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Switch-off Digitale Terrestre: perché, come e quando

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Tra qualche giorno inizia il cosiddetto switch-off del digitale terrestre verso il nuovo standard DVB-T2, ma la strada è lunga e la roadmap ipotizzata dal MiSe ha già subito una modifica, ce ne saranno altre?

Il nuovo switch-off del digitale terrestre prevedere il passaggio dall’attuale standard DVB-T al nuovo DVB-T2. Fin qui sembra tutto ok, si cambia tecnologia verso uno standard tecnicamente migliore e allora da dove arrivano le preoccupazioni? I fattori preoccupanti sono diversi sia per tempistiche che per modalità, ma andiamo con ordine.

Il nostro viaggio verso il nuovo standard DVB-T2 segue alcun tappe intermedie legate alle domande che molti utenti si stanno ponendo:

Perché dobbiamo cambiare tecnologia?

L’Unione Europea ha deciso di effettuare il re-farming delle frequenze in banda 700MHz a favore dei gestori di telefonia 5G. La cosiddetta “Banda 700” è in realtà un range di frequenze tra 694-790 MHz.

Il re-farming è il termine tecnico che si riferisce alla riassegnazione dei diritti d’uso di tale banda agli operatori di telefonia mobile per lo sviluppo della tecnologia 5G. Questo porterà ad una conseguente redistribuzione delle frequenze residue tra le emittenti radiotelevisive attuali. Le emittenti, dovendo rilasciare una parte della banda attuale, trasmetteranno in uno spazio ridotto.

Ecco quindi che ci si chiede: ma se lo spazio di frequenze risulta ridotto a causa della cessione, ci sarà una perdita di qualità dei contenuti? In teoria NO quando si passa allo standard DVB-T2.

DVB-T2 (acronimo per Digital Video Broadcasting – Second Generation Terrestrial), rispetto all’attuale DVB-T, consentirà un miglioramento della qualità visiva e dell’alta definizione delle immagini che avranno una risoluzione fino a 4K, ovviamente dipenderà poi dal singolo gestore la qualità di un canale specifico.

Con il DVB-T2 cambierà anche lo standard di codifica del segnale che avverrà tramite il supporto HEVC (High Efficiency Video Coding). Tale standard, conosciuto anche come H.265, ha una maggiore efficienza in quanto consente un aumento della capacità trasmissiva a parità di banda utilizzata.

Questi sono i perché del passaggio, ma vediamo il come e quando perché è su questi due elementi che ci sono i veri problemi.

Come avverrà questo cambiamento?

Ci saremmo aspettati che il come fosse leggermente più semplice per tutti ed invece non sarà così. Il traguardo del passaggio al nuovo standard DVB-T2 sarà raggiunto gradualmente non solo come date ma anche come codifica delle trasmissioni. Vediamo il dettaglio.

Avremo in contemporanea due attività di migrazione. La prima è il rilascio graduale delle frequenze da parte delle emittenti (cosiddetta Fase 2). Per farlo l’Italia è stata divisa in diverse aree geografiche.

Ad ogni Area è stato assegnato un calendario per la cessione delle frequenze come vedremo tra poco.

Ma non finisce qui perché, indipendentemente dalle Aree geografiche, è previsto anche un passaggio graduale di codifica delle trasmissioni all’interno dell’attuale tecnologia DVB-T. Le emittenti sono chiamate dal Governo al passaggio dalla codifica MPEG-2 alla MPEG-4, la cosiddetta Fase 1.

Il motivo di questo ulteriore passaggio dovrebbe migliorare l’efficienza delle trasmissioni in attesa del passaggio completo alla nuova tecnologia DVB-T2. Il condizionale è d’obbligo perché il Governo non fornisce ulteriori indicazioni alle emittenti in merito alla qualità delle trasmissioni e tanto meno alla risoluzione da utilizzare.

Il principio è quello di migliorare la codifica delle trasmissioni proprio perché ci sarà meno spazio per le emittenti che dovranno sacrificare o la qualità o i canali. Usare la codifica MPEG-4 aiuterebbe in questo scenario.

Questo passaggio intermedio in cosa si traduce per gli utenti?

