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Israele, Polizia nella bufera. Pegasus utilizzato per spiare politici, burocrati e civili

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Il ministro della polizia israeliano ha annunciato la formazione di un’inchiesta dopo una inchiesta giornalistica che in esclusiva ha riportato l’utilizzo della polizia dello spyware Pegasus contro una vasta gamma di figure pubbliche, tra cui politici di destra e sinistra, uomini d’affari, funzionari e attivisti.

Pegasus, uno strumento di hacking per telefoni cellulari prodotto dall’israeliano NSO Group, è stato usato per “fare phishing di informazioni anche prima che qualsiasi indagine fosse stata aperta contro gli obiettivi, e senza mandati giudiziari“, sostiene il giornale Calcalist in un rapporto senza fonti.

Tra gli obiettivi c’era il figlio dell’ex primo ministro Benjamin Netanyahu, Avner, e altri membri della sua cerchia ristretta, tra cui figure che hanno fornito prove contro Netanyahu nelle indagini di polizia sulla corruzione.

Omer Barlev, il ministro della polizia, ha detto che stava istituendo una commissione d’inchiesta a livello di gabinetto. “Non ci saranno tali mancanze sotto la mia sorveglianza“, ha twittato riguardo le accuse di Calcalist, gettandole come precedenti all’attuale governo.

Almeno tre dei colleghi di gabinetto di Barlev hanno chiesto una commissione d’inchiesta più indipendente ed extra-governativa.

Commentando il rapporto alla Radio dell’Esercito, Avner Netanyahu ha dichiarato di essere “sotto shock… A quanto pare non importa se sono coinvolto o meno nella politica – succederà anche a te“.

Gli avvocati di Benjamin Netanyahu, che nega di aver commesso reati, hanno sollecitato la sospensione del procedimento contro di lui.

Calcalist ha scatenato una feroce tempesta politica il mese scorso, quando ha affermato che la polizia ha condotto intercettazioni telefoniche senza mandato su cittadini israeliani, compresi politici e attivisti, utilizzando lo spyware Pegasus.

Il primo ministro, Naftali Bennett, che ha spodestato Netanyahu a giugno, ha ritenuto le ultime scoperte di Calcalist molto gravi, se vere anche perchè Pegasus e strumenti simili sono strumenti importanti nella lotta contro il terrorismo e la criminalità grave, ma non erano destinati ad essere utilizzati in campagne di phishing rivolte al pubblico o ai funzionari israeliani, ed è per questo che abbiamo bisogno di capire esattamente cosa è successo“, ha detto.

Il commissario di polizia, Kobi Shabtai, ha risposto che qualsiasi “irregolarità e mancanza dovrebbe essere trattata secondo la legge“.

Tra gli obiettivi presi di mira secondo il giornale autore dell’inchiesta c’erano anche i capi di un certo numero di dipartimenti governativi, compresi i ministeri dei trasporti, delle finanze e della giustizia, così come i coloni della Cisgiordania che sarebbero stati intercettati prima delle evacuazioni di avamposti illegali da parte delle forze di sicurezza.

Calcalist ha detto che altri obiettivi includevano Rami Levy, che gestisce una catena di popolari supermercati discount, un alto funzionario sindacale delle Israel Aerospace Industries, giornalisti tra cui l’ex caporedattore del sito di notizie Walla, e i leader dei movimenti di protesta per i diritti degli Etiopi e dei disabili.

Commentando l’ultimo rapporto, il presidente israeliano, Isaac Herzog, ha detto: “Questo non è un giorno facile. Le forze dell’ordine non possono essere negligenti quando si tratta di seguire la legge. Non dobbiamo perdere la democrazia e nemmeno la polizia. Certamente non dobbiamo perdere la fiducia del pubblico in loro. Questo richiede un esame approfondito e fondamentale“.

Il ministro dell’interno di destra del paese, Ayelet Shaked, è stato ugualmente dannoso. “Se queste cose sono giuste, allora stiamo parlando di un terremoto, atti che si adattano a regimi oscuri del secolo precedente che non dobbiamo essere come loro“, ha detto Shaked.

L’intrusione di massa nella privacy di molte persone è un’illegalità che deve essere fermata oggi. Una commissione d’inchiesta esterna è necessaria. La Knesset e tutto il pubblico meritano risposte, oggi“.

Il rapporto suggeriva che, tra le giustificazioni per le intercettazioni, figuravano le accuse che i funzionari dei ministeri facevano trapelare materiale ai giornalisti, il controllo incrociato delle prove nelle indagini e nel caso degli organizzatori di proteste la necessità di vedere quali incroci stradali potevano essere bloccati.

NSO ha già detto che tutte le sue vendite sono autorizzate dal governo e che non gestisce direttamente Pegasus.

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Inchieste

ACN finalista su LinkedIn: spegnetegli i social

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“A pensar male ci si azzecca” diceva qualcuno di molto importante nella storia del nostro Paese.

