Inchieste
Agrius: l’Apt iraniano specializzato in wiper contro Israele
Tempo di lettura: < 1 minuto. Conosciamo il gruppo iraniano specializzato in wiper e che colpisce il Medio Oriente più occidentalizzato
Il gruppo Agrius, conosciuto anche come DEV-0227, BlackShadow, SharpBoys, AMERICIUM e Pink Sandstorm, è un’entità di minaccia avanzata (APT) collegata all’Iran, attiva dal 2020. Si è concentrata principalmente su attacchi di sabotaggio, distruzione e furto di informazioni, principalmente in Israele, Hong Kong e Sud Africa.
Una delle sue operazioni più significative si è verificata nel febbraio 2022, quando Agrius ha condotto un attacco alla catena di fornitura contro sviluppatori di software israeliani per diffondere un nuovo malware distruttivo chiamato “Fantasy”. Questo malware è stato utilizzato per attaccare aziende nel settore dei diamanti in Israele, Sud Africa e Hong Kong.
Fantasy è un wiper, un tipo di malware progettato per cancellare i dati di un sistema infetto. Si basa sul codice di un altro wiper noto come “Apostle”, precedentemente utilizzato da Agrius, ma a differenza di Apostle, Fantasy non tenta di mascherarsi come ransomware e inizia immediatamente a cancellare i dati.
Agrius ha utilizzato un altro strumento, chiamato “Sandals”, per diffondere e attivare Fantasy sui sistemi infetti. Sandals è progettato per connettersi ai sistemi sulla stessa rete tramite SMB, scrivere un file batch su disco che esegue il wiper Fantasy e quindi eseguire quel file batch tramite PsExec.
Il gruppo Agrius ha dimostrato un focus sui sistemi di aziende di vari settori, come le risorse umane, consulenze IT e il settore dei diamanti. Con la combinazione di tecniche avanzate, tra cui attacchi alla catena di fornitura e l’uso di wipers, Agrius rappresenta una minaccia significativa per le organizzazioni nei paesi bersagliati.
Inchieste
Hezbollah, guerra elettronica o cibernetica? Quando accadrà a noi?
Tempo di lettura: 5 minuti. Le esplosioni dei cercapersone di Hezbollah hanno innescato il dibattito pubblico sulla natura elettronica e cibernetica dell’operazione di guerra. La domanda è un’altra: quando e come accadrà a noi?
Un attacco coordinato ha causato l’esplosione di migliaia di cercapersone e walkie-talkie utilizzati da Hezbollah, provocando morti e feriti tra i membri del gruppo militante. Sebbene Israele non abbia rivendicato la responsabilità dell’attacco, molti esperti e analisti si sono divisi sulla natura dell’operazione, domandandosi se si tratti di guerra cibernetica oppure elettronica.
Cosa è esploso?
Il cercapersone alfanumerico AR924 rappresenta una soluzione avanzata per chi desidera espandere o aggiornare il proprio sistema di paging interno. Supportando frequenze UHF da 400 a 470 MHz e VHF da 100 a 174 MHz, il dispositivo è programmabile direttamente tramite password e dispone di un ampio schermo retroilluminato bianco per una lettura più confortevole. Grazie alle sue funzionalità flessibili e alla facilità d’uso, l’AR924 è ideale per diversi settori, come strutture sanitarie, ristoranti e ambienti industriali, garantendo un’esperienza di comunicazione efficiente e affidabile tanto da essere considerato una buona alternativa alla rete telefonica oppure ai canali Internet più moderni.
Come sono avvenute le esplosioni
Le esplosioni sono state innescate da una modifica software nei cercapersone, che ha permesso loro di detonare dopo aver ricevuto un particolare segnale inviato dalla leadership di Hezbollah. Le esplosioni, iniziate alle 15:30 di martedì, sono state seguite da una seconda ondata di esplosioni di walkie-talkie. Il risultato è stato devastante: 12 morti nella prima ondata e 14 nella seconda, con circa 2.800 feriti, molti dei quali hanno riportato gravi lesioni a mani e occhi e non sono tutti i terroristi o aderenti al gruppo di Hezbollah, ma anche civili tra cui molti bambini.
