebbe sbaragliato il mercato.
Intanto, Microsoft che ha speso 10 miliardi per integrare chatgpt, rischia di rubare il posto a Google con Bing su piattaforme Samsung, costando subito 55 miliardi di valore azionario a Big G. Spiccioli per una società che più volte ha dimostrato di saper esercitare influenza nei palazzi che contano anche oltreoceano nell’Europa dove l’Italia che ha per prima bloccato ChatGpt dopo Iran, Corea del Nord e Cina, guiderà il comitato Europeo sorto in contrapposizione ad OpenAI.
Chat GPT, Garante riceve osservazioni di OpenAI sul blocco e analizza proposte
Task force europea in azione su ChatGPT per la protezione dei dati personali
Singolare che il paese che per primo si è prestato ad esercitare un blocco verso la piattaforma è stato l’Italia con un provvedimento che tecnicamente, se adottato su scala europea, potrebbe arrestare l’implementazione di qualsiasi intelligenza artificiale presente sul mercato.
Il sistema ha salvato Google da una fine inesorabile, premiando la lungimiranza di Microsoft che stranamente non è stata raggiunta da nessun blocco e nessuna richiesta di chiarimento pur utilizzando ChatGpt nel suo motore di ricerca che vanta più clienti di OpenAi.
E ci dicevano che questa operazione era per il bene dei nostri figli e dell’intera umanità, ma è tutto più chiaro adesso: è a favore dei big player del mercato rimasti indietro nella scoperta della ruota del ventunesimo secolo.
Editoriali
Università, Israele e licenziamenti BigTech
Tempo di lettura: < 1 minuto. Una riflessione sull’eventualità di sospendere gli accordi nelle università italiane con progetti di ricerca israeliani
A distanza di un mese, l’Italia scopre il progetto Nimbus, di cui Matrice Digitale ne parla da più di un anno, dove Google fornisce un cloud ad Israele per il riconoscimento facciale di tutta la striscia di Gaza.
Essendo #Google una multinazionale, come tante altre #bigtech, si vanta di avere dipendenti maschi, femmine, gender fluid, cristiani, buddisti e pure musulmani.
Poi però licenzia i musulmani ed i bianchi pacifisti perchè partecipano a manifestazioni contro i progetti militari dell’azienda.
Vi sorprenderò: è giusto che lo faccia perchè sono interessi privati e se uno vuole vendere armi, anche quelle non convenzionali, può farlo.
Qui però entriamo nel merito delle Università che protestano per non sviluppare progetti di ricerca militari con l’una e l’altra nazione: questo dovrebbe sollecitare i rettorati ad aprire una riflessione sui progetti militari e l’art. 11 della ns Costituzione che tanto ripudia la guerra.
Quindi se sospendiamo i progetti militari dalle università, si risolve il problema?
NO, e sapete perchè?
E la cosa vera l’ha detta Bersani in questi giorni ad Otto e Mezzo: esistono tanti progetti accademici di secondo livello che propongono buoni propositi, ma in realtà chi li gestisce ha già presente il fine e l’impiego militare.
Editoriali
Apple vuole fregarti con lo spot dei 128GB di spazio iPhone: aspetta il 16
Tempo di lettura: 3 minuti. Scopri se 128GB di spazio su iPhone sono sufficienti per le tue esigenze e considera le alternative di iCloud per una gestione ottimale dell’archiviazione.
L’iPhone 15 promette “molto spazio per molte foto”, come evidenziato nell’ultimo spot di Apple. Tuttavia, la sufficienza dello spazio di archiviazione dipende dall’utilizzo specifico che ciascuno fa del proprio iPhone e dall’opzione di memoria scelta. La capacità di archiviazione base dell’iPhone 15 è di 128GB, un notevole aumento rispetto ai 64GB degli anni precedenti, riflettendo l’esigenza crescente di più spazio dovuta all’ampliamento delle abitudini digitali.