L’Agenzia della Cybersicurezza Nazionale ha venduto sui social un grande successo che in realtà ha confermato una grande parte delle critiche mosse al suo ufficio di comunicazione da molti esperti informatici del Paese. Molta fuffa, molta politica, tantissima comunicazione e grande autoreferenzialità all’interno dei social network, ma pochissima sostanza.

Durante un periodo in cui l’ente è finito in un turbine di polemiche in seguito ad attacchi informatici da ogni dove, tra l’altro che hanno interessato più volte gli stessi obiettivi, c’è chi sui social ha pensato di vendersi l’essere rientrata tra i finalisti in un contest organizzato da LinkedIn.

Sì, proprio quella piattaforma utilizzata dall’Agenzia per una comunicazione “uno a molti” dove dipendenti dello Stato hanno più volte dato patenti di ignoranza ad esperti informatici che hanno dimostrato di aver svolto il ruolo delle “cassandre” e li ha offesi o addirittura minacciati via mail quando è stato segnalato un bug al CSIRT. LinkedIn, di proprietà della Microsoft che ha stipulato con l’ex direttore Baldoni un accordo per formare 100.000 esperti informatici nei prossimi anni a botte di certificazioni Microsoft, ha inserito tra i finalisti l’ACN per aver speso speso più tempo sul social network a dirsi di essere “bella e brava” ed “innovativa” senza però risolvere concretamente i problemi del paese per i quali è stata costituita.

Speriamo vinca il premio finale, altrimenti oltre ad aver messo in cattiva luce le proprie capacità pratiche, la beffa di non portare a casa il mongolino d’oro sarebbe il colpo finale ad un’attività di comunicazione per un ente totalmente tecnico che dovrebbe spegnere i social ed occuparsi della sicurezza cibernetica in Italia.

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Inchieste

Sanremo multato per il conflitto di interessi della Ferragni con Meta

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Tempo di lettura: 3 minuti. Un mese a contestare i giornalisti, per aver fornito una lettura sul modo di fare affari dell’influencer, per poi ritornare a seguirne le televendite sugli organi di informazione

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“Perché ce l’avete con la Ferragni?”

“Siete invidiosi per il solo fatto che lei ce l’ha fatta?”

Queste sono alcune delle opposizioni, alcune argomentate da offese, che sono giunte alla redazione per aver mostrato giornalisticamente il conflitto di interessi di Chiara Ferragni al festival di Sanremo.

L’influencer digitale, ha rinunciato al suo cachet da 50.000 € ed è stata acclamata dal grande pubblico per questa iniziativa che in realtà si è dimostrata un atto dovuto per consentire al circo Ferragnez di incamerare indisturbato maggiori introiti al Festival dando visibilità alle aziende che hanno imposto non solo una linea commerciale, bensì anche una ideologica.

Molte persone, abituate a seguire la coppia dalla mattina alla sera nelle proprie attività commerciali che vengono spacciate come contenuti giornalistici dalle testate, anche quelle più prestigiose, che si occupano anche di gossip e di spettacolo, non sono riuscite a comprendere che le denunce giornalistiche hanno riguardato una promozione “gratuita” di Instagram all’interno del festival più importante in termini di visibilità d’Italia, dimostratosi un’operazione subdola e scorretta secondo i regolamenti in vigore nella giustizia civile. Non è un caso infatti che gli autori del Festival di Sanremo hanno dapprima impostato la difesa su due livelli temporanei non riuscendo a convincere il collegio giudicante dell’AGCom. In primo luogo hanno detto che era una gag improvvisata tra l’autrice, nonché imprenditrice chiamata sul palco dell’Ariston grazie al successo ottenuto su Instagram e gli autori del format televisivo si sono detti all’oscuro compreso il conduttore e direttore artistico Amadeus. La verità ci ha messo poco a venire a galla e si è scoperto che l’evento Instagram fosse presente in scaletta e quindi nessun effetto sorpresa se non perché venduto come tale ai telespettatori della prima serata.

Successivamente, in seguito ad una scansione dei contratti pubblicitari, dove non è chiaro se fossero presenti accordi con Meta o se ci sia stata una pubblicità occulta fatta dalla Ferragni in combutta con gli organizzatori e responsabili del festival di Sanremo. Indipendentemente dalla presenza o meno di contratti, non è stato esplicato in quel momento che ci fosse un riferimento pubblicitario dovuto sia nell’uno che nell’altro caso.

In sintesi, il problema non è che Matrice Digitale o altri quotidiani sono stati invidiosi del successo della Ferragni e nemmeno che hanno “puntato”, giornalisticamente parlando, il personaggio, ma è chiaro che i dubbi sollevati contro l’influencer non solo erano motivati, ma evidenzia l’esistenza di un giornalismo che ad oggi non riesce a far comprendere la differenza tra un contenuto patinato di interesse frivolo rispetto a quello che invece rappresenta il giornalismo di informazione pura scevra da inserimenti commerciali e da pubblicità occulte.

Non riesce a mostrare oppure non può per preservare gli introiti pubblicitari a tema sui propri canali di informazione e che pagano più per contenuti simili?

