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Tim e Kkr: accordo strategico nelle TLC che non piace a Vivendi

Tempo di lettura: 4 minuti. L’accordo Tim-Kkr per lo scorporo della rete avanza nonostante le contestazioni legali di Vivendi e le preoccupazioni per il futuro dei lavoratori.

Tempo di lettura: 4 minuti.

In un contesto di trasformazioni significative nel settore delle telecomunicazioni, il consiglio di amministrazione di Tim ha approvato con decisione l’offerta vincolante presentata da Kkr, contro il parere di Vivendi, avviando un processo di scorporo della rete che segna un passo avanti decisivo per l’azienda. Questa mossa, che non necessita del consenso dell’assemblea degli azionisti, ha ottenuto un ampio consenso interno, riflettendo una strategia mirata al rafforzamento e all’innovazione infrastrutturale.

Un’operazione da miliardi

La valutazione di NetCo è di 18 miliardi ed è la valorizzazione a valle della cessione della rete primaria di Tim e della partecipazione della stessa Tim in Fibercop. L’operazione, che si prevede si concluderà nell’estate del 2024, potrebbe significare per Tim una significativa riduzione dell’indebitamento, migliorando così il rapporto debito netto/Ebitda, un indicatore chiave per la salute finanziaria dell’azienda.

Contestazioni e sfide legali

Nonostante l’approvazione dell’operazione, Vivendi, principale azionista di Tim, ha sollevato questioni legali, mettendo in discussione la legittimità del processo decisionale e riservandosi il diritto di intraprendere azioni legali a tutela dei propri interessi contro l’operazione di KKR. Anche il fondo Merlyn Partners ha espresso preoccupazioni, sottolineando una mancanza di trasparenza e il mancato rispetto delle norme sulle operazioni con parti correlate.

La posizione del governo e l’impatto occupazionale

Il Ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, ha ribadito che qualsiasi offerta per Tim, inclusa quella di Cdp smentita da voci di corridoio che la vedono interessata a Sparkle, sarà esaminata con attenzione, riflettendo l’importanza strategica di una rete nazionale sotto controllo pubblico per garantire connettività e competitività. Nel frattempo, l’incertezza che circonda la vendita di Sparkle, ed i suoi cavi sottomarini, e le possibili conseguenze legali sollevano preoccupazioni significative per il futuro occupazionale, con i sindacati che segnalano il rischio di esuberi.

Analisi di Matrice Digitale

In conclusione, l’operazione tra Tim e Kkr rappresenta un momento cruciale per il futuro delle telecomunicazioni in Italia, con implicazioni che vanno ben oltre il mero aspetto finanziario. La risposta del governo, la reazione degli azionisti e le preoccupazioni dei lavoratori sono tutti fattori che delineano un quadro di incertezza e di potenziale trasformazione, sia per l’azienda che per il settore nel suo complesso.

Il Governo ha disatteso gli impegni sulle grandi nazionalizzazioni?

Nel segmento politico di Meloni, c’è un dettaglio da non trascurare se pensiamo al fatto che Fratelli d’Italia è sempre stata a favore delle nazionalizzazioni. Si è sempre guardato alla Francia come modello forte di nazionalizzazioni quando le aziende strategiche erano in crisi. Questo era il vero banco di prova e le infrastrutture strategiche del paese sono state subito cedute agli amici americani come iniziato a suo tempo da Mario Draghi. Seppur ci troviamo dinanzi ad un passo indietro clamoroso, perché tradisce la voglia di nazionalizzazione emersa nei programmi elettorali, Meloni si è trovata dinanzi un muro di gomma eretto tra MEF e Cassa Depositi e Prestiti, con quest’ultima che non ha trovato 30 miliardi da dare al Governo per seguire una linea cara all’invidiato modus operandi francese e tedesco sulle nazionalizzazioni. Il Governo ha ridotto l’ambita nazionalizzazione della rete ad una partecipazione societaria in minoranza.

Lo spettro di Draghi attraverso Giorgetti

La notizia di KKR risale ad un anno fa circa quando in Italia c’era Draghi, che ha suggerito alla Meloni il fedelissimo Giorgetti al ministero dell’Economia abile nello staccarsi da Salvini e Bossi che gli hanno rinfacciato uno scollamento politico dalla Lega in favore del Premier dei migliori. Meloni doveva racimolare 30 miliardi per far acquistare la TIM allo Stato, ma per assenza di fondi di Cassa Depositi e Prestiti secondo quanto stabilito da Giorgetti, si è accettato il destino della vendita agli americani.