Gli esperti, tra cui Alan Woodward, professore di sicurezza informatica, ipotizzano che l’esplosione dei dispositivi possa essere stata innescata da un software che attivava la detonazione con un segnale predefinito. Questo meccanismo ha dato agli utenti il tempo di avvicinare il cercapersone al viso, aumentando così la gravità delle lesioni riportate.
Un piano ben orchestrato
Le indagini sul piano rivelano una preparazione meticolosa. Secondo Oleg Brodt, direttore dei Cyber Labs della Ben-Gurion University, l’operazione potrebbe aver coinvolto i produttori dei dispositivi o essere stata orchestrata attraverso la manipolazione del processo di fabbricazione.
I cercapersone utilizzati, prodotti da una società taiwanese, erano stati subappaltati a un’azienda poco conosciuta con sede a Budapest. Le ricerche indicano che chi ha condotto l’attacco conosceva i dettagli interni delle forniture di Hezbollah, tra cui un ordine di circa 5.000 cercapersone fatto a seguito di una direttiva del leader del gruppo, Sayyed Hassan Nasrallah.
La sofisticazione e l’ampia scala dell’attacco suggeriscono un’operazione preparata da mesi. Le esplosioni hanno paralizzato le comunicazioni di Hezbollah, colpendo duramente l’efficienza operativa del gruppo. L’attacco ha rappresentato un colpo umiliante per Hezbollah, già indebolito dall’assassinio del comandante militare di punta a luglio, e ha avuto un impatto profondo sulla società libanese.
Il dettaglio che è stato trascurato
Mentre ci si sforza nel trovare una risposta al come si possa aver rifornito un intero plotone di sostenitori di Hezbollah attraverso società di comodo, viaggi internazionali di esplosivi senza che fossero scoperti, c’è un fattore molto più elementare che potrebbe essere stato sottovalutato ed è quello dell’ingegneria inversa.
I Walkie Talkie esplosi in realtà non sono mai arrivati in Israele, ma partiti da Tel Aviv perchè fabbricati lì come testimonia un dirigente della Icom che non ha garantito l’originalità dei prodotti esplosi a suo marchio nelle mani dei soldati della resistenza libanese. Una dichiarazione di comodo oppure Israele ha smontato la tecnologia usata da Hezbollah, l’ha studiata e successivamente riprodotta falsificandone l’origine?
Escalation militare annunciata
L’operazione è stata sottovalutata da molti ed incensata da altri. Il successo dell’operazione non è stato nel numero di morti, ma, come illustrato già da Matrice Digitale in esclusiva, nello spianare la strada ad Israele nella sua escalation globale nel Medio Oriente che si è verificata. Mettere fuori servizio, perchè infortunati o deceduti, i componenti del gruppo fornisce un assist nell’effettuare un attacco militare diretto perchè gli avversari sono decimati ed in fase di cura.
Guerra cibernetica o guerra elettronica?
Nel mentre si discute sulla natura dell’attacco e se appartenga alla guerra cibernetica rispetto a quella elettronica, l’operazione israeliana è ascrivibile a quella elettronica perché il segnale di attacco è stato attivato attraverso un messaggio di tipo telefonico che ha attivato un dispositivo esplosivo interno inserito manualmente nella catena di produzione.
Nonostante il successo dell’operazione, l’attacco potrebbe aumentare il rischio di ritorsioni da parte di Hezbollah. Il gruppo ha promesso vendetta, e la possibilità di un’escalation delle ostilità tra Israele e Hezbollah si è concretizzata. Tuttavia, l’obiettivo di interrompere le comunicazioni di Hezbollah sembra essere stato raggiunto, e l’attacco, come previsto, è stato un preludio a ulteriori operazioni militari contro il gruppo.