Nello scenario appena descritto gli utenti, per continuare a vedere gli attuali canali TV, dovranno essere dotati di TV o Decoder adatti sia alla visione della codifica MPEG-4 (Fase 1) sia alla visione del nuovo standard DVB-T2 (Fase 2).

Vediamo subito la semplice verifica da fare per entrambi i casi e nel capitolo successivo le date previste dal governo per i due passaggi.

Posso vedere i canali trasmessi con codifica MPEG-4?

Questa prima verifica è molto semplice. Facciamo l’esempio dei canali Rai e Mediaset. Per sicurezza prima di fare questa verifica è utile effettuare una nuova sintonizzazione automatica dei canali.

Attualmente i primi tre canali Rai e Mediaset sono trasmessi sia in Definizione Standard (SD) sui canali 1,2,3,4,5,6 sia in Alta Definizione (HD) sul 501, 502, 503, 504, 505, 506. I canali in HD sono codificati in MPEG-4 quindi se oggi sono visibili vuol dire che il TV o Decoder può vedere MPEG-4, di conseguenza si potrà utilizzarlo ancora almeno fino a quando si passerà al nuovo standard DVB-T2.

Posso vedere i canali trasmessi con il nuovo standard DVB-T2?

Questa seconda verifica è altrettanto semplice. Sarà sufficiente andare sul canale 100 o 200. Se compare la scritta “Test HEVC main10” significa che il dispositivo è in grado di vedere i canali trasmessi con il nuovo standard. In caso contrario sarà necessario sostituirlo.

Arriviamo ora al terzo ed ultimo punto: quando.

Quando vedremo le trasmissioni con il nuovo standard?

Passaggio al nuovo standard DVB-T2 (Fase2)

L’ultimo decreto del Governo in materia, consultabile sul sito del MiSe (link a fondo post), indica che le emittenti potranno passare al nuovo standard dal primo Gennaio 2023 in poi. Ad oggi non c’è una data esatta entro la quale farlo, si dice solo da quando.

Cessione delle frequenze in banda 700 MHz

Dal 15 Ottobre 2021, partendo dalla Sardegna (Area 1A), inizia la migrazione che dovrà concludersi per tutte le Aree entro Giugno 2022.

Nel dettaglio:

dal 15 novembre 2021 al 18 dicembre 2021: Area 1A – Sardegna;

dal 3 gennaio 2022 al 15 marzo 2022: Area 2 – Valle d’Aosta, Piemonte, Lombardia tranne la provincia di Mantova, provincia di Piacenza, provincia di Trento, provincia di Bolzano; Area 3 – Veneto, provincia di Mantova, Friuli Venezia Giulia, Emilia Romagna tranne la provincia di Piacenza;

dal 1° marzo 2022 al 15 maggio 2022: Area 4 – Sicilia, Calabria, Puglia, Basilicata; Abruzzo, Molise, Marche;

dal 1° maggio 2022 al 30 giugno 2022: Area 1B – Liguria, Toscana, Umbria, Lazio, Campania.

Cambio codifica da MPEG-2 a MPEG-4 (Fase1)

Dal 20 Ottobre Rai e Mediaset inizieranno il cambio di codifica delle trasmissioni. Al momento in cui scriviamo il Governo non ha deciso la data finale del passaggio completo alla codifica MPEG-4, né ha inserito un vincolo sulla qualità di trasmissione.

Questo vuol dire che chi ha un dispositivo più datato (in generale antecedente al 2010) non vedrà più i canali che gradualmente migreranno alla nuova codifica (l’elenco dei primi canali migrati è presente sul sito web del MiSe). Chi invece ha un dispositivo in grado di vedere la codifica MPEG-4 potrà usarlo fino al passaggio al nuovo standard che avverrà dopo il primo Gennaio 2023.

Fortunatamente dal dicembre 2018 tutti i nuovi dispositivi venduti sono compatibili con il futuro standard DVB-T2.

L’elemento certo, da quanto abbiamo visto, è che da Luglio a Dicembre 2022 tutte le Aree avranno ceduto le frequenze in banda 700 Mhz, resterà quindi minor spazio per tutti gli attuali canali e le emittenti dovranno scegliere come gestirlo scegliendo tra qualità del segnale e numero di canali.

L’importante per il consumatore è avere le informazioni che gli consentano di decidere se, come e quando sostituire il dispositivo. Questa informazione consentirà un eventuale acquisto consapevole e non affrettato e, di conseguenza, una scelta più adatta alle proprie reali esigenze.


