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Alessandro Orsini deve essere eliminato. Lo dice la propaganda social del Governo

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Il professor Alessandro Orsini è la figura centrale, divisiva, del dibattito italiano sulla guerra. Il docente a contratto della LUISS è esploso in tv dopo settimane di adagio nella comunicazione sul conflitto ucraino da parte degli esperti e delle emittenti televisive che hanno ignorato gli opinionisti russofoni ed alternativi al ragionamento atlantico per evidenti motivi di “sicurezza nazionale”.

Orsini sbuca fuori nel momento in cui si sono registrate diverse polemiche per le dichiarazioni pacifiche del Papa relegate in pagine di minore importanza da parte della Stampa sempre presente quando si tratta di rilanciare le parole del Santo Padre con il massimo della visibilità in altre occasioni.

Il sospetto che Orsini sia collegato alla Russia trova alcuni dettagli delle sue “inusitate” relazioni sull’efficacia del vaccino Sputnik in tempo di pandemia quando questo concetto era addirittura promosso nei social network dal governo russo con sponsorizzate a pagamento. Aggiungiamo anche che la Tass, l’agenzia ufficiale russa, nel momento in cui l’Italia ha portato avanti la censura delle fonti russe sul conflitto in modo congiunto agli altri paesi europei, ha espresso un apprezzamento pubblico alle tesi del direttore del centro di sicurezza internazionale della LUISS per le sue tesi “pacifiche.

Quello che avvicina il docente della prestigiosa università romana ad una sorta di obbedienza verso un centro di potere è possibile decifrarlo nella sua spontanea dichiarazione in tv “di aver fatto le scuole francescane”.

Che Orsini sia la voce non ufficiale del Vaticano è molto probabile, così come è probabile che vi siano simpatie verso l’ala russa, nonostante il diretto interessato abbia più volte preso le distanze da Putin perché dittatore, perchè accusato di individuare una strategia di dialogo con la Russia per arrivare alla soluzione del conflitto.

In questo primo mese di guerra, Orsini è la fotografia di come l’Italia sia un paese democratico sulla carta, ma in casi estremi si avvalga di figure autorevoli per accerchiare a tutti i livelli le persone scomode agli interessi del Governo, che sono quelli di tutta la popolazione e soprattutto del Sistema Democratico che ne deriva.

Da un’analisi del profilo Twitter di Orsini e dei tweets contenenti la parola “Orsini”, dal 23 febbraio al 17 aprile, comprendiamo che in un mese, il docente della LUISS ha movimentato ben 95.192 tweets, 1.228.170 like, 193.782 condivisioni, 22.323 citazioni, 186.357 commenti.

L’aspetto più interessante di questa vicenda è proprio quello che il profilo è stato creato nel luglio 2017, ma non è mai stato attivato con le attività di following, il cui parametro è 0, e di tweets pubblicati, anche questo corrispondente a nessun post.

Tutti parlano di lui, ma il diretto interessato è assente e facendo una analisi del dibattito su Orsini notiamo come il mondo di Twitter sia diviso tra aggressori e sostenitori. L’analisi è anche utile a far emergere le affiliazioni ideologiche che contraddistinguono i giornalisti, i quali non sempre dichiarano la loro obbedienza e si mostrano invece bipartisan agli occhi dei lettori pur non essendolo.

Ad aver guadagnato più like di tutti con i post avversi a Orsini ci sono il giornalista del Foglio Giovanni Rodriguez, Elena Visconti, David Parenzo, Marta Ottaviani e addirittura il governatore dell’Emilia Romagna Stefano Bonaccini. A difendere il prof, invece sono Diego Fusaro, controverso filosofo, e Davide Scifo che rilancia invece alcuni spezzoni video delle dichiarazioni di Orsini rilasciate in tv e spesso strumentalizzate con grande maestria comunicativa.

Top 20 like complessivi

La campagna di odio e di delegittimazione verso Orsini ha portato Giovanni Rodriguez del Foglio ad ottenere la bellezza di 60.000 mi piace circa complessivamente. L’estrapolazione di un contenuto video dove Caprarica risponde a Orsini ed alla Di Cesare, ha consentito a Pietro Raffa di incassare 6.000 mi piace circa.

