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L'Altra Bolla

Perchè c’è poca fiducia nel denunciare reati informatici? Critiche e proposte

Tempo di lettura: 3 minuti. Comunicazione inefficace, scarsa sensibilizzazione e sudditanza nei confronti delle Big Tech che ringraziano i governi per nulla autorevoli nei loro confronti e finanziati a volte da chi dovrebbero punire quotidianamente

Tempo di lettura: 3 minuti.

In questi giorni Matrice Digitale #️⃣ ha trattato diverse truffe che avvengono in rete ai danni di poveri consumatori la cui colpa è quella di non essere stati ben istruiti sui rischi della rete.

Siamo sicuri però che sia tutta colpa di chi se l’è cercata?

Molte volte abbiamo notato che esistono diversi tipi di truffa e il primo caso coinvolge sempre come piattaforma di lancio i social network e le app di condivisione più utilizzate sul mercato. Non è un caso che abbiamo spesso rilanciato notizie che derivano da segnalazioni di utenti truffati su piattaforme legali come ad esempio Vinted.

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Su quest’ultima App, per esempio, abbiamo più volte notato che esistono diversi tipi di truffa che colpiscono non solo gli acquirenti bensì anche i venditori e sono emerse lamentele che coinvolgono il servizio clienti che si è dimostrato convivente con chi ha praticamente truffato.

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Abbiamo anche visto che sia su Facebook su su Instagram, nell’ecosistema Meta, si sono registrate tantissime sottrazioni di profili e questo ovviamente ha trovato grande sponda da parte di chi, o per acquisire informazioni o per dimostrare a se stesso di essere un grande hacker, è riuscito addirittura in meno di una settimana a chiudere profili aperti da una vita.

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I sistemi automatizzati di Facebook non sono stati capaci di risolvere il problema ed il servizio clienti non è stato in grado di dare risposte perché in realtà “non esiste”. Questo ovviamente è consentito attraverso l’immobilismo da parte dell’Autorità Giudiziaria che spesso respinge al mittente le segnalazioni degli utenti.

Eppure basterebbe poco, come inviare una mail ad una sorta di call center per le Istituzioni che su base di una denuncia potrebbe mobilitare la piattaforma e risolvere i problemi.

Perché questo non avviene?

A pensar male quando si parla dei social ovviamente ci si azzecca sempre ed il fatto che Meta voglia garantire assistenza ai suoi utenti verificati, previo pagamento, è un modo per dire: o paghi o puoi anche essere fregato dei tuoi affetti e dei tuoi ricordi.

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Molte persone desistono nel denunciare perchè non si sentono tutelate dalla capacità di riuscita per recuperare il mal tolto o perchè non ritengono vi siano spesso garanzie di anonimato quando si effettua una denuncia in rete nell’apposito form. Quando si prova a fare una denuncia per un presunto torto o reato subito su Facebook, non è chiaro se stiamo denunciando un crimine su una piattaforma che lucra con i dati italiani oppure stiamo agendo legalmente contro una piattaforma estera con cui le nostre forze dell’ordine non hanno potere se non per questioni gravi che per fortuna non riguardano la maggioranza delle persone vittime di quella che potremmo definire microcriminalità informatica.

Se entrassimo a casa di qualcuno e rubassimo delle foto da un album, saremmo passibili per legge e invece sembrerebbe proprio che questo è possibile farlo sulle piattaforme social statunitensi. Questo controsenso mette le nostre Forze dell’Ordine deputate al controllo della rete in una condizione di minoranza e di scarsa rappresentanza degli interessi dei cittadini che si trasforma in calo della fiducia nei confronti della Pubblica Autorità come supporto ai cittadini.

Una donna che è stata truffata di nascosto al marito, ha provato a fare una denuncia attraverso il modulo in rete, ma ci ha ripensato subito quando le sono stati chiesti dettagli obbligatori che hanno suscitato alla malcapitata la probabilità che il suo compagno venisse a conoscenza attraverso qualche comunicazione scritta inviata nella casella di posta ordinaria accessibile da chiunque.

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Per superare questo scoglio sarebbe utile specificare agli internauti che, nel caso di una denuncia, verranno contattati direttamente sui loro dispositivi cellulari o nelle loro mail personali se ci sarà motivo di fornirgli delucidazioni su quanto denunciato.

Basterebbe poco nell’acquisire nella massima fiducia informazioni da parte di coloro che subiscono un crimine in rete senza scomodare con file chilometriche il commissariato di polizia più vicino e garantire maggiore sicurezza.

Soprattutto bisognerebbe essere più celeri nel fornire risposte al pubblico, magari informandoli a tempo, come nel caso dei profili scoppiati su Meta e nelle truffe amorose su Tinder e quelle finanziarie su Tandem ai danni di donne e madri di famiglia, così come bisognerebbe esercitare maggiori pressioni sulla politica e gli organi preposti nell’intimare maggiore maggiore controllo alle piattaforme social rifiutando a prescindere soldi su progetti o patrocini ad attività private che non hanno poi ripercussioni reali sugli interessi pubblici.

Basterebbe davvero poco per acquisire maggior fiducia dei cittadini da parte del pubblico, senza l’ausilio di privati a cui il consumatore interessa sotto forma di profitto e non di individuo da tutelare.

Di Livio Varriale

Giornalista e scrittore: le sue specializzazioni sono in Politica, Crimine Informatico, Comunicazione Istituzionale, Cultura e Trasformazione digitale. Autore del saggio sul Dark Web e il futuro della società digitale “La prigione dell’umanità” e di “Cultura digitale”. Appassionato di Osint e autore di diverse ricerche pubblicate da testate Nazionali. Attivista contro la pedopornografia online, il suo motto è “Coerenza, Costanza, CoScienza”.

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