FONTE

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Sfruttare l’IA per tradurre la conoscenza sul clima per tutti

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Tempo di lettura: 2 minuti. Scopri come Climate Cardinals sfrutta l’IA per portare la conoscenza sul clima ai non anglofoni, accelerando l’azione climatica.

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Climate Cardinals è un’organizzazione che si impegna a rendere le risorse climatiche più accessibili ai non anglofoni. Durante un viaggio in Iran, Sophia Kianni, la fondatrice dell’organizzazione, ha notato che, nonostante le temperature in Medio Oriente stiano aumentando due volte più velocemente della media globale, i suoi parenti sapevano quasi nulla delle sfide ambientali mondiali. Questo l’ha spinta a tradurre documenti cruciali, aiutando i suoi parenti a comprendere le minacce del cambiamento climatico e le opportunità per l’azione.

L’importanza dell’educazione climatica accessibile

L’educazione è fondamentale per l’azione climatica, ma esiste una barriera che continua a escludere miliardi di persone dalla conversazione: la lingua. Nonostante solo una persona su cinque parli inglese, più dei tre quarti delle pubblicazioni scientifiche vengono pubblicate solo in inglese. Anche i rapporti dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC), che contengono le valutazioni più complete su come ridurre l’impatto del cambiamento climatico, sono disponibili solo nelle sei lingue ufficiali delle Nazioni Unite. Questo lascia fuori circa la metà della popolazione mondiale.

L’uso dell’IA per accelerare l’azione climatica

Google Cloud ha offerto a Climate Cardinals la possibilità di utilizzare Translation Hub, una piattaforma di traduzione self-service alimentata dall’IA. Translation Hub traduce automaticamente i documenti con l’IA, e poi permette di migliorare e modificare i risultati con traduttori umani. Può processare PDF con elementi di design e restituisce un documento tradotto con lo stesso design. Può anche tradurre il testo all’interno degli elementi di design.

Amplificare l’informazione climatica con Translation Hub

Oggi, Climate Cardinals utilizza Translation Hub da sola, e è diventata una parte essenziale del loro processo di traduzione. Di conseguenza, sono più produttivi che mai. Non più limitati da problemi di capacità, sono stati in grado di assumere progetti più grandi e più ambiziosi. Ciò include documenti lunghi fino a 200 pagine, che sarebbero stati difficili da gestire in passato.

Rendere l’informazione climatica un bene pubblico

Mentre continuano a rompere le barriere linguistiche e a diffondere informazioni vitali sul cambiamento climatico, è essenziale ricordare che la traduzione non è un fine in sé. Il loro lavoro prende significato dal suo potenziale di potenziare e educare le persone in tutto il mondo. E mentre il cambiamento climatico ci riguarda tutti, ha un effetto sproporzionato sulle comunità che sono spesso escluse dalla conversazione. Ecco perché è fondamentale garantire che le informazioni sul clima diventino un bene pubblico, accessibile a tutti, indipendentemente dalla lingua o dallo sfondo. Credono che l’IA possa aiutare a rendere ciò possibile.

Creare un mondo senza barriere linguistiche nell’informazione climatica

Con il potere dell’IA, possiamo creare un mondo in cui le barriere linguistiche nell’informazione climatica sono un fatto del passato. Non potrebbero farlo senza l’esperienza tecnica di Google Cloud. E Google Cloud non potrebbe farlo senza la passione, l’impegno comunitario e le connessioni di base di Climate Cardinals. Questo è ciò che rende il loro progetto congiunto veramente unico. Si tratta di una collaborazione internazionale, intergenerazionale e multilingue tra il settore pubblico e quello privato.

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Dati degli utenti i2VPN trapelati in un gruppo Telegram

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Tempo di lettura: 2 minuti. I dati degli utenti di i2VPN, un servizio VPN gratuito, sono stati trapelati da hacker in un gruppo Telegram, sollevando preoccupazioni sulla gestione della sicurezza da parte dei fornitori di VPN.

