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ESCLUSIVA – Software Spia nelle Procure: quando il vero complotto è frutto dell’incompetenza

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La trama sembra esserci tutta per comporre la sceneggiatura di un film di spionaggio della generazione Sci-Fi, ma la verità sembra essere molto più semplice ed agghiacciante dal punto di vista della nostra sicurezza nazionale. Da una indagine “interna” della Procura di Benevento, risulta che il software spia utilizzato per effettuare le intercettazioni fosse installato anche su soggetti estranei ad indagini degli inquirenti e della Polizia Giudiziaria. Su 800 intercettazioni verificate al momento, 230 sembrano essere “destituite di mandato”. Ed infatti tra le accuse mosse nei confronti del titolare della società, aggiudicatrice d’appalto per fornire la tecnologia del software spia “Exodus”, risulta anche il reato di “intercettazione illegale”. Bisogna precisare senza polemica, che in alcuni casi le intercettazioni iniziano senza che ci siano le autorizzazioni scritte e che queste vengano prodotte successivamente e, forse, anche dimenticate di essere stilate per semplice errore umano.

Chi ha letto la vicenda non può non aver avuto un flashback della questione “Occhionero”. Sbucati dal nulla ed arrivati nel mondo che conta della finanza, i due fratelli romani sono stati autori di una spystory davvero sconvolgente. Dipendenti, secondo contratti stipulati, anche del ministero del Tesoro Americano, gli Occhionero sono visibilmente cresciuti nel mondo della finanza che conta grazie ad un sistema di spionaggio che monitorava le conversazioni sensibili dei politici, ma soprattutto dei maggiori esponenti della finanza globale. Uno su tutti: Mario Draghi. Ascoltando le indiscrezioni, riuscivano ad inserirsi in tempo negli investimenti profittevoli del mercato. Questa storia è stata ampiamente raccontata nel volume, La prigione dell’umanità dal Deep Web al 4.0 – le nuove carceri digitali, per evidenziare, con qualche anno di anticipo rispetto agli eventi verificatisi, il problema di competenze tra stati in materia di cybersecurity cybercrime. Perché tutto quello che gli Occhionero intercettavano, secondo l’accusa, andava a finire sui server negli Stati Uniti dove nessuno ha avuto ancora accesso e non sappiamo realmente cosa ci fosse di così sensibile su quei server. 

Analogamente, in questa storia, sui server di Amazon negli Stati Uniti finivano le intercettazioni della Procura di Benevento in una piattaforma Cloud “general purpose” e quindi facilmente recuperabili da persone non autorizzate a consultare i files coperti da segreto istruttorio. Proprio la presenza del server in Oregon fa presagire la tipologia della piattaforma utilizzata per conservare i dati. Quando parliamo di contenuti, sia chiaro, stiamo descrivendo anche le intercettazioni afferenti ad indagini per mafia. Ed è qui che nasce l’altra ipotesi di reato come quella di accesso abusivo a piattaforma informatica.

Bene ha fatto la Procura di Napoli, titolare dell’indagine, a non avvalersi di consulenti esterni per motivi riferibili ad altre fughe di notizie ed è per questo che ha affidato ai ROS una operazione congiunta con la sezione crimini informatici della Guardia di Finanza e la Polizia Postale per “lavare i panni sporchi in famiglia”. Ma cosa c’è di realmente sporco in questa vicenda?

Un’altra cosa che, oltre alle responsabilità, pare debba essere chiarita, a frittata già fatta, è come e perché si sia affidata la gara a questa società. Perché in ambito informatico nessuno sa niente di questa grave falla ed è facilmente dimostrabile per un motivo in particolare. Se qualcuno ne fosse stato a conoscenza, i dati delle intercettazioni sarebbero già stati venduti a caro prezzo nei settori più oscuri della rete. Ed invece lo stupore che regna tra gli esperti del settore è proprio quello dell’incompetenza informatica con cui le Procure gestivano i loro processi di indagine tramite alcune società ad oggi sotto attenta verifica di indagine.