Festeggiare oppure temere che accada anche a noi?
Nel mentre si incensa l’operazione israeliana, meritevole di aver costruito una rete produttiva capace di produrre, trasportare, consegnare e far esplodere un prodotto nelle mani dei nemici, pochi riflettono sul fatto che la maggior parte degli IOT nel mondo sia di fabbricazione cinese e senza aggiornamenti costanti. Non sarebbe difficile per uno stato straniero o per un gruppo terroristico con abilità cibernetiche avanzate prendere possesso ed effettuare operazioni simili anche solo attraverso l’aumento del voltaggio elettrico in modo tale da fondere fisicamente i dispositivi connessi alla rete Internet. Uno scenario di cui oggi in molti gioiscono, ma è difficile non immaginare che l’arma ad effetto usata dagli “amici” Israeliani non possa diventare un boomerang utilizzato dagli stessi cinesi che detengono la quota hardware di nuova generazione più alta connessa ad Internet su scala globale.
Se la Livio s.p.a., che ipoteticamente produce elettrodomestici, è soggetta a un attacco hacker, potrebbero verificarsi due scenari. Il primo è che i microfoni utilizzati per il comando vocale diventino spie costanti dell'attività svolta in casa, quando non solo si parla di amore, sesso e religione, ma anche di lavoro, salute e preferenze in genere.
Questo sarebbe il lato meno preoccupante; mentre quello che può essere decisivo, e nettamente negativo, è che la società Livio s.p.a., con sede a Pechino, dopo aver colonizzato con i suoi prodotti 500 milioni di abitazioni europee e americane, il giorno di Natale decida di far esplodere tutti gli elettrodomestici venduti e localizzati in determinate aree del globo.
Un guasto tecnico che potrebbe determinare morti e feriti, e la colpa sicuramente verrebbe data dalla società cinese a un attacco hacker, mentre, in contemporanea, l'estinzione di massa indebolirebbe i Paesi colpiti in favore del governo di Pechino.
Tratto da La Prigione dell'Umanità - dal Deep Web al 4.0 le nuove carceri digitali-Minerva Edizioni 2017
Mentre il lavoro svolto dagli Israeliani ha richiesto tempo perché sono dovuti intervenire su un dispositivo elettronico minandone le fondamenta fin dalla produzione, la sfida del futuro è iniziata da tempo e sarà presumibilmente molto più facile intervenire sui dispositivi digitali da remoto. Il problema, quindi, non è la differenza tra elettronico e digitale, ma quando ci sarà il prossimo attacco su scala globale di questo tipo? Chi saranno le prossime vittime? Noi che oggi festeggiamo oppure loro che hanno una penetrazione di dispositivi altamente distruttiva nei nostri ambienti quotidiani?
Inchieste
Apple sempre più in basso: crisi annunciata e pubblico deluso
Apple ha presentato l’iPhone 16 e tutta la serie Plus, Pro e Max, e la crisi è stata confermata dalla delusione generale del pubblico. La presentazione ha mostrato una società vecchia, stantia, che continua a propinare innovazioni in termini di salute e gestione dei dati e, allo stesso tempo, propone il suo modo di essere un’azienda carbon neutral che interessa pochi dopo il fallimento delle politiche green su scala mondiale. Nella sostanza
Apple non è stata in grado di stupire il suo pubblico.
Tant’è vero che si aspetta già l’iPhone 17 e le novità annunciate su telefoni ultra sottili e addirittura pieghevoli in un futuro non tanto vicino. Nonostante l’ottima velocità di ricarica e un sistema AI interessante per la gestione delle immagini presenti sul dispositivo e la elaborazione di quelle acquisite attraverso la fotocamera, il mercato offre un interesse generale verso prodotti meno costosi e anche più performanti sotto diversi punti di vista tra cui il prezzo.
