Sicurezza Informatica
Kaspersky svela la strategia dell’APT “Kimsuky” e come raggiunge solo obiettivi validi
Tempo di lettura: 2 minuti. Kimsuky è un attore di minacce molto sofisticato, visto di recente distribuire malware personalizzato e utilizzare estensioni di Google Chrome per rubare le e-mail alle vittime.
Gli attori della minaccia nordcoreana “Kimsuky” stanno facendo di tutto per assicurarsi che i loro payload maligni vengano scaricati solo da obiettivi validi e non sui sistemi dei ricercatori di sicurezza.
Secondo un report di Kaspersky pubblicato oggi, il gruppo di minacce sta impiegando nuove tecniche per filtrare le richieste di download non valide dall’inizio del 2022, quando il gruppo ha lanciato una nuova campagna contro vari obiettivi nella penisola coreana. Le nuove protezioni implementate da Kimsuky sono così efficaci che Kaspersky segnala l’impossibilità di acquisire i payload finali anche dopo essersi collegati con successo al server di comando e controllo dell’attore della minaccia.
Uno schema di convalida in più fasi
Gli attacchi individuati da Kaspersky iniziano con un’e-mail di phishing inviata a politici, diplomatici, professori universitari e giornalisti della Corea del Nord e del Sud.
Kaspersky è stata in grado di compilare un elenco di potenziali obiettivi grazie a script C2 recuperati contenenti indirizzi e-mail parziali degli obiettivi. Le e-mail contengono un link che porta le vittime a un server C2 di primo livello che controlla e verifica alcuni parametri prima di consegnare un documento dannoso. Se il visitatore non corrisponde all’elenco degli obiettivi, gli viene servito un documento innocuo.
I parametri includono l’indirizzo e-mail del visitatore, il sistema operativo (Windows è valido) e il file “[who].txt” che viene scaricato dal server di secondo livello.
Allo stesso tempo, l’indirizzo IP del visitatore viene inoltrato al server C2 di seconda fase come parametro di controllo successivo.
Il documento scaricato dal C2 di primo livello contiene una macro dannosa che collega la vittima al C2 di secondo livello, recupera il payload di secondo livello e lo esegue con il processo mshta.exe.
Il payload è un file .HTA che crea anche un’attività pianificata per l’esecuzione automatica. La sua funzione è quella di profilare la vittima controllando i percorsi delle cartelle ProgramFiles, il nome dell’AV, il nome utente, la versione del sistema operativo, la versione di MS Office, la versione del framework .NET e altro ancora.
Il risultato dell’impronta digitale viene memorizzato in una stringa (“chnome”), una copia viene inviata al C2 e un nuovo payload viene prelevato e registrato con un meccanismo di persistenza.
Il payload successivo è un file VBS che può portare la vittima a un blog legittimo o, se si tratta di obiettivi validi, portarla alla fase successiva di payload-download.
“È interessante notare che questo script C2 genera un indirizzo di blog basato sull’indirizzo IP della vittima. Dopo aver calcolato l’hash MD5 dell’indirizzo IP della vittima, taglia gli ultimi 20 caratteri e lo trasforma in un indirizzo di blog”, spiega Kaspersky.
“L’intento dell’autore è quello di gestire un falso blog dedicato per ogni vittima, riducendo così l’esposizione del malware e dell’infrastruttura”.
A questo punto il sistema della vittima viene controllato per verificare l’esistenza dell’insolita stringa “chnome”, che è stata volutamente scritta in modo errato per fungere da validatore unico che non desta comunque sospetti.
L’ultimo processo di infezione di Kimsuky
Sfortunatamente, Kaspersky non è riuscito a proseguire da qui e a recuperare il payload della fase successiva, quindi non si sa se questo sia quello finale o se ci siano stati più passaggi di convalida.
La campagna evidenziata da Kaspersky illustra le elaborate tecniche impiegate dagli hacker coreani per ostacolare l’analisi e rendere più difficile il loro tracciamento.
Kimsuky: l’apt nordcoreano che fa concorrenza a Lazarus
Kimsuky: APT nordcoreano che ha colpito le Nazioni Unite e le Agenzie Nucleari della Corea del Sud
Sicurezza Informatica
Operazione Polo Est: smantellato Gruppo di esperti in Truffe Online
Tempo di lettura: 2 minuti. La Polizia Postale smantella un gruppo criminale specializzato in truffe online attraverso email di spoofing. Scopri i dettagli dell’operazione Polo Est e le azioni intraprese.
