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Gianluca Vacchi, testosterone e le accuse delle colf: partita la macchina del fango

Tempo di lettura: 4 minuti. La serie Tv da fastidio a qualcuno o è tutta una trovata pubblicitaria?

Tempo di lettura: 4 minuti.

Gianluca Vacchi esce allo scoperto con una serie tv Amazon e parla della sua vita lussuosa, affrontando molte delle dicerie ascoltate sul suo conto in questi anni. Uno dei maggiori influencer italiani, capace di mobilitare milioni di persone sui social alle quali racconta la sua vita colma di sfarzo e di amicizie importanti, ha realizzato un prodotto audiovisivo dove ha ricostruito la sua vita negli ultimi anni grazie anche alla riproposizione storica dei suoi contenuti social che l’hanno portato a fare numeri da capogiro nel vasto mercato dei più importanti imprenditori digitali italiani.

La serie tv di Vacchi è molto più bella di quella presentata al pubblico dalla coppia Chiara Ferragni e Fedez per due motivi:

  • Vacchi non ha bisogno di apparire e di ostentare una fortuna capitatagli e consolidata nel corso degli anni
  • L’imprenditore, oltre ad essere ricco, rispetto alla Ferragni è un personaggio pieno di esperienza e comunica attraverso il suo corpo, la sua vita normalizzata al lusso, e dei suoi affari che arrivano al telespettatore prima delle debolezze e della sua vita familiare.

Quello che emerge dalla prima puntata della serie televisiva, è un Vacchi non proprio stupido come ci è stato descritto in questi anni dalle voci di corridoio che hanno più volte minato la sua credibilità. La storia dello scemo di famiglia tenuto alla larga dall’azienda è stata spiegata bene dal cugino di Vacchi che è amministratore della stessa azienda dove il protagonista della serie, terza generazione nella multinazionale, passa a fine anno ad incassare i dividendi.

Altro aspetto da non sottovalutare è il fatto che Vacchi sia stato indagato sia per il crack Parmalat sia per l’impreparazione dello stato italiano dinanzi alle prime fatturazioni internazionali generate dalle prime società “digitali” come last minute.com: il primo portale che forniva biglietti aerei ad una scontistica eccezionale. Già questo dovrebbe far comprendere anche la dimensione visionaria ed imprenditoriale di Gianluca Vacchi.

Dopo anni di indagini giudiziarie che hanno frenato la credibilità nel circuito che conta di un uomo nato ricco e diventato famoso per caso, la possibilità di riabilitarsi agli occhi della gente che lo riteneva un “cazzaro” patologico con un video autobiografico ha fatto breccia nell’opinione pubblica con grande entusiasmo ed il canale di distribuzione scelto è stato lo stesso di Ferragni Fedez: Amazon.

Mentre molti giornali hanno dedicato grandi approfondimenti, enfatizzandoli come accade quando si tratta di lanciare un prodotto, Gianluca Vacchi è stato colpito da un’inchiesta di La Repubblica nel quale emerge un presunto lato irrispettoso nei confronti di coloro che da anni lavorano all’interno delle sue strutture abitative degne di più grandi VIP americani. Le testimonianze dei dipendenti che si sono sentiti vessati ed hanno fatto causa nelle sedi opportune hanno fatto emergere un fronte nell’opinione pubblica avverso a Vacchi che lo ha già condannato senza capire se realmente sia successo quanto descritto dalle accuse senza avere un riscontro effettivo da più parti.

Quello che emerge dall’inchiesta non è solo il carattere di Vacchi, severo nei confronti dei suoi dipendenti da quanto si apprende da audio estrapolati, ma anche la notizia che il punto di forza dello statuario cinquantenne assuma testosterone.

Questo aspetto emerso da alcune intercettazioni rappresenta il nocciolo della questione da tutti sottovalutato.

È giusto dare delle informazioni così riservate al pubblico sull’utilizzo di un medicinale che ad oggi non è assolutamente considerato illegale per gli utilizzi che ne fa Vacchi?

Dove vuole arrivare questo chiacchiericcio su una violazione della sensibilità dei dati di Gianluca Vacchi?

Non solo odio nei confronti dell’imprenditore digitale, ma anche diffidenza nei confronti della stampa che ha dato voce a chi si è lamentato di Vacchi datore di lavoro nello stesso momento in cui esce un video promozionale. Dopo la prima lamentela, arrivano richieste a pioggia di risarcimento danni con altri dipendenti che gli chiedono conto di 700.000 € come rimborso delle prestazioni servite a Vacchi senza essere state tracciate da regolari contratti di lavoro.

Aspetto da non sottovalutare è che Gianluca Vacchi in questo momento non ha alcun procedimento penale per queste cose ed il fatto di dare risalto a delle pretese giuste da parte di dipendenti scontenti non è altro che un modo per denigrare la luce portata al personaggio, già vittima di mala giustizia durata vent’anni, da un contributo video che dovrebbe riabilitarlo agli occhi dell’opinione pubblica.

Non sorprende nemmeno che questa attività giornalistica sia una prassi che molto si presta a personaggi come Vacchi e che è arrivata nell’ultimo periodo addirittura a colpire una anonima preside di scuola entrata in un torbido scandalo sgonfiatosi successivamente. Fa riflettere invece l’assenza di reportage contro chi ha a che fare quotidianamente con i soldi pubblici del nostro Stato.

Non si tratta di benaltrismo, ma sarebbe opportuno riflettere sul fatto che il giornalismo più che essere il cane da guardia di un ricco imprenditore digitale, dovrebbe dedicarsi più ad attività che fanno riferimento alla corruzione senza che arrivino le veline di attività giudiziaria in redazione già chiuse dalle Procure. Gianluca Vacchi è rientrato nella macchina del fango, dove è già cascato in precedenza, ma sarebbe sicuramente più interessante capire e attendere gli esiti di queste denunce piuttosto che sventolarle ai quattro venti per pregiudicare il lavoro svolto con il documentario ed il suo ruolo di possessore azionario delle quote dell’azienda di famiglia.

In poche parole, se questa polemica tira più del documentario in sé, è molto probabile che ci sia un ritorno di immagine positivo per Gianluca Vacchi perchè tra i suoi tanti estimatori vedere un opportunismo giornalistico coincidente con un evento positivo che addirittura induce le masse ad ascoltare voci contrarie su quanto successo senza avere una sentenza o delle prove concrete, come una ammissione da parte dell’accusato o una sentenza, fa intendere che in Italia oltre a non perdonare l’essere ricchi a persone nate nella parte giusta della società, vige un senso di giustizialismo che nulla che vedere con i principi della Giustizia de La Repubblica.

Di Livio Varriale

Giornalista e scrittore: le sue specializzazioni sono in Politica, Crimine Informatico, Comunicazione Istituzionale, Cultura e Trasformazione digitale. Autore del saggio sul Dark Web e il futuro della società digitale “La prigione dell’umanità” e di “Cultura digitale”. Appassionato di Osint e autore di diverse ricerche pubblicate da testate Nazionali. Attivista contro la pedopornografia online, il suo motto è “Coerenza, Costanza, CoScienza”.

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