Apple poco Intelligence
Il problema di Apple, come già detto in precedenza, è quello di non essersi evoluta nel campo dell’intelligenza artificiale. Una tecnologia che oggi copia da ChatGPT con cui ha un accordo ed è difficile prevedere che possa sganciarsi in futuro. Questo ha reso Apple indietro nel periodo storico delle AI, dove marchi concorrenti come Samsung, Huawei, Honor e Oppo sono molto più avanti e si giocano la carta della tecnologia proprietaria, che porta a miglioramenti più repentini consentendo di essere sempre avanti. Dal punto di vista del processore, Apple ne ha sviluppato uno nuovo, l’A18, che si articola anche in una versione più prestante come quella Pro con maggiori capacità neurali per sostenere Apple Intelligence.
Cupertino soffre il Sud-Est Asiatico
Un altro problema è l’insidia cinese. Sebbene in Cina si stia adottando una politica in cui i cellulari più performanti sono riservati solo al mercato interno, Apple è stata surclassata dalla presentazione del primo telefonino a tripla piegatura, il Trifold di Huawei Mate XT, avvenuta il 10 settembre: giorno successivo al suo evento. Qualsiasi innovazione presentata all’interno dell’evento “It’s Glowtime” di Apple è passata inosservata di fronte a questo vero salto tecnologico. Salto tecnologico in cui Apple, al momento, è assente, e si aspetta il 2025, se non il 2026, per vedere il primo pieghevole da Cupertino.
Analisti seri e non FanBoy: crisi Apple nota da tempo
Un’altra azienda che dovrebbe riflettere sui suoi limiti sempre più evidenti al pubblico affezionato, ma noti da tempo agli analisti seri, e per confermare le difficoltà attuali Apple ha presentato gli AirPods di quarta generazione non tanto sulla tecnologia dei suoi prodotti, bensì sulle caratteristiche di un servizio per gli anziani e per coloro che non hanno un udito perfetto, utilizzandoli come sostituti degli apparati uditivi. Questo aspetto dovrebbe far riflettere su come Apple stia cercando di vendere un prodotto altamente tecnologico che ad oggi non ha, puntando sui servizi da vendere ai suoi fan facendo breccia in un segmento, quello medico, dove è possibile avere dati e vendere beni immateriali.
A questo, si aggiungono alle poche novità proposte da iPhone, le difficoltà di espandere Apple Intelligence in Europa, dove incassa multe salatissime, nei tempi previsti per il lancio negli Stati Uniti, ma anche nel mancato lancio dell’Apple Watch Ultra 3, che sarà presentato nei prossimi mesi. Questa défaillance non è stata gradita da chi si aspettava un evento scintillante e pregno di tecnologia. Il lancio dell’Apple Watch Ultra 2 di seconda generazione non ha fatto altro che confermare le voci che, da mesi, Matrice Digitale ha proposto sotto forma di analisi: Apple non potrà fallire, ma gli investimenti sbagliati sul Vision Pro, che troverà utilità solo quando l’umanità sarà capace di accedere totalmente ai visori, e il ritardo con l’intelligenza artificiale, hanno messo l’azienda in profonda crisi tanto da mettere in discussione la dirigenza storica capitanata da Tim Cook che ha reso nell’ultimo periodo l’azienda “malata”.
Tuttavia, queste questioni interessano poco il consumatore, che oggi, invece di confermare l’upgrade del proprio iPhone, sta iniziando a riflettere su cosa acquistare: se un iPhone 16 Pro Max, un Samsung S24 Ultra, o addirittura attendere l’S25 Ultra, considerato uno dei migliori cellulari in arrivo, oppure optare per prodotti cinesi, che offrono prestazioni eccellenti, soprattutto nel campo della fotocamera e dell’intelligenza artificiale applicata alla fotografia ed ai servizi offerti da Google.
