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Garante Privacy: sul cookie wall fa il gioco dei social e dei grandi gruppi editoriali

Tempo di lettura: 4 minuti. I dati dei lettori diventano il prodotto quando il servizio è gratuito? Che sia l’inizio per facilitare anche Meta nella gestione del tracciamento degli utenti?

Tempo di lettura: 4 minuti.

Continua l’avanzata delle società editoriali italiane nell’applicare il metodo Facebook ai siti di informazione che dipendono da testate giornalistiche. Quello che sta avvenendo nel mondo dell’informazione è semplicemente una richiesta di aiuto nei confronti del Garante della Privacy contro delle norme in favore di coloro che navigano i siti in modalità gratuita. Non è un caso infatti che il Garante abbia richiamato le aziende editoriali nel rispettare le regole che riguardano il tracciamento degli utenti attraverso il cookie wall, facendo intendere che quanto stabilito dalla normativa europea sia un faro da seguire. Desta scalpore il fatto che non si considera il mercato pubblicitario attuale e nemmeno il fatto che alcune aziende per anni hanno goduto di un vantaggio dove il prodotto venduto erano proprio i dati degli utenti ai fini pubblicitari.

L’informazione ha un costo, meglio che resti nelle possibilità di pochi?

La normativa vigente non crea fastidi solo ai grandi editori, ma è una falce nei confronti delle piccole aziende del settore dell’informazione che subiscono forti perdite dal mercato pubblicitario già risicato di suo. Se lo stesso problema lo sta avendo anche Facebook in virtù del fatto che c’è la possibilità di non tracciare le proprie preferenze una volta che si è connessi al social network più famoso del mondo, immaginiamo cosa può invece generare questa limitazione su aziende di un settore che ha sempre vissuto di contatti pubblicitari. Perché al netto dei motori di gestione dei banner, che ricordiamo essere in una bolla di monopolio in capo alla piattaforma AdSense di Google, sarebbe possibile vendere spazi privatamente portando in dote i contatti degli utenti che ogni mese navigano sui siti, compresi dati che illuminano eventuali investitori sulla provenienza e sui contenuti che preferiscono. L’attuale sistema non solo ha tagliato fuori temporaneamente dal mercato la gestione degli Analytics di Google sempre per nome per conto di una maggiore libertà della privacy, ma ha ridotto la possibilità per i siti di informazione di affidarsi a metriche precise sul numero effettivo di utenti che navigano e sfogliano le notizie ogni giorno.

“A chi figli e chi figliastri” il Garante ascolta i grandi gruppi, ma ignora quelli piccoli

Non sorprende invece che ci sia stata una presa di posizione improvvisa da parte dei grandi gruppi editoriali che dialogano costantemente con il Garante della Privacy mettendo una condizione di soggezione nei confronti dell’Ente i “piccoli” e non hanno modo di alzare la voce per far valere delle ragioni che già in precedenza segnalavano una falce sulle capacità commerciali dei grandi colossi, che a catena avrebbero distrutto un settore intero. L’impossibilità di avere dei dati attendibili, in controtendenza con quelle che sono le direttive della società futura che invece ha bisogno di acquisire quanti più dati possibili , fornisce una cristallizzazione sia del mercato editoriale sia di quello pubblicitario negando allo stesso tempo l’ascensore sociale virtuoso a nuovi soggetti editoriali che potrebbero offrire un servizio migliore di quei poteri nel settore dell’informazione che per anni si sono consolidati grazie anche ad uno storico acquisito.

L’esempio più interessante da portare al lettore è quello in cui un giornale come Repubblica senza contatti reali, conserva comunque il proprio brand da poter vendere sul mercato a differenza invece di una testata come Matrice Digitale che ha bisogno di vendere i suoi contatti ed una eventuale crescita progressiva nel tempo con il fine di affermarsi nel segmento di informazione sul quale si attende degli investimenti pubblicitari da terzi.

Repubblica prima, poi gli altri, c’è una regia sull’iniziativa editoriale?

