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L'Altra Bolla

Wikileaks: dopo stampa estera, Lula chiede libertà per Assange. Italia assente

Tempo di lettura: 3 minuti. Nemmeno si è insediato, il premier Brasiliano chiede giustizia per Assange. Stessa richiesta dall’informazione dei maggiori paesi democratici, tranne che dal nostro e un motivo c’è.

Tempo di lettura: 3 minuti.

Brutto colpo per la credibilità dell’informazione italiana. Dopo la lettera pubblicata da 5 testate internazionali (New York Times, Guardian, Le Monde, Der Spiegel e El Pais) che chiedono l’assoluzione sulla vicenda di Assange,  il primo ministro brasiliano Lula ha reso noto di essersi incontrato con “Hrafnsson, e con il giornalista Joseph Farrell, che mi hanno informato sulla situazione sanitaria e sulla lotta per la libertà di Julian Assange”.

Julian Assange, dopo anni di prigionia nell’ambasciata dell’Ecuador, è stato arrestato nel Regno Unito per essere estradato negli Stati Uniti d’America. Il mondo dell’informazione, dopo aver usufruito dei contenuti pubblicati da Wikileaks, è stato più volte manchevole nel trattare l’argomento Julian Assange e nell’ultimo periodo ha glissato sull’opportunità della libertà o almeno del diritto a difendersi secondo un giusto processo. Perché il rischio enunciato da Amnesty International, che avalla uno dei sospetti avanzati dal cerchio magico e familiare del fondatore di Wikileaks, riguarda la possibilità che venga “suicidato” in carcere e su cui c’è stato poco attivismo in Italia se non da parte degli irriducibili dei diritti umani. Un segnale molto forte quello dato da Lula, considerato dalla stampa nostrana più americanista di Bolsonaro, che ha sollevato una questione in contrapposizione agli interessi del governo degli Stati Uniti d’America, indipendentemente dagli schieramenti politici, e della sua intelligence perché ha mostrato più volte accanimento sulla vicenda.

Fa riflettere anche l’assenza da parte delle testate italiane sul tema, soprattutto quelle che si pongono a livello internazionale alla stregua di realtà giornalistiche che invece hanno espresso pubblicamente un appello per mettere fine ad un travaglio che mina il concetto di libertà di espressione nei paesi occidentali, profuso in contrapposizione alle sanguinose dittature. Chi avrebbe dovuto avallare questa richiesta di aiuto in tutela di Assange?

Tra i partner italiani di Wikileaks figura la testata Repubblica che appartiene al gruppo Gedi. Dov’è la singolarità di questa citazione? Semplicemente nel fatto che il direttore del gruppo Gedi Maurizio Molinari, che comprende Repubblica e La Stampa, non solo figura nelle carte pubblicate da Wikileaks, ma nella sua Redazione figura uno dei più grandi oppositori italiani di Assange che risponde al nome di Gianni Riotta: attualmente incaricato dall’Unione Europea nella qualità di “Ministro della Verità” italiano. Altro aspetto su cui potremmo accendere un altro riflettore è il fatto che la giornalista più vicina ad Assange in Italia, Stefania Maurizi, oggi collabora con il Fatto Quotidiano dopo essere stata licenziata da Repubblica nonostante gli abbia garantito scoop internazionali grazie alle documentazioni di Wikileaks. Una scelta legittima, ma l’assenza dell’Italia fa pensare che il motivo del licenziamento sia stato anche quello di un cambio di passo dell’editore sulle posizioni di Assange.

Noi stessi di Matrice Digitale abbiamo sollevato più volte il dubbio sul fatto che l’attività di Wikileaks fosse giornalistica e non d’appoggio alla intelligence di qualche paese ostile alla NATO, condividendo la fondatezza del sospetto di Riotta, ma dinanzi alla richiesta di testate anglosassoni molto più vicine agli interessi degli Stati Uniti d’America rispetto ai quotidiani italiani, assenti, francesi, spagnoli e tedeschi, comunque presenti nell’appello, apre una grande riflessione sul perché mentre in Italia tiene banco se aiutare Roberto Saviano ad uscire dall’empasse giudiziario con Giorgia Meloni, quando da un decennio nel mondo c’è una ferita aperta sul principio di libertà di espressione, ma prima ancora del diritto da parte dei cittadini di essere informati su questioni governative che mettono a repentaglio i diritti universali della razza umana.

Di Livio Varriale

Giornalista e scrittore: le sue specializzazioni sono in Politica, Crimine Informatico, Comunicazione Istituzionale, Cultura e Trasformazione digitale. Autore del saggio sul Dark Web e il futuro della società digitale “La prigione dell’umanità” e di “Cultura digitale”. Appassionato di Osint e autore di diverse ricerche pubblicate da testate Nazionali. Attivista contro la pedopornografia online, il suo motto è “Coerenza, Costanza, CoScienza”.

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