L’incompetenza dell’azienda aggiudicatrice ha generato un problema di natura nazionale, dove forse pochi e abili smanettoni sarebbero riusciti ad accedere a questi dati sensibili in silenzio. E quindi il problema risiederebbe tutto qui anche se giustamente ingigantito dal livello di sicurezza a cui i dati “non custoditi idoneamente” appartengono. E’ chiaro che bisognerebbe anche comprendere se queste falle erano studiate apposta per rendere consultabili in tempo reale queste informazioni a una cerchia o a una “entità” interessata ad approvvigionarsene.

Inoltre, si può tranquillamente precisare, senza sminuire il lavoro che le Forze dell’Ordine stanno facendo in fase di indagine, che il processo di “cinturazione” degli 80TB è stato possibile perché i proprietari dell’utenza usavano il cloud come repository per le intercettazioni e davano l’accesso a richiesta. Cosi quando gli investigatori italiani hanno dovuto recuperare il “bottino” non hanno avuto bisogno di effettuare una rogatoria internazionale, che ha invece ostacolato le indagini italiane sugli Occhionero, perchè le credenziali erano già state messe a disposizione. Un altro problema adesso degli inquirenti sarà quello di capire se questa mole impressionante di dati sia stata replicata in qualche altra piattaforma “anomala” o semplicemente di Backup.

Viste le premesse, il danno con buone probabilità sarà minore del previsto perché, da come sta emergendo la vicenda e sembrerebbe che la rete su Amazon Web Services fosse un colabrodo, ma non è proprio così visto che, in questo caso, le credenziali sono state date a molti e questo ha reso il sistema fragile. Inoltre, ci sarebbe da considerare l’ipotesi che il malware avesse le credenziali per scaricare i dati su AWS “cablate”, inserite nel malware Exodus praticamente, e questo ha consentito all’hacker NEX di reversare (decifrare) il codice del software malevolo utilizzato da molte Procure italiane. In questa storia di spionaggio che potrebbe portare a pensare ad un grande complotto ordito ai danni del Sistema Giustizia Italiano, risulta che, almeno per questa volta, sia tutto figlio di quella grande madre che aleggia nel Bel Paese con grandi ramificazioni nella Pubblica Amministrazione: l’incompetenza.

La cosa ancora più preoccupante in questi giorni, dal punto di vista di chi scrive, è la risposta che il Paese vuole dare sul fronte della Cybersecurity nostrana. Condividiamo le strategie del Patto Atlantico e viviamo quotidianamente una una esperienza interessante di Nuovo Ordine Mondiale nel contrasto al crimine informatico con gli altri paesi, ma contemporaneamente abbiamo aperto in pompa magna un centro della ZTE, compagnia ipertecnologica di proprietà del Governo cinese, come fonte di tutela del nostro spazio cibernetico così come dichiarato dai rappresentanti in materia della governance italiana.

E i nostri Servitori dello Stato cosa pensano visto che a breve non solo saranno monitorati dall’ONU, ma anche spiati dai Cinesi?

E la competenza italiana?

Continuerà a morire, questo è sicuro.

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Inchieste

XLoader/FormBook: analisi in esclusiva della crittografia e decrittografia del malware

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Tempo di lettura: 6 minuti. La società ha fornito in esclusiva per l’italia, l’analisi di un malware “stealer” utilizzato di frequente nell’ultimo periodo.

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Gli analisti di malware di ANY.RUN sono felici di discutere gli algoritmi di crittografia di XLoader, noto anche come FormBook con la redazione di Matrice Digitale. Insieme decifreremo le stringhe dello stealer e dei server C2.

Xloader è uno Stealer, successore di FormBook. Tuttavia, oltre alle funzionalità di base, sono interessanti anche gli approcci insoliti alla crittografia e all’offuscamento delle strutture interne, del codice e delle stringhe utilizzate in XLoader. Diamo uno sguardo dettagliato alla crittografia di stringhe, funzioni e richiami C2.

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Crittografia in XLoader

Innanzitutto, dovremmo ricercare 3 principali algoritmi crittografici utilizzati in XLoader. Questi sono gli algoritmi modificati: RC4, SHA1 e l’algoritmo di Xloader basato su una macchina virtuale.