Apple punto di riferimento. Nel Design
Oggi Samsung copia Apple nel design e non si avvicina alle caratteristiche dei prodotti cinesi, nonostante la loro eccellente qualità. Honor, per esempio, ha preso in giro gli utenti Samsung perché il suo smartphone è molto più sottile del Galaxy Z Fold, anche se i cinesi hanno un problema con il design dei loro Flagship. Una fotocamera performante richiede un design più bombato e questo non piace agli utenti Apple. D’altra parte, mentre i cinesi producono dispositivi potenti con design imperfetti, Samsung cerca di somigliare sempre di più ad Apple, con l’obiettivo di rubare quote di mercato, soprattutto in Corea del Sud. C’è da dire però che gli utenti di iPhone 16 e 16 plus potrebbero trovare giustificato un upgrade che sui modelli più costosi non vale la pena.
Questa sfida conferma due dati: Apple è in profonda crisi di identità, Samsung punta al sorpasso nei mercati occidentali, e i cinesi stanno recuperando terreno tecnologico, rischiando di superare entrambe le aziende.
Inchieste
NAFO: i propagandisti di Kiev che minacciano il Governo
Il contesto della guerra cibernetica a margine del conflitto ucraino vede due attori sui social media che si affrontano dal 24 febbraio 2020: i NAFO e la propaganda russa.
I NAFO (North Atlantic Fellas Organization) sono un gruppo informale nato online che si distingue per il suo supporto all’Ucraina e la sua opposizione alla propaganda russa, soprattutto nell’ambito del conflitto tra Russia e Ucraina, ma non disdegnano l’appoggio a Israele nella sua operazione speciale controversa in quel di Gaza ed appoggiano le politiche europeiste dell’attuale establishment. Il movimento ha iniziato a prendere forma durante il conflitto del 2022, assorbendo alcuni pezzi della bestia di Salvini “facciamorete”, diventando noto per le sue attività sui social media, dove contrasta la disinformazione e la propaganda filo-russa attraverso meme, battute satiriche e interventi diretti sui post online.
Secondo la “leggenda“, la comunità NAFO è composta principalmente da utenti sui social media che si identificano come “Fellas” e che usano immagini del cane di razza Shiba Inu come avatar. Le loro attività includono la raccolta di fondi per le forze armate ucraine e la diffusione di contenuti che promuovono la causa ucraina. I NAFO agiscono in gran parte in maniera umoristica, ma hanno avuto un ruolo significativo nel contesto della guerra cibernetica per quel che riguarda la battaglia dell’informazione online. Si definiscono attivisti digitali, ma ci sono più riferimenti che li associano ai servizi di intelligence della NATO ai livelli più alti e godono di una rete internazionale composta da utenti autentici e botnet. Chi li definisce semplici attivisti digitali, commette l’errore di associarli solo alla parte “ludica”, ma c’è un aspetto che viene sottovalutato o appositamente ignorato ed è quello delle pressioni che esercitano sull’opinione pubblica non sempre con toni democraticamente e politicamente corretti.
I NAFO su X
Il contesto NAFO è sicuramente interessante per analizzare chi sono e cosa propongono coloro che alimentano in Italia la propaganda ucraina, russofoba e bellicistica che fa il gioco dell’ala più intransigente della NATO che spinge per l’escalation del conflitto. I NAFO in Italia non sono tanti. Secondo una analisi esclusiva di Matrice Digitale effettuata dal 1 gennaio 2022 al 31 agosto 2024, nel giro di due anni il dibattito alimentato dalle parole NAFO o Fella, oppure Fellas, ha realizzato complessivamente 197.067 tweet, racimolando 2.289.602 mi piace, 293.724 condivisioni ed un totale di 44.419 citazioni, scatenando 216.439 commenti. Un volume all’apparenza abbastanza limitato se consideriamo la portata di tutto il conflitto tra Russia e Ucraina sui social, ma questo dato dovrebbe far riflettere sulla qualità dell’impegno da parte degli stessi NAFO che si basa su una quantità di 3.500 utenti dichiarati circa (e cioè che presentano le parole chiave nei nick e nei nomi visibili) che hanno generato nella sola Italia 158.364 post, totalizzando 1.250.066 like, 138.509 condivisioni, 17.203 citazioni e solo 126.749 commenti. Considerando che 3.500 unità non sono poche se si considera l’attività quotidiana di rilancio, menzioni e commenti che hanno l’obiettivo di osannare o delegittimare a seconda dell’utente che entra nel vortice.