Fotografia e video in Alta Risoluzione
Con le capacità fotografiche dell‘iPhone 15 che includono foto da 48 megapixel e registrazione video in 4K, lo spazio richiesto per questi file ad alta risoluzione è sostanziale. Questi miglioramenti, sebbene accrescano la qualità dei contenuti catturati, consumano rapidamente la capacità di archiviazione locale, rendendo quello che una volta sembrava ampio spazio, ora insufficiente per le esigenze di molti utenti.
iCloud come soluzione?
iCloud di Apple offre una soluzione alle limitazioni di spazio dei dispositivi, con piani che vanno oltre i 5GB gratuiti – quantità decisamente insufficiente per la maggior parte degli utenti. I piani di abbonamento a pagamento di iCloud+ offrono 50GB, 200GB e 2TB di spazio cloud, arricchiti da funzionalità aggiuntive. Di recente, Apple ha introdotto opzioni per 6TB e 12TB di spazio, pensate per utenti con esigenze di archiviazione estese, sebbene queste opzioni comportino costi significativi e la dipendenza da una connessione internet per accedere ai file e ad un aumento di prezzi con contratti unilaterali.
iPhone storage vs iCloud
Mentre i modelli standard di iPhone 15 e iPhone 15 Pro partono da 128GB di spazio di archiviazione, Apple offre opzioni di upgrade a 256GB e 512GB, con un’ulteriore opzione da 1TB per l’iPhone 15 Pro, verificare su Amazon i prezzi e le diverse caratteristiche. Optare per un modello con capacità inferiore e integrarlo con spazio iCloud aggiuntivo potrebbe rivelarsi una scelta più economica e pratica, considerando il costo e la durata potenziale del dispositivo rispetto all’investimento in un iPhone da 1TB.
Il futuro dello spazio di Archiviazione su iPhone
Data l’attuale traiettoria, sembra ragionevole che Apple aumenti la capacità di base di tutti i suoi modelli di iPhone a 256GB nelle generazioni future, e si auspica anche una revisione dell’aliquota gratuita di 5GB di iCloud, per riflettere meglio le realtà del consumo digitale moderno.
Chi vi scrive non casca nella fregatura salvo rottura
Apple invita gli utenti a fare l’upgrade di cellulare un motivo chiaro: cambiarlo e fare cassa. Il messaggio è rivolto agli utenti di iPhone 12 e 13 con le versioni base da 128GB. Chi vi scrive ha un iPhone 12 Pro Max che ha cambiato dopo un 7 plus da pochi GB. L’iPhone non si cambia ogni anno, ma si cambia quando arriva la tecnologia di discontinuità. Nel caso del 7 plus e della versione 12, oltre allo spazio, ad una durata sempre inferiore della batteria, il motivo che mi ha portato al cambio di dispositivo è stato il 5G che ha modificato i tempi di consultazione del Web. Anche la fotocamera è stata gradita al passaggio, ma, dalla versione 12 in poi fino alla 15, c’è poco da aggiungere se non appunto questioni di spazio, qualche avanzamento tecnologico nella fotografia e magari un 5g più veloce per via dei modem nuovi.
Se Apple fa questa proposta ansiolitica, mettendo in mezzo il fatto che possiate perdere la memoria della vostra defunta madre, è perchè le vendite vanno molto male ed il mondo sta sfornando cellulari nettamente superiori con l’Intelligenza Artificiale integrata dove Apple sta scopiazzando per il prossimo modello perchè rimasta indietro.
Sappiate che potete sempre trasferire le foto di mammà sul vostro PC e poi valutare se spostarle nel cloud Apple dove comunque potreste essere costretti nel fare l’upgrade del cloud se ovviamente vorrete fare il backup del dispositivo online. Se avete un iPhone 12 o anche un 14, attendete il primo iPhone AI, il iPhone 16, che arriverà verso settembre. Varrà ancor di più la pena di spostarci anche i propri ricordi.
Editoriali
Buona Pasqua online dalla Matrice Digitale
Tempo di lettura: < 1 minuto. Auguri di buona pasqua dalla redazione di Matrice Digitale. Per il settimo anno di fila festeggiamo la santa ricorrenza della resurrezione
Un’altra Pasqua, la settima di fila, la trascorreremo insieme con le notizie di Matrice Digitale e le inchieste del mondo IT.
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Rinnoviamo gli auguri di Pasqua a voi ed ai vostri cari.
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