L’algoritmo RC4 modificato

L’algoritmo RC4 modificato è un normale RC4 con livelli aggiuntivi di sottrazione sequenziale prima e dopo la chiamata RC4. Nel codice uno strato di sottrazioni ha questo aspetto:

       # transform 1
       for i in range(len(encbuf) – 1, 0, -1):
           encbuf[i-1] -= encbuf[i]

       # transform 2
       for i in range(0, len(encbuf) -1):
           encbuf[i] -= encbuf[i+1]

I byte del testo cifrato vengono sottratti l’uno dall’altro in sequenza da destra a sinistra. E poi vanno da sinistra a destra. Nel codice di XLoader appare così:

Funzione che esegue la crittografia RC4

L’algoritmo SHA1 modificato

La modifica SHA1 è una SHA1 regolare, ma ogni 4 byte viene invertita:

L’algoritmo della macchina virtuale di Xloader

L’ultimo algoritmo è una macchina virtuale che genera da uno a quattro byte di testo in chiaro, a seconda del byte corrente del testo cifrato. Di solito, questo algoritmo viene utilizzato come livello di crittografia aggiuntivo, che verrà discusso in seguito. La voce della routine di decrittografia della VM è simile alla seguente:

Un esempio di trasformazioni nella routine di decrittazione di una macchina virtuale

Decrittazione delle stringhe XLoader

Successivamente, esaminiamo come funziona la crittografia delle stringhe in XLoader. Tutti gli array di byte contenenti stringhe crittografate o informazioni sulla chiave si trovano in tipi speciali di BLOB.

Un esempio di trasformazioni nella routine di decrittazione di una macchina virtuale

Decrittazione delle stringhe XLoader

Successivamente, esaminiamo come funziona la crittografia delle stringhe in XLoader. Tutti gli array di byte contenenti stringhe crittografate o informazioni sulla chiave si trovano in tipi speciali di BLOB.

Funzione di generazione della chiave per decifrare le stringhe

Qui K1_blob, K2_blob e K3_blob sono funzioni che restituiscono dati dai blocchi descritti sopra e la lunghezza della stringa è un argomento per esse.

Le funzioni VM_Decrypt, RC4_with_sub_Layer e sha1_* sono algoritmi modificati che abbiamo discusso in precedenza.

Schematicamente, l’algoritmo di generazione della chiave può essere rappresentato dal seguente diagramma.

Qui E e K sono i dati e la chiave che viene alimentata all’input della funzione RC4, rispettivamente, e K1, K2 e K3 sono i dati ottenuti dalle funzioni K1_blob, K2_blob e K3_blob.

schema di generazione delle chiavi per decifrare le stringhe

Anche le stringhe stesse vengono archiviate come blob e sono coperte da due livelli di crittografia:

VM_decrypt

RC4 che utilizza la chiave ottenuta sopra.

Allo stesso tempo, RC4 non viene utilizzato per l’intero blob in una volta.

Dopo aver rimosso il primo livello, le stesse stringhe crittografate vengono memorizzate nel formato:

lunghezza stringa crittografata – stringa crittografata

Di conseguenza, per decrittografare le stringhe, dobbiamo eseguire un ciclo di questa struttura e decrittografare in modo coerente tutte le stringhe.

Funzione per decifrare le stringhe

Di seguito è riportato un esempio dei dati crittografati dopo aver rimosso il primo livello. Le coppie lunghezza/stringa per le prime 3 stringhe crittografate sono evidenziate in rosso.

Le prime 3 stringhe crittografate

Le stesse stringhe dopo la decrittazione:

Le prime 3 righe dopo la decodifica

Insieme alle stringhe crittografate, vengono memorizzate anche le esche C2. Si trovano sempre alla fine di tutte le stringhe decifrate, iniziando e terminando con le stringhe f-start e f-end.

Decrittazione dei server C2 di XLoader

Successivamente, vediamo come funziona la crittografia C2 principale. Il C2 principale si trova altrove nel codice, quindi puoi ottenerlo separatamente dalle esche C2.

Frammento di codice che dimostra la decrittazione C2.