La lotta portata avanti da Repubblica, seguita anche dal Corriere Della Sera, dall’esterno fa intendere che non è stata improvvisa, bensì che qualcuno abbia mostrato la via per ottenere una rimodulazione della normativa vigente o una sorta di elusione, che in realtà sarebbe anche sbagliato definire così perché potrebbero sussistere a prescindere i requisiti di legge. Il Garante avviato una istruttoria nella quale dichiara:

Per valutare la liceità delle recenti iniziative di alcune testate giornalistiche on-line che subordinano l’accesso ai loro contenuti al consenso a trattamenti di profilazione (attraverso cookie o altri strumenti di tracciamento) o, in alternativa, al pagamento di una somma di denaro. L’Autorità ha infatti rivolto ai maggiori gruppi editoriali nazionali specifiche richieste di informazioni in grado di chiarire, in particolare, le modalità di funzionamento del meccanismo in questione e le diverse tipologie di scelte a disposizione dell’utente. Ma ha chiesto anche di fornire tutti gli elementi utili a dimostrare che la normativa in materia di protezione dei dati personali sia stata rispettata, innanzitutto riguardo alla correttezza e alla trasparenza dei trattamenti e al fondamentale requisito della libertà del consenso. Sotto la lente del Garante anche le valutazioni di impatto eventualmente effettuate dai gruppi editoriali, come pure le analisi e i criteri adottati per la determinazione del prezzo dell’abbonamento alternativo al servizio disponibile mediante prestazione del consenso.

Il Modello Facebook dalle Istituzioni che lo definiscono “sbagliato”

Quello che il modello Facebook ha espresso nel corso degli anni seppur sia stato ridotto di molto dalle ultime modifiche in materia, risulta essere corretto nei confronti di coloro che investono in progetti editoriali che hanno lo scopo di mantenersi da soli con la vendita degli spazi commerciali anche con il solo numero di contatti senza le loro preferenze. Gli investitori pubblicitari sono sempre più interessati ad ottenere degli spazi sempre più indicati per i prodotti che piazzano ed è per questo che si affidano alla profilazione degli utenti che ne sono interessati. Testate di blasone con un modello di business nelle edicole oggi non hanno molte difficoltà nel riproporre lo stesso modello sui siti Internet così come hanno uno zoccolo duro di clienti che comunque continueranno ad acquistare l’abbonamento in formato digitale.

Garante segugio o seguace dei grandi media?

Lascia invece perplesso il fatto che questa iniziativa tenda a tutelare ancora una volta i pesci grossi dell’informazione, aggiungendosi al Digital Services Act dell’unione europea che prevede l’istituzione di un “Ministero della Verità” che deciderà anche quali sono i contenuti meritevoli di monetizzazione rispetto a quelli che non dovranno godere del finanziamento del mercato pubblicitario. Fa ancora più riflettere il fatto che la stessa Repubblica, promotrice dell’iniziativa nei confronti della legge che norma i Cookie Wall, nei giorni precedenti abbia dichiarato un piano editoriale nel quale verrà dato maggiore spazio ai SEO per consentire una maggiore indicizzazione dei contenuti all’interno della rete. In virtù di questo ragionamento secondo un superficiale calcolo matematico, non sarebbe improprio ed irrispettoso pensare che al Garante della Privacy ci sia una tendenza nel traghettare gli interessi dei grandi ad una “giusta” rappresentanza rispetto al ruolo politico che dovrebbe garantire l’intero mercato senza distinzioni. E se si fa un’analisi di chi ha messo le mani sul Ministero della Verità, acquisiamo un ulteriore coincidenza del quotidiano La Repubblica, attraverso la rappresentanza del gruppo a cui fai riferimento e precisamente GEDI, più di un sospetto, iniziano a maturare delle coincidenze.  Compresa quella degli accordi privilegiati che da tempo Gedi ha con la stessa Facebook a cui il Garante non ha inflitto sanzione dopo che sono stati violati gli account personali di quasi tutti gli italiani.

Fermiamoci qui, questa volta.

Di Livio Varriale

Giornalista e scrittore: le sue specializzazioni sono in Politica, Crimine Informatico, Comunicazione Istituzionale, Cultura e Trasformazione digitale. Autore del saggio sul Dark Web e il futuro della società digitale “La prigione dell’umanità” e di “Cultura digitale”. Appassionato di Osint e autore di diverse ricerche pubblicate da testate Nazionali. Attivista contro la pedopornografia online, il suo motto è “Coerenza, Costanza, CoScienza”.

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