La Polizia Postale, attraverso l’operazione “Polo Est”, ha smantellato un gruppo criminale specializzato in truffe online che utilizzava email di spoofing per ingannare le vittime con false accuse di reati gravi, come la gli abusi sui minori. L’operazione, coordinata dalla procura di Bergamo e condotta dal Centro operativo per la sicurezza cibernetica per la Lombardia, è scaturita dalla denuncia di un cittadino italiano residente in Cina, truffato per oltre 117mila euro.
Dettagli dell’operazione
L’indagine ha avuto origine dalla denuncia di una vittima che aveva ricevuto un’email recante il logo della Polizia Postale e la firma di un funzionario di polizia in pensione, accusandolo di reati di collegati all’abuso di minori online. Dopo aver subito vessazioni e temendo per la propria reputazione, la vittima ha pagato diverse “multe” per un totale di oltre 117mila euro prima di rendersi conto della truffa e rivolgersi alla Polizia Postale.
Smantellamento del Gruppo Criminale
L’operazione ha permesso di identificare i membri del gruppo criminale, con base logistica nella provincia di Bergamo. Gli investigatori hanno eseguito 12 perquisizioni nei confronti di un cittadino italiano e di altre 11 persone straniere, di età compresa tra i 25 e i 54 anni. Durante le perquisizioni, sono state sequestrate diverse documentazioni relative alle movimentazioni di denaro provenienti dalle vittime e attività di riciclaggio dei proventi illeciti.
Analisi dei Dispositivi Informatici
L’analisi dei dispositivi informatici, condotta sul posto dagli agenti della Polizia Postale di Milano, ha rivelato dettagli sulle conversazioni con le vittime e sui movimenti di denaro. Queste prove hanno confermato l’attività dei truffatori e la loro capacità di contattare le potenziali vittime utilizzando una falsa identità. L’operazione Polo Est rappresenta un significativo successo nella lotta contro le truffe online. Grazie all’intervento tempestivo della Polizia Postale, è stato possibile identificare e smantellare un gruppo criminale che operava attraverso sofisticate tecniche di spoofing via email, proteggendo così numerose potenziali vittime da ulteriori frodi.
Sicurezza Informatica
USA nordcoreani lavorano nell’IT e finanziano armi
Tempo di lettura: 2 minuti. Cinque individui accusati di schemi informatici per finanziare il programma di armi nucleari della Corea del Nord, con conseguenze legali significative. Scopri i dettagli delle accuse e delle sanzioni.
Le autorità statunitensi hanno incriminato cinque individui coinvolti in schemi informatici volti a generare entrate per il programma di armi nucleari della Corea del Nord. Questi schemi prevedevano la frode identitaria e l’infiltrazione nei mercati del lavoro statunitensi per ottenere lavori IT remoti. Tra gli arrestati, una cittadina americana, un uomo ucraino e tre cittadini stranieri sono accusati di diverse attività criminali, tra cui frode e riciclaggio di denaro.
Arizona: accusata di aiutare Nordcoreani per lavori IT remoti
Christina Marie Chapman, 49 anni, di Litchfield Park, Arizona, è stata accusata di aver aiutato cittadini nordcoreani a ottenere lavori IT remoti presso oltre 300 aziende statunitensi, generando milioni di dollari per il programma di missili balistici della Corea del Nord.
Dettagli dello schema
Secondo l’accusa federale, Chapman ha raccolto 6,8 milioni di dollari in questo schema, fondi che sono stati incanalati verso il Dipartimento dell’Industria delle Munizioni della Corea del Nord, coinvolto nello sviluppo di missili balistici. Lo schema prevedeva l’uso delle identità di più di 60 persone residenti negli Stati Uniti per ottenere lavori IT per cittadini nordcoreani presso oltre 300 aziende statunitensi.