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Dati degli utenti i2VPN trapelati in un gruppo Telegram
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I dati degli utenti di un servizio VPN gratuito sono stati trapelati da hacker in un gruppo Telegram. La violazione dei dati riguardava i2VPN e includeva informazioni riservate dei clienti, come indirizzi email e password degli amministratori. Considerando che i2VPN è un servizio VPN disponibile sia su Google Play che sull’App Store, si ritiene che la fuga possa potenzialmente impattare almeno mezzo milione di individui.

Dettagli sulla violazione dei dati di i2VPN

Gli hacker hanno condiviso l’URL del dashboard del servizio VPN, le credenziali dell’amministratore (indirizzo email e password) su un canale hacker di lingua araba insieme al messaggio “Ora vai a installare un servizio VPN gratuito e non sicuro”. Insieme alle informazioni, i cybercriminali hanno anche condiviso screenshot di quello che sembra essere il backend del dashboard dell’amministratore del VPN. Alcuni dati sensibili sono rivelati qui, tra cui i data center e i pannelli di abbonamento degli utenti che rivelano dettagli altamente personali come metodi di pagamento e date di scadenza.

Potenziali rischi per gli utenti

Nonostante l’entità del danno effettivo per gli utenti rimanga sconosciuta, l’incidente di i2VPN mostra la necessità di essere sempre vigili quando si tratta di sicurezza online, anche quando si pensa di essere protetti da un presunto VPN sicuro o strumento simile. Gli attori malintenzionati potrebbero utilizzare le informazioni violate per condurre campagne di phishing. Le credenziali personali potrebbero essere anche utilizzate per frodi di identità e attività illegali simili.

Consigli per gli utenti di i2VPN

Gli esperti suggeriscono a tutti gli utenti di i2VPN di cercare di migliorare la loro sicurezza online complessiva, soprattutto se notano attività insolite. Potrebbero voler considerare un altro servizio, o semplicemente cambiare le loro credenziali. È anche consigliato l’uso di software di sicurezza aggiuntivi come antivirus, gestori di password e app di rilevamento di perdite di dati per proteggersi da ulteriori minacce.

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Android, 60.000 app adware si spacciano per versioni crackate e diffondono malware

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Tempo di lettura: 2 minuti. Gli utenti Android devono stare attenti: oltre 60.000 app adware si nascondono, travestite da versioni crackate delle vostre app preferite.

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Migliaia di app adware per Android sono state scoperte mentre si spacciavano per versioni crackate o modificate di app popolari, con l’obiettivo di reindirizzare gli utenti e servire loro annunci indesiderati. Questa campagna è in corso dallo scorso ottobre.

Una campagna adware aggressiva

“La campagna è progettata per spingere aggressivamente l’adware sui dispositivi Android con lo scopo di generare ricavi”, ha dichiarato Bitdefender in un rapporto tecnico condiviso con The Hacker News. “Tuttavia, gli attori della minaccia coinvolti possono facilmente cambiare tattica per reindirizzare gli utenti verso altri tipi di malware, come i trojan bancari per rubare credenziali e informazioni finanziarie, o ransomware.”

Oltre 60.000 app uniche portano l’adware

La società di cybersecurity rumena ha scoperto 60.000 app uniche che portano l’adware, con la maggior parte delle rilevazioni localizzate negli Stati Uniti, Corea del Sud, Brasile, Germania, Regno Unito, Francia, Kazakistan, Romania e Italia.

Le app non sono distribuite attraverso il Google Play Store ufficiale

È importante notare che nessuna delle app viene distribuita attraverso il Google Play Store ufficiale. Invece, gli utenti che cercano app come Netflix, visualizzatori di PDF, software di sicurezza e versioni crackate di YouTube su un motore di ricerca vengono reindirizzati a una pagina di annunci che ospita il malware.

Le app, una volta installate, non hanno icone o nomi

Le app, una volta installate, non hanno icone o nomi per evitare la rilevazione. Inoltre, agli utenti che lanciano un’app per la prima volta dopo l’installazione viene mostrato il messaggio “L’applicazione non è disponibile nella tua regione da dove l’app serve. Tocca OK per disinstallare”, mentre in modo furtivo si attiva l’attività malevola in background.

Il comportamento dell’adware rimane dormiente per i primi giorni

Il comportamento dell’adware rimane dormiente per i primi giorni, dopodiché viene risvegliato quando la vittima sblocca il telefono per servire un annuncio a schermo intero utilizzando Android WebView.

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