Sarebbe forse il caso di rivedere il modello degli analfabeti funzionali del nostro paese, molti dei quali non hanno compreso che se hai successo nella vita dovresti dare l’esempio, soprattutto se ti vesti da rappresentante del femminismo, e invece ritengono che ci siano anche le possibilità di ottenere dei lasciapassare rispetto agli altri poveri umani che non ce l’hanno fatta e che se lo fanno notare sono automaticamente invidiosi secondo la massa che supporta il modello social. L’Autorità Garante nelle Comunicazioni ha multato il Festival di Sanremo per la pubblicità occulta, una manna dal cielo per chi è ben consapevole che Meta viene spesso trattata con i guanti di seta dal Garante Privacy che mostra sempre una linea di collaborazione, invertendo il ruolo istituzionale con quello aziendale, nonostante i cittadini italiani ed europei siano stati vittime più volte degli attacchi informatici che hanno ne hanno messo in rete i dati personali e sensibili.

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Inchieste

Zuckerberg licenzia altri 10.000 dipendenti, abbandona NFT e Metaverso, e copia Telegram

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Tempo di lettura: 2 minuti. Poche idee e troppi progetti ma la società ha perso credibilità nei confronti dei suoi utenti

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È ufficiale, Instagram sta copiando un altro concorrente. Il CEO di Meta, Mark Zuckerberg, ha annunciato il mese scorso una nuova funzionalità su Instagram – i Canali. Questo nuovo servizio di chat consente ai creatori di condividere messaggi, sondaggi e foto con i follower al fine di stabilire una relazione più diretta con loro, simile alla funzione canali su Telegram.

Zuckerberg ha introdotto la nuova funzionalità aprendo il proprio canale, dove intende continuare a condividere aggiornamenti riguardanti Meta. Zuckerberg ha anche dichiarato che il servizio di chat arriverà su Facebook Messenger nei prossimi mesi. In seguito, verrà aggiunta anche la possibilità di aggiungere un altro creatore di contenuti al canale e aprire una sezione di domande e risposte (AMA, chiedimi qualunque cosa). Nel frattempo, Instagram sta attualmente testando i canali con alcuni creatori selezionati negli Stati Uniti, con l’intenzione di espandere la release della funzionalità nei prossimi mesi.

Questa nuova funzionalità offre anche ai creatori un nuovo modo per aggiornare i loro follower. Fino ad ora, i creatori di contenuti dovevano aggiornare le loro storie su Instagram per condividere notizie e aggiornamenti con i loro follower. Ma ora possono utilizzare un modo più diretto per connettersi con loro. Coloro che si uniscono ai canali possono votare nei sondaggi ma non possono partecipare alla conversazione.

Crisi NFT. Questo ed altri buoni propositi nel cestino di Meta

Meta, la società madre di Facebook e Instagram, ha deciso di rimuovere il supporto agli NFT (non-fungible token), oggetti da collezione digitali, meno di un anno dopo il loro lancio ufficiale sui due social network. La decisione è stata presa per concentrarsi su altri modi per supportare creator, persone e aziende. La compagnia sta già lavorando su nuove funzionalità come la messaggistica e le operazioni di monetizzazione per Reels e sta investendo in strumenti fintech come Meta Pay e i pagamenti tramite messaggistica su Meta. Questa decisione sembra suggerire che Meta stia cercando di proporre un’alternativa valida agli NFT, che sono stati considerati in crisi da molti. Tuttavia, la decisione è sorprendente poiché Mark Zuckerberg aveva presentato gli NFT come un elemento utile allo sviluppo del metaverso. Meta ha già chiuso altri progetti ambiziosi come il portafoglio di criptovalute Novi, il programma di bonus per i creator di Reels e la divisione “Reality Labs”. La società sembra essersi lanciata in progetti troppo ambiziosi che ora non riesce a seguire come vorrebbe, e l’eccessiva ambizione del CEO sta cominciando a farsi sentire sull’attività di Meta.

Altri 10.000 licenziamenti per far volare il titolo in borsa

Mark ha annunciato la decisione di licenziare altri 10.000 dipendenti su un organico di poco meno di 80.000 persone. L’azienda ha dichiarato che questo è necessario per ridurre i costi e aumentare la distribuzione di risorse agli azionisti. La società di Mark Zuckerberg ha affermato che nei prossimi mesi annuncerà un piano di ristrutturazione, cancellando i progetti a bassa priorità e riducendo il tasso delle assunzioni. Zuckerberg ha descritto la decisione come difficile ma necessaria per il successo dell’azienda, aggiungendo che verranno chiuse anche altre 5.000 posizioni aperte. Questa non è la prima volta che l’azienda licenzia dipendenti, infatti, lo scorso novembre ne aveva già licenziati 11.000. Lo scorso febbraio, la società ha annunciato anche un piano di riacquisto di azioni proprie da 40 miliardi di dollari per aumentare il valore delle azioni a beneficio dei soci e dei manager.

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