Metodi utilizzati
Chapman e i suoi co-cospiratori avrebbero utilizzato informazioni personali compromesse per ottenere questi lavori e hanno gestito un “laptop farm” presso una delle sue residenze per far sembrare che i dipendenti nordcoreani lavorassero dagli Stati Uniti. I laptop venivano forniti dai datori di lavoro e i lavoratori utilizzavano proxy e VPN per apparire come se si connettessero da indirizzi IP statunitensi. Chapman riceveva anche gli stipendi dei dipendenti presso la sua abitazione.
Impatto e conseguenze
Questo complotto ha colpito una varietà di settori, tra cui un’importante rete televisiva nazionale, una principale azienda tecnologica della Silicon Valley, un produttore di difesa aerospaziale, un’iconica casa automobilistica americana, una catena di vendita al dettaglio di alta gamma e una delle aziende di media e intrattenimento più riconoscibili al mondo, tutte Fortune 500.
Nicole Argentieri, capo della Divisione Criminale del Dipartimento di Giustizia, ha sottolineato che questi crimini hanno beneficiato il governo nordcoreano, fornendo un flusso di entrate e, in alcuni casi, informazioni proprietarie rubate dai co-cospiratori. Chapman è stata arrestata mercoledì e, se condannata, potrebbe affrontare fino a 97,5 anni di carcere. In un caso correlato, un uomo ucraino, Oleksandr Didenko, è stato accusato di un complotto simile e potrebbe affrontare fino a 67,5 anni di carcere.
Sicurezza Informatica
Norvegia raccomanda di sostituire le VPN SSL
Tempo di lettura: 2 minuti. Il Centro Nazionale per la Sicurezza Informatica della Norvegia raccomanda di sostituire le VPN SSL con IPsec per prevenire violazioni di sicurezza.
Il Centro Nazionale per la Sicurezza Informatica della Norvegia (NCSC) ha raccomandato di sostituire le soluzioni SSL VPN/Web VPN con alternative più sicure a causa della continua sfruttamento delle vulnerabilità associate a questi dispositivi di rete.
Raccomandazioni e tempistiche
L’NCSC consiglia alle organizzazioni di completare la transizione entro il 2025, mentre quelle soggette alla “Safety Act” o che operano in infrastrutture critiche dovrebbero adottare alternative più sicure entro la fine del 2024. La raccomandazione principale è di passare a Internet Protocol Security (IPsec) con Internet Key Exchange (IKEv2).
Problemi delle VPN SSL
Le VPN SSL/WebVPN forniscono accesso remoto sicuro utilizzando i protocolli SSL/TLS, creando un “tunnel di crittografia” tra il dispositivo dell’utente e il server VPN. Tuttavia, le implementazioni di SSLVPN non seguono uno standard unico, portando a numerose vulnerabilità sfruttate dai hacker per violare le reti. Esempi recenti includono le vulnerabilità di Fortinet e Cisco sfruttate da gruppi di hacker come Volt Typhoon e le operazioni di ransomware Akira e LockBit.
Vantaggi di IPsec con IKEv2
IPsec con IKEv2 offre maggiore sicurezza crittografando e autenticando ogni pacchetto di dati e riducendo il margine di errore di configurazione rispetto alle soluzioni SSLVPN. Anche se IPsec non è privo di difetti, rappresenta una riduzione significativa della superficie di attacco per incidenti di accesso remoto sicuro.
Misure proposte
Le misure proposte includono:
- Riconfigurazione o Sostituzione delle Soluzioni VPN Esistenti: Migrare tutti gli utenti e i sistemi al nuovo protocollo.
- Disabilitazione delle Funzionalità SSLVPN: Blocco del traffico TLS in ingresso.
- Autenticazione Basata su Certificati: Migliorare l’autenticazione per l’accesso remoto.
Misure temporanee
Per le organizzazioni che non possono adottare immediatamente IPsec con IKEv2, l’NCSC suggerisce misure temporanee come il logging centralizzato delle attività VPN, restrizioni geografiche rigorose e il blocco dell’accesso da provider VPN, nodi di uscita Tor e provider VPS.
L’NCSC ha emesso queste raccomandazioni per migliorare la sicurezza delle reti aziendali e prevenire ulteriori violazioni. L’adozione di soluzioni più sicure come IPsec con IKEv2 rappresenta un passo importante per proteggere le infrastrutture critiche e i dati sensibili dalle minacce informatiche.
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