Top Tweets & Like

Questi dati mostrano come l’individuazione di un nemico comune possa non solo essere d’aiuto ad un indirizzo politico preciso come di interesse al Governo, ma è anche utile alla attività di propaganda che tende a sponsorizzare il fine ultimo dello Stato: l’unità nazionale. Non è un caso che sia un giornalista de Il Foglio protagonista della battuta di caccia contro un sospetto “filorusso” e nemmeno l’altro collega Parenzo vista l’obbedienza più volta manifestata nei confronti dell’atlantismo di cui il Foglio è editorialmente promotore da sempre e di cui Parenzo non nasconde le sue affiliazioni ideologiche. Nell’odio atlantico, consentito a quanto pare sui social al pari di quello contro Salvini e Meloni con dei lasciapassare speciali, dove lo stesso Bonaccini spesso ci sguazza, risorge anche Marco Follini che rincara la dose citando Kissinger per demolire quanto dichiarato Orsini circa i suoi studi negli Stati Uniti.

Nella classifica degli hashtag più utilizzati, spiccano oltre ai protagonisti (orsini, russia, nato, ucraina e putin) le trasmissioni tv PiazzaPulita, che è stata la prima a dare spazio al professore e Cartabianca dove è stato negato il diritto ad Orsini di prestare consulenza a pagamento, cosa concessa a molti, mettendo il professore nella condizione di proporsi gratis, sottraendosi così alla censura di Stato che altresì sarebbe stata evidente nel caso ci si fosse opposti anche alla sua offerta di essere presente nella tv pubblica senza pretese economiche.

10 Hashtag più utilizzati

I profili più citati insieme a quello di Orsini, che ricordiamo non ha un account Twitter attivo seppur online dal 2017, sono quelli di Piazza Pulita, Parenzo e Giovanni Rodriguez. Formigli è presente in graduatorio, seguito da Andrea Romano, parlamentare PD che ne ha disposto una Commissione ad hoc per inibire Orsini dall’essere pagato e Mario Calabresi che più volte ha provato a spuntarla con il Prof, senza però sortire alcun effetto mediaticamente rilevante. Cartabianca e Fatto Quotidiano che ospitano il prof, chiudono LaStampa che invece non è mai stata a favore di Orsini, vista l’obbedienza giurata pubblicamente dai giornalisti Gianni Riotta e Jacopo Iacoboni al patto atlantico.

Profili più menzionati

Secondo i trend di Google, Orsini dopo il picco di notorietà, va stabilizzandosi verso una media costante, se non addirittura in discesa.

Conclusioni

In un paese dove la libertà di espressione rappresenta uno dei capisaldi della democrazia, le aggressioni verbali a Orsini non sono altro che la necessità manifestata da parte del Governo, compreso il suo sistema democratico, di relegare sia con attività di propaganda sia con strumenti intimidatori e di “fine tattica delegittimante” per imporre un pensiero condiviso e di individuare come nemico del paese chi non si allinea alla narrazione necessaria. Il caso di Orsini è utile non tanto a comprendere chi ha ragione o chi ha torto, ma chi è parte integrante del tessuto statale, inclusa la propaganda, e chi invece no. Così come è indicativo comprendere che senza una sua forza alle spalle, senza la coincidenza dell’indirizzo papale sul conflitto ucraino e senza la lungimiranza di Formigli, per molte altre settimane avremmo ascoltato un’unica ala di pensiero: quella che sponsorizza il conflitto invece di mediare per arrivare almeno ad una tregua.

Di Livio Varriale

Giornalista e scrittore: le sue specializzazioni sono in Politica, Crimine Informatico, Comunicazione Istituzionale, Cultura e Trasformazione digitale. Autore del saggio sul Dark Web e il futuro della società digitale “La prigione dell’umanità” e di “Cultura digitale”. Appassionato di Osint e autore di diverse ricerche pubblicate da testate Nazionali. Attivista contro l’abuso dei minori, il suo motto è “Coerenza, Costanza, CoScienza”.

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