I NAFO più attivi in Italia
Un altro aspetto che non va sottovalutato è che ci sono 25 account che hanno totalizzato in tutto una miriade di tweet. Si parte da Alessandra Zardo che ne ha realizzati addirittura 16.138 in due anni e mezzo, seguita da Spunta bau con 14.077. In due anni possiamo affermare tranquillamente che hanno una media spropositata di almeno 20 tweet al giorno per la causa Ucraina in cui rientra anche The Sgnaus Fella. Gli altri 23 hanno totalizzato una media di minimo 4 tweet al giorno. In alcuni casi sarebbe opportuno domandarsi se si tratta di bot o semplicemente esseri umani al soldo di un qualche battaglione ufficiale o non dell’esercito regolare NATO.
I profili più commentati
Per quanto riguarda invece la questione dei commenti su cui si cimenta la comunità NATO, figurano dei nomi illustri come quello del Ministero degli Affari Esteri della Russia, e dell’hacker KimDotCom, che ha denunciato più volte l’inefficacia dei NAFO al di fuori della rete internet ed ha realizzato anche un video che dimostra come i link pubblicati su X verso YouTube perdono efficacia nell’engagement confinando il fenomeno alla sola X. Dall’altra parte del conflitto c’è ampio sostegno al Ministero della Difesa Ucraina che più volte ne ha ringraziato il collettivo per la sua attività e la Premier Estone Kaya Kallas: anche lei si è complimentata pubblicamente con la community dei NAFO per essere stata vicina all’Ucraina ed alla NATO nella lotta cibernetica contro la Russia.
Kimdotcom ha più volte parlato dei NAFO nei suoi tweet accusandoli di non essere solo una forza volontaria di partecipazione alla guerra cibernetica russa ascrivendoli all’apparato militare, ma ha anche denunciato che le loro attività sono utili nel far percepire alle persone chi è una fonte autorevole e chi non lo è all’interno di attività mirate su internet che premiano o denigrano coloro che si calano nel turbine delle opinioni del dibattito pubblico.
Chi ci guadagna e chi ci perde
Per capire chi siano gli obiettivi costanti dei NAFO e chi gode quotidianamente dei loro elogi e della loro protezione, Matrice Digitale ha stilato una lista dei profili, in ordine discendente per numero, più menzionati nel dibattito NAFO e questo lascia intendere molto al lettore sul perchè di alcuni fenomeni di blasone ed hatespeech su X saliti alla ribalta grazie alla propaganda attiva ucraina sul territorio del Bel Paese
Chi sono i più graditi dalla propaganda atlantista e pro Ucraina?
Non è stato difficile distinguere chi sono i giornalisti che parlano a favore delle operazioni militari di difesa e attacco dell’Ucraina, rispetto a quelli che esprimono pareri molto più vicini alle posizioni del Papa o anche dei russi in alcuni casi. Tra i giornalisti italiani che godono dell’aiuto e del supporto dei NAFO troviamo Daniele Angrisani di FanPage, Marco Fattorini, Jacopo Iacoboni de La Stampa, Giovanni Rodriguez del Foglio, Vladislav Maistrouk, unico ucraino, l’avvocato di Roberto Burioni, Stefano Putiniani, Stefania Battistini che per due anni ha seguito il conflitto da vicino per conto della RAI e congedata con le polemiche dopo l’esclusiva mondiale dell’operazione Ucraina in territorio russo. Troviamo anche il blogger Dario D’Angelo e l’ex Messaggero Cristiano Tinazzi.