Per decrittografarlo, oltre che per decrittografare le stringhe, vengono utilizzate 3 chiavi. Lo schema di decrittazione C2 è mostrato di seguito:

  • EC2 è il C2 crittografato
  • DC2 è il C2 decifrato

L’algoritmo stesso è un’applicazione sequenziale 3 volte dell’algoritmo RC4 con 3 chiavi diverse.

Schema di decrittazione delle esche C2

Inoltre, nelle versioni più recenti delle esche XLoader C2, che di solito si trovano insieme a tutte le altre stringhe, risultano essere coperte da un ulteriore livello di crittografia e, a prima vista, non è del tutto chiaro dove avvenga esattamente la decrittazione di queste stringhe .

Poiché XLoader ha diversi punti di ingresso, ciascuno responsabile di diverse funzionalità non intersecanti, con molte funzioni che risultano essere crittografate.

Le esche C2 vengono decifrate all’interno di XLoader iniettato in Explorer.exe. E in questo caso, viene passato a netsh.exe, che contiene anche XLoader tramite iniezione APC.

Il ciclo di vita C2 in diversi moduli XLoader

Per capire come viene crittografato un esca C2, prima di tutto è necessario capire come vengono crittografate le funzioni.

In realtà è abbastanza semplice. RC4 viene utilizzato come algoritmo di crittografia. Questa volta, la chiave è hardcoded e scritta direttamente nel codice e poi xored con la gamma a 4 byte.

Successivamente, dovresti trovare i puntatori all’inizio e alla fine della funzione. Ecco come si fa: un valore univoco di 4 byte viene inserito all’inizio e alla fine di ogni funzione crittografata. XLoader cerca questi valori e ottiene i puntatori desiderati.

Frammento di codice che dimostra la decrittazione della funzione

Quindi la funzione viene decrittografata, le viene dato il controllo e allo stesso modo cerca e decrittografa la funzione successiva. Ciò accade fino a quando la funzione con la funzionalità principale non viene decifrata ed eseguita. Quindi, le funzioni dovrebbero essere decifrate in modo ricorsivo.

La chiave per decrittografare le esche C2 è composta da 2 parti e viene raccolta separatamente in due diversi punti di uscita. Un punto di uscita ottiene la chiave protetta da 20 byte e il secondo ottiene la gamma da 4 byte per decrittografare la chiave.

Esempio di configurazione del malware XLoader estratto

Applicando gli algoritmi di cui sopra possiamo estrarre la configurazione da Xloader, inclusi C2, esche C2 e stringhe. Per tua comodità, abbiamo integrato l’estrazione automatica della configurazione di Xloader nella sandbox interattiva ANY.RUN: basta eseguire l’esempio e ottenere tutti gli IOC in pochi secondi.

Configurazione del malware estratta in ANY.RUN

Esempi di campioni eseguiti con successo:

Esempio 1

Esempio 2

Esempio 3

Riassumi

In questo articolo abbiamo discusso la crittografia in xLoader stealer. Si basa sia su componenti aggiuntivi di algoritmi esistenti sia su algoritmi scritti da sé.

La parte principale e complicata del processo di decrittazione è la generazione della chiave e il fatto che la funzionalità di XLoader è suddivisa in moduli che possono essere eseguiti in diversi processi. Per questo motivo, per estrarre le stringhe, dobbiamo decifrare il codice eseguibile, tra le altre cose.

Fortunatamente, ANY.RUN è già impostato per rilevare automaticamente questo malware, rendendo i relativi dettagli di configurazione a portata di clic.

Appendice

File analizzati

Campione con la nuova crittografia dei richiami C2

TitleDescription
NameMT10320221808-004. pdf.exe
MD5b7127b3281dbd5f1ae76ea500db1ce6a
SHA16e7b8bdc554fe91eac7eef5b299158e6b2287c40
SHA256726fd095c55cdab5860f8252050ebd2f3c3d8eace480f8422e52b3d4773b0d1c

Campione senza crittografia esche C2

TitleDescription
NameTransfer slip.exe
MD51b5393505847dcd181ebbc23def363ca
SHA1830edb007222442aa5c0883b5a2368f8da32acd1
SHA25627b2b539c061e496c1baa6ff071e6ce1042ae4d77d398fd954ae1a62f9ad3885
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Inchieste

