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Inchieste

Perchè il mainstream ripete le palle sulla tuta della Ferragni?

Tempo di lettura: 4 minuti.

Chiara Ferragni è stata scoperta nell’applicare un metodo di beneficenza che in realtà era uno strumento di marketing e comunicazione per poter piazzare il brand nel mondo dei media ottenendo guadagni economici e di immagine.

La influencer più importante d’Italia durante questo Natale ha provato a recuperare il rapporto con i fan, ma sembrerebbe che stia perdendo consensi anche tra i suoi investitori che non hanno gradito quanto diffuso dai media circa il Pandoro e le uova di Pasqua.

Nonostante le critiche piovute dai suoi seguaci, è rimasto qualche irriducibile che l’ha difesa parlando di invidia sociale oppure che ha precisato che tutti coloro che fanno beneficenza e sono famosi fanno così.

Numeri che non tornano

Può anche essere vero, la seconda opzione, ma non è giustificato che avvenga soprattutto se di mezzo ci sono bambini malati di tumore. Oltre al milione di euro devoluto in benficenza, alla possibile causa legale per truffa aggravata, Chiara Ferragni è stata sbugiardata anche sui numeri non solo dalla Balocco e dallo scambio mail avuto con l’azienda che lamentava poca beneficenza e molto cachet per l’influencer, ma alcuni influencer hanno calcolato il suo peso effettivo in 300.000 follower secondo le logiche di social media analysis e di conversione delle campagne pubblicitarie sui pandori.

Chi non vorrebbe avere 300.000 follower? Tutti, ma di certo non su 30 milioni di persone iscritte che si sono svegliate, nel suo video di scuse ed hanno visualizzato in 25 milioni il video.

Il pigiama delle scuse e la malafede

Chiara Ferragni dovrebbe iniziare a mostrare quali rapporti pubblicitari ha con la stampa giusto per informare gli utenti su chi sono i giornali amici con cui avviene scambio di soldi e di favori con il fine di pubblicare ogni sua notizia anche quando non fa notizia, ma soprattutto quando la notizia non c’è.

Da come vengono trattagli gli influencer dalla stampa, sarebbe opportuno declassificare la moda ed il gossip dal giornalismo, con la speranza che anche le grandi testate inizino a non prendere in considerazione la copertura di notizie che poi sono false e fomentano un successo che non c’è.

Nei giorni dei confronti della Ferragni, più di qualcuno che l’ha difesa ha sussurrato “tanto a lei che importa, hai visto che la tutina che aveva indosso ha fatto sold out in pochi giorni?”.

Da dove emerge questa notizia?

Una notizia riportata da diversi siti Internet di testate considerate affidabili come Sky, il Messagero, la rivista di Moda Elle e addirittura la Gazzetta dello sport nonostante il fisico della Ferragni non sia proprio esempio di attività sportiva.

Per fortuna che c’è qualcuno che si è informato ed ha fatto le verifiche del caso come Loredana Barozzino ed il risultato cade a sfavore non della Ferragni, ma dell’intera classe giornalistica italiana che ha dato una notizia, dal sapore commerciale in tutto per tutto, senza verificarla.

Secondo alcuni report, la tuta indossata da Ferragni in un video di scuse sarebbe andata sold out dopo la pubblicazione del video stesso. Tuttavia, un’indagine più approfondita rivela una realtà diversa, mettendo in luce le dinamiche tra notizie autentiche, interpretazioni errate e fake news.

Verità sul Sold Out

Contrariamente a quanto riportato da tutti i media, la tuta Laneus, prodotta da Daddato SpA, un’azienda pugliese, era già sold out prima della pubblicazione del video di Ferragni. Questa informazione è stata confermata direttamente dalla Daddato, smentendo le notizie che attribuivano il sold out all’effetto Ferragni.

La trasformazione della notizia

La narrazione intorno alla tuta di Ferragni ha subito diverse trasformazioni nei media. Da una semplice osservazione del sold out, alcuni articoli hanno iniziato a suggerire che il fenomeno fosse una conseguenza diretta del video dell’influencer. Questa interpretazione è stata poi amplificata e distorta, trasformandosi in una fake news che attribuiva erroneamente il sold out all’influenza di Ferragni.

L’Impatto sui Media e l’opinione pubblica

Questa vicenda ha sollevato questioni importanti riguardo l’affidabilità e la responsabilità giornalistica. La diffusione di informazioni non verificate o interpretate in modo ambiguo ha portato a una diffusione di notizie fuorvianti, generando confusione e disinformazione tra il pubblico.

Il caso della tuta di Chiara Ferragni evidenzia la sottile linea tra realtà e percezione nei media. Mentre la verità sulla disponibilità della tuta è stata chiarita dopo 7 giorni dallo stesso direttore di Open Franco Bechis, prima testata a smentire la notizia falsa dopo averla data, la vicenda lascia aperte questioni sul ruolo dei media nella formazione dell’opinione pubblica e sull’importanza di una verifica accurata delle informazioni.

In questo contesto, il giornalismo italiano si trova di fronte alla sfida di ristabilire la fiducia e l’integrità nell’era dell’informazione digitale.

Un assist a Meta sfruttando le regole d’ingaggio di Google

Parlare bene della Ferragni serve a salvare l’icona di Meta e parlando bene dell’idolo social di Instagram è servito a ripulirne l’immagine per quanto possibile sfruttando allo stesso tempo le regole d’indicizzazione di Google che premia le notizie che si copiano a vicenda ed uniformano il titolo in tendenza. E’ successo lo stesso dinanzi lo scandalo Sanremo dove la Rai è stata multata per pubblicità occulta ed allo stesso tempo si è provato a nascondere l’illecito amministrativo aggravato dalla presenza unica nella storia del Festival del Presidente della Repubblica.

L’aspetto più avvilente della vicenda resta il fatto che, dinanzi ad una operazione verità riuscita grazie al lavoro di pochi giornalisti “invidiosi sociali” o “contro corrente per partito preso“, si è subito provato a nascondere eventuali colpe mostrando un successo di marketing, comunicazione e brand reputation che in realtà sta subendo diverse perdite in termini di prestazione e reputazione con lo spettro di una sopravvalutazione di mercato.

Cultura digitale sotto attacco

In una società moderna così preoccupata per i suoi giovani sempre più attratti dal successo che da un lavoro o dallo studio, il messaggio fornito da questa notizia falsa è stato quello che “si può fare beneficIenza, scritto così dalla stessa influencer, approfittarsi dei bambini malati non è sbagliato perchè lo fanno sicuramente tutti e che l’importante resta il successo sui social insieme ai soldi: l’unico valore che conta”. Anche quando si deve comprare una tuta soldout, magari pagandola al triplo del prezzo perchè introvabile.

Di Livio Varriale

Giornalista e scrittore: le sue specializzazioni sono in Politica, Crimine Informatico, Comunicazione Istituzionale, Cultura e Trasformazione digitale. Autore del saggio sul Dark Web e il futuro della società digitale “La prigione dell’umanità” e di “Cultura digitale”. Appassionato di Osint e autore di diverse ricerche pubblicate da testate Nazionali. Attivista contro l’abuso dei minori, il suo motto è “Coerenza, Costanza, CoScienza”.

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