L’Italia cede perimetro e area cibernetica agli USA

L’Italia dell’ACN che si serve di servizi made in USA cede la sua grande infrastruttura composta da cavi di rame, ripetitori e fibra ottica ad un fondo di investimento americano che è diretto dal generale Petreus che è stato anche capo della CIA per un anno. Roba da complottisti direbbe chi non riesce a comprendere come l’operazione possa essere rischiosa per la sovranità italiana in campo tecnologico e di intelligence. Dal fronte di Meloni si sussurra che poteva andare peggio se consideriamo l’indirizzo del Movimento Cinque Stelle che voleva affidare l’infrastruttura a ZTE durante la luna di miele con il governo cinese. Anche il caso dei Russi con la società Veon S.r.l. ha provato ad accedere al controllo di una parte di rete italiana attraverso l’acquisto di Wind, passato poi ai cinesi di H3G, ed attualmente in uscita verso il fondo svedese EQT. Giorgetti, atlantista fino al midollo, ha creato i presupposti per la cessione agli americani chiudendo rubinetti e speranze da parte di Cassa Depositi e Prestiti.

Vivendi esclusa dal gioco non ci sta

I francesi, arrabbiati, guadagneranno in futuro una eventuale conquista in campo legale con un rimborso economico come spesso succede nei contenziosi tra grandi colossi dove chi oggi vince riconoscerà una fee in sede legale un domani all’avversario come disturbo del “sopruso” commerciale subito. Cosa ha dato fastidio a Vivendi? Dario Denni ha spiegato che la strategia dei francesi di Vivendi è quella di opporsi all’operazione di cessione della rete di TIM a KKR. I punti principali della loro opposizione sono i seguenti:

  • La modifica dell’oggetto sociale di TIM: Vivendi sostiene che la cessione della rete varierebbe l’oggetto sociale di TIM, che è quello di “progettare, realizzare, gestire e mantenere reti di telecomunicazioni”.
  • La mancanza di trasparenza: Vivendi sostiene che l’operazione è stata condotta in modo opaco e che non sono state fornite tutte le informazioni necessarie agli azionisti.
  • Il rischio di concentrazione del mercato: Vivendi sostiene che la cessione della rete a KKR aumenterebbe la concentrazione del mercato delle telecomunicazioni in Italia, a scapito dei consumatori.

Vivendi ha già annunciato che impugnerà l’operazione in tribunale. La vicenda è ancora in corso e il suo esito è incerto.

Ecco alcuni dettagli specifici della strategia di Vivendi:

  • Vivendi si è opposta alla decisione del CDA di TIM, ma non ne fa parte: ha votato contro l’operazione nel consiglio di amministrazione di TIM.
  • Vivendi ha presentato un ricorso al tribunale del commercio di Milano per chiedere l’annullamento dell’operazione.
  • Vivendi sta cercando di raccogliere il sostegno di altri azionisti di TIM per opporsi all’operazione.

La strategia di Vivendi ha già avuto qualche successo. Il MEF, che è azionista di TIM, ha annunciato che interverrà a monte dell’operazione, in una holding che controlla Netco. Questo potrebbe rendere più difficile a Vivendi impugnare l’operazione. Tuttavia, la strategia di Vivendi è ancora in corso e il suo esito è incerto. Se Vivendi dovesse avere successo, l’operazione di cessione della rete di TIM a KKR potrebbe essere annullata oppure risolta con accordi commerciali trasversali di cui è ancora prematuro parlarne.

Di Livio Varriale

Giornalista e scrittore: le sue specializzazioni sono in Politica, Crimine Informatico, Comunicazione Istituzionale, Cultura e Trasformazione digitale. Autore del saggio sul Dark Web e il futuro della società digitale “La prigione dell’umanità” e di “Cultura digitale”. Appassionato di Osint e autore di diverse ricerche pubblicate da testate Nazionali. Attivista contro l’abuso dei minori, il suo motto è “Coerenza, Costanza, CoScienza”.

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