Meta vuole sottopagare la Musica italiana, ma va difesa perchè la SIAE è il male

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Tempo di lettura: 3 minuti. Il paradosso italiano: firmare i contratti perchè c’è chi paga poco, ma paga. Anche se sottopaga pur avendo bisogno degli artisti del Bel Paese

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La scomparsa della musica italiana da Instagram e Facebook ha causato grande sconcerto tra gli utenti. Questo è avvenuto a seguito del mancato accordo tra il colosso dei social media, Meta, e la SIAE, l’ente che tutela i diritti d’autore degli artisti italiani. La licenza per l’utilizzo delle canzoni italiane è scaduta a gennaio, e Meta ha cercato di negoziare senza concedere alcun margine di compromesso, chiedendo sostanzialmente alla SIAE di accettare le loro condizioni senza garanzie.

Il governo italiano ha cercato di intervenire nella disputa, ma finora non è stata raggiunta alcuna soluzione concreta. Nel frattempo, gli utenti italiani sono impossibilitati dall’utilizzare la musica italiana nelle loro storie e reel su Instagram e Facebook. Questa situazione potrebbe indurre molti a passare al concorrente cinese TikTok, che ha già guadagnato una quota significativa del mercato nel 2022.

L’industria musicale italiana è gravemente danneggiata da questa situazione, in quanto il mercato digitale rappresenta l’83% dei suoi ricavi. Gli utenti italiani si trovano ora senza la possibilità di condividere la colonna sonora delle loro vite attraverso i social media, e ciò potrebbe portare a un calo dell’interesse per la musica italiana sia a livello nazionale che internazionale.

In sintesi, il mancato accordo tra Meta e SIAE ha creato una situazione difficile per l’industria musicale italiana e per gli utenti dei social media nel paese. Se non verrà raggiunta una soluzione, il settore musicale italiano e la sua presenza sulle piattaforme digitali potrebbero risentirne notevolmente, con possibili ripercussioni negative sulla promozione e la diffusione della musica italiana nel mondo.

Fino a qui, la ragione sembra trovarsi dalla parte della piattaforma statunitense che “offre” una opportunità di visibilità per quegli artisti che non hanno successo e nemmeno i soldi per promuoversi. La domanda è però un’altra: il patrimonio artistico culturale del nostro paese è più importante di una piattaforma commerciale statunitense?

La verità da parte di SIAE, che rappresenta molti artisti locali ma non tutti, è che l’offerta economica del social era stata già decisa a tavolino e non aveva margini di trattativa ulteriori. Il muro contro muro è una strategia che fa comprendere alla piattaforma come sarebbe il social senza la musica italiana.

Premesso che gli effetti sono visibili solo ed esclusivamente su testi italiani, su cantanti che appartengono a SoundReef, un’alternativa per gli artisti alla SIAE, o altre etichette e che questo giochi a sfavore non solo dei “deboli”, ma anche a grossi nome come la Pausini, c’è però da fare una considerazione sul perchè Soundreef sia migliore di Siae: solo perchè è presente su Facebook?

Contenuti senza musica o senza musica il nulla politico?

C’è poi il dettaglio dei contenuti: Facebook nasce come social di “foto” e “testo”, la musica è arrivata dopo con i video, ma è chiaro senza la musica, i contenuti della piattaforma perderebbero molto in termini di valore, qualità e gradimento. Questo dovrebbe far riflettere quante più persone sull’abbandonare la piattaforma senza maledire la SIAE che invece sta rappresentando un intero settore “sottopagato” come da anni avviene nel mondo della globalizzazione, diventata gigaeconomy, e che sta facendo emergere la vera realtà di un social che ospitava pensieri profondi ed idee politiche per essere diventato poi il modello perfetto di censura, controllo e manipolazione del pensiero occidentale.

Stesso discorso per Instagram, dove alle foto hanno fatto spazio video per lo più televendite di profili pornografici di Onlyfans, ma “Meta non era contro il porno?”, che avvicinano minori a profili a luci rosse e foto dove la musica non è richiesta per forza. Chi ha interesse affinché la SIAE svenda la musica al dandy americano? Solo chi non comprende che i social vivono di contenuti e dell’intelletto altrui ed è per questo che TikTok, paga tutti i creator a differenza di Facebook che ha una lista di influencer favoriti decisi anche dalla politica globalista e regole di ingaggio poco chiare e spesso rivelatesi scorrete per il mercato.