Per quanto riguarda invece i soggetti considerati nemici dai NAFO, c’è il giornalista Andrea Lucidi puntato quotidianamente insieme ai profili di Matteo Salvini, Alessandro Orsini, e l’Ambasciata Russa in Italia. Compresa nel dibattito anche Giorgia Meloni che viene apprezzata per il suo aiuto a Zelensky, ma è vittima delle pressioni NAFO affinché si arrivi al conflitto diretto con Mosca. Il politico più gradito dagli attivisti è Carlo Calenda. Ci sono anche profili senza nome che partecipano attivamente alla propaganda dei NAFO in Italia, come Lunacharsky, Punto e Virgola, il Guffanti, la Bombetta Xenomorfa e anche Han Skelsen.
Tra i quotidiani più citati c’è Il “Fatto Quotidiano”, colpito quotidianamente dalle attività dei NAFO per la sua politica contraria alla Nato. Le notizie dell’Ansa, invece, vengono utilizzate per rilanciare gli avvenimenti sul territorio russo-ucraino, seguite dal giornale “La Repubblica” che secondo i NAFO ha atteggiamenti ambigui nel fornire notizie, nonostante sia percepito come favorevole all’Ucraina dall’opinione pubblica.
Analisi dell’autore
Per quanto riguarda la situazione dei NAFO, KimDotCom ha ragione quando sostiene che i NAFO attaccano coloro che non la pensano in un determinato modo ed inoltre c’è qualche collegamento tra movimenti di estrema destra e la comunità LGBTQ+ che stupisce se si fa un’analisi dell’ideologia politica che queste esprimono. Le valanghe di tweet, offese, denigrazioni e delegittimazioni hanno lo scopo di intimidire coloro che si trovano in un vortice di odio e questo è parte di una vera e propria operazione militare. Le pressioni avvengono non solo sugli organi di stampa, ma anche sul governo. Le pressioni su Meloni e Salvini ne sono la testimonianza. Nemmeno il ministro Crosetto è immune, essendo stato accusato di essere responsabile del massacro degli ucraini.
Oramai è nota a tutti la propaganda russa composta per lo più da bot scadenti e che ha ripiegato o su influencer a soldo del Cremlino o su tecniche di Typosquatting come emerso dall’ultima inchiesta dell’FBI, ma la situazione dei bot ucraini e della componente cibernetica che collabora con la Nato ci obbliga a ponderare anche le dichiarazioni che vengono proposte dalla componente antirussa e più vicina al nostro modo di pensare. Sebbene difendere l’Ucraina rappresenti gli interessi del Governo e dell’Occidente, dovremmo chiederci se chi sostiene Kiev e colpisce connazionali italiani con posizioni moderate o diverse rappresenti un rischio soprattutto se si considera il fatto della ramificazione dei servizi di intelligence ucraini, costola storica di quelli russi, attraverso l’ambasciata in Italia. Le accuse in rete verso connazionali dovrebbero essere tollerate ed allo stesso tempo considerate, e monitorate, dalle alte sfere della sicurezza nazionale. Le pressioni dei NAFO minano la libertà di espressione e quella di stampa se agiscono contro la società ed i suoi interpreti restando legittimo il loro intento di spostare l’opinione pubblica verso scelte che favoriscono l’industria bellica e una maggiore offensiva ucraina, anche se con il rischio di un’escalation militare.
Questa riflessione riguarda una minoranza che la pensa diversamente dalla maggioranza degli italiani, schierata contro la guerra e l’escalation del conflitto e nel caso la regia dei NAFO sia straniera, ci troveremmo in casa un caso di ingerenza straniera che tende a minare le attività di Governo, come nel caso di Crosetto soccorso dallo stesso Zelensky in visita al forum di Ambrosetti, e vorrebbe manipolare la coscienza critica di un popolo, quello italiano, che ha deciso da che parte stare secondo i sondaggi effettuati in questi due anni: contro la guerra.
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