Azienda, piattaforma social o comitato d’affari?

Perchè il Governo dovrebbe intervenire? Per favorire gli americani di Zuckerberg a discapito dei cinesi per via di TikTok e della sciurezza del nostro paese?

E perchè non invece essere più sodale con YouTube che oramai, insieme a Spotify, è il metro preferito dall’industria musicale globale?

Sarebbe forse il caso di iniziare a valutare realtà come Meta per quello che sono, aziende presenti sul mercato che non hanno nè più nè meno di diverso rispetto alle altre e proprio per questo non meritano attenzioni particolari e possono tranquillamente gestirsi da sole senza troppi aiuti di figure governative comprensivi, fin troppo, forse al limite della connivenza.

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Inchieste

Killnet assalta gli ospedali e Phoenix colpisce missione EOSDIS della NASA

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Tempo di lettura: 4 minuti. Hanno monitorato tutti gli attacchi dal 18 novembre 2022 al 17 febbraio 2023, osservando un aumento da 10-20 attacchi giornalieri a novembre a 40-60 attacchi ogni giorno a febbraio

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Killnet è tornato ed ha hackerato la NASA dopo un periodo di silenzio a causa del grande successo avuto dei cugini di NoName057. Il collettivo di hacktivisti russi ha pubblicato dettagli e dati sulla missione spaziale della NASA prevista sul satellite della terra.

🤴 Il gruppo di hacker russi PHOENIX si assume la piena responsabilità di aver violato alcuni dei vostri sistemi.

Lo dico in modalità 🔴 in quanto ho fiducia in me stesso e nei vostri professionisti IT.

✔️На al momento abbiamo accesso a (i dati saranno aggiornati):

⚡️Данные dai satelliti della missione MMS
⚡️Учетные record degli utenti/specialisti di EOSDIS
⚡️Нескольо terabyte di dati di ricerca, schemi di veicoli spaziali, rapporti e documenti aziendali
⚡️SOON…

credenziali di login dei dipendenti

Nonostante Killnet si sia da sempre contraddistinta per gli attacchi di DDoS, questa volta invece ha giocato un ruolo diverso dal solito entrando nei server della NASA: l’ente di aviazione spaziale americana famosissima anche per i suoi sistemi di sicurezza informatici avanzati e a prova di intrusioni non solo di hacker bensì anche militari da parte di altri paesi. Un’attività a questa che dovrà essere smentita dall’ente statunitense oppure confermata, ma attualmente sono stati pubblicati i dati con relative password delle persone impegnate nel progetto e quindi si può affermare che danno permanente è stato fatto salvo smentite sulal qualità dei contenuti

Cosa è la missione EOSDIS?

EOSDIS, acronimo di Earth Observing System Data and Information System, è un sistema gestito dalla NASA per raccogliere, archiviare e distribuire i dati provenienti dai satelliti di osservazione terrestre e dalle missioni scientifiche aeree. L’obiettivo principale di EOSDIS è fornire un accesso semplice e veloce a una vasta gamma di dati e informazioni relative all’ambiente terrestre, all’atmosfera, all’oceano e alle aree glaciali e polari.

EOSDIS fa parte del programma Earth Science Data Systems (ESDS) della NASA e utilizza diversi centri di elaborazione e distribuzione dei dati, chiamati Distributed Active Archive Centers (DAACs), per archiviare e distribuire i dati a ricercatori, scienziati e altre parti interessate in tutto il mondo.

Tra i principali servizi offerti da EOSDIS vi sono la possibilità di cercare e scaricare dati e immagini, visualizzare mappe e grafici e accedere a strumenti di analisi per comprendere meglio le tendenze e i fenomeni legati all’ambiente terrestre e ai cambiamenti climatici.

L’allarme dagli USA: Killnet colpisce gli ospedali

Questa settimana, i ricercatori nel campo della cybersecurity hanno osservato che il gruppo di hacker pro-Russia noto come Killnet sta intensificando gli attacchi DDoS (Distributed Denial of Service) contro le organizzazioni sanitarie a partire dal novembre scorso.

Killnet è stato creato in seguito all’invasione della Russia in Ucraina nel febbraio 2022 e ha trascorso gran parte dell’ultimo anno lanciando attacchi DDoS contro governi e aziende di tutto il mondo. Sebbene gli attacchi siano per lo più un fastidio – mettendo offline i siti web per circa un’ora nella maggior parte dei casi – hanno suscitato preoccupazione all’interno del governo degli Stati Uniti, in particolare quando vengono lanciati contro infrastrutture critiche come aeroporti e ospedali.

Nei mesi recenti, il gruppo ha concentrato la sua attenzione sui siti web delle organizzazioni sanitarie, lanciando una campagna a febbraio che ha preso di mira ospedali in oltre 25 stati. La Cybersecurity and Infrastructure Security Agency (CISA) ha affermato che meno della metà di questi attacchi – che prevedevano l’invio di un’enorme quantità di richieste di pagina ai siti web presi di mira – ha avuto successo nel mettere offline i siti.

Venerdì, i membri del Microsoft Azure Network Security Team, Amir Dahan e Syed Pasha, hanno pubblicato un’analisi degli attacchi DDoS alle organizzazioni sanitarie utilizzando i loro strumenti di sicurezza.

“Le tipologie di organizzazioni sanitarie attaccate comprendevano il settore farmaceutico e delle scienze della vita con il 31% di tutti gli attacchi, gli ospedali con il 26%, le assicurazioni sanitarie con il 16% e i servizi e le cure sanitarie anch’esse con il 16%”, hanno dichiarato. Killnet ha solitamente provato due metodi diversi: creare molte connessioni diverse e cercare di mantenerle attive il più a lungo possibile per rendere inutilizzabile un sito web, oppure stabilire quante più nuove connessioni possibili in un breve lasso di tempo per esaurire le risorse.

“Killnet e i suoi avversari affiliati utilizzano gli attacchi DDoS come tattica più comune. Utilizzando script DDoS e stressor, reclutando botnet e utilizzando fonti di attacco contraffatte, KillNet può facilmente interrompere la presenza online di siti web e app”, hanno affermato i ricercatori. Servizi di protezione DDoS come Cloudflare hanno segnalato tendenze simili. Akamai, un’altra azienda che offre strumenti simili, ha pubblicato un rapporto il mese scorso che evidenziava un aumento significativo degli incidenti DDoS in Europa nel 2022, con un numero crescente di campagne che ora coinvolgono tattiche di estorsione. L’azienda ha anche avvertito che gli attacchi DDoS vengono ora sempre più utilizzati come copertura per vere e proprie intrusioni che coinvolgono ransomware e furto di dati.

Omer Yoachimik di Cloudflare ha riferito a The Record che la loro ricerca sulla campagna DDoS di Killnet nel settore sanitario indica che gli attacchi venivano “crowdsourced”, ovvero gli operatori di Killnet si rivolgevano ad altri gruppi e individui che utilizzano più botnet o metodi di attacco diversi. Anche la CISA ha dichiarato a The Record che gli incidenti DDoS sono diventati una questione prioritaria per l’agenzia, poiché cercano di proteggere le infrastrutture critiche.

“Il nostro personale regionale sta lavorando a stretto contatto con i nostri partner sul territorio e incoraggiamo tutte le organizzazioni, compresi gli enti statali e locali, a rimanere vigili e ad adottare misure per proteggersi”, ha detto il portavoce, facendo riferimento a una guida pubblicata insieme all’FBI a ottobre su come le organizzazioni possono ridurre la probabilità e l’impatto degli attacchi DDoS. Il portavoce ha aggiunto che per gran parte dell’ultimo anno, la CISA ha aiutato le organizzazioni a mitigare gli attacchi DDoS, in particolare quelli lanciati da Killnet. L’agenzia ha anche collaborato con diverse aziende tecnologiche per fornire risorse gratuite alle organizzazioni con finanziamenti limitati, al fine di aiutarle a ridurre l’impatto degli attacchi DDoS.

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